mercoledì 20 maggio 2020

SALUTE. Sindrome dell'occhio secco


FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 01/05/20.
Articolo: "Davanti allo schermo l'occhio si secca" (Al.Sa.)

Dieci milioni di studenti in Italia sono in casa a usare cellulari e tablet per seguire le lezioni, intrattenersi e socializzare: cresce così il tempo che passano davanti ai piccoli schermi (ma già prima della quarantena era fra le 4 e le 7 ore al giorno).
Al di là delle questioni di carattere psicologico la società scientifica americana Tfos, che si occupa di liquido lacrimale e superficie oculare, segnala il rischio di incorrere nella sindrome dell'occhio secco, con fastidio continuo (come avere sempre una pagliuzza nell'occhio), arrossamento e, nei casi peggiori, lesioni.
"Quando fissiamo uno schermo, le palpebre battono circa il 40 per cento meno del normale, e ciò provoca una maggiore evaporazione del film lacrimale e la sua imperfetta distribuzione sull'occhio, che non viene pulito come dovrebbe" spiega Stefano Barabino, oftalmologo dell'Ospedale Sacco di Milano e ambasciatore Tfos.
"Ciò aumenta le probabilità di sviluppare la sindrome dell'occhio secco, che un tempo era limitata agli anziani, ma ora si sta estendendo ai giovani, con disturbi dall'affaticamento all'irritazione e al dolore, fino all'infiammazione cronica".
Per evitare tutto questo, c'è la regola del 20-20-20: ogni 20 minuti di visione da vicino, fissare un oggetto lontano 20 piedi (6 metri) per 20 secondi, e poi battere e strizzare le palpebre per due secondi, per ridistribuire il film lacrimale sull'occhio.

DON CAMILLO. I tempi del calore umano




FONTE: Avvisi settimanali della parrocchia di Albegno.

I TEMPI DEL CALORE UMANO

Avevo 3 anni quando andammo ad abitare in una casetta costruita all'insegna del risparmio in una zona di campagna nella periferia del paese. Vi andammo in autunno.
Non c'era ancora l'impianto elettrico; alla sera ci faceva luce una lampada a petrolio. Una vecchia stufa a legna, piazzata in cucina, scaldava come poteva anche le altre stanze che restavano con le porte perennemente spalancate come il becco di quei passerotti appena nati che aspettano il verme dalla mamma.
Per fare il bucato la mamma si caricava una stanga sulle spalle con appoggiati a cavalcioni i panni, e scendeva al torrente Guerna in località "Fosio" (1 Km di strada a piedi) anche d'inverno, e prendeva con sè anche noi marmocchi (mia sorella di 5 anni e io di 3  - l'altra mia sorella nascerà 2 anni dopo, in tempi più favorevoli). Per ripararci dal freddo le stavamo stretti addosso, e lei ci copriva  on lo scialle (la gaetana) che le scendeva dalle spalle fino alle ginocchia.
Quei tempi, certamente di grandi sacrifici per mia mamma come per chissà quante altre mamme, mi sono sempre rimasti dentro paradossalmente come esperienza capace ancora oggi di tanta nostalgia, perché mi hanno fatto gustare il calore umano che il rigore di nessun inverno è mai riuscito a soffocare.

SCUDO DI MAMMA
(dedicata a mia mamma)

Ti guardo con occhi bambini
accovacciato curioso ai tuoi piedi
mentre sferruzzi i calzini
come fata che a tutto provvedi.

Ti accompagno e mi tieni per mano,
in spalla hai una stanga coi panni;
accanto a te come un nano
i miei passi sono somma di affanni.

E' lunga e sconnessa la strada
che porta al fiume là in valle;
non c'è fontana in contrada,
ti devi caricare le spalle.

L'aria quest'oggi è pungente
ma non badi al rigor dell'inverno;
mi proteggi dal gelo inclemente
con il tuo calore materno.

E quando alla sera assonnato
la stanchezza produce il suo effetto,
mi sollevi con tocco garbato
e mi adagi nel mio soffice letto.

Ma per te ancora non è tardi:
al lume di lampada incerta,
mentre vegli il mio sonno e mi guardi,
sferruzzi per me una coperta.

                                        don Camillo

venerdì 15 maggio 2020

ROMANZI. Lo zaino sulle spalle di Loris Finazzi.12


DOMENICA 10 NOVEMBRE 2006, ORE 15:00
Si sente un ragazzo fortunato Corrado. Cammina tranquillo nel centro di Verona, mano nella mano con Zoe. Il contatto con la sua mano calda è linfa vitale per lui. Ha bisogno di Zoe.
Un bisogno tremendo.
Quando non è con lei la pensa continuamente. Ha ormai impresso nella memoria ogni singolo tratto del suo viso. Del suo corpo meraviglioso.
Ogni sera, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi, ringrazia Dio per avergli fatto conoscere Zoe. E dopo aver formulato questa preghiera, arriva il rimorso. Puntuale come un orologio svizzero.
Pensa a Francesca. Al dolore che le ha procurato. Ai sette anni insieme a lei, belli e intensi. Buttati via senza un attimo di esitazione. Il rimorso si attacca al cervello e lui riesce a scacciarlo solo pregando per lei. Chiede al Signore di aiutarla a rifarsi un'altra vita. Senza di lui.
Stringe la mano di Zoe. Lei si gira e sorride. Porca miseria quando la vede sorridere lui sente un brivido nella pancia.
Ma come faccio a meritarmi tanta bellezza?
Sorride anche lui. Le sfiora le labbra con un bacio leggero. Si sente in paradiso. Niente punta di rimorso ora. Si rende conto di aver fatto la cosa giusta. Dolorosa, ma giusta.
Lasciando Francesca è finalmente riuscito a trasgredire le regole. Per la prima volta nella sua vita.
E' sempre stato un ragazzo buono. Molto buono. Sin da bambino aveva sempre fatto da paciere con i suoi amici a Iseo.
Alle superiori e anche all'università era ben visto da tutti. Tutti gli volevano bene. E se qualcuno aveva un problema andava da lui, per confidarsi. Perché Corrado aveva sempre una parola buona. E perché possedeva una calma pazzesca.
Con il passare degli anni si era reso conto che questa tranquillità e serenità riusciva a trasmetterla anche agli altri. Con la sua voce profonda. Il suo sguardo azzurro ghiaccio. Il suo tocco delicato. La gente che arrivava da lui preoccupata se ne andava via sollevata. Contenta di essersi aperta proprio con lui.
Nessuno però sapeva dei suoi problemi con il padre. Nessuno sapeva delle continue guerre con quell'uomo arrogante e ignorante. La sera pregava e si tranquillizzava. Se i suoi amici andavano da lui per stare meglio, lui se ne andava da Dio per chiedere consigli. E ogni sera che passava aveva la prova che Dio non gli faceva mancare il suo appoggio. Sempre e comunque.
Adesso ha venticinque anni. E' un ragazzo consapevole del suo dono. Le persone vanno ancora da lui a confidarsi. E lui rimane sempre calmo. E trova sempre il modo per aiutarle.
Ma ci sono momenti in cui non ne può più. Momenti in cui pensa che questo suo ruolo  di ragazzo buono gli sta proprio sulle palle. A volte si era arrabbiato, come capita a tutti, e puntualmente qualcuno gli diceva:
"Dai Corrado, almeno tu stai tranquillo!"
Il suono di queste parole lo facevano arrabbiare ancora di più. Chi era lui per non avere il diritto di alzare la voce? Di sfogarsi?
Gli sarebbe piaciuto una volta ogni tanto fare qualche cavolata. Rompere le righe. Per urlare al mondo intero che anche lui era un ragazzo normale. Buono sì, ma con la voglia di sentirsi leggero.
La prima volta che aveva visto Zoe, un tarlo aveva iniziato a rodergli il cervello.
Di solito quando vedeva una tipa gnocca, pensava subito a Francesca e tutto moriva lì.
Zoe però lo aveva catturato. Non riusciva a togliersela dalla testa. E più la pensava, più cresceva la voglia in lui di fare qualcosa di anormale. Tipo tradire  la sua Francesca. Insieme a lui da sette anni. Quella che avrebbe sposato.
E i giorni passavano e Corrado vedeva la mulatta sempre più spesso e la sua voglia di mandare a quel paese il suo ruolo di giovane con la testa sulle spalle era sempre più forte.
Così quando Zoe si era spogliata davanti a lui non aveva avuto esitazioni. E mentre faceva l'amore con lei il rimorso non si era fatto sentire.
Il signor capellone Corrado finalmente ce l'aveva fatta a fare qualcosa che andasse oltre il buon senso. Il signor capellone Corrado aveva annientato in un solo attimo tutte le aspettative che gli altri avevano su di lui.

Ora è Zoe a stringergli la mano. Lui era talmente perso nei suoi pensieri che si era dimenticato persino di lei.
Corrado la guarda e per l'ennesima volta è stupito davanti alla sua bellezza. Zoe gli sorride e dice:
"Ehi, ragazzo stordito, a che cosa stai pensando? Hai una faccia troppo strana!"
Corrado caccia via subito i suoi tormenti interiori:
"Stavo pensando  che Mara se ne è andata a Vicenza, e noi potremmo andare a casa tua e iniziare una maratona di sesso."
Lei scoppia in una risata cristallina. Poi si appoggia all'orecchio del suo ragazzo e gli sussurra:
"Ma lo sai che sei proprio un porco? Però hai avuto una bella idea!"
E inizia a trascinarlo sulla via del ritorno.
Corrado si sente l'uomo più felice della terra. Sì, d'accordo, a volte il rimorso si fa sentire. Ma lui ha ormai imparato a combatterlo.
Perché è innamorato di Zoe. E se l'avesse fatta scappare, non se lo sarebbe mai perdonato.

