mercoledì 31 agosto 2022

STORIE DI VITA DI ZANDOBBIO. Don Emilio Pagani

 

FONTE: libro "Sul filo dei ricordi..." ideato e stampato dal GRUPPO PARROCCHIALE PER LA TERZA ETA' di Zandobbio.




DON EMILIO PAGANI


Si racconta di un celebre prefetto del pretorio dell'imperatore Adriano - siamo nel II secolo d.C. - che, dopo una vita passata tra le armi, non si assentò un solo giorno dal suo ufficio, recandosi al palazzo assai prima dell'alba. All'imperatore che lo esortava a risparmiarsi, una volta che, ammalato, non aveva voluto starsene a casa a riposare, rispose: "Un vero prefetto deve morire in piedi". Così ci piace ricordare don Emilio Pagani, che fu a Zandobbio dal 1970 al 1987, sempre presente nella memoria di tutte le persone che l'hanno conosciuto. Alle giovani generazioni vorremmo segnalare la generosità e l'entusiasmo di questo sacerdote nei 39 anni del suo ministero.
Il Vescovo di Bergamo di quei tempi, mons. Giulio Oggioni, scrisse di lui: "Ricordo don Emilio Pagani sopratutto per la recente Visita Pastorale. Lo sapevo già ammalato ed era da poco uscito dall'ospedale proprio in occasione di questo incontro. Mi ha fatto molta impressione per la sua fede e bontà, e per l'azione pastorale realizzata a favore della sua gente. Lascia quindi a voi parrocchiani di Zandobbio la doppia eredità: quella delle sue parole e azioni parrocchiali e quella del suo esempio. Sono due binari, camminando sui quali potete procedere rettamente e velocemente sulla via cristiana".
Dopo aver ricordato che don Emilio era certamente pronto all'incontro con il Signore, anche se la morte l'ha colto improvvisamente, mons. Oggioni invitava tutti a mantenerne vivo il ricordo. "So che sarà seppellito nel cimitero parrocchiale e sarà, quindi, facile a voi andare alla sua tomba non solo per pregare, ma anche per riudire il suo insegnamento."
Don Emilio fu a Zandobbio dal 1970 al 1987 e nei 17 anni della sua permanenza in parrocchia si prodigò per tutti con impegno e con generosità, nonostante le precarie condizioni di salute.
Nato a Villongo san Filastro il 5 settembre 1923, entrò, nel 1936, nel Seminario di Clusone, da poco aperto per accogliere i ragazzi orientati al ministero sacerdotale. Il "suo" parroco si chiamava don Abele Agostinelli, l'indimenticabile santo sacerdote, originario di Verdello, che lasciò una traccia indelebile nel giovane seminarista e più tardi nel prete don Emilio.
Dopo gli studi filosofici e teologici  nel Seminario Vescovile di Bergamo, fu ordinato sacerdote da S.E. mons. Adriano Bernareggi il 22 maggio 1948.
Nominato vicario parrocchiale a Premolo, fu presente alle esequie del sacerdote martire a Dachau don Antonio Seghezzi, del quale è in corso la causa di beatificazione. A Premolo, fu anche economo spirituale, nel 1953, alla morte del compianto parroco don Tobia Palazzi. 
Nel 1954 fu inviato a Ghisalba come coadiutore per le attività pastorali e in particolare per la formazione dei ragazzi e dei giovani. 
Dal 1957 al 1970 fu parroco di Selino Alto. Nella piccola parrocchia valdimagnina potè esercitare pienamente la responsabilità pastorale, alternandola, nei momenti liberi, con l'impegno della direzione spirituale e della confessione delle religiose.
Erano gli anni del Concilio Ecumenico Vaticano II e don Emilio, seguendo umilmente, come tanti altri sacerdoti bergamaschi, le direttive del vescovo mons. Clemente Gaddi, studiò con profondo impegno i cambiamenti epocali che erano in atto e si dedicò ad una revisione generale dei criteri di azione pastorale. Gli anni di Selino Alto furono intensi, ricchi di esperienze nuove e di studio.
Nell'autunno del 1970 mons Gaddi destinò don Emilio a Zandobbio come vicario adiutore di don Angelo Bosis, al quale doveva succedere come prevosto nella primavera successiva.
A Zandobbio nacquero iniziative che coinvolsero i fedeli in un crescendo di impegno e di collaborazione. Sorse il Consiglio Pastorale cher coordinò le iniziative dei gruppi già esistenti e di qelli di nuova formazione. Una particolare cura don Emilio ebbe per l'Azione Cattolica che rifiorì in tutti i suoi rami, proprio nel periodo in cui più forte sembrava la crisi.
Dovendo procedere al restauro della casa parrocchiale, ebbe, fin dai primi anni '70, il felice intuito di aprirla anche alle attività della comunità parrocchiale.
Nacque proprio nel 1973, come ramo del Gruppo Caritativo  parrocchiale, il gruppo per la Terza età, che don Emilio volle presente nella realtà di Zandobbio e che, divenuto ora Associazione, grazie alla solerte ed instancabile laboriosità del suo fondatore ed animatore  Luigi Barcella, da 30 anni sta dando i suoi frutti per il sollievo delle persone anziane. 
Sofferente da diversi anni, assistito e rincuorato dalla fedele Angelina, don Emilio volle portare con coraggio esemplare la propria croce, fino alla morte.
 "... Ricorderò sempre con tanto amore i miei parrocchiani sopratutto di Zandobbio, oltre a quelli di Selino Alto, di Ghisalba e di Premolo dove ho svolto il mio ministero sacerdotale. Come pure ricordo tutte le buone Religiose che ho incontrato nel ministero al confessionale. Ho cercato di fare un pò di bene: questa è stata sempre la mia intenzione, anche se sono consapevole di non aver sempre dato tutto quello che forse potevo e che gli altri si attendevano da me. Di questo domando perdono al Signore, perché mi abbia ad usare tanta misericordia per le miserie, debolezze e colpe che posso aver fatto. Chiedo perdono anche a tutte le persone che in qualche modo posso aver offeso o deluso nelle loro attese a mio riguardo. E chiedo che non mi abbiano a dimenticare nelle loro preghiere di suffragio. A tutti dico: Arrivederci nella casa del Padre!"
In queste semplici parole del suo testamento spirituale troviamo nitido l'orizzonte concettuale che ha guidato tutta la sua vita.


