mercoledì 16 settembre 2020

DON CAMILLO. Alta Via delle Grazie con gli zaini in spalla

 



FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

ALTA VIA DELLE GRAZIE: UN CAMMINO DI FEDE TRA LE NOSTRE BELLEZZE

Dopo alcune settimane di preparativi per organizzare il percorso e per rafforzare gambe e fiato, alle 6:00 siamo partiti con i nostri zaini in spalla.
Siamo in 12 per un percorso di 12 giorni (quadrato perfetto!): Isa Bascetta, Annalisa Gamba, Eugenia Baronchelli, Raffaella Algisi, Giovanni Taiocchi, Stefano Fariello, Osvaldo Bombardieri, Michele Rota, Aldo Albani, Giuseppe Bronco, Silvano Fumagalli, Don Camillo.
Il percorso, che è stato tracciato di recente, è impegnativo perché è un continuo saliscendi, ma è molto bello e segnalato molto bene.
E' un cammino nella nostra natura bergamasca che ti porta anche a scoprire  borgate fuori mano, dove bisogna andarci apposta per vederle.
I punti forti sono i santuari mariani: a partire dalla Madonna delle Grazie  in Bergamo siamo passati dal santuario della Madonna del Perello; del Frassino; della Mercede in Barbata; della Natività della Beata Vergine Maria a Bratto; della Beata Vergine Pellegrina al Passo della Manina; della Beata Vergine delle Grazie ad Ardesio; di Santa Maria Assunta a Clusone; della Madonna delle Grazie a Rovetta; della Madonna di Lantana a Dorga; della Madonna della Torre a Sovere; di Santa Maria Assunta a Gandino e di Santa Maria Maggiore in Città Alta.
Ma abbiamo toccato anche Chiese antiche come San Patrizio sopra Vertova; la Santissima Trinità sopra Casnigo; San Michele Arcangelo a Colarete e tante altre chiesette e cappelle disseminate lungo il percorso.
Siamo passati in località dove sono nati santi come il Beato Tommaso di Olera, il Beato Sandro Dordi, il Beato Alberto da Villa D'Ogna, la Beata Pierina Morosini; abbiamo attraversato terre di artisti come Enea Talpino in Salmezza; Gian Battista Moroni di Albino che hanno raccontato con la loro arte la fede delle nostre borgate.
Siamo passati vicino a cascinali, alcuni abbandonati, altri ristrutturati per essere ancora abitati, tutti, comunque con incisa nella loro pietra l'eco della fatica e della tenacia di uomini e donne che hanno vissuto in sintonia con quelle terre dalle quali hanno estratto il loro sostentamento e la loro cultura.
E poi i boschi, alcuni ben curati, altri allo stato selvaggio, ma tutti profumati di muschio, ricchi di un sottobosco variegato e trapuntato di ciclamini.
Per tutto questo insieme, il cammino merita il titolo di "Alta Via delle Grazie", perché ti fa camminare nella bellezza naturale, culturale e spirituale che è vera Grazia di Dio capace di dare bellezza all'anima di chiunque lo percorre.
Abbiamo trovato ambienti e persone accoglienti come la signora che ad Olera, mentre a mezzogiorno mangiavamo il nostro panino, ha fatto il caffè per tutti interrompendo il suo pranzo, e il marito l'ha assecondata mettendoci a disposizione la bottiglia della grappa, quella vera!
In località "Cannara" nei pressi di una cascina in un bel prato rubato al bosco, una famiglia ci ha messo a disposizione tutto quello di cui avevamo bisogno per rifocillarci e ricaricarci il morale che si era un po' incrinato per la fatica: anche qui acqua fresca, caffè e tanta simpatia con foto di gruppo finale.
Abbiamo trovato parroci disponibili come Don Angelo Oldrati parroco di Nese che è salito appositamente per noi ad Olera e ci ha aspettati per 2 ore per spiegarci la storia di quella contrada, della sua chiesa, dei capolavori che custodisce, e del Santo che la sta rendendo sempre più famosa: Fra Tommaso; o anche come il parroco di Valbondione, don Michele Rota, che ci spalanca l'oratorio all'ora di pranzo e ci mette a disposizione tutte le bibite che gli sono rimaste nel bar chiuso per covid; o come il parroco di Sovere, don Angelo Passera, che ci mette a disposizione i materassi per portarli al santuario della Madonna della Torre dove siamo ospitati.
E poi c'è Anna Serena che sprizza entusiasmo da ogni poro quando ci parla della grande icona del Cristo Risorto che si trova nel cimitero di Novazza; o ci spiega la storia e gli affreschi della chiesa dell'Arcangelo San Michele a Colarete; c'è Boris, il custode croato del santuario del Frassino che, all'apparenza  un po' burbero al primo impatto, lo scopri gioviale e disponibile, voglioso di comunicare. Quando partiamo dal santuario per iniziare una nuova tappa, corre a suonare le campane per salutarci nel modo più festoso possibile mentre la valle sottostante è ancora addormentata.
Dante, che da 55 anni fa il sacrista nella chiesa di Novazza, ci aspetta pazientemente  per la celebrazione della Santa Messa senza farci pesare minimamente il nostro chilometrico ritardo.
Tante persone, tanti luoghi, per ognuno la sua storia... anche questo fa parte del cammino "delle Grazie" insieme alla scontata fatica che irrobustisce il fisico e forgia lo Spirito e imprime come a fuoco nella mente questa esperienza che certamente resterà indelebile insieme a tante altre esperienze di fatica e di bellezza.