GIOVEDI' 5 DICEMBRE, ORE 15:00
Tutta la comunità di Grena è in chiesa. Non c'è rimasto un buco libero. Si stanno svolgendo i funerali di Enrico detto il burino, noto tossico e alcolizzato del paese. Quarantatré anni e già riposa nella sua bara di legno.
Ezio ha un senso di angoscia devastante. Gli viene quasi da vomitare. Si gira a destra, a sinistra, indietro e vede persone su persone. E si meraviglia.
Chi l'avrebbe mai detto? C'è la chiesa strapiena per il funerale di Enrico.
Si sente fiero di far parte di Grena. Dove tutti si conoscono. Dove se passi in bici per il centro tutti ti salutano con calore. Lontano dalla freddezza delle grandi metropoli. Dove la gente si fa in quattro per venire ai funerali, per dare l'ultimo saluto al proprio compaesano.
Poi il senso di angoscia ritorna. Fortissimo.
Il Rosso ripensa a quel litigio al Grena Rock Festival. Quando Enrico aveva alzato la gonna a Gloriana e lui gli aveva dato un pugno. Ed era arrivato suo figlio a soccorrerlo. Ezio si ricorda ancora la vergogna che aveva provato davanti allo sguardo disperato di quel bambino.
Che imbecille che ero stato. Dare un pugno ad un povero ubriacone che non si reggeva neanche in piedi.
Poi ripensa al Pronto Soccorso. Là Enrico non ce l'aveva con lui, anzi avevano parlato tranquillamente e l'uomo aveva chiesto scusa a Gloriana. Se ne erano tornati a  casa con la borsa del ghiaccio e l'umore risollevato.
Ma adesso Enrico è lungo e disteso  nella sua bara. E suo figlio quindicenne piange a dirotto. E pure sua madre, da anni ex moglie di Enrico, è scossa dai singhiozzi.
Ezio sente le lacrime salirgli pian piano. Poi ce la fa a contenersi. Ma il suo sguardo torna verso il figlio di Enrico, poi verso Gianluca che sta per iniziare la messa. Il prete direziona lo sguardo proprio verso il Rosso. Resta così, immobile a guardarlo per tre o quattro secondi.
Il Rosso è spiazzato.
Cosa fa? Perché mi guarda così?
Ma il ragazzo lo sa benissimo. E allora non riesce più a trattenersi e finalmente le lacrime sgorgano copiose dal suo viso.
E' un pianto disperato, angoscioso. I suoi amici lì di fianco si girano a guardarlo, ma lui continua nel suo pianto irrefrenabile.
Ezio Pievani sta di merda.
Da quella sera in cui è scappato dall'appartamento di Mara tutto è andato nella direzione sbagliata.
Da un mese non se ne tornava a Grena. Da un mese non vedeva sua madre, i suoi amici, don Gianluca. Non era mai capitato nei suoi venticinque anni di vita. Se non ci fosse il funerale, se ne starebbe ancora a Verona.
Vanessa, la tirocinante dell'università, gli sta succhiando la vita.
Dopo aver lasciato Mara, Ezio non aveva aspettato molto per tradirla. Un misero giorno.
Ezio ripensa a quei momenti e il suo pianto si fa ancora più forte.
Che schifo. Sto rovinando tutta la mia vita.
Il Rosso ce l'ha ancora stampato nella mente.
Erano nella sala relax del Centro Terre di Mezzo. Lui stava massaggiando Aristide; Vanessa invece aveva le sue mani su Giacomo, che, anche se ci vedeva poco, si era innamorato di quella ragazza sensuale.
Alan dormiva tranquillo sul materassino. Lui non parlava mai, non rideva, né si lamentava. Viveva sempre nella sua immobilità totale. Quando Vanessa si avvicinava a lui, sembrava non avere reazioni. Ezio lo guardava e provava tenerezza per lui.
Chi può dirlo che non sente niente? Magari capisce tutto.
Intanto Giacomo se ne stava beato tra le mani di Vanessa. Gli stava massaggiando la pancia ed era chinata sul ragazzo. E quella cavolo di maglietta che lasciava intravedere le tette in maniera inequivocabile.
Il Rosso cercava di non guardare, ma ogni tanto il suo occhio scappava proprio lì e lui sentiva brividi corrergli lungo la schiena.
Certo che non fa niente per nascondersi. Se continua a stare chinata così rischio di impazzire.
Improvvisamente il suo cervello aveva visualizzato il sorriso di Mara. Il Rosso si sentiva una merda per come il giorno prima aveva trattato la ragazza. E voleva rimediare. Però non l'aveva ancora chiamata.
Stasera vado da lei e le chiedo scusa.
Poi però lo sguardo era caduto ancora sull'invitante seno di Vanessa. Lei se ne era accorta e aveva fatto un sorriso strano. Poi si era chinata ancora di più.
Ezio si era sentito il viso avvampare. In un nanosecondo aveva mandato a quel paese i suoi propositi con Mara. Si era avvicinato a Vanessa e aveva iniziato a baciare quella ragazza molto sveglia. E una mano era scivolata sotto la sua maglietta, alla ricerca di quel piccolo seno bello sodo.
Aristide e Giacomo osservavano la scena stupiti. Alan come al solito non aveva reazioni.
Ezio sapeva di avere lo sguardo dei ragazzi addosso e tentava di darsi una calmata. Nonostante i suoi ormoni avessero preso il posto del suo cervello, capiva la gravità della situazione.
Se entra Patrick o qualche educatore mi cacciano a casa. E farebbero bene.
Ma ormai la situazione stava degenerando: in quel momento erano sdraiati una sopra l'altro. Il Rosso sentiva il perizoma di Vanessa sotto le sue mani. L'aveva sollevato e si era imbattuto nella zona pubica. Voleva fermarsi, ma non ce la faceva.
Con uno sforzo sovrumano si era rialzato e aveva detto a bassa voce:
"Scusami, ma non è proprio il posto adatto per fare certe cose."
Lei aveva  fatto sì con la testa, con un'espressione pensosa. Dei ragazzi nessuno fiatava. Persino Aristide si era chiuso in un silenzio impenetrabile. Non sembrava preoccupato, più che altro aveva visto una scena totalmente nuova per lui.
Vanessa si era rialzata e si era avvicinata a un orecchio di Ezio. Aveva sussurrato:
"Qua non è il posto adatto, ma in bagno si possono fare tante cosine belle."
Il Rosso era rimasto fulminato da questa frase.
Questa qua è fuori di testa.
Si era auto imposto di non andarci in bagno. Con aria decisa le aveva risposto:
"No Vanessa, non facciamo cazzate! Se ci becca qualcuno andiamo nei casini. E in più non possiamo lasciare qua i ragazzi da soli."

Lei gli aveva leccato un orecchio e con voce da gatta gli aveva detto:
"Chi vuoi che ci becchi qua. Non viene mai nessuno in sala relax. E i ragazzi per una decina di minuti possono stare benissimo da soli."
Il bergamino avrebbe voluto dire di no. Con tutte le sue forze aveva cercato di pensare alla delusione di Patrick se li avesse beccati.
Sono fottuto. Se vado in bagno sono fottuto.
Ma in bagno ci era andato lo stesso. Ultimamente la sua volontà di ferro era diventata di burro.
Si erano chiusi dentro e con una foga incredibile si erano denudati a vicenda. Lei aveva un fisico abbronzato e ben fatto. E aveva un'energia sessuale da paura. Aveva preso lei il comando della situazione ed Ezio l'aveva lasciata fare senza problemi.
Questa ragazza mi sembra parecchio esperta. Chissà quanti ragazzi si è fatta passare.
Dopo che le loro mani avevano conosciuto il corpo dell'altro, si erano leccati a vicenda. Poi lei decisa aveva proposto:
"Dai, facciamolo!"
Il Rosso aveva vacillato.
Porco schifo non ho il preservativo.
Era tentato di farlo senza. Ma aveva paura di venirle dentro. E aveva paura per le possibili malattie di quella ragazza molto sveglia.
Si sarà fatta tutti i maschi di Verona. Meglio non rischiare. Questa volta le dico di no!
Con un sforzo sovrumano le aveva detto:
"No Vanessa, non ho il preservativo. Non mi va di rischiare."

Lei era delusa, ma davanti agli occhi decisi del Rosso non aveva obiettato. Dopo un attimo di esitazione si era inginocchiata davanti ad Ezio e lo aveva condotto verso lidi di estremo piacere.
Dopo essere venuto, Ezio aveva sentito un senso di vuoto angosciante. Si era spento improvvisamente.
Che cosa ho fatto? Ho lasciato i ragazzi da soli e ho scopato nel bagno del CDD. Sto toccando il fondo.
Stava da schifo. Si era rivestito veloce ed era tornato in sala relax. Vanessa l'aveva abbracciato, ma lui era rimasto passivo tra le sue braccia.
Avrebbe voluto spingerla via, insultarla per quello che l'aveva costretto a fare. Ma sapeva benissimo che se si fosse mostrato deciso, avrebbe potuto evitare tutto. Invece no. Si era lasciato guidare dai suoi ormoni impazziti.
Si era liberato dall'abbraccio ed era andato vicino ad Aristide. Il ragazzo sorrise subito e iniziò a pizzicarlo. Come al solito. Ezio aveva ricambiato il sorriso. Ma la tristezza che sentiva dentro era più forte dell'allegria genuina di Aristide.
Da quel giorno aveva iniziato una sfiancante maratona sessuale con Vanessa.
Tutte le sere andava a casa della ragazza. A fare sesso. Lei viveva in affitto insieme ad altre due studentesse. Lui arrivava verso le nove e mezza, salutava le altre e si dirigeva verso la camera di Vanessa. Sul viso delle due ragazze compariva un sorriso ironico. Lo sapevano benissimo cosa andava a fare. Ezio diventava paonazzo.
Chissà quanti ne avranno visti passare dalla camera di Vanessa. Io sono solo la sua ennesima preda.
Non lo sapeva bene neanche lui perché andasse in quella casa. Forse per sentirsi da schifo. Per auto distruggersi. Per vivere pochi attimi di piacere intenso e poi sentirsi calare attorno una cortina di tristezza.
Durante la giornata gli capitava spesso di pensare a Mara. Avrebbe voluto chiamarla, vederla, ma non ne aveva il coraggio.
Una volta aveva incrociato Zoe davanti all'Arena. Lui l'aveva salutata e lei aveva ricambiato il saluto. Ma con gli occhi lo aveva fulminato. Ezio si era sentito una nullità.
Pure con Corrado le cose andavano male. Il bresciano tentava di parlargli, di farlo divertire, ma lui non si sentiva più quello di prima. E il capellone se ne era accorto.
Allora una mattina, dopo colazione, l'aveva stretto in un angolo del loro appartamentino e gli aveva chiesto:
"Che cosa hai, bergamino? Porca vacca mi stai facendo preoccupare. Sembri uno zombie! Questa Vanessa ti sta rovinando. Torna da Mara dai, sono sicuro che ti perdonerà."
Ezio voleva piangere e lo stava per fare. E si sarebbe sentito meglio. Ma non ce la faceva a parlare a Corrado. Neanche con lui, che con i suoi modi gentili ti metteva in condizione di confidare anche il più imbarazzante dei segreti.
Avrebbe voluto dirgli che periodicamente la sua antica rabbia tornava e lo faceva stare male.
Tutto era iniziato quando era morto suo padre. C'erano volte in cui lui riusciva a combatterla, a cacciarla via. Altre volte questa rabbia bastarda lo stendeva. E lui non poteva fare altro che aspettare che passasse. Questa volta era più forte del solito. Questa volta per colpa della sua furia aveva lasciato Mara. O forse la rabbia era solo un alibi. Forse aveva abbandonato Mara per la sua vecchia paura di scegliere. Lui ci stava bene con lei, poi aveva conosciuto Vanessa e gli era venuto subito la voglia di scoparsela. E con il passare dei giorni gli atteggiamenti di Mara lo avevano irritato. Gli atteggiamenti che fino a poco tempo prima lo avevano fatto innamorare e adesso che con Vanessa ci scopava tutte le sere, come si sentiva? Da schifo!
Aveva finalmente aperto  la bocca e questo fiume in piena  stava rompendo gli argini, quando era suonato il suo cellulare. Era Vanessa. Aveva chiesto scusa a Corrado e aveva risposto.
L'attimo buono se ne era andato.
Dopo la telefonata aveva detto al capellone:
"No, non ci torno da Mara. Con Vanessa ci sto bene. Adesso sbrighiamoci sennò arriviamo tardi dai ragazzi."
Corrado sapeva benissimo che Ezio stava mentendo. Ma si era reso conto che anche insistendo lui non avrebbe detto la verità.
Si erano vestiti, avevano attraversato il cortile ed erano entrati nel centro disabili.