                                         don Sergio Pagani

martedì 30 agosto 2022

DON CAMILLO. Quando la linea è sovraccarica

 



FONTE: Notiziario parrocchiale settimanale di Albegno e dintorni.

QUANDO LA LINEA E' SOVRACCARICA

Passeggiando di sera nelle vie dei negozi nei giorni scorsi che ho passato al mare, mi è capitato di raccogliere alcune premure di genitori e nonni nei confronti dei rispettivi figli o nipotini.
"Che cosa vuoi tesoro? Che cosa ti piace di più?...C'è anche questo...Guarda che bello".
Di fronte al bambino che annuiva, la conclusione era:
"Te li prendo tutti e due...Sei contento?"
Questo mi ha portato a riflettere su quella tentazione forte di riempire i ragazzi di tutto ciò che a loro piace, e a volte anche di sovraccaricare con l'intento di renderli più contenti.
Credo che la motivazione immediata sia sempre solo questa: renderli più contenti possibile.
In realtà, però, vi è il forte rischio di un risultato diverso: quello dello stordimento o della confusione  che non permettono di godere appieno del bene ricevuto.
Ammesso che la motivazione sia solo quella di veder contenti i figli o i nipoti...
Perché ci possono essere anche motivazioni nascoste meno nobili quali ad esempio l'intento di accaparrarsi la loro simpatia, o di risarcirli dell'attenzione o del tempo mancati, o di sentirsi buoni e generosi, o di convincersi di essere giovani e aperti...
In tal caso il "tesoro" è in realtà solo strumentalizzazione ad uso e consumo proprio dall'adulto che non si rende conto che la linea, quando è sovraccarica, salta.
Forse la mia è una riflessione strampalata che va oltre i limiti del possibile. Succede quando si ha troppo tempo per passeggiare e per pensare.
Meglio così.
                                
                                       don Camillo





sabato 27 agosto 2022

SERGIO. Cerco foto "I TRASFORMISTI"

 




Sto esaurendo la scorta di foto, che mi avete concesso di pubblicare, della rubrica "I TRASFORMISTI".

Lancio l'appello ai vecchi trasformisti di fare altre foto e invito dei nuovi a mettersi alla prova.


venerdì 26 agosto 2022

SERGIO E IL CALCIO. L'allenatore. 2

 



