mercoledì 30 agosto 2023

SALUTE. Defibrillatore automatico esterno (DAE)

 



FONTE: https://www.issalute.it/ sito sviluppato e gestito dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS).

Defibrillatore automatico esterno (DAE)

INTRODUZIONE

L'arresto cardiaco costituisce una delle principali cause di morte prematura. Si parla di arresto cardiaco quando il battito costante del cuore viene sostituito da un'attività disorganizzata detta fibrillazione ventricolare.

Se la fibrillazione ventricolare è trattata  rapidamente con una scarica elettrica (defibrillazione) le possibilità di salvare la vita della persona in arresto cardiaco aumentano moltissimo: l'azione immediata può salvare molte vite.

L'uso del defibrillatore è spesso decisivo nei casi di arresto cardiaco, poiché è in grado di fornire lo shock elettrico necessario a far ripartire il cuore. Per questo motivo è stato creato il defibrillatore automatico esterno (DAE) utilizzabile anche dal personale non sanitario. Per legge (Decreto ministeriale 26 giugno 2017, noto anche  come decreto Balduzzi) esso deve essere presente in piscine, palestre, centri sportivi, ambulanze. centri commerciali e luoghi aperti al pubblico (uffici pubblici, porti, aeroporti, ecc.

In caso di arresto cardiaco, i fattori cruciali per salvare la vita della persona includono: 

  • capire cosa stia succedendo
  • chiamare il numero di emergenza (112)
  • iniziare e continuare la rianimazione cardiopolmonare (CPR)
  • utilizzare il defibrillatore automatico esterno per riportare il cuore al ritmo normale.
I DAE (defibrillatore automatico esterno) sono strumenti compatti, portatili, facili da usare, sicuri e molto efficaci. Possono essere utilizzati anche da chi non abbia ricevuto una formazione specifica per il loro impiego. Il DAE, infatti, è sempre dotato di istruzioni testuali e grafiche di facile comprensione e, spesso, anche da istruzioni vocali. Il DAE, soprattutto, non erogherà mai lo shock elettrico, tranne in caso di accertata necessità. I DAE rimangono efficaci dopo lunghi periodi di inattività e richiedono pochissima manutenzione.

Il Defibrillatore automatico esterno

Il defibrillatore automatico esterno (DAE) è un apparecchio portatile in grado di rilevare automaticamente i ritmi cardiaci anormali che causano un arresto cardiaco e di erogare, se indispensabile, lo shock elettrico necessario a far ripartire il cuore.

Per il suo utilizzo in sicurezza è necessario:

  • riconoscere la situazione di urgenza, valutare se la persona è incosciente e non sta respirando normalmente
  • attaccare i due cerotti adesivi (elettrodi) che connettono il DAE (defibrillatore automatico esterno) al torace nudo della persona
  • accendere il DAE
  • seguire le istruzioni fornite dal DAE
Attraverso gli elettrodi  il DAE può monitorare  il ritmo cardiaco e somministrare uno shock elettrico solo in caso di effettiva necessità. Il DAE fornisce istruzioni vocali precise su ciò che bisogna fare; le istruzioni sono inoltre presenti sotto forma di semplici illustrazioni, poste in genere sul DAE stesso o sulla sua custodia.

Alcuni apparecchi  DAE avvisano l'operatore di non toccare la persona e somministrano lo shock automaticamente, senza necessità di ulteriori azioni da parte del soccorritore. Altri invece richiedono di premere un bottone per l'erogazione dello shock (defibrillatori semiautomatici). Il soccorritore non deve decidere  cosa fare: il DAE è in grado di valutare la situazione e rispondere nel modo più appropriato.

Dopo la somministrazione dello shock, al soccorritore viene indicato di praticare la rianimazione cardiopolmonare (CPR). A intervalli regolari (due minuti), il DAE dirà nuovamente al soccorritore di non toccare la persona e procederà al controllo del ritmo cardiaco dando, se necessario, ulteriori shock.

L'uso del DAE permette a chiunque di aiutare una persona in arresto cardiaco, dalla prima fase critica fino all'arrivo del personale sanitario. Ovviamente, non in tutti i casi sarà necessaria la defibrillazione: in tali situazioni, il DAE indicherà che non è necessaria l'erogazione dello shock elettrico e dirà al soccorritore di continuare la rianimazione cardiopolmonare (CPR). Ciò non significa che il DAE non stia funzionando in modo corretto: al contrario, sarà necessario mantenerlo in funzione e non staccarlo dalla persona, continuando a seguirne le istruzioni fino all'arrivo dei soccorsi.