Finalmente il Rosso riesce a darsi una calmata. I suoi occhi non hanno più lacrime. Il funerale sta andando avanti. Enrico riposa nella sua bara. La sua ex moglie e suo figlio sono disperati. La gente di Grena si stringe solidale attorno a loro.
Ezio guarda i suoi soci. Antonello, Maurizio, Paolo, Claudio: gli amici di sempre. Per un mese non è tornato a casa, per trenta lunghi giorni non li ha visti né sentiti.  Porca vacca non aveva risposto alle loro telefonate  e messaggi. Li guarda e si vergogna del suo comportamento.
Che imbecille  che sono stato. Loro si preoccupavano per me e io fuggivo da loro.
Appena l'avevano visto poco prima del funerale, gli avevano chiesto il motivo della sua assenza da Grena. Lui aveva tirato la scusa che si era licenziato un  educatore al Centro Terre di Mezzo e lui aveva dovuto sostituirlo temporaneamente. I suoi amici avevano fatto finta di crederci, ma sapevano che stava mentendo.
Adesso Ezio li guarda di nuovo. Decide che dopo il funerale andrà a bere qualcosa con loro. E racconterà loro tutto.
Proprio tutto. Così si renderanno conto anche loro di quanto sono scemo.
Il Rosso si sente meglio. Almeno ha deciso di parlare. Poi si accorge che don Gianluca guarda verso di lui. Anzi lo sta fissando.
Ma che cosa vuole oggi?
Ezio la conosce la risposta. Ricambia lo sguardo per un secondo, poi non ce la fa più e guarda in basso.
Gli viene un senso di angoscia fortissimo.
Per Enrico che è morto.
Per il pugno che gli aveva dato anni prima.
Per suo figlio che non vedrà più suo padre.
Ma soprattutto per se stesso. Per la sua incapacità di dominare la sua rabbia ciclica. Per il suo vizio di sconvolgere e rovinare la propria vita in pochi giorni.
Decide che ai suoi amici parlerà domani. O dopodomani. Tanto si è preso una licenza di tre giorni, il tempo non mancherà.
Questa sera dopo il funerale suonerà il campanello di don Gianluca. Sente un bisogno vitale di parlare con un adulto. Un uomo forte. Che lo sappia rimproverare. Che si arrabbi con lui. Che gli dia anche un bel ceffone, se c'è bisogno.
Ripensa a suo padre. A quando tanti anni prima c'era lui nella bara. Ripensa a sé stesso diciassettenne, che non aveva neanche la forza di piangere. Tutti i sensi, le emozioni paralizzati dalla disperazione.
Ezio scoppia di nuovo a piangere. Spera con tutto il cuore che don Gianluca ci sia, quando lui busserà alla sua porta.

LUNEDI' 23 DICEMBRE 2006, ORE 8:00
L'aeroporto di Verona è stracolmo. Corrado si guarda in giro, ma in realtà non vede niente. Il suo è uno sguardo vuoto, triste.
Zoe è di fianco a lui con la valigia in mano. Pronta a partire. Se ne torna a casa, nel suo paesino vicino a Parigi. Per una lunga settimana.
Corrado si sente uno stupido, ma gli viene da vomitare per il dispiacere. Tenta di darsi una calmata.
Starà via una settimana e sono qua che sembro uno straccio. E quando avrà finito i 12 mesi di Erasmus cosa farò?
Caccia via le sue paure. Porca miseria è lui il fidanzato di Zoe e non deve temere niente e nessuno. Tra sette giorni la rivedrà e tutto sarà bello come ogni singola giornata di questi cinque mesi insieme a lei. Sono stati mesi da sogno. Nella sua vita non è mai stato così felice. Persino il pensiero di quell'imbecille di suo padre non lo sfiora più di tanto.
E se in questa settimana rivede qualche suo ex fidanzato? Chissà quanti ragazzi le sbavano. Magari io sono solo uno dei tanti.
La paura fa nuovamente capolino nel suo fragile cervello da innamorato. Il capellone la caccia via un'altra volta. Lui è sempre stato Corrado l'ottimista! Quello calmo che consola gli altri.
Basta con queste stronzate!
Lei gli dà uno schiaffetto sul viso:
"Terra chiama Corrado!"

Lui si gira verso di lei e le sorride:
"Scusa, ma continuo a pensare che sarai lontano da me e mi mancherai."
Lei sorride a sua volta. E quando lei sorride Corrado si sente sciogliere.

Le sorridono anche gli occhi. Ma mi merito tanta fortuna?
Lei lo prende per mano e dice:
"Dai, non fare quella faccia. Starò via solo una settimana. E poi ti volevo dire una cosa prima di partire. Ci ho pensato molto in questi giorni e questo è il momento giusto per dirtelo."
La mulatta tira un attimo il fiato. Si vede che è emozionata. Corrado non sa cosa pensare.

Lei lo guarda dritto negli occhi:
"Mio bel capellone, quando avrò finito l'Erasmus ho deciso che mi fermerò a Verona. Finirò l'università qua in Italia."

Corrado si sente quasi svenire dalla felicità. Ma non è ancora finita. Lei sta per dire ancora qualcosa. Qualcosa di importante, perché la sua voce trema dall'emozione:
"E magari l'estate prossima potremo trovarci un appartamento io e te. Mi piacerebbe vivere con te. Siamo insieme da pochi mesi, me ne rendo conto. E questa potrebbe sembrarti una proposta azzardata. Ma io certe sensazioni non le ho mai vissute con nessun'altro ragazzo. Corrado io ti amo!"

Lei mi ama. Lei vorrebbe vivere con me.
Boom.
Il missile è partito.
Si è schiantato su Corrado.
Il ragazzo non sa cosa dire. E' stordito da quelle parole. In cinque mesi non avevano mai pronunciato il verbo amare. Lei gliel'ha appena detto. E in più  gli ha chiesto di andare a vivere insieme a lei. E adesso lei ha in mano un sacchettino rosso!
Nella nebbia della mente di Corrado si fanno largo le parole di Zoe:
"Ieri passavo in piazza delle Erbe e sulle bancarelle ho visto questi due anellini etruschi. E' un piccolo pensiero, ma vorrei che te lo mettessi. E io farò lo stesso. E quando sarò a Parigi lo guarderò e penserò a te."
Lei sorride. E le sorridono anche gli occhi.
Corrado non sa cosa dire. Non ci sono parole per esprimere la gioia di questo momento. Fino a quell'istante pensava che il giorno della sua laurea fosse stato il giorno più bello della sua vita. Ma oggi, lunedì 23 dicembre 2006, lo batte alla grande.
Potrebbe morire in questo momento, ma morirebbe da uomo più felice del mondo.
Abbraccia la sua mulatta. Le sfiora le labbra con un bacio. Le prende l'anello dalle mani e se lo mette al dito. Poi con voce rotta dall'emozione dice:
"Anche io ti amo. Follemente. E quest'estate andremo a vivere insieme. E svegliarmi accanto a te tutte le mattine mi renderà il ragazzo più fortunato del mondo."
A lei scappa una lacrimuccia. Si baciano ancora. Un vero bacio stavolta.
L'altoparlante chiama il volo per Parigi. Si devono staccare. Corrado vorrebbe fermare il tempo adesso. Per sempre. Ma lei non può perdere l'aereo.
La guarda allontanarsi. Prima di sparire dalla sua vista lei si gira. E sorride.
Corrado si dà un pizzicotto sul braccio.
Questo non è un sogno. Questo non è un sogno! E' successo davvero. Io e Zoe andremo a vivere insieme!
Tutti i pensieri pessimistici di poco tempo prima sono ormai lontani. Corrado tira fuori il suo cellulare. Deve chiamare i genitori per far sapere loro a che ora arriverà a casa oggi.
Ha voglia di sentire la voce di sua madre. Da quando l'estate scorsa aveva litigato con il padre si era fatto vedere poco a casa. E quelle poche volte il clima non era stato dei migliori.
Suo padre  non aveva ancora accettato Zoe e Corrado non aveva mai osato presentarla ai suoi. Avrebbe voluto farla conoscere a sua madre, ma a quell'imbecille di suo padre no. Ormai il loro rapporto è ridotto al minimo. E quel minimo è una polveriera pronta ad esplodere.
Ma adesso arriva il Natale. Corrado è inebriato dalla felicità e si guarda l'anello.
Dai, magari anche papà ha cambiato finalmente idea. Spero di passare una bella settimana senza musi lunghi e polemiche.
L'ottimismo del capellone torna a farsi sentire. Più forte che mai.
Compone il numero di casa. Risponde proprio lui. Il suo paparino.
"Ciao papà. Come va?" Tono gentile, accomodante.
La risposta dell'uomo è simile a un grugnito:
"Sto bene."
Corrado fa finta di non accorgersi di quel tono malevolo.
Risponde sempre così al telefono. Con tutti.
"Stasera arrivo a casa alle sei, ok? Diglielo tu alla mamma."
E poi sull'onda dell'entusiasmo per Zoe si lascia andare:
"Starò a casa per una settimana intera. Un giorno possiamo farci una gita sui monti, io, tu e la mamma. Come ai vecchi tempi."

La risposta del padre è gelida:
"Basta che ci vieni da solo a casa. Non voglio negre per casa."

Al ragazzo viene da piangere. Vorrebbe spaccare il cellulare per terra. Prendere a craniate il muro. Ma non ha neanche la forza di mandare affanculo quell'uomo odioso.
E' colpa mia che mi illudo ancora. Sono proprio una testa di cazzo. Io e il mio ottimismo di merda!
Senza dire una parola chiude la telefonata. Triste se ne va  verso la fermata del pullman. Si guarda ancora l'anello. Ma la felicità di prima non riesce a coprire la profonda delusione di adesso.
Suo padre, oggi come ieri, ha ancora il potere di rovinargli i bei momenti.
Ritira fuori il cellulare. Il pensiero di passare una settimana  con quell'idiota gli fa venire da vomitare.
Compone il numero di casa. Ancora quella voce, quel grugnito: "Pronto."
Il ragazzo decide di non urlare. Il suo tono fa paura però:
"Passami la mamma."
"Ehi ragazzo, guarda che non è educazione sbattere il telefono in faccia  al tuo vecchio. Cos'è, a stare a Verona ti si è alzata la cresta?"
Corrado ha la tentazione di richiudere la comunicazione. Ma la sua calma olimpica torna a scorrergli nelle vene. Sempre con tono gelido dice:
"Passami la mamma."
"Ehi figliolo, ti si è inceppato il disco?"
"Passami la mamma!"
Il capellone sente il silenzio in linea. Poi la voce delicata di sua madre:
"Ciao Corrado, tutto bene?"

Al suono di quella voce il ragazzo ha un ripensamento. Si rende conto di avere una voglia mostruosa di rivedere sua madre. Ma subito dopo gli viene in mente l'immagine di loro tre a cena, lui e lei zitti e suo padre a sparare le sue perle di saggezza.
Il senso di nausea è molto forte ora.
"Mamma, mi spiace ma non torno a casa per Natale. Prima ho tentato di parlare con papà, ma lui se ne è uscito con una  delle sue solite frasi razziste. Io non ce la farei a sopportarlo per una settimana, davvero. Avrei voglia di vedere te, ma poi so che finirei per litigare tutti i giorni con lui. E non ho voglia di litigare davanti a tutti i parenti il giorno di Natale. I nonni li chiamo io e dirò che me ne vado a passare il Natale in Francia con Zoe. Almeno loro saranno contenti di questo."
Porco schifo mi dispiace, mamma. Come hai fatto a sposare un uomo così?
Sua madre non riesce a parlare. Si era illusa di poter trascorrere un po' di giorni con il suo unico figlio. E adesso le sta dicendo che non tornerà a casa. Per colpa di quell'uomo che un giorno lontano aveva sposato. Che ogni giorno ne inventa una per rovinarle la vita. Dai suoi occhi scappano alcune lacrime. Ma non vuole farsi sentire a piangere da Corrado. Riesce a sussurrare:
"Avevo proprio voglia di vederti. E' tanto tempo che non torni. Mi manchi. Ma capisco la tua decisione. Tuo padre peggiora ogni giorno di più. Sembra che odi il mondo intero. Spero che prima o poi riuscirai a portare a casa la tua Zoe e a presentarmela."
Corrado sente la rassegnazione nelle parole della madre. Gli dispiace da morire darle una delusione così. Ma non se la sente di tornare a casa, ormai ha deciso.
Scusami mamma. Se potessi ti porterei via io stesso da quell'uomo crudele.
La calma torna a scorrergli nelle vene. Con voce dolce le dice:
"Zoe è una ragazza fantastica. Appena torna dalla Francia, te la porto a casa: te lo prometto."
Basta che non ci sia tra le palle il mio adorato paparino.
La donna sembra sollevata:
"Guarda che ci tengo. Ricordati di chiamare i nonni per gli auguri. E chiamami almeno il giorno di Natale, ok?"