L'inizio della mia esperienza da allenatore non è stata quindi felice. Accantono questa esperienza anche perché negli anni precedenti mi sono sposato con Rosaria e sono nati Gabriele e Loris.
Tuttavia, dopo tanti anni di calcio giocato, sento il bisogno di fare ancora sport e scopro il podismo delle "marce  non competitive", che stanno proliferando in tutta la provincia. 
La strada sterrata di Grena diventa la "mia" palestra e non è raro il caso che alle 6 di mattina percorra di corsa  i 2 km per arrivare alla cappelletta della Tribulina e relativo ritorno per poi, dopo una doccia defatigante, recarmi al lavoro.
Ogni domenica mattina mi alzo alle 7, indosso la tuta e metto nella sacca gli indumenti di ricambio. Dopo una leggera colazione salgo in auto e mi reco al paese dove si svolge la corsa. Ogni domenica un paese diverso. Sono di ritorno verso le 11 e, dopo una rapida e salutare doccia, ci sediamo a tavola e descrivo i luoghi in cui ho corso e le persone con le quali ho parlato amichevolemente. 
Passano alcuni anni e le corse podistiche mi sono entrate nel sangue, come un virus impossibile da debellare.
Le mie corse sulle colline che circondano Zandobbio sono sempre solitarie, essendo l'unico del paese a coltivare questa passione. Ma una sera di aprile, uscendo dal cancello per il solito allenamento, incrocio Piero, cugino di mia madre, che in tenuta sportiva sta correndo. Mi chiede  se può accompagnarmi. Io acconsento contento e decidiamo di fare il giro dei Sommi.
Piero è sulla quarantina e lavora a Milano, sopportando quattro ore di viaggio tra andata e ritorno. Inoltre è un turnista. Durante la cattiva stagione soffre di frequenti raffreddori e la tosse è sempre in agguato. Il medico gli ha consigliato di praticare dello sport. Mi vede qualche volta impegnato nella corsa e così ha deciso di praticare anche lui questa disciplina.
Nasce un'amicizia che coinvolge anche le famiglie. 
Non sempre Piero può allenarsi con me, dato i suoi turni di lavoro, ma alle 7 di ogni domenica mattina saliamo in auto e ci rechiamo nel paese dove si svolge la "non competitiva".
Sopraggiungono i mesi freddi, ma Piero, sul mio esempio, non tronca l'allenamento, che incomincia a procurargli dei benefici, il primo dei quali è la costante diminuzione del peso corporeo superfluo. Anche raffreddore e tosse si tengono alla larga.
Piero scopre di essere un forte podista. Nei primi mesi ha faticato a tenere il mio ritmo di corsa, ma ora sono io che devo impegnarmi a fondo per stargli alla pari. Anzi, in salita mi fa mangiare la polvere.
Poi una domenica mattina, ecco la sorpresa: Pina, moglie di Piero, viene anche lei a fare la "non competitiva". La donna non ha mai corso e quindi si limita a camminare per l'intero percorso. L'esperienza gli piace e dice che verrà anche domenica prossima.
Sette giorni dopo un'altra sorpresa: anche Luisa, amica di Pina e più giovane, si aggrega. Le due donne manifestano il desiderio di iniziare la corsa al piccolo trotto, fin quando le forze le sorreggeranno. Riescono a correre fino a metà percorso  e sono molto contente del loro exploit. Nel ritorno a casa Piero ed io le incoraggiamo ad allenarsi durante la settimana.
Così dopo alcuni mesi di allenamento Pina e Luisa riescono a correre per l'intera gara.

                                          continua





mercoledì 17 agosto 2022

RIFLESSIONI. Bellezza interiore o bellezza esteriore?

 



FONTE: Don Chino Pezzoli # Comunità Promozione Umana su Facebook.

La bellezza esteriore viene ricercata e osannata da tutti, ma è davvero così importante?
Si legge nel Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry: "l'essenziale è invisibile agli occhi". 
In verità la bellezza è un concetto antico, discusso e ritrattato nel corso dei secoli, ma nella società contemporanea ha assunto una particolare importanza, tanto da essere continuamente promossa; esaltata. Peccato che si tratti soprattutto di bellezza esteriore.
Sono pochi quelli che coltivano la bellezza interiore o la speranza che non delude che Dio infonde nell'anima. La bellezza interiore, per chi non lo sapesse, dà senso a questi giorni fuggitivi.


martedì 16 agosto 2022

VIVERE INSIEME. Occhio alle truffe

 

FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" maggio 2022.
Articolo: "Occhio alle truffe" di NICOLETTA MASETTO.

La necessità di trovare un lavoro rende purtroppo le persone facili prede di truffe. Si tratta di inganni che fanno leva sulle speranze di chi sta cercando un'occupazione con il solo intento di "spillare" dei soldi al malcapitato di turno.
In genere si tratta di offerte di lavoro che viaggiano sul web con messaggi accattivanti, invitando, ad esempio, a provare investimenti o a partecipare a meccanismi di vendita con sistema piramidale o multilevel.  Ogni mese la Consob oscura decine di siti di trading non autorizzati o di vendita piramidale che, tra l'altro, è vietata per legge.
Tra le truffe ci sono quelle che fanno leva sull'ambizione a entrare nel mondo dello spettacolo (invito per un provino, a cui segue la richiesta di un corso di formazione a pagamento oppure di un costoso book fotografico) oppure le classiche proposte di lavoro a domicilio (a cui segue, però, la richiesta di acquistare un kit per cominciare la collaborazioe) o, ancora, l'icrizione a un club che nasconde meccanismi di vendita piramidale.
Consigli sempre utili: diffidiamo di chi chiede somme di denaro per iniziare l'attività; leggiamo sempre  il contratto dall'inizio alla fine e, se sottoscritto a domicilio, esercitiamo il diritto di recesso; pretendiamo copia scritta  del contratto, timbrata e firmata dal datore di lavoro; verifichiamo se l'azienda è iscritta alla Camera di Commercio; non firmiamo mai documenti in bianco; verifichiamo sul web  l'esperienza di altri. 
In caso di problemi, reclamiamo sempre per iscritto e, se non si ottiene risposta, rivolgiamoci alle Forze dell'ordine. 

mercoledì 10 agosto 2022

SERGIO E IL CALCIO. L'allenatore. 1

 




