giovedì 23 marzo 2017

SCUOLA. Effetti di alcol e droghe


FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 17/02/17.
ARTICOLO: "Insegnare a scuola gli effetti di alcol e droghe senza fare del terrorismo" di ANTONELLA BARINA.

E' ora di Scienze in un liceo romano. Ma la lezione è insolita: si parla di sostanze psicotrope - legali e non - alcol, psicofarmaci, cannabis, cocaina, eroina, nuove droghe.
Si spiega cosa sono, che sensazioni procurano, come agiscono sull'organismo, quali rischi comportano se prese singolarmente o in  mix.
Lo si fa con slide ricche di musica e spezzoni di film (Trainspotting se il tema sono le anfetamine, Non essere cattivo se è la cocaina, Lilly di Venditti se l'eroina).
Qualche giorno dopo, nella stessa classe, è l'ora di Storia: questa volta si racconta l'uso delle droghe nell'antichità, quando papavero, funghi, vino o foglie di coca non erano usati per "sballarsi", ma a scopi religiosi, curativi, magici.
Oppure si ripercorrono gli effetti dell'oppio e dell'assenzio su Baudelaire e Degas...
E durante l'ora di Matematica si discute di un'altra possibile dipendenza, quella da gioco d'azzardo, illustrando il calcolo delle probabilità, la legge dei grandi numeri, come funzionano lo slot machine: i ragazzi sono sempre stupefatti scoprendo che statisticamente è assai più facile essere colpiti da un fulmine che vincere il Superenalotto.
Tutti fuori programma svolti in classe. Perché la Cooperativa Parsec ha messo a punto un metodo efficace per prevenire  e ridurre i rischi legati al consumo tra i giovani di sostanze psicotrope (e non solo). Senza puntare su infruttuosi terrorismi - alcol e droga fanno male, punto e stop - ma sulla consapevolezza  dei pericoli, sullo sviluppo delle capacità critiche, strumenti che servono a decidere da soli.
Il progetto, che si chiama Oltre il muro e viene realizzato nella zona della Asl Roma 2, coinvolge innanzitutto le scuole, superiori e medie. Ma anche i luoghi d'incontro dei giovani  il pomeriggio e la sera, con unità di strada che accostano i ragazzi nelle piazze e nei parchi, e con infopoint in biblioteche, centri sportivi, festival, discoteche... Dove si risponde alle domande, si offrono brochure, si rinvia al sito e alla pagina Facebook (oltreilmuro.it e Oltre il muro).
Scuole e centri giovanili di Roma 2 possono chiedere gratis l'aiuto dell'équipe Parsec (cooperativaparsec.it).
Associazioni che vogliono avviare progetti simili in altre città possono richiedere la consulenza.



FILM. Crimson Peak


Articolo "Quando il cinema si fa arte" di ALICE BENA.

Accade, talvolta, che le strade del cinema si intreccino con quelle dell'arte e della letteratura. E' il caso della pellicola di Guillermo del Toro di cui vorrei parlare oggi, Crimson Peak (Letteralmente "il picco cremisi") un vero e proprio romanzo gotico contemporaneo.
Protagonista è una giovane e diafana fanciulla di nome Edith Cushing, che vive nella New York di inizio Novecento e che, dopo la perdita della madre, si rifugia nella scrittura di racconti gotici e fantastici. Quando l'affascinante aristocratico britannico Thomas Sharpe, le si offre come pretendente, Edith, intuendo una promessa di felicità, accetta impetuosamente e parte subito per il vecchio continente, al seguito del giovane e della sorella di lui, Lucille.
Ad attenderli, in Inghilterra, c'è il castello di famiglia, edificio fastoso e fosco, affondato nell'argilla rossa (dalla quale prende il nome) e custode delle ricchezze di una casata nobiliare decaduta, il cui irripetibile splendore rivive ormai solo nelle sue stanze ammuffite e nei suoi segreti recessi.