"Certo che ti chiamerò. Ti voglio bene. Ciao."
"Anch'io Corrado. Salutami i tuoi disabili. Ciao."
Corrado chiude la chiamata e si sente meglio. Esce dall'aeroporto. E' una giornata limpida, con un bel sole.
Ora vado al Centro e dirò a Patrick che non tornerò a Iseo. Darò una mano agli educatori in questa settimana.
Se il coordinatore gli avesse fatto delle domande lui sarebbe stato sincero. Patrick gli piaceva e sapeva che poteva fidarsi di lui.
Arriva alla fermata del pullman. Mancano venti minuti buoni all'arrivo del mostro blu. Si siede su una panchina e tira fuori un romanzo. Ha voglia di buttarsi in una vita non sua. Vuole dimenticare anche solo per un momento tutte le tristezze della sua esistenza. Concentrato inizia a leggere e si estranea dal mondo reale.

LUNEDI' 23 DICEMBRE 2006, ORE 10:00
Ezio sta preparando i bagagli. Oggi all'una lui e Corrado prenderanno il treno insieme. Il capellone scenderà a Iseo. Lui a Montello-Gorlago, dove ci saranno i suoi amici ad aspettarlo.
Sarà bello godersi Grena per un'intera settimana. L'aria di casa l'ha sempre rigenerato. Lui Grena se la sente dentro, nel midollo.
La porta del piccolo appartamento si apre. Insieme a Corrado entra una folata di aria gelida.
Il Rosso sorride:
"Scommetto che il nostro capellone è triste e sta pensando alla sua gnocca in viaggio verso la Francia."

Corrado non sorride. Guarda serio l'amico e dice:
"Fosse solo quello, sarei contento. Invece arriva sempre il mio parente idiota a rovinare le cose."
Poi si butta sul letto e chiude gli occhi.
Ezio non sa cosa fare. Sta male a vedere il bresciano così. La smette di preparare i bagagli e gli si avvicina. Lo spinge a parlare:
"Dai, racconta al tuo amico bergamino cosa è successo."
Si butta sul suo letto, per mettersi nella stessa posizione dell'amico.
Guarda il poster dell'Atalanta sulla parete di fronte. Poi guarda quello del Brescia. Si sente perfettamente a suo agio in quella piccola stanza. E ogni giorno che passa si accorge di affezionarsi sempre di più al  capellone.
Questi mesi non me li scorderò facilmente.
Corrado apre gli occhi per un attimo. Lo guarda e poi inizia a parlare. Gli racconta delle sensazioni provate all'aeroporto. Della tristezza per il distacco da Zoe. Dell'euforia per l'anello e il progetto di vivere insieme. Della telefonata a casa. Della frase infelice del padre. Della sua rabbia e la voglia di vomitare. Della decisione di starsene a Verona tutta la settimana. Del dispiacere di dirlo alla madre.
Corrado smette di parlare e si richiude nel suo silenzio. Ezio stringe i pugni arrabbiato. Si controlla però, sono un po' di giorni che riesce a rimanere calmo. A non farsi dominare dalla furia.
Ritorna col pensiero a quella lunga chiacchierata con don Gianluca, dopo il funerale di Enrico. Alle parole del prete. Ezio ha un brivido.
E' stato duro con me. Ma era proprio quello che ci voleva.
Gli aveva detto:
"Hai venticinque anni, sei un  uomo. E un uomo con carattere sa quando giunge il momento di dare una svolta alla propria vita. La tua rabbia è solo una scusa per non crescere!"
Il Rosso non aveva avuto il coraggio nemmeno di guardare il don. Aveva abbassato gli occhi e messo la coda tra le gambe.
Sei un uomo. Sei un uomo. Sei un uomo. Sei un uomo. 
La mia rabbia è una scusa.
Io non voglio crescere.
Il don aveva continuato. Urlando:
"E con questa Vanessa come la mettiamo? Ci fai sesso tutte le sere e non le vuoi neanche bene. Non provarci neanche a tirare fuori la scusa che Gloriana ti ha rovinato. Sono passati parecchi mesi da quando ti ha lasciato, sarebbe anche ora di dimenticarla! Avevi trovato questa Mara, dicevi che ti piaceva davvero, allora perché l'hai lasciata? Che cosa stai combinando, Ezio?"
Non lo so neanche io don Gianluca. E' questo il problema.
Due giorni dopo era rientrato a Verona. La sera stessa era andato all'appartamento di Vanessa. Sapeva già cosa dire. Erano nella sua cameretta, come al solito. Lei gli si era buttata addosso subito e gli stava già slacciando i pantaloni. Lui l'aveva fermata e dopo tanto tempo aveva rispolverato il suo sguardo da duro.
Le aveva detto:
"Non mi sento tagliato per le storie solo di sesso. O ci mettiamo insieme veramente o la smettiamo con questa maratona sessuale."
Sapeva già la risposta. Vanessa era allergica alle relazioni serie. Le aveva fatto quella sparata per impaurirla.
La ragazza non aveva parlato per una decina di secondi. Guardando un punto fisso dietro il Rosso gli aveva risposto che non se la sentiva di fidanzarsi, che quello non era il periodo giusto.
Al bergamino era venuto da ridere. Si era trattenuto per miracolo.
Guarda caso sapevo già la risposta, cara la mia ninfomane. Domani ti butterai su una nuova preda e inizierai a succhiargli anche il midollo.
L'aveva baciata su una guancia e se ne era andato. Si sentiva bene. Era riuscito a mettere una pietra sopra a quella storia senza senso. E poi la settimana dopo Vanessa avrebbe concluso il suo tirocinio al Centro e non l'avrebbe più rivista.
Ezio si risveglia dai suoi pensieri.
Porco schifo il bresciano da cinque minuti non dice una parola, sembra in catalessi. Ancora sdraiato sul suo letto con gli occhi chiusi.
Al Rosso improvvisamente viene un'idea. Una grande idea.
Si alza e va a scuotere l'amico. Quasi urlando gli dice:
"Non resterai qua da solo come un cane per una settimana. Hai bisogno di cambiare aria. Tu verrai a Bergamo con me! A casa mia c'è un bel divano letto che ti aspetta. Mia madre sarà contenta di avere un ospite."
Corrado riemerge dal suo stato comatoso. Risponde:
"Tu sei gentile , bergamino. Ma non c'è bisogno che mi fai la carità. Una settimana qua non è la fine del mondo. Darò una mano agli educatori."
Il Rosso prende per i piedi il capellone e lo costringe a sedersi. Poi a muso duro gli dice:
"Non me ne frega niente. Puoi accamparmi qualsiasi scusa. Tu verrai in vacanza da me. Punto e basta. Mi hai aiutato tante volte in questi mesi. Ora tocca a me."
Ezio si sente alla grande. Come non si sentiva da tempo. Finalmente ha ripreso in mano la sua vita, senza lasciarsi trascinare passivamente dagli eventi.
Corrado non sa cosa fare. Poi prende la sua decisione. Guarda l'amico  e dice piano:
"Va bene, mi hai convinto, vengo con te. Grazie per quello che stai facendo."
Il Rosso è felice. Ripensa a quando ha conosciuto il capellone. Alla spilla del Brescia. A come sono andati subito d'accordo. Alla loro iniziale paura dei disabili. Ad Aristide che li ha accolti sulla porta d'ingresso. Adesso se ne staranno lontano da loro per una settimana. Gli mancheranno questi disabili. Non pensava neanche lui di affezionarsi così.
Porca miseria mi sono entrati dentro. Ero proprio uno stupido ad avere paura di loro.
Ripensa a quel dannato pomeriggio con Vanessa. Quando si erano chiusi in bagno a fare le loro porcate lasciando da soli i ragazzi. Ezio prova ancora un senso terribile di vergogna.
Sono stato un vero imbecille. Ma in quel periodo non c'ero con la testa. Ora sto bene. Mi sento come non mi sentivo da tempo.
Il Rosso sorride. Si alza e dice:
"Dai, prepariamo lo zaino. Si va a Bergamo, nel regno degli atalantini."
Corrado sorride a sua volta:
"Appena vedrò una sciarpa o una bandiera dell'Atalanta mi verrà da vomitare. Ma dato che sarò ospite, farò lo sforzo di non nominare il Brescia per tutta la settimana."

Il capellone porge la mano all'amico. Ezio la prende e la stringe.
E' una stretta di mano vigorosa e calda. Di due giovani in cerca della loro strada nella vita.

MARTEDI' 31 DICEMBRE 2006, ORE 14:00
C'è parecchia neve. E' caduta tutta la notte e la strada sterrata non si vede più. I loro piedi sprofondano nel manto bianco, è una sensazione fantastica. Corrado si sente rigenerato. Domani tornerà a Verona e dopodomani rivedrà la sua Zoe.
Adesso però si gode il momento. Sono in sei. Sei giovani uomini. Lui, Ezio, gli amici di Ezio: Antonello, Maurizio, Paolo, Claudio.
Sono partiti da dieci minuti dalla casa del Rosso e adesso Corrado si guarda intorno.
Adesso capisco perché Ezio si sente così legato  a Grena. Questi colli sono bellissimi.
Non c'è asfalto. Non ci sono palazzoni, a intossicare la vista. Solo poche cascine. Soprattutto ci sono alberi. Con i loro rami formano un tetto naturale alla strada sterrata. La neve rende ancora più bello il tutto.
Ezio è seguito come un'ombra dal fedele Boz. Corrado non aveva mai visto un cane così strano. E' una vera palla di lardo, un miscuglio assurdo di razze. Al capellone verrebbe voglia di portarselo a Verona e farlo vivere al Centro Disabili.
Un cane così socievole farebbe stare bene i ragazzi. E anche me! Sin da bambino aveva desiderato un cane. E chi non lo voleva? Ovviamente quel simpaticone di suo padre. Corrado gliel'aveva chiesto tante volte. La sua risposta era sempre la stessa:
"Non voglio nessun cane in casa. Rovinerebbe il giardino."
Fottuto giardino. Tiene più a quello che alla mamma e a me.
Prato inglese, aiuole super curate, fontana di pietra antica. Sicuramente un bel giardino, ma lui non poteva correrci sopra, neanche da bambino. Non poteva buttarsi sull'erba, sbucciarsi le ginocchia, rotolare nella terra. E allora a che cosa serviva quel maledetto giardino?
Corrado tenta di non pensare a quante ingiustizie ha subito dal padre nella sua infanzia. Adesso sta bene in mezzo a questi ragazzi.
Ezio e i suoi amici di Grena sono molto uniti. Lo si percepisce. E questa camminata del 31 dicembre è un rituale che ripetono ogni anno per saldare la loro amicizia. Celebrano la fine dell'anno sui colli che li ha visti crescere.
La sera prima, mentre si stavano preparando per andare a letto, Ezio aveva tentato di spiegargli l'importanza dei suoi amici.
Erano seduto sul letto del Rosso. Corrado osservava la bellissima collezione di fumetti di Ezio, il bandierone dell'Atalanta, il poster dei Green Day e a quello di "American beauty", i libri di sport. Tantissimi sport.
Poi il bergamino l'aveva guardato, nel suo solito modo serio e deciso. Aveva iniziato a parlare:
"Domani andremo a farci un giro a piedi per i colli. L'ultimo giorno dell'anno noi lo celebriamo così, camminando sui colli di Grena. Sono ormai dieci anni che lo facciamo. Ogni volta ci rendiamo conto che le nostre vite sono cambiate rispetto alla camminata precedente. Ogni volta ci accorgiamo che le responsabilità sono aumentate. Che stiamo entrando inesorabilmente nell'età adulta. Che la storia si fa sempre più seria. Ma noi siamo sempre lì, a camminare per i nostri colli che conosciamo come le nostre tasche. Uniti come non mai. Con la voglia di scherzare e sparare cazzate. E le nostre ragazze, i nostri genitori potranno bollarci di essere dei bambinoni, ma non ce ne frega niente. Se fra vent'anni saremo ancora tutti qua e il 31 dicembre avremo ancora la forza di camminare, ecco penso che noi rideremo come sempre. E se non lo faremo, vorrà dire che qualcosa è andato storto. Che qualcosa si sarà rotto in maniera definitiva."
Corrado è ipnotizzato da queste parole. Porca vacca, gli viene voglia di abbracciare il Rosso. Il capellone è d'accordo con tutto quello che ha detto l'amico.
Dedicato a tutti quelli che vogliono abbattere la nostra voglia di rimanere un po' bambini.
Ezio riprende a parlare. Questa volta a bassa voce, come se avesse paura che qualcuno lo possa sentire:
"Corrado, io dentro il cuore rimarrò sempre uno studente. Pagherò in futuro la mia ingenuità, ci sarà gente furba che tenterà di fregarmi. Ma non importa. Io andrò sempre in giro con il mio zaino immaginario sulle spalle, da eterno studente!"
Boz si mette ad abbaiare, risvegliandolo dai suoi pensieri.