Nel post precedente ho dimenticato di parlare dei tornei estivi a 7 giocatori, ai quali partecipavo. Si svolgevano alla sera nei mesi di giugno e luglio ed erano numerosi attirando molti tifosi. Oggi invece sono quasi totalmente scomparsi.
Fin quando non ho avuto la patente di guida mi portava quasi sempre mio zio Mario (qualche volta anche zio Guido e Chico), il mio primo tifoso, ma  anche il mio primo  critico.
Questo zio era il mio preferito e, visitandolo in ospedale qualche giorno prima della sua morte, capendo che sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei visto da vivo, in lacrime glielo confessai.
Un altro che mi portava in giro nei  tornei, soprattutto nella provincia di Lecco (Olginate, Olginate Molgora, Calco) era Bellini Walter, compaesano e roccioso difensore di qualche anno più grande. Il giovanotto era molto sveglio e, lavorando in fabbrica a Milano, conosceva molte persone e riusciva a ottenere ingaggi per i tornei estivi. Non gli ho mai chiesto se, oltre al suo compenso, riscuotesse anche il mio. Ero contento di giocare ed inoltre mi ritenevo fortunato di essere uno studente, mentre la quasi totalità dei miei coetanei zandobbiesi erano già al lavoro da qualche anno.  Comunque nei tornei per i giocatori più bravi il compenso era di solito 50 mila lire, ma qualche volta, per le partite più importanti, ci scappava anche un centone.
Chiudo la parentesi, lasciando la narrazione di un episodio accaduto al torneo di Trescore B. nel post SERGIO. Racconti. Quella volta che Gigi Valenti....
Come  ho detto nel precedente post ho appeso le scarpette al fatidico chiodo a 29 anni e inizio quella di allenatore delle giovanili zandobbiesi.
Il presidente mi affida la squadra dei giovanissimi a 11, composta da tre classi di età per raggiungere un numero di giocatori sufficiente.
Arriva ottobre. Inizia il campionato e arrivano anche le prime sconfitte. Alle iniziali disfatte seguono alcune vittorie, seppur rare, ma è cresciuta anche la spavalderia di alcuni ragazzi  nel rifiuto della disciplina.
Mi rivolgo al presidente per avere dei consigli e lui mi risponde che sono problemi miei.
Il sabato pomeriggio la partita vissuta in panchina è per me una continua sofferenza, data la manifesta inferiorità fisica della squadra nei confronti degli avversari.
La più  grande difficoltà è però sul campo di allenamento, dove i pochi ragazzi indisciplinati mettono a dura prova l'affiatamento della squadra stessa, vanificando il mio impegno.
Ma una sera, come il solito, mi trovo in mezzo al campo, in attesa che i ragazzi escano dagli spogliatoi, con il vento gelido di febbraio che mi sferza la faccia: ecco finalmente i ragazzi uscire dagli spogliatoi. E' un coro di risate e in mezzo Giovanni, il più turbolento, vestito solo di un pigiama.
Acclamato da tutti avanza impettito con uno sguardo di sfida. Sono preso da un'ira tremenda, ma riesco  a dominare quella tempesta che ho nel cuore.
Lascio avvicinare Giovanni, che si ferma a pochi passi di distanza e con la mano destra gli indico la strada degli spogliatoi.
Il ragazzo, tutto fiero, gira sui tacchi e ritorna da dove era venuto, accompagnato dall'ovazione dei compagni. 
Quella sera stessa ho dato le dimissioni.
Questa è la mia prima esperienza di allenatore delle giovanili.
In seguito, come vedremo, ce ne saranno tante altre, alcune gioiose, altre sgradevoli, ma in ogni caso significative.

                                      continua






SERGIO. Racconti. Quella volta che Gigi Valenti....

 



