mercoledì 21 ottobre 2020

RES PUBLICA. Il Bar Sport ha chiuso

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 02/10/20.
Articolo: "Il Bar Sport ha chiuso" di CURZIO MALTESE.

Buongiorno Italia. Dopo 25 anni di Berlusconi e di berlusconismo, condito con il populismo della Lega e del M5S, gli italiani hanno ricominiato a pensare.
Saranno stati i problemi profondi di questi ultimi mesi, il Covid-19 e la crisi economica, a svegliarci da decenni di torpore, ma finalmente abbiamo ricominciato a occuparci di cose serie. Sia a sinistra che a destra i cittadini hanno votato i migliori, cosa rara negli ultimi decenni.
Gli slogan come "un milione e mezzo di posti per tutti", "rispediamo a casa gli immigrati" e i "vaffa" generali tornano nel dimenticatoio che meritano. Alle ultime elezioni regionali i vincitori non si sono presentati con chiacchiere ma con programmi e ha dominato chi è riuscito a essere più concreto.
Anche il referendum ha avuto un senso. Il taglio dei parlamentari è stato troppo secco ed è molto comprensibile la motivazione per cui un italiano su tre ha votato No. Chi ha votato Sì, però, ha mostrato con forza il desiderio di preferire la qualità alla quantità, in modo da affiancarsi agli altri Paesi europei.
Dopo la sbornia di entusiasmo, adesso arriva il difficile. Bisogna occuparsi subito di economia, tasse, scuola, lavoro e ambiente. Abbiamo poco tempo per confermare le garanzie che ha chiesto l'Europa per il Recovery Fund e non possiamo sprecarlo.
Berlusconi e Salvini hanno fatto della politica una continua discussione sul calcio, con i modi e i ragionamenti da Bar Sport. Con le votazioni delle ultime Regionali il popolo italiano ha deciso che questa epoca è finita. La politica deve tornare ad essere la scienza che ha per oggetto la Costituzione, l'organizzazione, l'amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica e il calcio può finalmente tornare ad essere il divertente  evento sportivo che tutti noi amiamo.
Abbiamo davanti a noi tre anni fondamentali perché l'Italia torni a coprire il posto che le spetta in Europa. Gli ultimi sei mesi ci hanno insegnato che davanti a una situazione drammatica come la pandemia, il nostro Paese ha messo in campo le migliori strategie e i migliori professionisti, a partire dai nostri straordinari medici.
Eravamo il Paese più devastato e oggi il mondo può solo imparare da noi. Sono stati sei mesi di discussioni serie e non la solita campagna elettorale di chiacchiericcio in tv per accaparrarsi mezzo punto di consenso. Questa è stata la novità. Cogliamola al volo. L'Italia è ricca di straordinari professionisti, non solo nel campo della medicina. Cerchiamoli, troviamoli e mettiamoli in sella.

SCUOLA. Per chi suona la campanella

 FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" settembre 2020.
Articolo: "Per chi suona la campanella" di GIANCARLO BREGANTINI, arcivescovo di Campobasso-Bojano.

