venerdì 28 novembre 2014

OGGETTI. La "mònega" scaldaletto



DON CAMILLO. Luigi (Gigino) Pezzoli


FONTE: avvisi settimanali  della Parrocchia di Cene.
 
 
UN INGEGNO COLLEGATO AL CUORE
 
 
Lunedì 20 ottobre, al funerale di Luigi Pezzoli, la chiesa parrocchiale non è stata in grado di contenere la folla di amici e conoscenti che hanno voluto partecipare alla celebrazione. In realtà era stato previsto questo afflusso. Per questo è stato predisposto sul sagrato un maxi schermo ed un impianto acustico, così anche coloro che non sono riusciti a prendere posto in chiesa hanno potuto sentirsi parte in qualche modo della liturgia.
La folla che ha applaudito all'ingresso e all'uscita della salma dalla chiesa è stata una bella testimonianza di come Gigino fosse stimato e amato.  Un affetto che si è meritato per i benefici che ha portato non solo a Cene, ma anche ai paesi limitrofi, con la sua capacità di imprenditore che per tanti anni ha procurato lavoro e benessere a tante famiglie, ma anche per la sua sensibilità verso tutte quelle attività (sportive-culturali-sociali) che si proponevano di animare e di coinvolgere le nostre comunità. E quando la crisi del settore tessile lo ha costretto a ridurre il personale per cercare di salvare il salvabile, il suo cruccio più grande è stato quello di lasciare le persone senza lavoro.
 
Una sensibilità umana che Gigino si è formato fin da ragazzo, quando ha sperimentato il sapore amaro della povertà e ha dovuto guadagnarsi la vita col sudore. Con la sua disponibilità alla fatica e con il coraggio di mettersi in gioco ha fatto emergere quei suoi talenti che lo hanno reso un imprenditore d'avanguardia e un generoso mecenate.
Ha saputo trafficare bene i suoi talenti non solo per sé, ma anche per gli altri.
Un imprenditore illuminato; un uomo generoso; un credente convinto, come  ha ricordato d. Chino nell'omelia del funerale. Accompagnava volentieri la nipotina al catechismo "perché, diceva, così impara a stare con Gesù che sa custodire la vita dei suoi amici."
A Gigino anche la nostra parrocchia è riconoscente per il costante aiuto che da sempre  le ha dato con lo stile di chi dona in silenzio osservando i bisogni e precedendo la richiesta stessa.
A Cene ha riservato anche un ultimo dono: Quello di essere sepolto nel nostro cimitero,"...Per poter continuare a guardare da vicino la mia Cotton" ha confidato ai familiari.
Tanto può l'ingegno quando è collegato al cuore!
Grazie Gigino a nome di tutta la comunità.
 
                                           D. Camillo
 
 
 


venerdì 21 novembre 2014

MOTO. Il passo dello Stelvio


 
Con i suoi 2.758 m s.l.m. il passo dello Stelvio è il valico automobilistico più alto d'Italia.
 
Questo passo è un mito per i ciclisti, ma anche per i motociclisti.
 
L'ho percorso nel 2010 con uno scooter di 150 cc (ma senza passeggero, quindi senza Rosaria) dal versante altoatesino, il più impegnativo con i suoi 26 km circa, con 48 tornanti e una pendenza media dell'8% circa. La salita da Bormio invece è lunga 22 km circa con 36 tornanti e una pendenza media del 7% circa.
 
Ecco alcune foto, che ho scattato con la mia macchinetta da quattro soldi.
 
 
 
 

 
 
 
 

 
 

 
 

 
 

 
 
 






 
 

 
 






 
 
 
 


venerdì 14 novembre 2014

DON CAMILLO. A cuore aperto


 
FONTE: avvisi settimanali della Parrocchia di Cene.
 
 
 