ROMANZI. Lo zaino sulle spalle di Loris Finazzi.11


I suoi grandi occhi neri erano lucidi adesso. Erano ancora più belli così. Lei improvvisamente gli prese le mani tra le sue. Lo guardò dritto negli occhi. Con un filo di voce gli disse:
"Sei tu il ragazzo con cui vorrei iniziare una nuova storia. Mi sei sempre piaciuto, fin dal primo momento che ci siamo visti. Quando salgo sul treno e so che ci sei tu ad aspettarmi io sono una ragazza felice. Le poche volte che sei mancato mi aveva preso la voglia di tornarmene a casa. Andare a Milano senza di te non aveva senso."
Il Rosso non sapeva più dove guardare. Ma le sue mani stavano bene nelle mani calde e morbide di Federica. Però iniziava a sentire la rabbia crescergli dentro.
Poi lei aveva sganciato la bomba:
"Ezio io penso di amarti!"
Fede non riusciva a credere a quello che aveva appena detto. Le veniva da piangere per la disperazione.
Che cosa ho fatto? Che cosa ho nel cervello? E adesso?
Si rendeva conto di essersi messa in una situazione più grande di lei. Ma erano mesi che le covava dentro questo desiderio. Ora non voleva più tornare indietro. Era giusto così.
Ezio era incredulo. Cercava di parlare, ma le parole gli morivano in gola. E la rabbia aumentava di secondo in secondo.
Federica non capisci niente. Proprio adesso mi vieni a dire certe cose? Adesso che io sto insieme a Gloriana e che tu ti devi sposare? Ti sei proprio bevuta il cervello!Ma un tarlo lo rodeva dentro. Sì, perché Fede gli piaceva un sacco. Fede gli era sempre piaciuta. Per un attimo si sentì disposto a lasciare Gloriana.
Ma sì, avrebbero fatto un bel sacrificio tutti e due.
Lui avrebbe sacrificato la sua bionda da paura. Quella che tutti gli invidiavano.
Fede avrebbe sacrificato il suo storico ragazzo. Con cui era insieme ormai per abitudine.
Una volta laureati si sarebbero sposati loro due.
Ezio era giunto a questa conclusione.
Fede gli si stava avvicinando. Molto vicino. Le sue labbra ormai sfioravano quelle del Rosso.
Improvvisamente ad Ezio si formò nel cervello un'immagine ben precisa. Nitida e piena di dettagli. Il suo cane Boz che rincorre un gatto nei boschi di Grena. Lui e Gloriana che lo inseguono divertiti. La radura che appare loro improvvisa. Loro due che si stendono. E si spogliano. E fanno l'amore per la prima volta.
E' un ricordo che lo colpisce come una frustata. E che risveglia Ezio dal suo torpore.
Che cosa sto combinando?Un nanosecondo prima che le loro labbra avessero un contatto, Il Rosso si tirò in piedi. Oltre i capelli, anche le sue guance erano rosso fuoco in quel momento.
Con voce tremante disse:
"Mi dispiace Fede. Ma io amo Gloriana. E non potrei mai farle del male."
Poi aveva distolto il suo sguardo da lei. Perché Fede stava incominciando a piangere.
Il Rosso raccolse il suo zaino e se ne andò in un altro vagone, veloce come una saetta. Perché, se fosse rimasto, l'avrebbe insultata. Avrebbe sfogato la sua rabbia contro quella ragazza dolce che un tempo l'aveva fatto innamorare. E di cui, forse, era innamorato ancora adesso. Quella ragazza che aveva sbagliato i tempi per dichiararsi a lui.
Da allora non si erano più visti. Lei lo evitava. Sistematicamente. Si sedeva sempre nei vagoni ultrapieni, quelli centrali. Non si era più seduta nel vagone di coda, quello in cui lei e il Rosso si sedevano sempre, quello sempre vuoto.
Ezio per due o tre volte l'aveva cercata. Poi si era reso conto che lei non lo voleva più vedere. E allora triste si dirigeva subito nell'ultimo dei vagoni. E si faceva il viaggio da solo.
Fino a giugno non si erano più visti. Né sentiti. Ezio era triste, ma nello stesso tempo felice di non aver tradito Gloriana. Era innamorato alla follia di lei.
Una mattina di giugno era in università a dare un esame. L'aveva superato. Si stava dirigendo con alcuni amici vero la mensa. Aveva sentito dei cori. La canzone più dolce che un universitario possa sentire. La canzone che ti fa capire che ti sei laureato:
"Dottore, dottore del buco del cul, vaffancul, vaffancul!"
Il Rosso improvvisamente si ricordò che Federica doveva laurearsi proprio  in quel periodo. Se lo sentì dentro che l'avrebbe rivista.
Andò esattamente così.
Federica era attorniata da parenti, amici e molta altra gente. Aveva in mano una bottiglia di spumante e stava tracannando a più non posso.
Ezio si voleva congratulare. Aveva una voglia matta di parlarle dopo tutti quei mesi.
Partì deciso verso il capannello di persone. Le arrivò alle spalle. La sfiorò e lei si girò. Gli occhi della ragazza, per un attimo, furono pieni di gioia. Poi si oscurarono e la voce che uscì dalla sua bocca era gelida.
"Ciao Ezio, è un po' che non ci vediamo. Finalmente oggi ce l'ho fatta, hai visto? Giovanni, questo è Ezio, un mio compagno dell'università. Ezio, questo è Giovanni, il mio fidanzato. A settembre ci sposeremo!"
Le descrizioni di Fede sul suo fidanzato erano veritiere. Giovanni non era né bello, né carino. Ezio lo analizzava sotto un finto sguardo noncurante.
Complimenti Fede, mi hai descritto come un semplice compagno dell' università. Non hai mai detto al tuo Giovanni tutti i viaggi insieme che ci siamo fatti. Tutte le telefonate che mi facevi di nascosto. E non gli avrai mai parlato di quella sera di gennaio in cui volevi baciarmi. Ciao, ciao Fede. Ora me ne vado, che è meglio.
Ma fu lei ad anticipare le sue intenzioni. Disse:
"Adesso dobbiamo proprio andare. Mi ha fatto piacere rivederti. Ciao Ezio."
Lui avrebbe almeno voluto darle un abbraccio. Invece niente. Lei si era girata subito verso l'ora di parenti e amici.
Il Rosso si era incamminato verso i suoi amici, ma poco prima di raggiungerli ebbe l'impulso di girarsi. Fede lo stava guardando.
Per un attimo i loro sguardi si incrociarono. Per un attimo la loro vecchia intesa tornò intatta come un tempo. Fu un'ultima scarica elettrica piena di nostalgia per quello che avrebbe potuto essere e che non sarebbe mai stato.
Poi più niente.
Lei fu sommersa dai cori e dagli abbracci del suo Giovanni e dei parenti festanti.
Gli amici di Ezio gli stavano chiedendo chi fosse quella ragazza. Lui ci mise un po' a rispondere. Continuava a pensare che a settembre Federica si sarebbe sposata. Con un ragazzo che non amava.
Ma allora perché lo fa? Non ti capisco proprio, Fede.

I tempi dei ricordi svaniscono. Lui e Corrado sono davanti  alla porta del professor Turati, insegnante di Pedagogia Speciale all'università di Scienze dell'Educazione.
Il bergamino e il bresciano si guardano. Adesso sono un po' tesi. Entrambi rivivono i momenti di tensione prima degli esami. E' come un viaggio nel tempo. Corrado sorride e dice:
"Coraggio, atalantino. Dobbiamo fare bella figura con questo luminare di professore. Come minimo ci squadrerà da capo a piedi e ci farà un interrogatorio con tortura."
Il Rosso sorride anche lui, ma sente nel cuore una tristezza che non riesce a cacciare via.
Sta pensando ancora a Federica. Sta pensando che quella dannata sera di gennaio avrebbe dovuto baciarla. Che era lei la donna giusta per lui. Che avrebbe dovuto intuirlo che Gloriana era troppo per uno come lui. Che le piaceva troppo mettersi in mostra. Che l'aveva sempre saputo, sin dal loro primo incontro, che prima o poi l'avrebbe lasciato. Invece  Fede era fatta di un'altra pasta. Era umile, sensibile. Senza desideri di soldi. E aveva trovato il coraggio per dichiararsi. Gliel'aveva fatto capire che avrebbe lasciato  il suo fidanzato storico per lui.
Ma lui non era stato capace di scegliere lei. Era accecato dall'amore della sua bionda. E non aveva colto l'attimo.
Ho sbagliato alla grande. Ma adesso c'è Mara. Speriamo che con lei vada bene.
Ora ha la solita inquietudine dentro. La paura di stare con la donna sbagliata. La paura di incontrare, casualmente, la donna della sua vita e lasciarsela scappare senza neanche conoscerla.
Insomma la paura di scegliere una donna. E stare con lei per tutta la vita.
E' questa la più grande paura del Rosso temerario. Anche se  forse dentro di sé non riesce ancora ad ammetterlo.
Poi Corrado bussa ed Ezio si concentra su quel difficile colloquio.

SABATO 25 SETTEMBRE 2006, ORE 14:30
E' giunto il grande giorno per i ragazzi disabili del Centro Terre di Mezzo. Il giorno delle finali di atletica.
Ezio e Corrado sono emozionati. Vedono la tensione negli occhi dei ragazzi. Patrick gliel'ha detto:
"Sono anni che i ragazzi non partecipano alle finali di atletica. Voi li avete allenati alla grande quest'estate. Vedrete come saranno tesi prima di gareggiare. Per loro lo sport è importantissimo, come per noi."

Il Rosso osserva i ragazzi.
Porca miseria Patrick aveva proprio ragione. Guarda che facce hanno. Sembra che debbano partecipare alle Olimpiadi. E' proprio vero che lo sport è universale!"
Persino Aristide, il ciccione sempre sorridente, si è fatto serio. Lui deve partecipare alla gara in carrozzina.
Giacomo è accanto alla sua bici a tre ruote. Ogni tanto la tocca, per accertarsi che sia ancora lì. Lui ci vede molto poco, e quando gareggerà Ezio gli correrà di fianco per dargli la giusta direzione.
Cesare indossa la sua solita tuta dell'Hellas Verona. Lui sì che ha un fisico atletico. Magro e tonico. Lui ha buone possibilità di vincere i cento metri. I suoi occhi azzurri sono belli concentrati.
Gianmaria non riesce a stare fermo. Come sempre. La sua gobba spunta dalla sua polo rossa, come un piccolo zaino nascosto. Se ne va in giro a chiedere l'ora a tutti. Si potrebbe pensare che non veda l'ora che la gara dei cinquanta metri cominci. Ma Ezio sorride mentre lo osserva: Gianmaria l'ora la chiede sempre e comunque, in qualsiasi occasione. Anche se le ore non le conosce!
Egidio invece sta gironzolando in cerca di nuove prede femminili. Con le sue orecchie a punta da Star Trek emette strani versi, come di godimento. Il Rosso lo guarda mentre si ferma davanti alla sua ennesima preda: le chiede se vuole fare l'amore con lui e poi si tocca mimando un gesto sessuale. Non sta pensando minimamente alla corsa in bici che dovrà affrontare tra poco.
Egidio è il disabile più pazzo di tutti. E' un vero e proprio maniaco sessuale!
L'ultimo concorrente per il Centro Terre di Mezzo è Beppe. Ha la pelle abbronzatissima che non nasconde le sue origini calabresi. I suoi capelli corti sono neri e lucidi. Ovviamente indossa la canottiera, per mettere in evidenza le sue braccia muscolose. Ezio sorride mentre ripensa agli estenuanti allenamenti di pesi a cui Beppe si sottopone al Centro. E alla sua fissa delle gare di Braccio di Ferro. Il Rosso e Corrado ci hanno provato a batterlo. Missione impossibile. Beppe ha la forza di un bisonte. Ezio crede nella sua vittoria oggi.
Con quelle braccia oggi straccerà tutti. Lancerà il peso lontanissimo. Anzi lui potrebbe gareggiare con un peso normale, non con questo di gommapiuma!
Beppe ora è una maschera di concentrazione. Ha quarantacinque anni. E' una vita che vive in un Centro Residenziale. Ma in tutti questi anni nessuno gli ha mai dato la possibilità di gareggiare a una vera gara sportiva. Oggi è giunto il suo momento.