"Ora invece siamo a "scuola". Sono venuto apposta, da lontano...
Qui, a scuola, c'è silenzio, una bella luce, un banco tutto per me. E lì, ritta a due passi da me, c'è lei, la maestra che sa le cose ed è pagata per aiutarmi!".
Così recita la famosa Lettera a una professoressa, redatta da don Lorenzo Milani assieme ai suoi ragazzi, sulle colline di Barbiana nel 1968, quegli stessi ragazzi, esclusi da altre scuole, ma nel cuore di don Lorenzo avevano trovato una "scuola vera: una bella luce ed un banco tutto per me"!
E' commovente rileggere questo testo che sa di altre epoche. Oggi tante, troppe cose sono cambiate. C'è solo silenzio nelle classi, con il rischio costante del contagio. Incontri distanziati, mascherine, paure reciproche. E decine di decreti, che spesso si accavallano. Ecco perché, in questo settembre, voglio proprio pensare alla scuola.
Ricordo i miei ritorni tra i banchi in Val di Non, all'inizio un po' svogliati, quasi smarriti. Fuori ancora raccoglievano le mele. Ricordo bene la maestra, Anna, cui sono molto grato. Sapeva le cose. E le spiegava bene. Ma sapeva anche piegarsi sui miei scarponi, per riannodare i lacci: un gesto inatteso, che tuttora non dimentico.
Ecco di questa scuola, fatta di lavagne polverose, di chiasso per i corridoi e di campanelle rompiscatole, ma puntuali e aggregative, di interrogazioni a viso aperto, condite da tanta trepidazione: di tutto questo oggi abbiamo ancora bisogno.Di tornare insieme in classe, d'esser presenti, d'esserci tutti.
E non solo i fortunati, che nelle lezioni a distanza hanno avuto la possibilità di usare il loro computer. Penso invece a tanti ragazzi e ragazze senza mezzi che non hanno potuto partecipare perché nella loro zona non arriva la connessione internet. E c'è chi ha fatto scuola nel bosco vicino per avere "miglior campo". E che dire delle mamme costrette a seguire i figli, anche a costo di sacrificare il lavoro, pur di accompagnarli in questa inedita esperienza?
Tra maestri e scolari deve ritornare quel legame, impalpabile, del cuore che parla, della lavagna che spiega, della voce che incanta. "I care", "mi stai a cuore, mi appartieni, m'interessi", era il motto di Barbiana. Questo vogliono sentirsi dire i ragazzi nelle scuole, a settembre 2020, da un governo che li metta finalmente al centro delle politiche attive.
E tornino i ragazzi anche per le strade, per parlare di Creato, di ambiente e di futuro, nei loro cortei variopinti, ispirati da Greta Thunsberg. Che la terra e i suoi mali diventino materia di studio, perché nessuno pensi che si possa guarire in un mondo malato. Tutto è connesso. E' la lezione, amara, della pandemia. Ritorniiamo sui banchi, riprendiamo a insegnare l'essenziale. E' il tempo di ricominciare, di dimostrare che lo sviluppo ha un senso. Che il dolore ha un senso.
E qualcosa inizia a cambiare. Cresce il numero di ragazzi che si iscrive a medicina. Il segnale è chiaro: "I care", "mi stai a cuore", "tu, voi, siete parte della mia vocazione". Non dimentichiamo, in questo tempo di rinascite, l'ideale di Barbiana: "Chi ama le creature che stanno bene, resta apolitico. Non vuole cambiare nulla...". Al contrario, "conoscere i ragazzi dei poveri e amare la politica è tutt'uno... Non si può amare creature segnate da leggi ingiuste e non volere leggi migliori".
Buon anno scolastico a tutte e a tutti.


giovedì 15 ottobre 2020

SPORT. Ganna e Sinner giovani d'oggi


 FONTE: "la Repubblica" del 09/10/20.
Articolo: "Il cielo di Ganna e Sinner" di EMANUELA AUDISIO.


