giovedì 28 gennaio 2016

OGGETTI. Lucchetti dell'amore




Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Preambolo e art. 1



Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo


Onu, 10 dicembre 1948


Preambolo


Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;


L'ASSEMBLEA GENERALE

proclama

la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

FILM. DEEPHAN una nuova vita


DHEEPAN
UNA NUOVA VITA
PALMA D'ORO FESTIVAL DI CANNES


Diretto da Jacques Audiard, attori Jesuthasan Antonythasan, Kalieaswari Srinivasan, Vincent Rottiers, Marc Zinga, Claudine Vinasithamby.

Ora che il film vincitore del 68° edizione di Cannes arriva nelle nostre sale, anche lo spettatore italiano potrà dire la sua sulle polemiche che accompagnarono la Palma d'oro assegnatagli dalla giuria dei fratelli Coen. 
A legittimarle fu almeno in apparenza il soggetto, che secondo alcuni rimanda ai film di giustizia privata in voga negli anni 70, con relativo sottofondo reazionario declinato in cinema di genere (la serie del Giustiziere della notte, per intenderci).
Il protagonista si chiama Dheepan ed è un profugo dello Sri Lanka, dove è stato soldato nelle tigri Tamil durante la guerra civile. Per poter espatriare l'uomo simula di costituire una famiglia con la giovane Yalini, che è più una rifugiata economica, e l'orfana di nove anni Illayaal. Dopo l'arrivo in Francia Dheepan fa il venditore ambulante di gadget miserandi, poi ottiene un posto di guardiano in un complesso di condomini della periferia di Parigi, dove si trasferisce con la finta famiglia.
Luogo e mestiere umili che però gli sembrano un angolo di paradiso, l'occasione di cominciare una nuova vita. E invece la banlieue è infestata da gang di spacciatori violenti in lotta tra loro, che ne fanno una diversa ma assai pericolosa zona di guerra.
Tra Deephan e Yalini sboccia  un'inattesa storia d'amore, mentre la bambina "adottata" per interesse somiglia sempre più a una figlia. Per difendere quel che ha conquistato, l'uomo tenta prima di recintare uno spazio protetto, ma inutilmente. Allora in lui si risveglia l'antico soldato, che impugna le armi per difendere sé e le persone amate.
"Deephan" è un film costruito in maniera insolita, articolando un finale violento intorno a una bella storia d'amore e alternando brani di realismo con altri di un lirismo struggente (che ricorda un altro bel titolo controverso di Audiard, Un sapore di ruggine e ossa). Non mancano neppure le scene oniriche, nel sogno ricorrente dell'ex-soldato che allude alle sue origini: un elefante, simbolo di saggezza cui l'uomo si appella inconsciamente. Soprattutto, però, Deephan è un film raccontato benissimo, una parabola di redenzione il cui protagonista reagisce a un'aggressione che è sì fisica, ma che minaccia soprattutto il suo sogno di una vita diversa. E c'è una bella differenza tra la storia di un vigilante urbano e quella di una famiglia finta che vuol diventare vera.

GIOVANI E RAGAZZI. Gli italiani che emigrano

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 15 gennaio 2016.
Articolo: "CENTOMILA CERVELLI VIA DALL'ITALIA, MA CHI NE PARLA E' UN GUFO" di Curzio Maltese.

"I problemi veri dell'Italia non li trovi nei talk show, ma parlando con gli italiani che sono emigrati all'estero.
Sono ormai centomila che espatriano ogni anno, sempre più spesso giovani diplomati e laureati. Una cifra colossale che continua a non interessare il dibattito pubblico.
Un investimento di due miliardi all'anno che va in fumo, tanto è costato formarli, e viene regalato a Germania, Gran Bretagna, Francia, Svizzera. Un patrimonio inestimabile di capacità, energia, intelligenza.
Perché se ne vanno? Se ne vanno anzitutto da un Paese ingiusto, il meno meritocratico d'Europa, dove le anti-virtù del familismo, del clientelismo e del servilismo contano assai più per trovare un lavoro  di quanto pesino talento, onestà e capacità.
Disgustati da un sistema dove un'imbecille qualsiasi può ricoprire posti da favola soltanto perché fa parte di un clan o di un cerchio magico, mentre un genio della ricerca deve tirare a campare con un mensile miserabile.
Se ne vanno da un Paese che ha perso troppi treni e bruciato il proprio futuro inseguendo pifferai da quattro soldi e ricette semplicistiche. Invece di pensare a un nuovo modello di sviluppo.
Siamo la nazione con meno laureati in Europa, il 20 per cento dei giovani, contro una media del 40, e a quei pochi non riusciamo neppure a trovare impiego, perché il sistema produttivo è bolso e da decenni si è smesso d'investire su formazione e innovazione, puntando a ridurre i salari, chiunque fosse al governo.
Ormai il danno è fatto e il gap con le nazioni del Nord Europa è incolmabile, quindi perché restare? Se ne vanno perché siamo un Paese ucciso dalla burocrazia e dalle tasse, che servono sempre di più a pagare gli interessi di un debito pubblico comunque fuori controllo, a mantenere apparati clientelari e per progettare grandi opere inutili o mai completate, ma non sono mai servite a ricostruire un welfare moderno, per esempio a varare una politica della casa per i giovani come nel resto d'Europa.
In una nazione non rimbecillita da vent'anni di stupidario televisivo e non solo, quei centomila migranti l'anno sarebbero al centro dell'attenzione di tutti, il principale argomento di discussione delle classi dirigenti. In Italia, se ne parli ogni tanto, ti dicono che sei un gufo e ci vuole un po' più di ottimismo.
Andiamo avanti così, diceva un personaggio di Nanni Moretti."