TORNEO DI CALCIO A 7 GIOCATORI 

Negli anni 60/70 del secolo scorso si svolgeva a Trescore B. all'oratorio nel pomeriggio della domenica nei mesi estivi il torneo di calcio a 7 giocatori. Era un torneo importante nella zona ed attirava molti  spettatori intorno allo spelacchiato campo parallelo alla via Ospedale.
Nella categoria liberi solitamente arrivavano in finale la squadra di Zandobbio e quella di Trescore B. del bar Cervo. Una squadra finalista arrivava con tutte le partite vinte, mentre l'altra con una sconfitta.
Quell'anno di grazia la nostra squadra, la Zandobbiese, era giunta in finale con tutte vittorie: quindi in caso di sconfitta nella prima partita, per stabilire il vincitore bisognava giocare un secondo incontro. Anch'io ero in campo per il nostro paese con il numero 9 sulle spalle ed ero anche il più giovane.
La partita doveva iniziare alle 16, ma già mezz'ora prima il rettangolo di gioco era circondato da almeno mille persone, non essendoci tribune. 
Se in quel momento i ladri avessero "visitato" Zandobbio, avrebbero sicuramente fatto un buon bottino, essendo spopolato per la PARTITA.
Ma entriamo in presa diretta nella cronaca.
L'aspettativa di zandobbiesi e trescoresi è enorme e la tensione si può tagliare a fette.
Altro fatto che ha alzato il livello di adrenalina negli zandobbiesi  sono i presunti favori arbitrali a vantaggio dei trescoresi nelle precedenti finali.
Se ben ricordo, i miei compagni erano Martinelli Giuseppe, detto Gepe, Plebani Giovanni, detto Gevane, Bellini Walter, detto Filèp. Chi fosse il portiere non me lo ricordo, mentre gli altri due solitamente erano di fuori paese e giocatori di categorie superiori. Mi vengono in mente i nomi di Corna, Ortelli, Cominelli, ma non saprei dire chi fosse in campo in questa partita.
Le due squadre entrano in campo accolte da un boato. Mi brillano gli occhi vedendo l'enorme cornice di spettatori che delimitano il terreno di gioco. Non è sicuramente una partita da affrontare con le gambe molli e questo vale anche per l'arbitro, che però non è molto alto di statura. Sento l'adrenalina salire a mille nelle vene e guardo Walter che mi sorride. Lui è un gladiatore, uno stopper alla Rosato. Chi non conosce i suoi tacchetti in tutta la provincia?
Inizia la partita in un silenzio tombale. Dura poco: basta che un trescorese entri duramente su Gepe che la torcida zandobbiese inviti l'arbitro a tirar fuori il cartellino giallo. Non avviene. Gli animi in campo si scaldano, trasmettendo il nervosismo agli spettatori.
La partita è equilibrata con belle azioni su entrambi i fronti. Ma alcune decisioni arbitrali non soddisfano pienamente i tifosi zandobbiesi che rumoreggiano.
Termina il primo tempo a reti inviolate.
Nell'intervallo i tifosi si scambiano opinioni e quelle dei tifosi zandobbiesi sono negative sull'operato dell'arbitro. Si sente dire: "Anche stavolta l'arbitro favorisce il Trescore" oppure "Questa volta se l'arbitro sgarra, non la passa liscia!"
Finisce l'intervallo.
I giocatori in campo soffrono il sole estivo e la stanchezza comincia a farsi sentire. Il risultato è sempre in parità ed ormai siamo mell'ultimo quarto.
Il nostro portiere mi lancia il pallone a metà campo ed io corro veloce verso l'area avversaria. Supero il mio difensore, entro in area ed il portiere mi affronta per rubarmi il pallone dai piedi. Quando l'estremo difensore sta per ghermirmi la palla con le mani, riesco a far passare la sfera di cuoio oltre, mentre il lui mi frana addosso, interrompendo la mia corsa. Il pallone lemme lemme esce di lato dal palo. E' un chiaro rigore!
Rimango a terra dolorante, mentre il portiere si rialza prontamente.
Mille persone stanno aspettando la decisione dell'arbitro, che non può essere che una: rigore!
Incredibilmente la giacchetta nera fa rimettere la palla da fondo campo.
Apriti cielo!
Una marea di gente si riversa sul terreno di gioco e il tifosi zandobbiesi iniziano la caccia all'arbitro. Il primo a raggiungerlo è Gigi Valenti, che con una mano lo prende per il collo e lo solleva da terra e con l'altra lo schiaffegga. Soddisfatto, lascia la presa, permettendo all'arbitro di rifugiarsi negli spogliatoi. La partita è interrotta. Nei giorni successivi gli organi disciplinari hanno dato partita persa allo Zandobbio, e anche la seconda è stata data persa. Oltre al danno anche le beffe.
Recentemente ho rammentato a Gigi Valenti l'episodio, del quale lui ha ancora memoria.


martedì 9 agosto 2022

LIBRI. "Il lato positivo" di Matthew Quick

 




   LIBRI  CONSIGLIATI  DA  LORIS  FINAZZI ,  
   GRANDE  DIVORATORE  DI  VOLUMI   


" IL LATO POSITIVO " di Matthew Quick edito da TEA.

Pat Peoples ha una missione: diventare fisicamente tonico ed emotivamente stabile. Per ricongiungersi con la moglie Nikki.
Così ha deciso durante il periodo nella clinica psichiatrica dove ha trascorso un tempo che non ricorda, ma che deve essere stato piuttosto lungo... Infatti, ora che è tornato a casa, molte cose sembrano cambiate: i suoi vecchi amici sono tutti sposati, gli Eagles di Philadelphia hanno un nuovo stadio ma, soprattutto, nessuno parla più di Nikki.
Dov'è finita? Come poterla contattare e chiedere scusa per le cose terribili che le ha detto l'ultima volta che l'ha vista?
Per fortuna  Pat incontra Tiffany che, in cambio dell'aiuto per partecipare a un concorso di danza, si offre di fare da tramite tra lui e sua moglie.
Ma qual è la verità? Per tutto il tempo Pat guarda il mondo con sguardo incantato, cogliendone solo il bello e, anche se tutto è confuso, trabocca di squinternato ottimismo, perché dietro le nuvole c'è sempre il sole.


lunedì 8 agosto 2022

RIFLESSIONI. Difficoltà, problemi e ostacoli

 



FONTE: Don Chino Pezzoli # Comunità Promozione Umana su Facebook.