Sono un nuovo cielo, gli all italian boys.
Ganna e Sinner, 24 e 19 anni.
Per fisicità, serenità, novità. Per come giocano, per come attaccano, per come non (si) difendono. E' quello che colpisce: uno che è velocista scatta in salita, senza averlo programmato, l'altro al suo primo Roland Garros scambia pallate con Nadal come fosse nel giardino di casa.
Uno vince, l'altro perde, ma non importa. Importa che in testa non abbiano nubi, tormenti, scontrosità. Che non si perdano in troppo pensieri. Nessuna rabbia atavica e nemmeno giovanile. Riescono ad essere gentili anche quando dicono: voglio vincere.
Non hanno paura della loro convinzione, di meritarsi il primo posto, la loro è una volontà che non profuma di arroganza  e di presunzione.
Eppure il primo su strada non riusciva a finire una gara. Sinner si è trasferito a 13 anni dalla montagna (famiglia) al mare (allenatore). Ganna ha scelto la Svizzera e vive ad Ascona con la fidanzata.
Insomma, sanno cosa vuol dire sacrificarsi, dedicarsi a un progetto. Non si lamentano, non inveiscono, non danno la colpa agli altri. Se c'è un'avversità la affrontano, senza chiamarla carogna. In questo sono anti-Mennea, non hanno bisogno di inventarsi nemici.
L'Italia raramente ha avuto atleti così. Un po' sfrontati, ma umili. Il campione italiano era quello che soffriva (i confronti), era quello che recriminava (sulla disparità), era quello che il meglio era altrove (in America, in Francia, in Australia), era quello che per trovare un po' di pace e di armonia diventava buddista (Baggio), era quello che scambiava la trasgressione per la libertà (Balotelli).
Invece questi due ragazzi niente: sorridono, si emozionano, escono dalle loro timidezze, piangono, ma non hanno bui. Sono ragazzi gentiluomini: Ganna vince la tappa al Giro e bacia la maglia, Sinner a Parigi batte Zverev e quasi con goffaggine alza il pugnetto. Come a dire: non esageriamo, ho fatto solo il mio. Tanto che perfino Maria Sharapova protesta: troppa testa bassa, doveva esultare di più.
Ganna il giorno prima aveva fatto da scudiero al suo capitano che si era rotto il bacino, Sinner prima di affrontare il suo match aveva palleggiato con Martina Trevisan per aiutarla nel riscaldamento.
Non gioventù bruciata, né sfrontata, ma solidale e generosa. E solida. Fisicamente due spilungoni, alti e forti, Sinner non ancora fortissimo. Ma già bestiali. In discesa Ganna può anche toccare i cento all'ora senza che un muscolo sia fuori posto, Sinner sparando il rovescio ha tenuto Nadal in una trincea lontana. Poi magari si soccombe, ma senza affanno, solo perché l'altro ti è superiore.
Questo è culturalmente nuovo: la sconfitta non apre abissi, crisi d'identità, voglie di farsi male. E' solo una pozzanghera di oggi, non di domani. Non svela ferite, né si aggiunge ad altre cicatrici. E' un dolore, certo, ma passerà. E' il segno che se anche hai studiato, qualcuno l'ha fatto prima di te e per più tempo e ha risposte migliori. Questo non ti condanna, mostra solo che la tua costruzione ha bisogno di altri mattoni.
Mennea prima della gara stava male, la sua sensibilità lo portava a dubbi e angosce.
Ganna invece sogna la nutella, ama mangiare e bere, sa soffrire, ma anche godersi i piaceri.
E tutti ancora a dire che abbiamo una gioventù debole, fragile, spaventata. Sveglia, Italy.

DON CAMILLO. Ricominciare

 



FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

4 VERBI PER RICOMINCIARE

In ogni comunità ci sono discussioni e tensioni. E' inevitabile perché ogni comunità è fatta di diversi, e i diversi danno fastidio e suscitano reazione.
Succede  anche nella vita di copia dove ci si è messi insieme perché ci si è scelti liberamente, e ci si è scelti perché ci si è sentiti attratti da profonda simpatia.
Succede nella vita di famiglia tra genitori e figli, proprio quei figli che la mamma ha custodito per nove mesi nel calore del suo grembo; che si sono formati dentro di lei al ritmo del battito del suo cuore; quei figli per i quali i genitori si spendono per assicurare a loro tutto il meglio possibile...
Figuriamoci se non succede in una comunità come può essere la parrocchia dove si è insieme non perché ci si è scelti, ma perché ci si è capitati.
Se è invitabile che ci siano discussioni e tensioni, è altrettanto importante che si cerchino insieme le soluzioni, evitando così di frantumarsi in gruppetti che si contrappongono, si escludono, o si dimenticano a vicenda creando solo disagi e povertà.
E' importante che lavoriamo insieme perché i vari colori della parrocchia formino un unico arcobaleno.
I verbi che vorrei mettere in risalto nel nuovo anno pastorale sono: collaborare; coniugare; condividere; celebrare: quattro C importanti.
Collaborare in modo spassionato senza concorrenze e senza contese, dando ognuno il meglio di sé in modo gratuito nella consapevolezza di farlo per il bene comune.
Coniugare le proprie capacità con quelle degli altri apprezzando e valorizzando quello che ognuno fa nella consapevolezza che l'unione fa la forza, e, se il vento spira sempre tutto nella stessa direzione, la nave va a gonfie vele.
Condividere lo sforzo e il lavoro con tutti, accogliendo il contributo di tutti senza sentirsi spiazzati,  e offrendosi ad aiutare nel rispetto delle altrui responsabilità senza essere considerati per questo invadenti.
Celebrare: è bene che come volontari della parrocchia rafforziamo la nostra appartenenza alla comunità, celebrando insieme almeno l'Eucarestia domenicale, strumento e segno di comunione, e vivendo i momenti salienti dell'anno liturgico nella nostra chiesa parrocchiale, nella certezza che lo Spirito passa attraverso il linguaggio dei segni e, a loro volta, i segni sono terreno fertile per lo Spirito.
Ognuno si senta interpellato e ognuno dia con generosità la sua risposta.
Io posso dire d'aver fatto fino ad oggi tutto il possibile. Ora, per continuare, ho bisogno della vostra compattezza.