Manutenzione

Il DAE (defibrillatore automatico esterno) richiede pochissima manutenzione ordinaria. La maggior parte degli apparecchi esegue autotest automatici giornalieri, mostrando sul display eventuali anomalie di funzionamento. Batterie ed elettrodi sono a lunga durata (variabile a seconda dei modelli), quindi il loro ricambio è eseguito, in genere, dopo lunghi intervalli di tempo in cui la macchina permane in piena efficienza.



 
 



lunedì 28 agosto 2023

SERGIO E IL CALCIO. L'allenatore. La finale contro l'Atalanta

 



Prima di continuare il racconto, voglio pubblicare la foto della squadra e narrare un episodio. 
Nella foto c'è anche Matteo Zappella, il più giovane, che formava, lui destro, una coppia centrale fantastica di centrocampo con il mancino Paolino. Matteo è il 5° dei giocatori in piedi da sinistra.
Purtroppo Matteo, noi lo chiamavamo Matteino, è morto a soli 38 anni nel luglio del 2014 in un incidente stradale, mentre tornava dal lavoro. In quell'occasione ho scritto il post SPORT. Ti ricordo Matteo pubblicato il 18/08/14.


Invece l'episodio è questo. L'anno scorso nella rosa avevamo un solo portiere, Paolo di Vigano S. Martino. C'era la necessità di trovarne un altro. Un giorno Paolo mi dice che ha un amico molto forte come portiere, ma ha paura di indicarcelo, perché teme di perdere il posto da titolare. Tuttavia mi comunica che questo suo amico si chiama Roberto ed abita a Berzo S. Fermo. Nell'allenamento successivo Francesco porta anche Roberto, che viene subito tesserato. Paolo aveva ragione: l'amico si è dimostrato più bravo, ma sarà determinante nella finale contro l'Atalanta come vedremo.
L'intera rosa è composta dai seguenti 19 ragazzi: Roberto e Stefano di Berzo S. Fermo, Paolo e Giovanni di Vigano S. Martino, Pierluigi, Mosè, Mirco, Alex, Thomas, Giovanni, Giovanni di Cenate Sotto, Cristian di Carobbio, Andrea di Trescore, Paolino di Cenate Sopra, Mirchino di Entratico, Matteo, Fabio e Luigi di Gorlago, Andrea di Zandobbio.