Si comincia con la gara dei cinquanta metri. Tocca a Gianmaria, il gobbo inquieto. Ezio si guarda in giro per chiamarlo. Ma dove finito? Il Rosso inizia a sudare.
Dove è andato quello stordito? Sarà meglio trovarlo subito, non ho voglia di fare un'altra figuraccia con Patrick! Il mio credito è finito quando Rubens si è schiantato con la carrozzina. Ma ora calma e sangue freddo. Devo imparare da Corrado. Porca vacca non l'ho mai visto una volta perdere le staffe.
Ezio si guarda in giro. Di Gianmaria neanche l'ombra. Poi gli scappa l'occhio in tribuna. Lo vede sui gradoni, a parlare con un signore.
Come al solito starà chiedendo l'ora.
Ezio corre come un razzo sulle  tribune. Preleva Gianmaria e lo accompagna sulla pista di atletica. Si parte con la batteria di qualificazione. Gianmaria si qualifica senza problemi per la finale.
E' il momento della verità. Gianmaria è sulla riga di partenza. Il Rosso tenta di caricarlo.
Non l'ho mai visto così concentrato. Lui si fa distrarre da qualsiasi cosa. E' incredibile a quanto ci tenga a vincere la gara.
Ma gli altri concorrenti sono dei giganti in confronto a Gianmaria. Le speranze di vittoria sono poche.
Infatti arriva quarto. E' comunque un grande risultato. Il Rosso è felice come una pasqua. Lo abbraccia e lo solleva da terra. Gianmaria sorride. Alza le braccia al cielo. Poi se ne va felice a chiedere l'ora ai suoi avversari.
Adesso è il momento di Aristide, che è fermo sulla linea di partenza. Ezio si inginocchia al suo fianco e gli accarezza il viso. Il Rosso si ricorda ancora perfettamente il suo primo giorno al Centro Terre di Mezzo. E' stato proprio lui il primo che ha incontrato. Lui con il suo sorriso contagioso.
Ezio tenta di rimanere serio per un attimo. Guarda fisso negli occhi il ragazzo e gli dice:
"Non è il momento di ridere adesso. Appena sentirai il via partirai a razzo, ok? Con le tue braccia puoi mangiarteli tutti gli avversari."
Non ha ancora finito di pronunciare l'ultima parola che il ciccione gli dà un pizzicotto. Poi scoppia ridere. Ezio ride a suo volta.
Ma cosa gliene frega a questo qua della gara? Lui è perso nel suo mondo fatto di scherzi. Di tutto il resto non gli importa niente!
Parte la gara. Aristide comincia bene. E' un razzo rispetto agli altri. A metà gara è in netto vantaggio. Ezio si illude che possa vincere. Lo incita:
"Dai Aristide spingi fino alla fine!"
Il ragazzo sente la voce amata del Rosso. Si ferma, si gira e lo guarda. Poi fa una grossa pernacchia. E scoppia in una risata cristallina. Intanto gli avversari lo raggiungono e lo sorpassano.
Il Rosso non crede ai suoi occhi. Ormai tutti sono arrivati. Aristide riprende la gara e taglia il traguardo. E' arrivato ultimo! Era in netto vantaggio ed è arrivato ultimo!
Ezio vorrebbe arrabbiarsi, ma non ce la fa. Come si fa ad arrabbiarsi con quel faccione sempre sorridente?
Adesso è il momento di Giacomo ed Egidio. Sono già in sella alle loro bici. Corrado è in mezzo ai due ragazzi. Oggi non  ha messo una delle sue maglie metal. Oggi indossa la T-shirt del CDD Terre di Mezzo e si sente fiero di portarla. Si guarda in giro e respira a pieni polmoni il clima di quelle miniolimpiadi. Tanti sorrisi. Sentimenti genuini. Nessuna recriminazione. Competizione zero.
Quando inizierò a lavorare a scuola sarà così? Ho i miei dubbi. Mi sa che lì la competizione regna sovrana. Dovrò essere bravo a non farmi prendere. A restare sereno e a pensare ai ragazzi a cui insegnerò. Penserò a loro e ai colleghi a cui non interesserà eccellere per forza.
Non c'è nessuna batteria di qualificazione. Subito la finale. Egidio si concentra facendo gesti osceni con la sella della bici. Corrado gli dice di smetterla, ma è inutile. Egidio si comporta sempre come un maniaco sessuale. Giacomo invece è teso. E' seduto rigido sulla sua bici e ha lo sguardo fisso davanti a sé. Corrado lo dovrà affiancare durante la gara, dato che Giacomo ci vede pochissimo.
E' il momento di partire. Egidio scatta subito in vantaggio. Lui è un vero razzo. Invece Giacomo perde terreno già nei primi dieci metri. Corrado lo incita, ma sa benissimo che finirà ultimo.
Speriamo che arrivi almeno al traguardo. Tutti gli altri ci vedono benissimo, mentre lui poveretto è costretto a strizzare gli occhi.
Siamo a metà gara. Egidio è primo e staccatissimo. Con le sue orecchie a punta da Star Trek fila che è un piacere. Corrado lo osserva ed è fiero di lui.
Probabilmente sta già pensando a che gestacci fare quando arriverà al traguardo.
La pedalata di Giacomo è sempre più lenta. Il giro di pista è quasi terminato. Corrado vede Egidio tagliare per primo il traguardo. Un vero trionfo. Ha stracciato tutti! Star Trek si mette a saltare come una molla. Poi vede un'educatrice piuttosto bella. Con un bel seno. Si avvicina e le sorride. Poi con uno scatto felino le piazza due manate sul seno prosperoso. L'educatrice rimane allibita. Arriva Ezio come un fulmine. Si scusa con la ragazza e si carica il manico sulle spalle.
Corrado scoppia a ridere. Ripensa alla faccia sorpresa dell'educatrice e non riesce più a smettere. Mentre Giacomo affronta l'ultima curva l'obiettore  sta ancora ridendo. Dovrebbe avvisare il povero ciclista che deve girare a sinistra. Ma mentre le parole tentano di uscirgli dalla bocca, fa l'errore di alzare lo sguardo verso le tribune. Là c'è Egidio che corre come un pazzo. In mutande! Si è denudato e adesso sta mostrando il suo fisico piuttosto flaccido a tutti.
Corrado non ci sta più dentro, ormai ha una vera e propria crisi di riso. Si dimentica che deve fare da navigatore a Giacomo. All'improvviso sente un rumore strano. Si gira allarmato e la risata gli si blocca all'istante. Giacomo non ha fatto la curva! E' andato dritto! Il cordolo della pista gli ha fatto perdere l'equilibrio. Adesso Giacomo è a terra dolorante. La sua bici di fianco a lui, ribaltata come un insetto morente.
Corrado corre dal suo povero ragazzo.
Sono nella merda. Sono nella merda. Sono nella merda. Sono nella merda.
Giacomo ha la faccia rivolta verso il cielo. Appena sente arrivare Corrado domanda serio:
"Ma ho tagliato il traguardo?"

Il bresciano scoppia ridere. E' una risata liberatoria, perché si è reso conto che Giacomo non si è fatto niente. Con tono calmo, risponde:
"Certo che l'hai tagliato! Anzi hai fatto una grande gara!"
Lo aiuta a rialzarsi, e abbracciati se ne vanno in tribuna a raccogliere l'abbraccio dei compagni.
E' il momento di Cesare. Gara dei cento metri.
L'uomo dagli occhi di ghiaccio e dai baffi alla sparviero si toglie la tuta dell'Hellas Verona. Con movimenti lenti e calcolati. E' teso come una corda di violino. Ezio lo guarda, e ripensa alla sua storia di vita.
Cesare ha trentacinque anni. Solo da un anno vive al Centro Terre di Mezzo. Il padre non l'ha mai conosciuto, è scappato prima ancora che lui nascesse. La madre non gli ha mai fatto frequentare nessun centro per disabili. Non voleva ammettere a se stessa e al mondo che lei aveva un figlio con ritardo mentale. Così lei se ne andava a lavorare, lasciando a casa tutto il santo giorno da solo il povero figlio.
Risultato: Cesare si intossicava di televisione. E il suo ritardo mentale è andato peggiorando con il passare degli anni.
L'anno prima la madre era morta. Cesare era finito al Centro Terre di Mezzo. Lì era seguito dagli educatori e qualche miglioramento l'aveva fatto. Certo per la maggior parte del tempo sembrava perso nel suo mondo, ma qualche lampo di lucidità passava nei suoi occhi azzurri. Era in quei momenti che si vedeva il vero Cesare.
Ezio depone la tuta del Verona su una panchina. Si accorge di una piccola macchia marrone sui pantaloni, ma non ci fa caso. E' concentratissimo anche lui.
Porca vacca, Cesare è una scheggia e ha ottime possibilità di vincere!
Poi arriva di fianco del suo atleta e sente un odore strano.
Domanda a Cesare:
"Ehi ragazzuolo, hai per caso scoreggiato?"
Lui risponde:
"Non sono stato io!"
Ma ha uno strano tono di voce. E non guarda negli occhi Ezio. L'obiettore inizia a sospettare, anche perché l'odore sembra aumentare. Non è odore di scoreggia. E' qualcosa di più corposo. Ora è un odore fortissimo, che ti aggredisce. Poi lo vede. Il fagotto. Cesare ha un bel fagotto proprio in zona sedere. Ezio capisce tutto.
Si è cagato addosso per l'emozione! E adesso che faccio? Non può correre con la cacca nelle mutande!
Tutti gli altri scattisti sono già sulla linea di partenza. Il Rosso va dall'educatore addetto al via e gli spiega tutto. Poi con Cesare se ne va negli spogliatoi.
Arriva di corsa Patrick. Sente l'odore e capisce tutto. Dà una pacca sulle spalle a Cesare e gli dice che non fa niente. Che vincerà l'anno prossimo. Ma gli occhi del giovane sono tristi, umiliati.
Il coordinatore e l'obiettore  lo aiutano a cambiarsi.
Cesare non dice una parola. I due giovani tentano di tirarlo su di morale, ma non c'è niente da fare. Gli anni passati a casa da solo si sono fatti sentire. Alla grande.
Le mini olimpiadi son quasi finite. Manca solo il lancio del peso, o meglio il lancio del vortex. Il vortex è un peso più leggero, in gommapiuma. Sembra una palla da rugby in miniatura, con l'aggiunta di una coda che dà al tutto una forma aerodinamica.
Beppe è una pura maschera di concentrazione. Patrick è al suo fianco e gli sussurra parole di incoraggiamento:
"Con le due braccia che ti ritrovi oggi batterai tutti. E ti potrai tenere la coppa nella tua cameretta, ok? Dai Beppe, oggi stracci tutti!"