PER UN CONCERTO STELLARE

Vedo i tuoi occhi iniettati di rabbia
mentre si parla di chi tu rifiuti;
non sono colpiti da rogna e da scabbia
per tenerli lontani e negare gli aiuti.

Non c'è alcun verso di poter ragionare;
come fiume in piena che travolge ogni cosa
un sacco di accuse ti metti a sfornare
citando uno sbaglio come fossero a iosa.

Per chi cerca invano d'arginar la tua furia
hai sempre pronta una ragione contraria;
per te è solo gente che pratica incuria
e che ha scelto di essere parassitaria.

La tua indole schietta e laboriosa
non ti giustifica per tanta avversione;
la via maestra è solare e pietosa
ci insegna a dominare la nostra passione.

Tutte le pietre grezze o squadrate
sono utili a erigere una stabile casa
che, se da malta sono tutte legate,
da nessuna intemperia mai sarà rasa.

Soltanto lo Spirito è capace di questo:
Lui sa cementare in uno i diversi
lasciando vicini il confuso e l'onesto
e chiamando all'appello i fuggiaschi e i dispersi.

E' questo il Vangelo che mi hanno insegnato:
aperto a quanti lo sanno ascoltare,
a chiunque sa stare in un cerchio allargato
come note diverse in un concerto stellare.

                                     don Camillo



mercoledì 7 ottobre 2020

RES PUBLICA. Manutenzione dei ponti

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 07/08/20.
Articolo: "Con lo spazzolino i giapponesi si lavano bene i ponti" di CRISTIAN MARTINI GRIMALDI.


TOKYO. Si scrive hashi no hamigaki, e si legge igiene orale applicata alla manutenzione delle infrastrutture nazionali.
Se per evitare il dentista occorre mantenere una regolare pulizia dei denti, allora perché non applicare la stessa profilassi a quel complesso di grandi opere centrali allo sviluppo di un Paese?
Se l'è domandato il professor Ichiro Iwaki, docente di ingegneria civile alla Nihon University, ideatore di un progetto nato in sordina otto anni fa ma che dopo le recenti alluvioni nel Kyushu ha avuto rilevanza nazionale.
L'ambiziosa "pulizia dei denti" prevede la partecipazione in massa di quella cittadinanza anagraficamente meno attiva: studenti e pensionati in primis. 
Spazzare erbacce, terriccio e sabbia accumulati ai bordi dei ponti, ridipingere balaustre arrugginite, mondare i bacini di drenaggio. Operazioni a basso indice tecnico accessibili anche ai non specialisti.
In tutto l'arcipelago si contano 700 mila ponti di cui 70 mila  a rischio collasso. Nel 2033 il 63 per cento avrà superato la veneranda età di cinquant'anni. Senilità avanzata per un materiale, il cemento, la cui longevità ai tempi della costruzione era stata clamorosamente sovrastimata.
Per di più negli anni del boom nessuno sospettava che il livello delle acque dei fiumi avrebbe raggiunto il piano di appoggio dei ponti rammollendone le basi.
Un Paese col 73 per cento di superficie montuosa si ritrova le strade regolarmente cosparse di sale, che previene il congelamento ma accelera lo sbriciolamento. Un effetto simile ha la salsedine che s'incunea all'interno dei chilometrici tunnel a ridosso dello sterminato perimetro costiero.
Il crollo di 150 pannelli di cemento dal soffitto della galleria di Sasago nel 2012 fece 9 vittime e portò istantaneamente alla legge per la manutenzione obbligatoria ogni cinque anni di tutti i tunnel.
Ma se oggi le diagnosi avvengono con l'ausilio di droni e intelligenza artificiale i punti deboli restano carenza di manodopera e penuria di fondi (l'84 per cento delle strade e il 68 dei ponti è gestito dai piccoli Comuni). Con i budget prosciugati da assistenza sanitaria e previdenza occorreva una soluzione originale e fuori dagli schemi. La risposta è stata questa sorta di servizio civile su base volontaria.
Ora le diagnosi dello stato delle infrastrutture e parte della manutenzione avvengono a ritmo annuale e i risultati sono resi pubblici in rete. Perché, dice un vecchio detto nipponico, per evitare la caduta occorre puntare prima il bastone. Insomma, prevenire è meglio che curare.

martedì 6 ottobre 2020

SCUOLA . Abbasso la scuola

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 18/09/20.
Articolo: "Lezioni di italiano" di CURZIO MALTESE.