Difficoltà, problemi e ostacoli non vanno certo ricercati con il lumino, ma rifuggirli è un errore ancora più  grave.
Avete mai visto un bambino che cerca di salire sul divano e non ci riesce? Il genitore, vedendo che non ce la fa a salire, cosa fa? Lo prende e lo mette lui sul divano. E il bambino allora cosa fa? Scende dal divano e torna al punto di partenza, e riprova a salire sul divano da solo. Vuole riuscirci da solo. 
Il voler aiutare  troppo è deleterio, perché  quale messaggio sta mandando a quel bambino il genitore se lo prende e lo mette lui sul divano?
"Non sei capace, ti devo aiutare".
Non lamentiamoci poi se i nostri figli e figlie sono passivi, svogliati, mantenuti.

giovedì 4 agosto 2022

STORIE DI VITA DI ZANDOBBIO. Il maestro Pino

 



FONTE: libro "Sul filo dei ricordi...2" ideato e stampato dal GRUPPO PARROCCHIALE PER LA TERZA ETA' di Zandobbio.

IL MAESTRO PINO

Francesco Noris (Franco, ma per tutti il maestro Pino) è nato a Zandobbio il 5 febbraio 1920, da Piero butighér e da Elisa Trapletti. Ricordava con orgoglio di essere stato battezzato personalmente dal vescovo di Bergamo mons. Maria Marelli durante una visita pastorale, come risulta dal suo atto di battesimo nell'archivio parrocchiale.
Conseguita l'abilitazione all'Istituto Magistrale di Imperia-Oneglia in Liguria, si impiegò dapprima in banca presso la Cassa di Risparmio di Trescore, ma ben presto seguì la tradizione di famiglia, da tempo dedita all'insegnamento. Suo nonno, che si chiamava Francesco come lui, era originario di Gandino, era cugino del pittore Ponziano Loverini direttore dell'Accademia Carrara ed era stato segretario comunale e maestro elementare a Zandobbio.  Dopo la promulgazione della legge Coppino del 1877 sull'obbligo scolastico i Comuni erano infatti costretti ad aprire e gestire scuole di base e i segretari comunali svolgevano anche il ruolo di maestri.
Francesco Noris senior vi insegnò fino al 1907, per vent'anni. Anche sua figlia, la zia paterna del maestro Pino, Giuseppina Noris insegnò per 52 anni in paese, come ricorda la lapide che ancora  di conserva presso il cimitero comunale.
Prime sedi di lavoro del maestro Franco Noris sono state Cividino e Cenate Sopra, paesi che il giovane rggiungeva ogni giorno in bicicletta. Poi scelse come sede definitiva Zandobbio, dove insegnò per tutto il resto della sua carriera, preferendola alla più accessibile sede di Trescore.
Il 29 luglio 1943 si sposò con Laura Finazzi, figlia a sua volta di un zandobbiese come Pietro Finazzi, capomastro detto Caposmagia per un caratteristico angioma sulla guancia e membro di una famiglia di costruttori, come il fratello Giacomo. Il viaggio di nozze portò i giovani sposi nientemeno che (si badi bene!) a Boario (a Casì Boèr, come si diceva a quel tempo).
Andato ad abitare a Trescore, Franco Noris curò per decenni anche la gestione del cinema parrocchiale, provvedendo in anni di assenza della televisione, ad una programmazione attenta alle novità dell'epoca ed ai risvolti educativi di questo importante mezzo di comunicazione.
Legato al paese di nascita da tanti rapporti di amicizia, negli stessi anni seguì come contabile e consulente gli sviluppi delle prime imprese, che a Zandobbio si dedicarono alla produzione di granulati e piastrelle.
Degli allievi che ebbe, si occupò non soltanto durante gli anni di scuola, ma spesso li seguì anche quando gli stessi si erano creati una propria famiglia o avevano avviato una propria attività: molti erano infatti quelli che andavano a trovarlo a casa sua per un consiglio o un aiuto.
Negli anni Cinquanta fu richiamato sotto le armi per completare il corso di allievo sottufficiale, interrotto dagli eventi bellici e fu congedato con il grado di sergente maggiore.
Del suo sistema di insegnamento molti ricordano ancora le uscite sul territorio (quando la scuola era un po' più libera e un po' più creativa di oggi) alla ricerca di fossili o alla raccolta di mughetti e di castagne quando era la stagione. Erano anni in cui l'insegnamento non era certo più comodo di oggi, di fronte ad un analfabetismo più diffuso ed a condizioni di povertà spesso impressionanti. Per questo fece spesso parte del Patronato Scolastico e cercò di aiutare gli alunni più disagiati con dotazione di materiali e sussidi. Allo stesso modo si ricordava volentieri di tutti gli scolari che aveva avuto, sia di quelli che avevano frequentato la scuola con grande difficoltà, sia di quelli che, dotati di buone capacità, avevano poi proseguito con profitto gli studi.
Per chi ancora si ricorda, la scuola di Zandobbio era allora situata nell'edificio del Comune, al primo piano, con aule dotate di enormi stufe di terracotta, che d'inverno funzionavano se gli alunni si ricordavano di portare da casa qualche sok: nello stesso edificio abitava la famiglia del vigile-messo comunale e nell'atrio si apriva una specie di spelonca, dove il famigerato Bòles accatastava  montagne di biciclette, che forse non avrebbe aggiustato mai. Questo per dire di un clima e di una condizione che rendevano persino pittoresco l'ambiente di scuola di quei decenni.
Una volta raggiunta la pensione, il maestro Noris si occupò di molte iniziative assistenziali, facendo parte  attivamente per più anni della Conferenza San Vincenzo. E' mancato il 5 dicembre 1995. E' sepolto a Trescore, ma per sua volontà una piccola lapide lo ricorda anche a Zandobbio, vicino alla tomba della sorella Lina Noris e a quella della sua zia Maestra.