                                        don Camillo

mercoledì 9 settembre 2020

DON CAMILLO. Diverso è bello

 


FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

DIVERSO E' BELLO

"Diverso è bello": dovrebbe essere questo lo slogan da lanciare per creare una nuova cultura dell'uguaglianza.
Mi sembra  che il tema dell'uguaglianza oggi sia molto sentito, ma non sia altrettanto capito. Si tende, infatti, a pensare che si è uguali se ognuno può fare tutto quello che fa un altro, o è trattato come sono trattati tutti gli altri.
La mamma che dice di trattare i suoi figli tutti allo stesso modo, pensa di essere meritevole per questo; non pensa , invece, che cancella la loro originalità che li rende unici.
I figli, per essere veramente uguali per i genitori, devono essere trattati da loro diversamente, in base alla loro originalità.
L'equilibrio in questo campo è certamente delicato e va verificato continuamente perché la discriminazione è sempre a portata di mano anche per chi ha le più rette intenzioni.
Ci sono dei diritti e doveri che valgono per tutti e davanti ai quali siamo tutti uguali: sono quelli che permettono ad ogni persona di vivere in modo libero e dignitoso.
Su questa base di uguaglianza ognuno deve sentirsi incoraggiato a realizzar la sua unicità che lo rende diverso da tutti, e a coniugare  questa sua diversità con la diversità degli altri.
Questo per me è la vera uguaglianza che fa della convivenza umana un giardino da favola.

                                       don Camillo


UN GIARDINO DA FAVOLA

E' bello il giardino se è variopinto,
se accanto alla rosa ci sta la violetta;
se nessun fiore ambisce, convinto,
di fare per sé d'applausi incetta.

Sono diversi per colore e statura,
ma questo non rompe la geniale armonia.
Ciò che sa fare la madre natura
diventa per noi una scuola e una via.

E' bello ammirare ogni singolo fiore
e coglier l'incanto che lo rende se stesso;
è proprio per questo eccezionale candore
che sta nel giardino come in tenero amplesso.

Se tutto fosse un colore soltanto
la fiaba sarebbe un racconto al veleno;
le note sarebbero incapaci di canto
e sparirebbe del tutto anche l'arcobaleno.

                                       don Camillo



mercoledì 2 settembre 2020

SALUTE. Correre sembra semplice

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 14/08/20.
Articolo: "Correre è così bello che crea dipendenza" di ALEX SARAGOSA.