A chi ama il genere gotico la pellicola non potrà certo passare inosservata. La prima impressione è quella di essere stati catapultati all'interno di una storia scritta nel diciannovesimo secolo, o di avere tra le mani un manufatto appartenente (per quanto possa sembrare strano) ad un'epoca passata. Incredibile è la fitta rete di rimandi al mondo della letteratura, della storia dell'arte, ma anche alle invenzioni ottocentesche: automi, grammofoni, fino ad arrivare alle prime macchine industriali concepite nella seconda rivoluzione industriale.

Il debito nei confronti della letteratura romantica e gotica è veramente notevole: vi sono rinvii a Lo Zio Silas di Sheridan Le Fanu, a  I Misteri di Udolpho di Ann Radcliffe, ma anche a Il Castello di Otranto di Walpole e ad alcune novelle di Hoffman. Forte è poi l'influsso di Mary Shelley, l'autrice di Frankestein, la quale, non a caso, è modello d'ispirazione per la protagonista della pellicola, Edith che afferma di preferirla a Jane Austen (tradizionalmente oppositrice alle grandi romanziere gotiche della sua epoca, prima fra tutte proprio la Radcliffe).
Non potevano certo mancare chiari riferimenti ai maestri del brivido H.P. Lovecraft ed Edgar Allan Poe, specialmente nei rimandi al racconto La Casa degli Usher. Troviamo sullo sfondo echi dickensiani di Grandi Speranze e di A Christmas Carol, nonché allusioni ai romanzi bronteani Cime tempestose di Emily e Jeane Eyre di Charlotte Bronte. In ultimo è doveroso citare anche Henry James per i rimandi a Ritratto di signora e Giro di vite, ma anche a La Fiera della vanità di William Makepeace Thrackeray. Vi sarebbero ancora molti altri rimandi, lascio a voi il piacere di scoprirli guardando il film.

La letteratura non è però il solo bacino al quale del Toro attinge a piene mani. La società e l'arte vittoriana in toto sono indagate dal regista prendendo come riferimento l'arte e la produzione preraffaellita, particolarmente evidente nelle pettinature e nelle inquadrature della giovane Edith che pare la riproduzione vivente di alcune opere di Edward Burne-Jones (si veda Vanity) o ancora più chiaramente di Sir John Everett Millais (del Toro, verso la fine del film, ci restituisce una Edith pressoché identica alla donna raffigurata nell'opera The Bridesmaid).

I riferimenti alla fotografia come mezzo capace di imprigionare l'essenza di una persona e di far rivivere nell'eternità un momento per sempre concluso; riferimenti alla costruzione dei primi apparecchi in grado di registrare voci che ritornano, dal passato, per aiutare, per lanciare dei messaggi, in un ultimo tentativo per non essere dimenticate. La costante presenza del rosso non solo dell'argilla sulla quale l'antica casa è costruita e dalla quale, lentamente, viene inghiottita, ma anche del sangue, del sangue delle ferite, degli avvelenamenti che provocano sintomi affini a quelli della tubercolosi, il mal gentile dell'epoca vittoriana.

Il film sotto il profilo tecnico è degno di notevole interesse: ogni inquadratura è curata fin nei minimi dettagli per restituire l'atmosfera del tempo, guidandoci nei recessi più oscuri della magione, dove il tempo sembra essersi fermato. La vera protagonista, in fondo, non è la dimora degli Sharpe, decadente non solo dal punto di vista estetico, ma anche metaforico perché rappresenta a pieno l'animo dei due proprietari. Allerdale Hall è un luogo oscuro, costantemente ricoperto di neve, freddo, situato lontano da un qualsiasi centro abitato, che ricorda molto l'edificio di Shining di Kubrick, antiche vestigia che rappresentano l'orrore che si è manifestato all'interno. E' simbolo di una società, quella aristocratica inglese, ormai decaduta, che si contrappone con il fresco dinamismo americano, secondo un dualismo (come anticipato nel rimando a Henry James) che è incarnato dalle due principali figure femminili: da una parte abbiamo infatti Edith, timida ragazza figlia della borghesia americana più progressista, che nutre un'ardente passione per la scrittura e i libri; mentre dall'altra, Lady Lucille, è una donna dalla personalità forte, cinica e caparbia, legata al passato, alle tradizioni di famiglia e, soprattutto al fratello Thomas. Il contrasto fra le due personalità diventa sempre più evidente nel corso del film, tanto che, sul finale, finirà per offuscare la figura maschile del baronetto relegato quasi ad un ruolo di contorno.