Il nostro Paese è pieno di gente orgogliosa e civile, onesta e intelligente.
E' uno strano Paese, dove il conformismo ha dominato per secoli, schiacciando ogni forma di critica, eppure non esiste città o borgo dove non si contino migliaia di martiri della libertà, persone che hanno combattuto per le più nobili cause, per quanto spesso disperate. In un luogo dove essere orgogliosi e civili, onesti e intelligenti costa il prezzo di un'enorme solitudine.
E' un'Italia che non viene mai raccontata in televisione, poco sui giornali, raramente al cinema, ma è quella che ha fatto la storia e la grandezza di questo Paese.
E' una patria paradossale, la nostra, chi l'ha amata non ha potuto allo stesso modo non detestarla. La grande letteratura è in gran parte anti italiana: Dante e Petrarca, Machiavelli e Guicciardini, Belli e Porta, Leopardi e Manzoni, Pisacane e Collodi, Svevo, Gadda, fino a Calvino, Landolfi, Pasolini, una sfida secolare all'opportunismo dell'intellettuale di corte.  Hanno pagato quasi tutti con il carcere o l'esilio, l'isolamento, la morte civile e qualche volta fisica.
Questo bisognerebbe insegnare nelle ore di italiano, invece di annoiare gli studenti con cammei di poeti con la testa cinta di lauro.
Prima che la scuola diventi definitivamente il luogo dove si insegna a non leggere, a non scrivere e a non pensare, che qualcuno si occupi di fare una solida riforma scolastica, magari guardando i Paesi più efficienti in questo campo come quelli del Nord Europa.
L'amore per la parola scritta è molto precoce, basta osservare lo scaffale di un bambino di tre anni che non sa nemmeno leggere.
E allora cosa succede durante il viaggio scolastico?
Arrivato alle superiori, il ragazzo ha imparato a detestare la letteratura e la tortura del tema ed è diventato un perfetto ipocrita che cura soltanto le pubbliche relazioni con il corpo docente oppure un rompicoglioni ribelle.
All'università è ridotto a fare il portaborse del barone e scrive in un metalinguaggio accademico lontanissimo dalla semplice bellezza delle parole amate nell'infanzia. Per fortuna alcuni sopravvivono a tutto questo e diventano dei grandi professionisti malgrado la nostra scuola.
Per elevare un Paese però occorre occuparsi di tutti gli altri e solo una profonda riforma scolastica potrà sostenere i nostri ragazzi in modo da ridare all'Italia il grande peso che merita in Europa e nel mondo.

DON CAMILLO. Responsabilità collettiva

 


FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

RESPONSABILITA'  COLLETTIVA

C'è un nugolo di ragazzi
che va in cerca del pallone;
corron, gridan come pazzi,
sembra l'unica passione.

Come nell'antica storia
di quel magico flautista
seguon tutti con baldoria
chi del campo è l'apripista.

Poco manca che travolgan
chi apre a loro il cancello;
grido a tutti quei che giocan
"tenete a bada il monello".

Come non l'avessi detto
una bestemmia secca e urlata
insulta Dio: "maledetto"
ridotta al rango di bravata.

Come se niente fosse
si prosegue a giocare;
fosse stato un suon di tosse
ci staremmo a preoccupare.

"Ma che male ha poi fatto?
E' soltanto una parola"
mi rimbrotta un senza tatto
che pretende di far scuola.

Guardo triste quei ragazzi
che con foga stan giocando
corron, gridan come pazzi
sembran pecore allo sbando.

Non son loro a mancare
ma l'adulto che rinuncia:
non si cura d'educare
ne su Dio si pronuncia.

Per amor di quel ragazzo
sento di dover agire:
è il filo di un arazzo
che io devo ricucire.

Interrompo allora il gioco
tra proteste generali.
L'intervento più del fuoco
brucia e punge più dei strali.

Il richiamo è per tutti
ché nessuno ha reagito;
tutti quanti siam distrutti
se il male non è impedito.

Urge unire ogni forza
per salvare la bellezza
altrimenti si fa scorza
ogni ardor di tenerezza.

                                  don Camillo