 A CUORE APERTO
 
 
Mi sveglio e non riesco a respirare, non riesco a parlare, sono legato mi guardo in giro e mi accorgo che sono in un letto di ospedale, davanti a me ci sono due o tre persone e riconosco Francesca. Vedo un'infermiera, un dottore e pian piano ricordo tutto, il cuore, il ricovero, l'ospedale, l'intervento, la terapia intensiva. Mi dicono di stare tranquillo che tutto è andato bene e che il tubo in bocca mi serve per respirare e poi mi riaddormento, torno nel sonno dell'anestesia, senza sogni, senza incubi. Nei giorni seguenti mi riprendo, mi portano in reparto, mi danno informazioni sul mio intervento. Mi hanno aperto lo sterno con un flessibile, hanno fermato il cuore per tre ore e sostituito una valvola cardiaca, poi rimesso tutto apposto e il cuore ha ricominciato a battere da solo.
Comincio a pensare e mi chiedo se veramente per tre ore sono morto poi rinato; prima ti spengono e poi ti riaccendono come una lampadina, e un brivido mi scuote la schiena.
Intendiamoci questi non si chiamano solo dottori, sono degli eroi! Salvano le vite mettendoci tante volte più di quello che la loro professione ne chiede. Ma poi mi sorge un dubbio!! La vita la da Dio non l'uomo! Ma allora qualcuno ha veramente vegliato su di me! Uno? No tanti, tutte quelle persone che in questi giorni hanno chiesto mie notizie, che mi sono stati vicini. Lo capisco quando don Camillo viene a trovarmi. La sua calma, le sue parole misurate, la sua fede, mi fanno capire quanto sono piccolo di fronte a Dio e di come tante volte non vogliamo renderci conto che Lui c'è, in tutti noi, illumina la nostra anima anche se noi non ce ne rendiamo conto e fa in modo che persone umane rinnovino attraverso il loro amore la vita.
Grazie. La vostra vicinanza è stata per me fondamentale; continuate a farlo, continuate a donare l'amore che Lui ci dà; basta poco: un sorriso, un abbraccio, un saluto; basta veramente poco, credetemi.
Grazie Francesca, grazie Beatrice, grazie Don, grazie veramente a tutti.
 
                                           GianMario

VIVERE INSIEME. Compleanno del mio blog





E' il 1° compleanno del mio blog.
 
In un anno solare ho pubblicato 152 post: un bell'impegno, che mi ha "preso" in maniera profonda.
 
Ho aperto tante rubriche ed altre ancora ne ho in mente.
 
Quest'anno di blog è stato molto bello, incoraggiato anche da apprezzamenti, che non si inseguono, ma che fanno sempre piacere e ti fanno capire che sei sul cammino della vita.
 
Caro lettore, se il mio blog ti ha suscitato emozioni, ti prego di fare una piccola offerta come dal seguente bollettino, indicando come causale "per la scuola di p. Simone di Bukavu".
 
 
 
 

 
 

 
 
 
 
Questa è una mia iniziativa, in ricordo di un caro amico che ha dato tutto per la sofferente Africa.
 
 
                                                Toci
 


venerdì 7 novembre 2014

ORAT. S. GIOVANNI B. DI TRESCORE B. Giovani in missione.Eccoci in Congo






Chissà quante volte vi sarà capitato di aprire un atlante geografico e, osservando la cartina del mondo, di posare il vostro sguardo su un continente immenso e misterioso: l'Africa.
Il desiderio di poter visitare questa terra è nato in me subito dopo la proposta rivolta ai giovani da parte del nostro oratorio, di vivere un'esperienza di missione tramite il Centro Missionario Diocesano di Bergamo.
Conoscere una suora dell'ordine delle Poverelle che opera a Kingasani, quartiere di Kinshasa (capitale della Repubblica Democratica del Congo), mi ha aiutato nella scelta della destinazione, spinta dalla voglia di scoprire la realtà di questa missione e del lavoro che le suore svolgono lì; inoltre è stato di ulteriore stimolo sapere che una suora della nostra comunità, suor Clarangela Ghilardi, spese la sua esistenza a servizio del prossimo proprio in Congo, arrivando a donare la propria vita pur di non abbandonare i poveri e gli ammalati. Lei e le altre cinque suore morte a causa del virus Ebola nel 1995 saranno beatificate per il loro sacrificio.
Prima di partire per un qualsiasi viaggio si hanno sempre mille aspettative oppure nessuna, non mancano la paura e l'agitazione ma per fortuna anche una buona dose di entusiasmo.
E così il 3 agosto eccoci... Don Giuliano, Rodrigo, Matteo, Daniela, Anna e Letizia...pronti per intraprendere questo cammino.
 
La prima parte della nostra permanenza in Congo l'abbiamo trascorsa a Kikwit, la città in cui 19 anni fa morirono le sei suore. La missione di Kikoti qui presente è seguita dalle suore poverelle che un tempo condivisero con loro la vita missionaria. Abbiamo avuto la fortuna di essere accolti da suor Maria, che nel '95 era la Madre Superiora delle Poverelle e che, durante il nostro pellegrinaggio sulle tombe delle sei suore, ci ha raccontato a cuore aperto della tragedia che colpì le sue consorelle ma anche dell'amore e della fede che le caratterizzava. Qui abbiamo fatto anche una breve visita all'ospedale e alla cattedrale per poi ripartire verso la meta principale del nostro viaggio, il villaggio di Tumikia.
 
