FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" giugno 2025.
Articolo: "I soldi non fanno la felicità" di ROBERTA VILLA.
Le classifiche che elencano i Paesi in base al reddito medio o al Pil non rispecchiano il reale benessere di una popolazione.
Certamente un certo grado di sicurezza economica è essenziale, ma contano molto anche la socialità in cui si è immersi e le relazioni interpersonali, il senso che si dà alla propria vita e la percezione di salute.
Sono quindi moltissime le varianti individuali che contribuiscono a quanto le persone si ritengono soddisfatte o addirittura felici, per cui misurare questo parametro è molto più difficile che quantificare un dato economico obiettivo o il raggiungimento di determinati standard - come l'accesso all'acqua potabile o all'assistenza sanitaria - che pure a questo risultato concorrono.
Eppure, senza raccogliere questi dati in maniera altrettanto scientifica e rigorosa è difficile intervenire con politiche mirate a migliorare la qualità della vita, riflettevano sulla rivista scientifica "Nature", qualche settimana fa, Tyler J. Vanderweele, epidemiologo a capo dello Human Flourishing Program dell'Università di Harvard, e Byron R. Johnson, direttore dell'Istituto per gli studi religiosi della Baylor University di Wasco, in Texas.
RELAZIONI IN POLE POSITION
Esiste, è vero, un World Happiness Report che stabilisce una classifica tra tutti i Paesi del mondo in relazione alla felicità dei loro abitanti.
In testa ci sono sempre i Paesi del Nord Europa, ma, a sorpresa, tra Paesi Bassi e Norvegia, si inserisce Costa Rica, dove le pesanti diseguaglianze e la percezione di un forte clima di corruzione sembrano compensate da un alto livello di generosità e supporto sociale.
Bisogna scendere al 40esimo posto per trovare l'Italia, tra Estonia e Panama, sebbene il nostro Paese sia alla 19esima posizione per Pil pro capite, tra Francia e Regno Unito.
Anche se questa graduatoria, quindi, non si basa solo su dati economici, alcuni ricercatori ritengono che il metodo di rilevazione su cui si basa rischi comunque di sopravvalutarli. Avrebbe inoltre molti altri limiti, per esempio il fatto di non tenere conto delle profonde differenze culturali tra le varie parti del mondo, che potrebbero condizionare le risposte degli intervistati, ma anche la rilevanza di certi aspetti della vita per alcuni essenziali e per altri no.
Inoltre, come tenere conto insieme di fattori obiettivi (come reddito, scolarizzazione, impiego) e soggettivi (per esempio il senso della solitudine, che una persona può avvertire anche in mezzo a tanta gente)?
I due elementi possono inoltre influenzarsi tra loro reciprocamente perché, se è vero che una persona ben inserita nel suo contesto tende a essere più felice, è vero anche il contrario, cioè che il benessere psicologico individuale facilita la formazione di legami interpersonali.
Nel tentativo di ottenere risultati più attendibili è stato quindi realizzato un altro studio, il Global Flourishing Study, che coinvolge solo 22 Paesi ma comprende più di 100 domande che coprono moltissimi aspetti della vita, dalla salute alla spiritualità, tendo conto anche dell'età delle persone intervistate.
E' emerso così, tra le altre cose, che nei Paesi più ricchi il senso di prosperità cresce tra i più anziani, mentre in quelli a medio reddito la vita ha maggior significato e c'è una migliore qualità delle relazioni.
Indipendentemente dalla nazionalità, infine, in una scala del benessere che va da 0 a 100, chi partecipa a un rito religioso più di una volta a settimana ottiene quasi un punto più degli altri.
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