Trascorro la domenica come se fossi in paradiso. La testa è leggera come una piuma e la fantasia galoppa come un cavallo selvaggio nelle praterie nordamericane.
"Ce l'abbiamo fatta'" continuo a ripetermi " e ci misureremo con l'Atalanta. E' un sogno fantastico. Quel furbacchione di Francesco mi ha dato una buona idea con i prestiti e probabilmente non pensava che il progetto andasse in porto. Oppure si è pentito di avermi messo i bastoni tra le ruote".
Tuttavia ho sottovalutato la furbizia del potente factotum, che a questo punto può aver desiderato ardentemente che la squadra  incontri la formidabile Atalanta. Infatti ha ricevuto  richieste per molti ragazzi e la stessa Atalanta ha messo gli occhi su Stefano e Mirchino.
La partita finale è una mostra, dove è importante esporre i propri gioielli e Cenate Sotto ne possiede alcuni  di preziosi.
Durante la settimana svolgiamo i  due consueti allenamenti e non ho bisogno di richiamare all'ordine i ragazzi, poiché, consci dell'importanza della partita, si allenano con entusiasmo.
Anche Fabio, Mirco e Pierluigi sono rientrati dalla gita scolastica e i ranghi sono al completo.
Tuttavia voglio sfruttare ancora i prestiti, che mi hanno garantito una difesa impenetrabile e quindi ho detto ai tre ragazzi di essere presenti al campo Kennedy sabato per le ore 14:00.
Arriva il sabato e il viaggio è sul solito pulmino di Francesco. Durante il tragitto i ragazzi se ne stanno tranquilli, pensando all'impegnativa partita che li attende.
Giunti ad Albino, lasciamo il pulmino nel parcheggio poco distante dallo stadio Kennedy. Nel breve tragitto da compiere a piedi mi rivolgo a Francesco: "Questa settimana Roberto mi è sembrato con la testa nelle nuvole. Non è stato  il solito portiere vigile e scattante. Che ne direbbe se mettessi in porta Paolo?".
"Faccia partire titolare Roberto. Sarà stato un momentaneo calo di concentrazione: è facile nei ragazzi"  mi risponde  il direttore tecnico, che aveva avuto una richiesta per il ragazzo.
Entro negli spogliatoi e vedo con soddisfazione che i tre giocatori in prestito sono già arrivati.
In cuor mio ho deciso di utilizzarli di nuovo, facendo giocare Fabio di stopper al posto di Andrea. Comunico questa decisione alla squadra e Fabio, il libero abituale, mugugna, come fa solitamente quando qualcosa non gli va bene.
"Ritieniti fortunato di entrare in campo, anche se nel ruolo di stopper: preferisci andare in panchina?" .
Il ragazzo abbassa la testa, ma non ho dubbi che in campo darà tutto.
Le campane del vicino campanile battono le 15:00 quando le squadre entrano in campo.
Mi siedo in panchina insieme agli altri ragazzi e provo una forte emozione nel vedere che l'allenatore avversario è Pierluigi Savoldi, detto Titti,  famoso giocatore di alcuni anni fa. Lanciato dal vivaio dell'Atalanta, ha giocato ad alto livello nella Juventus e in altre squadre professionistiche e a fine carriera è entrato nello staff tecnico del settore giovanile dell'Atalanta stessa. 
Un perfetto sconosciuto come me ora prova molta soddisfazione a sedere su quella panchina: un carneade in cerca di gloria.
Il fischio d'inizio della partita mi riporta tra i comuni mortali, desiderando che i miei ragazzi non sfigurino davanti agli undici campioncini avversari. Mi basta una sconfitta onorevole dopo aver profuso ogni energia sul campo.
I giocatori cenatesi non sono dello stesso avviso e, per nulla intimoriti dai più quotati avversari, incominciano a gran carriera e per i primi dieci minuti il gioco è equilibrato.
Stranamente sto seduto in panchina, contrariamente al solito, forse non volendo mostrare il mio vulcanico carattere all'altro mister.
La partita continua in equilibrio, quando un atalantino scocca un tiro da una trentina di metri che Roberto non trattiene e lascia cadere a terra l'innocuo  pallone, che l'ala sinistra avversaria, un biondino dall'aria sveglia, mette in rete con un morbido tocco (NDR. E' Tomas Locatelli, futuro giocatore di Atalanta, Mlan, Udinese ecc.). "Porca miseria!" sibilo a denti stretti. "Avevo ragione di non mettere Roberto tra i pali. Questa settimana è svampito, ma non tutto è perduto e la squadra si sta comportando bene".
E finalmente mi alzo ad incitare i ragazzi.
In svantaggio, i cenatesi raddoppiano gli sforzi per raddrizzare il risultato, ma non c'è nulla da fare  e l'arbitro fischia due volte per decretare la fine del 1° tempo.
Negli spogliatoi incoraggio i giocatori: "Ragazzi, possiamo rimontare il gol. La cosa importante è continuare a giocare con concentrazione e grinta e non abbiate paura nell'uno contro uno. Il centrocampo è in mano nostra e, poiché loro cercano solo di difendersi, bisogna cercare il gol anche con tiri da fuori area. Coraggio, rientriamo in campo e fate vedere la vostra bravura".
Le squadre ritornano sul terreno di gioco e subito i cenatesi incominciano a pressare gli atalantini nella loro area. Cercano in tutti i modi di segnare la rete del pareggio.
Tiri da fuori area, punizioni, calci d'angolo, azioni di sfondamento. Il pallone incoccia sempre qualche gamba avversaria o sfreccia a pochi centimetri dai pali o dalla traversa, perdendosi sul fondo del campo. Tutto inutile e la fortuna arride agli atalantini.
Al triplice fischio di chiusura i ventidue giocatori in campo depongono le armi: i cenatesi con aria mesta, gli avversari euforici per lo scampato pericolo.
Negli spogliatoi rincuoro la squadra: "Ragazzi, sono contento per l'ottima partita disputata. Abbiamo dimostrato di essere superiori all'Atalanta e gli applausi degli spettatori sono stati per voi.  Con questo incontro abbiamo terminato la stagione agonistica. Non so se sarò il vostro mister anche nel prossimo campionato, ma sappiate che mi rimarrete sempre nel cuore, se le nostre strade si dovessero dividere".
Con la voce incrinata dall'emozione proseguo: "Mi avete regalato delle forti emozioni ed alcune volte  anche delle terribili incazzature. Non è stato facile guidarvi, ma ho sempre cercato di educarvi, come se foste figli miei. Grazie di tutto".
Ed esco  per non mostrare le lacrime che mi rigano il volto.
Nel viaggio di ritorno i ragazzi si scatenano in canti e urla e, transitando nei paesi, la gente forse si sarà chiesta se quel pulmino è fuggito dal manicomio.
Io sto seduto nell'ultimo posto e, con il mento in mano, ricordo con tenerezza l'incredibile avventura vissuta  con questa pazza squadra. Non ho il coraggio di confessare ai ragazzi che non allenerò più a Cenate Sotto.  La penso troppo in modo diverso da Francesco sull'educazione dei ragazzi.

                                       continua