L'accoglienza gratuita e spontanea che ci riserva il popolo congolese è un aspetto che ci ha colpito subito.
La gente ci salutava per strada con un caloroso "Mbote mundele" ("Buongiorno bianco"), i bambini ci seguivano da lontano guardandoci incuriositi...
La missione di Tumikia comprende un ospedale con dispensario, la scuola primaria, l'orfanotrofio e la casa di riposo per gli anziani. E' stata una bellissima opportunità per noi il fatto che il nostro soggiorno sia coinciso in parte con il periodo di lavori per la costruzione di un acquedotto proprio a Tumikia, a opera di un gruppo di volontari di Adrara. I ragazzi hanno preso parte in prima persona ai lavori, immergendosi completamente nella vita del villaggio e condividendo lo sforzo ma anche la soddisfazione di realizzare questo progetto insieme agli abitanti. La sorgente d'acqua dista dal villaggio circa 3 km con un dislivello di 150 m. Ogni giorno donne e bambini si recano alla fonte, sopportando la fatica e l'arsura, per attingere acqua ad uso personale e domestico...acqua terrosa presa direttamente da dove sgorga, senza filtri di nessun tipo.

 
Il progetto consiste nella creazione di un  pozzo nei pressi della sorgente, da cui partono dei tubi che incanalano l'acqua verso un bacino in cui viene purificata e pompata in tutto il villaggio grazie all'energia prodotta da un sistema fotovoltaico.
L'accesso all'acqua da parte degli abitanti è reso possibile dalla presenza di 16 fontane sparse in tutto il villaggio. Secondo la tabella di marcia, verso la fine di settembre i lavori dovranno essere ultimati....sarà la concretizzazione di un sogno per tutta Tumikia.
 
Noi ragazze invece ci siamo occupate dell'animazione -e non solo- all'interno dell'orfanotrofio, curato da suor Adele. Qui i bambini vanno da 0 a 3 anni. La madre è morta di parto o per altre malattie e il padre probabilmente si è risposato e ha altri figli a carico. Dopo i tre anni i parenti dovrebbero venire a prendere il bambino, ma niente assicura questa situazione nonostante la struttura garantisca la consegna periodica di alimenti, sapone e medicine per la cura del bambino. Svolgere l'attività all'interno dell'orfanotrofio è stato un "mettersi in gioco" a tutti gli effetti. Trovarsi senza acqua o quasi, senza elettricità, senza tutte le varie comodità a cui noi e i nostri bambini siamo abituati ti costringe a cambiare le regole e a re-inventarti, scoprendo come sia possibile farcela anche con poche cose.
Bastano per esempio due o tre costruzioni, delle bolle di sapone e dei palloncini per rivoluzionare la giornata di questi bambini oppure un semplice lecca-lecca per leggergli la gratitudine negli occhi.


Bambini che chiedono solo amore, nulla di più, perché non sanno cosa siano le coccole...lo si capisce da come ti tengono stretti se li abbracci, da come ti penetrano l'anima con i loro occhi quando ti guardano.
Sono stati momenti davvero costruttivi da ogni punto di vista perché abbiamo imparato a far fronte a situazioni quotidiane, quali cambiare pannolini e imboccare i bambini in condizioni igieniche precarie, con inventiva, fantasia e tanto ottimismo.