Correre: sembra semplice, ma è frutto di una complicata interazione tra decine di muscoli che devono contrarsi a tempo, il sistema nervoso che ne orchestra l'azione e ci mantiene in equilibrio, cuore, polmoni  e apparato digerente, fornitori dell'energia per alimentare il tutto.
Aiuta a districarsi in questa complessità Scienza della corsa (Gribaudo) del fisioterapista, e maratoneta, Chris Napier: un manuale con decine di disegni sull'architettura del corpo umano, oltre a grafici, tabelle e schede su allenamenti, dieta e infortuni, che accompagnano l'aspirante sportivo dalla corsetta della domenica fino alle maratone agonistiche.
"Correre rende più forti, e resistenti alle malattie. Anche a piccole dosi riduce il rischio di ipertensione, diabete, artrosi, malattie respiratorie, tumori, depressione, ansia e demenza senile" dice Napier.
Ma come fa la corsa a essere una simile panacea?
"Per milioni di anni i nostri antenati si sono mossi molto, per trovare cibo e sfuggire ai predatori: si calcola che ogni giorno camminassero o corressero per circa 25 chilometri" spiega Stefano Farioli Vecchioli, neurobiologo del Cnr. "Così il nostro Dna si è adattato, incorporando la corsa in ciò che ci serve per restare sani. E, visto che solo da poco tempo siamo diventati sedentari, l'aver smesso di muoversi danneggia la nostra salute".
La corsa migliorerebbe anche il nostro cervello.
"Abbiamo visto che in topi fatti correre regolarmente si contano più nuovi neuroni nell'ippocampo, l'area cerebrale deputata alla memoria" spiega ancora Farioli. "Colleghi giapponesi hanno poi confermato che anche nell'uomo gli individui più sportivi hanno un ippocampo più grande e migliore memoria.La chiave è il fattore di crescita neuronale Bdnf, prodotto dai muscoli per bruciare  i grassi, che nel cervello stimola la nascita di nuovi neuroni. Se i muscoli restano inattivi, il livello del Bdnf scende e il cervello non riesce a mantenersi in condizioni ottimali".
E non c'è solo il Bdnf: i muscoli sotto sforzo producono anche serotonina e dopamina, neurotrasmettitori responsabili del benessere mentale.
"E' il modo con cui il nostro corpo ci premia quando facciamo attività utili alla sopravvivenza, come mangiare, fare sesso, appunto, correre".
Questo premio  ha però un lato oscuro: anche di corsa  si può diventare dipendenti, finendo per esagerare, danneggiando muscoli, ossa o legamenti.
"Per evitare di farsi male bisogna apprendere il tipo di movimenti e di allenamento graduale adatto a noi , e imparare a distinguere il dolore della fatica da quelli che ci avvertono di fermarci per non subire danni" spiega Napier. "Acquisire  queste conoscenze è molto più importante che spendere cifre esagerate per scarpe da corsa hi-tech".

RES PUBLICA. Protezione civile

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 07/08/20.
Articolo: "Un Paese di  santi, poeti e volontari" di ANDREA GAIARDONI.


Gli italiani sono fatti così: di fronte a un'emergenza tirano sempre fuori la loro parte migliore.
Nei mesi appena trascorsi, durante la fase più acuta della pandemia, dell'improvviso lockdown, della paura, degli isolamenti obbligati, alla Protezione civile sono arrivate migliaia di richieste per entrare a far parte del corpo dei volontari.
Per mettersi a disposizione del prossimo, non soltanto a parole: ma rimboccandosi le maniche e andando a dare una mano laddove c'era più bisogno.
Il picco di domande si è registrato in provincia di Padova, una delle Regioni inizialmente più colpite dal virus: 300 richieste in tre mesi, a fronte di una media di 50 l'anno.
Ma l'aumento, nell'ordine medio  del 20 per cento, è stato registrato in tutte le Regioni coinvolte dall'emergenza: dalla Lombardia al Piemonte, dalla Liguria all'Emilia Romagna, dalla Toscana alle Marche.
Attenzione però è vietato andare allo sbaraglio. Per diventare volontari effettivi bisogna prima rivolgersi a una delle migliaia di associazioni collegate con la Protezione civile e superare un esame di abilitazione.
"Nei corsi base, da 16 o 30 ore, s'insegnano i fondamentali" spiega Dario Pasini presidente della Commissione territorio del volontariato di Protezione civile. "Vale a dire: etica del volontariato (disponibilità, altruismo, capacità di mettersi a disposizione di chi coordina l'intervento); preciso ruolo del volontario (ci sono attività che non si possono svolgere, come l'antincendio); abc della pratica (dalle nozioni di diritto a come si monta una tenda). Una volta abilitati si entra in una "riserva" a disposizione delle Regioni, che chiamano secondo le necessità". La Lombardia ha anche attivato corsi online.
Le associazioni riconosciute dalla Protezione civile sono migliaia (900 nella sola Lombardia), ma nell'elenco nazionale ce ne sono 39: dall'Agesci alla Federmoto, dalla Caritas agli ausiliari della Guardia Costiera. Un esercito di circa 300 mila volontari.
"Non siamo in carenza di organico" precisa Pasini. "E il lockdown ha aumentato la disponibilità di volontari. In questi mesi, oltre alle attività più visibili, come l'allestimento degli ospedali da campo, hanno svolto un lavoro straordinario a livello comunale, nei servizi sociali, nell'assistenza agli anziani isolati. E la loro preparazione, nel gestire questa emergenza, è stata fondamentale".