   I figli Fernando, Giampietro, Flavio e Isa



il maestro Pino con la classe 5 elem. nel 1980




il maestro Pino con una classe elem. nei primi anni Sessanta






mercoledì 3 agosto 2022

SERGIO E IL CALCIO. Il calciatore

 




Premetto che la mia memoria è labile e quindi le mie affermazioni sono da prendere con i dovuti dubbi.
Ho iniziato a giocare al calcio nei campionati CSI verso i 14 anni all'oratorio di Trescore B..
A quei tempi non c'erano i vivai (anche a livello professionistico) con l'ampia suddivisione attuale nelle tante categorie giovanili. Giocavano nei campionati chi aveva l'attitudine  e ci si trovava al momento della partita: l'allenamento si faceva tutti i pomeriggi sul sagrato della chiesa del proprio paese.
Quindi l'allenatore era di solito un giovane che ci accompagnava alla partita e sedeva in panchina solitamente solitario, perché allora non c'erano i cambi.
Il mio primo allenatore fu Emilio Suardi, brava persona e tanto appassionato.
In questi ultimi anni, andando a messa a Trescore B., qualche volta lo incontravo: mi raccontava di avere tante patologie, ma  al ricordo di quegli anni sorrideva come un bambino. Ora riposa in pace.
Di quella  mia prima  squadra a 11 giocatori ho solo la seguente foto, scattata al torneo di calcio a 7 di Trescore B., che si svolgeva la domenica pomeriggio, alla presenza di tanti tifosi, con alcuni compagni.



In piedi da sinistra: Emilio Suardi, Censo (doveva essere di Telgate), Flavio Noris, Tiziano Mutti, Sergio Finazzi.
Accosciati da sinistra: Ronchis, Bertuletti (?), Mangili.

Chi è il ragazzino con la bandierina in mano?
E' Lino (Bortolo) Mutti!!!! Da allora ne ha fatta di strada in campo professionistico: giocatore, allenatore, commentatore televisivo.

Anche il fratello Tiziano ha giocato con i professionisti, addirittura nell'Inter.

Ho ricordi molto vaghi di quella squadra, ma rammento che la squadra più forte a livello giovanile CSI era quella dell'oratorio di Lovere, la Virtus Lovere. Quante battaglie con loro!

Poi a 16 anni ho iniziato a giocare con i grandi dello Zandobbio.
La seguente foto della Zandobbiese è del 1967.



La squadra è composta da 5 zandobbiesi e da 6 trescoresi.
In piedi da sinistra: Nava (acc.), Gualini Alessandro,  Finazzi Sergio, Mologni Emilio (acc.), Plebani Giovanni, Bena, Bellini Walter, Belotti Gino (acc.).
Accosciati da sinistra: Fratus, Martinelli Franco, Cantamessa, Tiraboschi, Martinelli Giuseppe, Nicoli.

Poi dalla Zandobbiese sono stato ceduto alla Castellese di Tagliuno, la quale mi ha ceduto all' Adrense. I passaggi successivi sono stati Trescore B., Capriolo e Zandobbiese dove ho terminato  di giocare a 29 anni. Allora erano rari i giocatori che terminavano dopo i 30 anni.
Questa è la mia modesta carriera di calciatore  dilettantistico.
Dimenticavo: ero un centravanti molto veloce (correvo i 100 m in 11" 7 senza un allenamento specifico) e dal tiro con il piede destro al fulmicotone. Ero abile anche in acrobazia: non erano rari i gol che facevo in sforbiciata o in tuffo a pelo d'erba. Insomma ero un bel attaccante, al quale si era presentata l'occasione della vita e non aveva colto l'attimo.
Ve la racconto anche se c'è stato molto rimpianto dentro di me.
Avevo 20  anni e giocavo nell'Adrense, squadra bresciana di Adro.
In quel periodo frequentavo l'università Bocconi di Milano.
Le squadre professionistiche di calcio non avevano i vivai, ma solo la squadra di riserva della squadra titolare.
Prima di un allenamento il presidente dell'Adrense mi dice che devo andare a fare un provino al Brescia. Gli rispondo che sono impegnato con gli studi e che la proposta non mi interessa. La cosa cade prima di nascere.
Morale della favola: il provino al Brescia non l'ho fatto, ma negli anni seguenti non ho terminato neanché l'università, abbandonata a 22 anni dopo aver superato 14 esami. Facciamo una piccola digressione.
Ho deciso di troncare gli studi, con enorme dispiacere di mio padre, perché ero saturo; con questo intendo dire che mi veniva la nausea a prendere in mano i libri.
Non frequentavo molto l'università preferendo studiare a casa anche 7-8 ore giornaliere. Ma la facoltà di Economia e Commercio non era adatta alla mia personalità, scelta anche per accontentare mio padre. Poi non capivo quei luminari di professori che nelle loro dispense per spiegare dei concetti molto semplici impiegavano decine di pagine con i vocaboli più astrusi.
 Ma non dilunghiamoci troppo: ho abbandonato l'università, ma avevo il diploma di ragioniere nel cassetto. Non ho mai rimpianto questa decisione, anche se mio padre me l'ha fatta pagare cara dal lato affettivo.
Qui termina la narrazione del mio primo periodo di frequentazione del calcio, che coincide con la fine della mia modesta carriera  (parola grossa) dilettantistica di giocatore.