E' davvero sorprendente vedere come le suore riescano a lavorare in modo efficiente tra la gente, con pochissimi mezzi ma sempre con il sorriso sulle labbra e una grinta contagiosa, nonostante l'età e qualche acciacco.
L'ultima fase del nostro viaggio si è svolta a Kinshasa, nella missione di Kingasani, un quartiere della periferia. Anche qui abbiamo incontrato delle suore formidabili, come suor Claudia, che ci ha accompagnato nel visitare l'ospedale della missione, un vero e proprio paradiso nella città, in cui sono presenti i reparti più importanti come maternità, trasfusioni e così via.
Il fiore all'occhiello della missione è però la biblioteca. La speranza del Congo e di tutta l'Africa sta proprio nell'istruzione e nella cultura, ed è questo l'obiettivo di tutte le missioni che abbiamo conosciuto: formare degli individui che sappiano prendere in mano le redini del proprio futuro grazie alle loro conoscenze e competenze personali. Arrivano studenti da tutta Kinshasa per studiare in questa biblioteca, aspetto che invita a riflettere sulla consapevolezza del "sapere" come arma per una vita migliore.
La realtà cittadina è completamente differente da quella del villaggio...abbiamo notato una povertà molto meno dignitosa...la mancanza di sistema fognario rende le strade dei fiumi di spazzatura e questo aspetto colpisce ancora di più se si pensa che in quelle strade ha luogo il mercato. Il forte contrasto che esiste tra il centro della città, moderno e sede dei palazzi del governo, e la periferia, la zona più degradata, è un aspetto che è difficile descrivere a parole. Neanche le fotografie rendono il senso di abbandono e di rassegnazione.
L'Africa è davvero una terra con tantissime contraddizioni...da una parte vedere certe situazioni forti ti obbliga a porti delle domande, alle quali però è difficile dare una risposta...ti costringe a interrogarti sulla complessità del mondo e sulle ingiustizie che lo abitano. Ma dall'altro lato è bellissimo vedere come alcune persone vadano controcorrente e ogni giorno lavorino per portare un po' di speranza nonostante tutto.
E' bellissimo accorgersi che, anche se piccolo, anche se apparentemente insignificante, ogni gesto d'amore verso il prossimo può cambiare la vita di chi lo riceve e di chi lo da.
Tutte le suore che abbiamo incontrato testimoniano questa verità ogni giorno con la loro vita.
In Africa ci siamo sentiti tutti subito accolti come in una grande famiglia. Ci siamo sentiti partecipi della vita comunitaria delle missioni di cui eravamo ospiti e la popolazione locale ci ha fatto sentire a casa grazie alla generosità e al calore che dimostrava nei nostri confronti. Ci siamo sentiti una famiglia anche nella fede...prendere parte alla messa della domenica nella parrocchia del villaggio è stata un'esperienza unica! Attraverso il canto, la danza e mille colori il popolo africano esprime la sua grandissima fede, in celebrazioni che durano anche due o tre ore ma durante le quali non ci si annoia mai.

Senza i miei compagni di viaggio non avrei sicuramente potuto vivere un'esperienza tanto profonda, importante e divertente...in una parola indimenticabile.
Un grazie infinito va a Don Giuliano, Daniela, Rodrigo, Matteo e Anna. Un'esperienza del genere aiuta a rafforzare i legami di amicizia e a crearne di nuovi, ad approfondire le conoscenze.


 

Nella condivisione ci si mette a nudo, mostrando le proprie debolezze e fragilità, ma scoprendo anche la ricchezza della diversità come punto di forza.
Dai momenti di riflessione seduti sulle panchine al chiaro di luna, a quelli più spensierati passati a giocare a carte e a cantare. Dalle situazioni divertenti (come creare una barriera anti-rospo per evitare strani incontri in bagno oppure i lunghi viaggi in jeep in compagnia di un gallo) a quelle più serie in cui non servono le parole per esprimere ciò che si prova.
Dai momenti di preghiera e di meditazione personali ai momenti in cui avere qualcuno al tuo fianco era l'unica cosa importante.
Ognuno di noi ha vissuto a proprio modo questo viaggio, ognuno di noi si è portato a casa un pezzetto di Africa nel cuore.

Vivere un 'esperienza di missione, seppur breve, è un'avventura che ti spalanca le porte sull'altro, ma prima ancora su te stesso perché allarga gli orizzonti, abbatte le barriere di inutili pregiudizi, ti apre gli occhi su realtà che lo schermo di un televisore non potrà mai rappresentare fedelmente; ti insegna a vivere alla giornata, a svegliarti con la luce del sole e ad addormentarti nel silenzio della notte, a condividere  ogni momento con le persone che hai accanto, ad assaporare l'essenziale,  a stupirti della bellezza della natura, a emozionarti per il sorriso di un bambino.
Venti giorni forse non bastano per capire veramente quale significato lasciano nella tua vita, ma possono essere uno spunto per lasciarsi provocare, per aprire il nostro cuore e imparare ad amare davvero... e chi lo sa, magari un giorno ci torneremo ancora!
 
 

COMUNE DI ZANDOBBIO. Il viale del cimitero






Il viale del cimitero di Zandobbio è composto da 133 cipressi.
CINQUE (?) SONO SANI
MOLTI SONO NELLE CONDIZIONI COME LE FOTO SEGUENTI
I RIMANENTI SONO NELLE CONDIZIONI COME QUESTE FOTO