Anche le figure stesse dei fantasmi sono concepite secondo una concezione gotica-ottocentesca, molto diverse da quanto la contemporaneità ci ha portato a concepire. Essi non sono altro che le anime dei defunti, ormai sradicati dai vizi umani e che per questo, lungi dal nuocere ai vivi, si fanno piuttosto portavoce di messaggi salvifici, come accade ad esempio in A Christmas Carol. Il vero orrore, insinua dal Toro, non proviene dal "diverso", ma proprio da chi ci sembra di conoscere meglio.



PARR. S. GIORGIO M. DI ZANDOBBIO. Integrazione negli oratori


FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 10/03/17.
ARTICOLO: "Cattolici, ma non solo: l'integrazione passa per il rilancio degli oratori" di FILIPPO DI GIACOMO.


In italia, la Chiesa Cattolica è presente con circa 25.000 parrocchie. Molte di esse, e il numero è in continuo aumento, già si sono o si stanno accorpando e possono far conto su una quantità sempre più esigua di addetti.
Nonostante ciò, la quantità di oratori aperti e funzionanti che le parrocchie e gli istituti religiosi animano e gestiscono rimane notevole: più di 8.000.
Non sempre corrispondono ad uno standard strutturale degno di grande considerazione, anzi spesso sono monospazi, allestiti in una tensostruttura o in una tenda. Ma sono sempre luoghi dove si tenta di costruire una serena relazione di prossimità tra il mondo degli adolescenti e quello degli adulti.
Una recente ricerca condotta dall'Ipsos li ha, per così dire, radiografati e i risultati emersi sembrano anticipare l'Italia che verrà.
Negli oratori lombardi (2.037 strutture su 3.068 parrocchie) un terzo dei bambini che li frequentano sono stranieri e di religione mussulmana. E non solo i piccoli sono attivi ed interagiscono con i loro coetanei cattolici, ma vivono tranquillamente anche con gli altri immigrati cristiani ortodossi, evangelici e di altre religioni.
Su scala nazionale, i futuri italiani, cioè i bimbi ancora senza cittadinanza che vanno all'oratorio, rappresentano una percentuale consistente, superiore all'11 per cento, e in costante crescita.
Negli oratori dunque è già all'opera un'attenta sensibilità nel favorire il dialogo interreligioso, anche destinando uno spazio per la preghiera islamica dei piccoli mussulmani, perché (lo dice l'arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola) la Chiesa li vede con piacere e li considera uno dei luoghi dove si sta "generando il nuovo cittadino" dei territori interessati.
Le attività più gettonate sono lo sport (in Lombardia due su tre hanno un'attività sportiva organizzata), il campo estivo e il doposcuola. Le attività "tradizionali" dell'oratorio cattolico, sono ancora suggerite dall'attenzione e dalla cura pedagogica dei preti e delle religiose che lo animano.
Ma il dato significativo e prezioso è il progressivo coinvolgimento, tanto da costituirne l'asse portante, di un sempre maggior numero di volontari-educatori adulti.
Insomma nel mondo cattolico italiano sul fuoco c'è una "pentola che bolle" a favore della custodia, e del rilancio, dell'oratorio: la gente, anche non cattolica, vuole che la Chiesa continui ad essere sul territorio una presenza attiva nel campo dell'educazione.
E sembra quasi un  miracolo che l'alleanza Chiesa-famiglia abbia resistito ai palesi casi che hanno visto tante mamme e tanti papà traditi dai chierici che hanno offeso l'innocenza dei loro figli.

giovedì 16 marzo 2017

SPORT. Squalifica dei genitori


FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 17/02/17.
ARTICOLO: "Scatta il Daspo ma stavolta per mamme e papà" di GERARDO ADINOLFI.