                                   continua
















lunedì 1 agosto 2022

SALUTE. Cellulari e cancro

 

FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" maggio 2022.
Articolo: "Cellulari e cancro: ancora rassicurazioni" di ROBERTA VILLA.

Il presunto legame tra l'uso dei telefoni mobili e rari tumori  del cervello è di nuovo smentito da uno studio condotto su quasi un milione di persone.
Quasi tutti abbiamo in tasca un telefonino, anche chi fino a oggi non era  del tutto convinto che il dispositivo fosse proprio sicuro. Il dubbio era lecito, dal momento che l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), nell'ultima valutazione condotta una decina di anni fa, aveva lasciato aperta la possibilità che, seppure con un meccanismo poco chiaro, le radiofrequenze emesse dagli apparecchi potessero in qualche modo determinare  un leggero aumento del rischio di rari tumori al cervello, detti gliomi, e invitava quindi gli scienziati ad approfondire la questione.
Ai molti altri studi che negli anni hanno smentito questo ipotetico legame si aggiungono oggi i dati raccolti in Gran Bretagna da una larga indagine epidemiologica che segue nel tempo più di un milione di donne, con questionari periodici e raccolta dei loro fascicoli sanitari online.
Quasi 800 mila partecipanti, in particolare, avevano risposto nel 2011 a domande legate alle modalità con cui facevano uso del cellulare; tra queste, nei quattordici anni successivi, sono stati diagnosticati oltre 3.200 tumori. Tra chi faceva largo  uso del cellulare e chi non lo utilizzava mai non si sono osservate differenze significative nel rischio di tumori cerebrali nel loro insieme, né esaminaldolo uno a uno: dai gliomi  ai benigni meningiomi, dai tumori dell'ipofisi a quelli che possono colpire il nervo acustico, più vicino alla fonte quando si accosta il dispositivo all'orecchio.
Allo stesso modo, non sono state confermate osservazioni precedenti che alimentavano il sospetto di una maggiore frequenza di queste malattie a livello delle aree temporali e parietali, né dal lato in cui più spesso si regge il telefono.
L'importanza di questo lavoro non deriva solo dalla sua ampiezza e dal rigore della sua metodologia, ma anche dal fatto che diversamente da altri che lo hanno preceduto, si tratta di uno studio indipendente, condotto da ricercatori dell'Università di Oxford e firmato per primo da un esperto affiliato all'agenzia IARC.

TANTI I PROFITTI E GLI INTERESSI IN GIOCO

Le ricerche finanziate dalle stesse aziende di telefonia che traevano enormi profitti dalla vendita dei cellulari lasciavano, infatti, in campo qualche dubbio sull'affidabilità dei loro risultati. Gli interessi in gioco sono enormi.
Secondo "Statista", il fatturato globale per la vendita di smartphone nel 2020 è stato di oltre 400 miliardi di dollari  statunitensi. I dati più recenti del Digital 2022 Global Overview Report stimano che oltre 5 miliardi di persone nel mondo ne facciano uso, con una crescita, l'anno passato,  di ben 95 milioni.
Anche se il distanziamento imposto dalla pandemia ha determinato negli ultimi mesi un'accelerazione del fenomeno, sono comunque ormai più di vent'anni che questa tecnologia, progressivamente migliorata, è stata introdotta sul mercato. Questo dato storico è forse la prova più convincente che, almeno dal punto di vista del rischio di cancro, possiamo stare tranquilli: tra il 2008 e il 2017, negli Stati Uniti, mentre cresceva la diffusione e l'uso dei cellulari, il tasso di nuovi casi di  tumore al cervello diagnosticati negli adulti è andato diminuendo in maniera costante, calando dello 0,8 per cento l'anno. Se anche la tecnologia favorisse di poco l'insorgenza della malattia, una esposizione così ampia non sarebbe passata inosservata.
Rassicurati su questo fronte, ne resta aperto un altro, cioè quanto sfruttiamo questa tecnologia a nostro vantaggio e quanto al contrario, ne siamo dipendenti. Ma questo è tutto un altro discorso