Corrado osserva Patrick. Il coordinatore è speciale con i ragazzi. Si vede lontano un chilometro che i disabili gli vogliono un sacco di bene. Porca miseria sembra quasi che lo venerino. Anche quando succede un casino, arriva lui e sa trovare le parole giuste. Arriva lui e i ragazzi si calmano. Vedi spuntare  i suoi riccioli e la sua barba sfatta e capisci che tutto andrà bene.
Quest'uomo è un grande. Solo a stargli vicino mi sento bene. Tranquillo.
Corrado pensa a tutte queste cose e non capisce che lui ha lo stesso effetto sulle altre persone. Anche lui ha un potere calmante. Ezio lo sa bene.
Beppe non parla più. Lui che di solito ti stordisce con mille discorsi oggi non parla più. E' troppo teso e carico.
I concorrenti del lancio del vortex sono dieci. Ognuno ha a disposizione due tiri. Beppe è il quinto.
I primi quattro fanno dei lanci discreti. Ma nessuno fuori dalla norma.
Ora tocca lui. Beppe prende in mano il vortex. Se lo passa di mano in mano, con movimenti lenti. Poi se lo accosta alla bocca e inizia a parlarci. Un discorso serio con un peso di gommapiuma!
Corrado e Patrick tentano di capire cosa sta dicendo, ma Beppe sta parlando a bassissima voce. Il suo è un lungo sussurro. Dopo un minuto buono Beppe accarezza il peso e si prepara al lancio.

Corrado e Patrick vorrebbero ridere, sono tutte e due rossi in faccia a forza di trattenere le risate. Ma sanno benissimo che non  possono farlo. Beppe si offenderebbe a morte.
L'atleta del Centro Terre di Mezzo porta il braccio destro all'indietro. Tutta la folla presente si aspetta un gran lancio da lui. La concentrazione, le braccia muscolose, il discorso privato col vortex. Tutto fa presagire a un lancio da paura.
Il lancio di Beppe delude tutti. Da ultimo posto. Corrado e Patrick si guardano allibiti, temendo una reazione inconsulta del loro atleta. Invece Beppe corre a raccogliere il vortex. Senza dire niente si posizione sulla linea di lancio. Porta il braccio all'indietro e lancia. Il vortex compie una parabola prodigiosa e va a finire lontanissimo.
E' un lancio da record.
Applausi e urla da parte della folla. Il coordinatore e l'obiettore abbracciano il loro Beppe.
Ma la gara deve riprendere, si sono altri cinque concorrenti. Nessuno di loro, però, riesce a eguagliare Beppe. Il suo lancio è stato troppo devastante.
Quando l'ultimo atleta scocca il suo secondo lancio, forte ma non a sufficienza, Beppe inizia a saltare di gioia. Poi schizza sulla pista e corre impazzito. Si toglie la canotta e la lancia ai numerosi tifosi sulle tribune.
E' il suo momento di gloria. Patrick lo osserva divertito e decide di lasciarglielo vivere fino in fondo. Corrado è felice. Si mette a posto la lunga coda di cavallo e si guarda in giro.
Il centro sportivo è pieno di gente. Disabili, educatori, genitori e parenti vari. C'è davvero un bel clima. Di festa. Nessuno in quel momento pensa ai problemi della vita. Oggi il bresciano non ha visto in giro un genitore o un parente dei ragazzi con lo sguardo triste. La disabilità è stata sconfitta, anche solo per poche ore.
Corrado sorride. Per lui inguaribile ottimista queste giornate sono linfa vitale. Poi però un pensiero gli trafigge il cervello. Ultimamente questo pensiero gli arriva senza preavviso. E gli rovina la giornata.
Cosa ne sarà di me e Zoe quando dovrà tornarsene in Francia?
A Corrado muore il sorriso sulle labbra.

MERCOLEDI' 13 OTTOBRE 2006, ORE 15.00
Ezio sta bene. E' alla guida del pulmino grigio: al suo fianco c'è Carla, dietro un gruppetto dei suoi adorati disabili. Il pulmino bianco, guidato dal capellone Corrado, cerca di non perdere troppo terreno. Stanno andando al centro commerciale a fare la spesa per i ragazzi.
E' un compito ingrato per il Rosso. Quanto odia i centri commerciali! Tutte quelle luci, i mille negozi, la fiumana di gente che caracolla come zombie. Quando era piccolo non esistevano questi mostri di cemento. Il sabato pomeriggio se ne andava con suo padre in una piccola bottega di Grena.
Era piccolissima: due stanzette quadrate. Era sempre semivuota e non c'erano luci abbaglianti. E poi suo padre gli comprava il cremino. Porca miseria, la vecchietta della bottega aveva un super pezzo di cremino sul bancone, lo vendeva a peso. Ezio si pappava il pezzetto acquistato appena fuori in strada. Mentre suo padre gli accarezzava i capelli. Il Rosso sente le lacrime che spingono su fino agli occhi.
Perché te ne sei andato papà?
Con uno sforzo sovrumano caccia via il ricordo dell'agonia di quell'uomo buono. I mesi di sofferenza e poi la morte inesorabile.
La voce di Carla interrompe i suoi pensieri.
"Ehi ragazzo, cos'è quella faccia triste? Lo so che odi i centri commerciali, ma purtroppo oggi ci tocca andarci. E poi magari là vedi qualche bella ragazzina. Vabbè che adesso sei perso per quella Mara, ma anche se guardi qualcun'altra non è mica la fine del mondo."
E giù una risata cristallina.
Il bergamino è felice  di sentirla così serena. E' proprio un'altra donna rispetto alla Carla che aveva  conosciuto all'inizio. Niente più musi lunghi o arrabbiature con i ragazzi. Addirittura due giorni prima gli aveva detto che aveva voglia di trovarsi un uomo. Un vero e proprio miracolo!
Sono arrivati ormai. Ezio mette la freccia ed entra nella smisurata area parcheggio. Come al solito non c'è un posto libero. Pieno all'inverosimile. Cartelloni dappertutto con le scritte 3 per 2. A Ezio girano le palle in un nanosecondo.
Proprio oggi dovevamo venire? Chissà che casino c'è dentro. Adesso però calmati. Non fare le tue solite figure isteriche davanti ai ragazzi.
Era un po' di tempo che non perdeva il controllo. La presenza di Mara e di Corrado gli faceva bene.
Chissà se Mara è già arrivata. Di solito è puntuale. Ah, eccola là all'ingresso.
Suona il clacson per salutarla. Lei risponde al saluto, la faccia sorridente da cerbiatta.
Ezio continua la sua ricerca di un posto libero. Tutti i parcheggi per disabili sono occupati da pulmini simili al loro. Tutti, tranne uno.
Nel posteggio disabili più vicino all'ingresso c'è parcheggiato un suv. Ezio lo vede e istintivamente si arrabbia. Lui odia i suv. Ne vede sempre più in giro. Così ingombranti e così inquinanti.
Ezio si è fermato ora. Proprio dietro a quel macchinone nero. E' nervoso. Molto nervoso. Carla se ne accorge e dice:
"Ehi ragazzo, cosa c'è che non va? Anche se quello è un macchinone, di sicuro avrà il segno dei disabili sul cruscotto. Su, non farti guidare dai tuoi pregiudizi!"
Ma l'obiettore non è per niente convinto.
Adesso scendo  e vado a controllare.
Scende veloce dal furgone e si porta davanti al suv. Carla vede il suo viso aprirsi in un ghigno. Poi lo vede tornare a grandi falcate. La guarda e con voce decisa dice:
"Avevo ragione io! Nessun simbolo dei disabili. L'idiota ha parcheggiato nel primo posto disponibile che ha trovato!"

Ezio sente il formicolio alle mani. La rabbia comincia a impadronirsi del suo cervello. Sente una mano sulla spalla. E' Corrado.
Il Rosso si gira e vede che il bresciano sta sorridendo. Quel viso sereno ha un effetto calmante su di lui. Come sempre ormai.
Il capellone parla con voce tranquilla:
"Dai bergamino, non arrabbiarti. Ne troviamo un altro di parcheggio. Adesso ci facciamo un altro giro e vedrai che il problema si risolve. L'importante è che tu mantenga la calma però."
Corrado guarda l'amico negli occhi. Ha capito che il Rosso è arrabbiato. E quando si arrabbia lui, non capisce più niente e perde totalmente il controllo.
E' buono come il pane, ma quando si arrabbia fa paura.
Ezio non sa cosa fare. Ma come al solito, davanti agli occhi buoni del bresciano, si sente disarmato. Sale sul pulmino e ingrana la prima.
Dieci minuti e non si libera un posto. E quel cacchio di suv è ancora parcheggiato là. Il formicolio nelle mani del ragazzo aumenta. Anche perché Mara è ancora vicina all'ingresso e gli dispiace farla aspettare.
Dopo l'ennesimo giro l'obiettore decide di fermarsi. Lo fa proprio davanti all'odiato suv. Si gira verso Carla e le dice:
"Adesso vado dalla direzione del centro commerciale e le dico di far spostare  questa cazzo di macchina. Non mi va di continuare a girare per colpa di uno sfigato che non rispetta le regole!"
Corrado intanto ha trovato il parcheggio. Lui la pazienza non l'ha persa. Con calma ha continuato a girare in tondo e improvvisamente un posto si è liberato.
Pino, l'educatore di fianco a lui, si era animato all'improvviso:
"Guarda che quella macchina se ne sta andando, infilati veloce!"
Il bresciano guarda stupito quell'uomo, che sembra tanto Babbo Natale, con quei capelli e barba bianca.
Ma è un Babbo Natale spento purtroppo. Parla solo a monosillabi e i suoi occhi sono sempre tristi.
Patrick gliel'aveva detto. La moglie di Pino era morta quattro anni prima. Tumore alle ossa. Non avevano figli e quell'uomo era rimasto solo come un cane. Adesso ha cinquantacinque anni e nessun sogno che lo aiuti a vivere. Bella sfortuna.
Corrado parcheggia. Scende dal pulmino e alza lo sguardo, in cerca di Ezio. Lo vede che cammina verso l'ingresso. La sua camminata è nervosa.
Ma dove sta andando da solo?
Il capellone avvisa Pino e poi si mette a correre verso il bergamino.
Il Rosso avanza deciso verso l'ingresso. E' vicino a Mara e lei lo abbraccia. Lui contraccambia, ma si stacca subito. Lei sente che c'è qualcosa che non va. Sorride e lo guarda con quegli occhi da cerbiatta indifesa:
"Ehi Ezio, cosa c'è? Mi sembri arrabbiato."