giovedì 21 gennaio 2016

RIFLESSIONI. Come trattare le persone


FONTE: il mio piccolo raccoglitore.

Vorrei imparare da Gesù a trattare le gente. A trattarla con rispetto, ascoltando, leggendo nel cuore, valorizzando, superando i pregiudizi.
Nella conosciuta scena della prostituta e di Simone il fariseo Gesù riesce in un solo colpo a perdonare lei a a convertire lui. La reazione educata di Simone non dice pienamente lo scandalo suscitato da questa scena: la prostituta che piange ai piedi di Gesù scioglie i propri capelli e asciuga i piedi del Maestro, è un segno ambiguo il suo, seduttorio, una specie di allusione sessuale, una disponibilità. Ma Gesù capisce, questa donna usa l'unico linguaggio che conosce - ambiguo - per manifestare il suo affetto, il suo bene, il dono di sé, la disponibilità al cambiamento... E Gesù capisce: il perdono è donato, la vita salva.
Ora Gesù si occupa di Simone il fariseo che probabilmente aveva organizzato quel pranzo per manifestare stima verso il Maestro. Gesù gli pone un caso, un esempio e gli chiede una soluzione.
Se Gesù avesse smascherato pubblicamente il pensiero malvagio di Simone l'avrebbe umiliato, l'avrebbe perso, invece no, lo porta a ragionare, a scegliere, a capire. Simone stesso giunge alla conclusione di Gesù: uno sbaglia anche per debolezza. L'importante è amare. 

DON CAMILLO. ...........e per casa un parcheggio





FONTE: avvisi settimanali della parrocchia di Cene.


...........E PER CASA UN PARCHEGGIO

Qualche giorno fa è venuta da me una giovane rumena per chiedere aiuto.
Parlando con lei del più e del meno nell'intento di conoscere un po' la sua situazione, mi ha detto, tra le altre cose, che alloggiava all'aperto nel parcheggio della Malpensata.
Convinto che fosse una "trovata" per commuovermi e spillarmi qualche euro in più, le ho detto: "una delle prossime sere mi recherò in quel parcheggio per vedere se mi racconti la verità". Sono stato di parola. Sono andato con una catechista in quel parcheggio e......sono rimasto scioccato. Ho trovato un gruppo di una quarantina di persone di ogni età accampate alla bell'e meglio, chi sdraiato su giacigli di fortuna tra un'auto e l'altra, chi accovacciato in  macchina chi in piedi a fare gruppo, credo per rendere meno lunga la notte.
Mi sono avvicinato a chi mi stava squadrando, e ho chiesto se tra di loro ci fosse una certa Anna (così mi ha detto che si chiamava la ragazza rumena che era venuta da me).
Vedendo che stavo parlando con una di loro, pian piano si sono avvicinate altre persone, e in breve tutti sono venuti a sapere che cercavo Anna. Lì per lì non ho capito se la conoscessero veramente. A più riprese mi domandavano se questo o quel particolare corrispondeva alla persona che cercavo.
Mi sono reso conto che la cosa più importante per me in quel momento non era più verificare se Anna era una di loro e si trovava in quel parcheggio, ma era di parlare con quelle persone che, senza conoscermi, mi avevano fatto entrare "in casa loro".
"Da dove venite?", "Perché avete lasciato il vostro paese?", "Come fate a dormire qui ai quattro venti con il freddo che fa e la nebbia che vi entra nelle ossa?".
"E se piove?"
"E per mangiare?"
La loro disponibilità mi incoraggiava a fare domande a raffica come succede ai bambini quando si trovano davanti a qualche novità.
Inevitabile anche una loro richiesta: "hai qualcosa da darci?. Avevo con me solo 25,00 €.
Sono tornato in quel parcheggio qualche sera dopo. Questa volta c'era anche Anna. E' stata lei a riconoscermi nella luce fioca dei lampioni: "hai visto che non ti ho detto bugie?"
Avevo portato un po' di vestiti che sono andati a ruba. A quelli che sono rimasti senza ho promesso che sarei tornato con altri vestiti.
Altra scena di assalto alla diligenza; e ancora quelli meno svelti restano a mani vuote.
"Non portare più vestiti" mi dice uno di loro "perché sono sempre i più furbi che li prendono; se volete portate invece qualcosa di caldo da bere ..... quello può arrivare a tutti....."
Di fronte a tanta miseria mi sento impotente. Ma anche rifletto e mi dico: quanto sono fortunato ad avere una casa e tutto il necessario per vivere con dignità!