Intanto al Rosso gli si è annebbiata la vista. Il formicolio alle mani è fortissimo. Una crisi isterica sta arrivando e lui non la saprà arginare. Come sempre.
Non davanti a Mara. Non devo fare figure di merda davanti a lei. Se assiste a un'altra delle mie crisi di rabbia come minimo mi lascia.
Tenta di darsi una calmata. Mara l'aveva perdonato quando il Rosso aveva preso per i capelli quel ragazzo al cinema. Nei giorni successivi aveva fatto finta di niente. Ma Ezio non può sbagliare un'altra volta davanti a lei. Sarebbe troppo.
Con voce quasi calma spiega la situazione alla sua ragazza. Lei non smette di guardarlo con quegli occhioni così avvolgenti. E lui si sente diminuire il formicolio alle mani. La vista si stabilizza e non è più annebbiata. Arriva pure Corrado, che gli mette una mano sulla spalla. Ezio riesce persino a sorridere.
Poi li vede uscire.
Al Rosso muore il sorriso. La bocca si deforma in una smorfia rabbiosa.
Sono in due. Lui e lei. Sono pieni di borse, sembra che abbiano svaligiato interi negozi.
Lui avrà più o meno cinquantacinque anni. Abbronzatissimo, con i capelli lunghi brizzolati. Jeans di tendenza e maglione griffato. Occhialoni scuri da star.
Lei sui venticinque anni. Gnocca da paura. Con i capelli neri fluenti sulle spalle. La pelle liscia e morbida. La minigonna che le arriva a malapena sotto l'inguine. Le tette esplosive in bella vista dalla super scollatura. Potrebbe essere la figlia dell'uomo brizzolato e invece è la sua ragazza.
Si baciano proprio davanti a Ezio, Mara e Corrado.
Il Rosso se lo sente dentro. E' troppo sicuro.
Questi due sono i proprietari del suv. Guarda un po' che razza di stronzi. Sembrano usciti dalla copertina di Vanity Fair.
Il formicolio è tornato. Più forte di prima.
Ezio blocca il passaggio alla coppia. Li guarda con occhi decisi. Poi chiede:
"E' vostro quel suv nero parcheggiato nel posteggio per i disabili?"
Con la mano indica il macchinone. Là c'è anche il pulmino grigio fermo con le quattro frecce accese e Carla, che è scesa con i ragazzi. In più c'è anche tutto il gruppo di Pino.
L'uomo griffato risponde, senza guardare negli occhi il bergamino. Ha una certa arroganza nella voce:
"Sì, è il mio. Ma guarda che quello è un parcheggio normale. Sei tu che ti sbagli."
Questa testa di cazzo arrogante vuole avere anche ragione. Calmati Ezio, c'è qua Mara che ti guarda.
Il Rosso tenta di darsi una calmata, ma è un'impresa troppo grande per lui.
Risponde al brizzolato:
"No, no, quello è un parcheggio per disabili. Non prendermi in giro! Adesso chiamo i vigili e ti faccio mettere una bella multa!"
L'uomo griffato è arrabbiato adesso. Gli sono venuti gli occhi cattivi. Inoltre quella oca  della sua ragazza lo stuzzica:
"Caro, di qualcosa a questo ragazzino!"
Ragazzino, mi ha chiamato ragazzino! Lei che forse non ha neanche la mia età!
Ezio sente la rabbia che straripa dagli argini. Ormai non la può più fermare. Le parole del brizzolato sono come un pugno in faccia:
"Senti straccione, io adesso me ne vado e tu parcheggi, va bene? Non è il caso di rompere i coglioni!"
Il Rosso è un fulmine. Con un movimento velocissimo afferra l'uomo per il colletto. Avvicina la sua faccia a quella dell'uomo, i due nasi sono quasi a contatto. La voce del ragazzo è un sibilo rabbioso:
"Sposta veloce la tua macchina del cazzo altrimenti chiamo i vigili, hai capito? Ma prima vai dai ragazzi disabili laggiù e chiedi scusa a tutti!"
L'uomo lampadato ha perso tutta la sua arroganza ora. E' paonazzo. E' livido di paura. Risponde all'obiettore, con voce tremante:
"Io ti denuncio, testa di cazzo. Io ti mando in prigione, morto di fame!"
Ezio è pazzo di rabbia. Non è più in sé. Corrado se ne accorge e tenta di staccare l'amico da quell'uomo.
Ma Ezio ha già staccato una mano dal colletto del brizzolato ed è pronto a colpirlo con un pugno.
Adesso ti faccio saltare un po' di denti! Vediamo se piacerai lo stesso alla tua signora!
Corrado è disperato. Si rende conto che se il bergamino colpisce quell'uomo andrà in guai seri. Con la forza della disperazione dà una spinta bella forte all'amico e lo fa quasi cadere.
Il Rosso è sorpreso e si arrabbia con Corrado.
"Che cazzo fai? Ti metti a difendere questo imbecille adesso?"
Corrado mantiene la calma. Come al solito. Abbraccia l'amico e gli sussurra di calmarsi. Il tocco delicato del bresciano è fondamentale per Ezio.
Gli viene da piangere. Pensa alla figuraccia che ha appena fatto davanti a Mara. Lei è lì, a un metro di distanza. Con lo sguardo impaurito. Per la seconda volta ha conosciuto il lato oscuro di Ezio. Errare è umano, perseverare è diabolico.
Il Rosso si vergogna da morire. Intanto il brizzolato tenta di ridarsi un contegno. La sua gnocca non lo consola. Resta immobile e stringe forte la sua borsetta griffata. Il suo uomo sente che il pericolo è passato e si mette a urlare:
"Ti porterò in tribunale ragazzino. Ti pentirai di avermi messo le mani addosso!"

Ezio non risponde.
Ci pensa Corrado a replicare. Il suo tono è calmo, ma nello stesso tempo deciso:
"Adesso la smetti di fare il pagliaccio, hai già fatto troppi danni. Fammi il piacere di spostare la tua macchina e di andartene il più veloce possibile. E quando passerai davanti ai ragazzi, non dire niente, perché la tua bocca arrogante potrebbe ferire anche loro."

L'uomo è spiazzato da queste parole. Non trova neanche la  forza di rispondere a quel ragazzo dai capelli lunghi. Prende per mano la sua donna e si dirige verso il suv. Con gli occhi bassi.
Arrivano davanti a Carla, a Pino, ai ragazzi disabili. I due educatori li guardano male. E' Carla a parlare:
"Complimenti! Grazie per averci fatto cercare il parcheggio per mezz'ora!"

Il brizzolato vorrebbe replicare, ma è ancora scosso dalla rabbia del ragazzo rosso. E dalle parole di quello con i capelli lunghi. Col suo tono calmo l'ha fatto sentire un verme.
La sua donna gli sussurra:
"Rispondi a quella stronza!"
Ma lui non dice niente. Tira fuori le chiavi del suv e aziona l'apertura centralizzata. Stanno per entrare in macchina quando succede una cosa strana.
Cesare va verso l'uomo. Indossa la sua immancabile tuta del Verona. L'uomo abbronzato non sa come comportarsi. Non ha mai parlato a un ragazzo disabile in tutta la sua vita.
Cesare gli punta addosso i suoi occhi azzurri e con aria timida dice:
"Hai un adesivo del Verona anche per me? Così lo attacco sul nostro pulmino."
Per un momento l'uomo è spaesato. Non sa di cosa sta parlando quel ragazzo coi baffetti da sparviero. Poi improvvisamente si ricorda. Quel piccolo adesivo sulla targa. Dell'Hellas Verona. L'aveva attaccato suo nipote.

La sua donna lo guarda e lo strattona per un braccio. Gli parla ad alta voce, senza curarsi della presenza di Cesare:
"Dai, andiamocene via. Ne ho piene le scatole di tutta questa gente qua!"
Il brizzolato la guarda un po' seccato. Si libera della sua stretta e si gira verso il ragazzo coi baffetti da sparviero. Gli sussurra in tono gentile:
"Mi dispiace, ma non ne ho un altro. Quello me l'ha regalato il mio nipotino. Ma se ne avessi un altro te lo darei volentieri."
Cesare sorride. Un grande sorriso innocente.
"Grazie lo stesso. E forza Verona!"
Poi se ne torna tranquillo verso i suoi amici.
L'uomo abbronzato sorride a sua volta. Si sente rilassato ora. Prima di entrare in macchina guarda verso l'ingresso. Là c'è ancora il ragazzo rosso, il capellone e la ragazza carina e dall'aria delicata.
Si sente un verme per quello che ha fatto. Per l'arroganza nelle sue parole, mentre urlava contro quel rosso.
Poi ripensa al ragazzo coi baffi e salta in macchina.
Un sorriso fa capolino nuovamente sul suo viso.

LUNERDI' 4 NOVEMBFRE 2006, ORE 21:00
Ezio è nell'appartamento di Mara e Zoe. Zoe però non c'è, è uscita con Corrado.
Lui dovrebbe essere contento di godere della compagnia della sua ragazza, ma non lo è.
Sta tentando di leggere un romanzo che lei gli ha dato, ma il Rosso non si sente adatto per la lettura. Dopo tre pagine vorrebbe richiuderlo e scagliarlo contro il muro. Invece Mara è persa nel suo libro.
Guardala, lì persa nel suo mondo di parole scritte. Potrei anche non esserci che non se ne accorgerebbe nemmeno.
Ultimamente si sente di cattivo umore con lei. A volte pensa di non sopportarla. Lei è sempre così tranquilla. Calma e sorridente. In pace con il mondo. Con lui non si è mai arrabbiata, neanche l'ultima volta al centro commerciale, quando aveva preso per il collo quel burino.
La guarda, così innocente sulla sua poltrona sgualcita. Così carina nel suo poncho peruviano e nei suoi pantaloni colorati.
Ma come fa a non arrabbiarsi mai? Per me a volte finge.
Eccolo qua un altro pensiero bastardo su di lei. Ezio non ce la fa proprio a non prendersela con lei.
La sua vecchia inquietudine. La sua antica rabbia. Stanno tornando. Quando inizia a star bene, eccola che si ripresenta. Puntuale come un esattore delle tasse.
Anche quando stava con Gloriana, periodicamente la rabbia tornava. La voglia di fuggire dai legami stabili si insinuava in lui, rischiando di farlo annegare. Ma con Gloriana era sempre riuscito a tornare a galla. Era talmente innamorato di lei che riusciva a sconfiggere il suo desiderio di fuga.
Ma ora è in piena crisi. E l'amore per Mara è ancora troppo esile per resistere ad un fiume in piena.
Ezio chiude il romanzo che ha in mano. Con un tono brusco.
"Ne ho piene le palle di questi libri!"
Mara lo guarda, un po' stranita. Ma il suo tono di voce si mantiene dolce:
"Dai, inventiamoci qualcos'altro da fare."
Poi si alza, con passi silenziosi si avvicina a lui e gli si siede sopra.
Inizia a baciarlo sul collo. Lui la lascia fare, ma non si sente eccitato. Anzi gli viene un pensiero strano. Pensa a Vanessa, la tirocinante dell'università. Lei è da una decina di giorni che frequenta il Centro Terre di Mezzo. E' simpatica. E' brillante. E soprattutto ha uno sguardo smaliziato che ti inchioda al pavimento.
Quando è nelle sue vicinanze, Ezio sente gli ormoni salire. Non è bella, ha i tratti del viso troppo marcati. Ma quelle labbra carnose, quel seno piccolo, ma sodo, quella pelle abbronzata lo fanno impazzire.
E lei sin dal primo giorno che si sono conosciuti gli lancia delle battutine strane. Ammiccanti. E lui a far finta di niente, perché c'è Mara nella sua vita adesso.
Appunto, Mara. In questo momento lo sta baciando sulla pancia. E una mano l'ha fatta scivolare nelle mutande.
Ma il pensiero di Vanessa è troppo forte. Il Rosso non riesce a schiodarselo dal cervello.
Che bella storia se ci fosse lei al posto di Mara ora. Sentire le sue labbrone sulla mia pelle.
Subito dopo si pente del pensiero. Che squallore pensare a un'altra mentre sei in intimità con la tua ragazza. Il Rosso fa uno sforzo, ma Vanessa proprio non se ne vuole andare dal suo cervello.
Ma allora che cosa ci sto a fare qui?"
Proprio mentre Mara gli sta abbassando le mutande, lui si alza. Lei non capisce. A bassa voce gli chiede:
"C'è qualcosa che non va?"
Ezio ha già preso la direzione della porta. Senza neanche girarsi le risponde:
"Sono io il problema. E' meglio che me ne vada."
In un batter d'occhio scende le scale e si trova fuori, nell'aria fredda della sera.

Anche questa volta è riuscito a scappare.
E' fuggito da una brava ragazza di nome Mara. Dalla sua calma. Dalla sua dolcezza. Dai suoi libri. Dalla sua capacità di farlo star bene.
Ezio respira a pieni polmoni. Si dirige verso il centro della città. Ha voglia di camminare e di dimenticare la cazzata che ha appena fatto.
Mara è frastornata dal comportamento del suo ragazzo. Sale i gradini di legno del soppalco. Si butta sul letto e piange.