                                     d. Camillo

ORAT.S.GIOVANNI B. DI TRESCORE B. Esper. in Ghana. Silvia


Eh sì, il cosiddetto Mal d'Africa esiste.
Il 1° Agosto siamo partiti alla volta del Continente nero, abbiamo volato tutta la notte e il giorno dopo siamo arrivati in Ghana, precisamente a Saboba, a nord, vicino al confine col Togo.
Il viaggio è stato piuttosto lungo ma necessario per entrare passo dopo passo in quella realtà.
Abbiamo visitato il mercato a Tamale che ha decisamente scombussolato i miei schemi mentali..
Sì, sapevo della povertà, sapevo della miseria, della sporcizia...
Sapevo dei bimbi col pancione o delle donne con pesantissimi carichi sulla testa..
Sapevo che i ritmi delle loro giornate sono diversi..
Ma sapere è diverso da vedere, che è diverso da capire..
Sono serviti alcuni giorni per interiorizzare l'impatto con l'Africa.
Siamo poi arrivati a Saboba, dove negli anni i volontari di Health-Aid Onlus hanno costruito una casa per i volontari e una clinica per la visita dei pazienti.
Durante le settimane pian piano abbiamo cercato di collaborare con gli abitanti di Saboba per riuscire a raggiungere obiettivi comuni, cercando di capire le loro usanze, costumi, significati sia a livello sanitario che quotidiano.
Le attività comprendevano il Mini-club con i bellissimi bambini, lo Youth-club  che aveva lo scopo di far apprendere ai ragazzi argomenti medici per poter poi essere a loro volta una sorta di insegnanti nelle scuole; la clinica dove venivano visitati giornalmente i pazienti, il progetto di microcredito, medicazioni, prevenzione nei villaggi del distretto, ecografie, e altre attività che prevedevano collaborazione tra noi e il fantastico staff locale.
Quando tornata a casa mi chiedevano di raccontare mi trovavo un po' spaesata, ma lo ero di più quando mi chiedevano: "In cosa ti ha cambiato questa esperienza? Cosa ti ha insegnato?"
Il primo mese di rientro, come per moltissimi altri volontari, è stato difficilissimo!
Non capivo, non riuscivo a pensare.. non lo so!
Penso però che il cambiamento non avvenga in una notte.
Penso che il vissuto cresca in  te poco alla volta, come un piccolo seme di fiore che mette le radici..
Non sboccia subito, all'improvviso.. ma ha bisogno di tempo e cura per fiorire piano piano.
Probabilmente sbaglio, ma credo che le immagini, le emozioni, le sensazioni, le risate e i pianti, abbiano bisogno di tempo per essere compresi a fondo, per non lasciar sfuggire nessun dettaglio.
Dopo ormai tre mesi dall'esperienza (mesi che sono volati velocissimamente) ci sono ancora un'infinità di immagini, ricordi, sensazioni che ritornano in mente come la successione di un fotomontaggio:
il paesaggio africano, la terra rossa, la pioggia, il caldo.. le biciclette e le moto.. tutte le attività svolte dai volontari con il 100% dell'impegno.. le difficoltà di comunicare in inglese.. la fantastica convivenza coi volontari, o meglio, con gli amici e compagni di avventura.. le risate quotidiane, la condivisione, il confronto, il silenzio.. il calore e l'affetto incondizionato del popolo africano.. il modo di guardare e osservare le piccole cose.. il sorridere e il ridere.. l'allegria dei bimbi e il loro trasmettere affetto..
Ognuno, da questa esperienza, porta a casa, nel cuore, qualcosa di diverso..
Spero che le cose vissute rimangano nei miei giorni, così da lasciarsi continuamente provocare, interrogare, stimolare dalle situazioni quotidiane, per capire quanto siamo fortunati.

"A chi partecipa, a chi si spende,
a chi regala sorrisi, a chi fa sorridere,
a chi aiuta, a chi si lascia aiutare,
a chi sa cosa fare della vita e a chi non lo sa ancora,
a chi si mette in gioco,
a chi anche solo per un attimo si dona,
a chi ha dato tanto e ricevuto di più ancora,
a chi ha permesso tutto questo e a chi lo permetterà: GRAZIE" Cit.

                                     Silvia



















giovedì 14 gennaio 2016

VIAGGI. Ronda


Nel viaggio di maggio 2015 a Siviglia Rosaria ed io siamo andati con l'autobus a Ronda, dove nella giornata trascorsa ho scattato le seguenti foto.