Per un anno non potranno più accompagnare i figli alle partite di calcio. Né tifare per loro, vederli giocare e consolarli in caso di sconfitta. E non potranno assistere con loro ad una partita della squadra del cuore, ma neanche a un saggio di danza o un torneo di bocce. Perché?

Perché mentre i figli adolescenti erano in campo, i genitori si sono insultati sugli spalti e azzuffati fino a quando non è intervenuta la polizia. E per questo motivo hanno ricevuto il Daspo di un anno: il provvedimento li terrà lontani da qualsiasi manifestazione sportiva. Gli ultimi casi sono accaduti in provincia di Lucca e di Modena. Non ultrà, o risse tra gruppi rivali. Ma mamme e papà, zii e nonni che si lasciano andare alla violenza nei campetti di provincia, in tornei tra giovanissimi e juniores o sulle gradinate degli oratori della parrocchie.

Come è successo a Pietrasanta all'inizio febbraio, dove sette genitori sono stati puniti dal questore di Lucca per una rissa scoppiata durante la partita tra la squadra di casa e l'Atletico Carrara. Due squadre di Giovanissimi A, 14 anni di età.
Al loro arrivo le forze dell'ordine hanno trovato i piccoli giocatori aggrappati alle recinzioni del campo, mentre i genitori se le davano di santa ragione insultandosi a vicenda. E una donna è anche finita all'ospedale.
"Sulla nostra carta intestata c'è scritto "Il calcio è gioia" "racconta Carlo Ciaponi, presidente del Pietrasanta 191. "Sono episodi che non hanno niente a che fare con il calcio e i ragazzi in campo non hanno colpe".

Diverso quello che è accaduto nel Modenese, dove due baby calciatori sono stati malmenati dal padre di un avversario durante una partita a Castelnuovo. L'episodio risale al 21 gennaio scorso.
Il signor P., 40 anni, ha invaso il terreno di gioco dell'oratorio scagliandosi contro i due malcapitati di 15 e 14 anni. Anche per lui la questura di Modena ha deciso il Daspo di un anno.
Dalla Toscana all'Emilia fino alla Sicilia e alla Sardegna, i genitori con il Daspo sono in aumento. Non esistono ancora dati ufficiali, ma le segnalazioni arrivano alla Figc da tutta Italia: "Siamo preoccupati" ammette il presidente della Federazione Carlo Tavecchio.
"I casi aumentano, li stiamo scoprendo anche grazie a un monitoraggio costante".
Sotto accusa anche le urla, gli sfottò: "Un malcostume che spesso è l'anticamera di gesti sconsiderati" conclude Tavecchio.
"Come prevenire situazioni del genere? Serve un investimento culturale di lungo respiro".
La Figc, per intanto, organizza incontri e corsi di formazione sia con i baby calciatori sia con i genitori. Basterà?


SALUTE. L'infarto


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" dicembre 2016.
ARTICOLO: "Infarto, l'uomo rischia di più" di ROBERTA VILLA.

Gli uomini rischiano un infarto più delle donne.
In passato il fenomeno era attribuito alle cattive abitudini più comuni nel sesso maschile: il fumo, che fino a qualche decennio fa era quasi esclusivo appannaggio maschile; l'alcol, di cui gli uomini facevano più spesso abuso; lo stress lavorativo, da cui si pensava fossero al riparo le signore, considerate in qualche modo protette nel loro tradizionale ruolo di "angelo del focolare" oppure, secondo certi stereotipi, caratterizzate da un minor spirito di competizione sociale.
Un altro fattore sicuramente importante poteva essere  un'azione protettiva da parte degli ormoni sessuali, che sembrava spiegare  anche perché, dopo la menopausa, il vantaggio delle donne sugli uomini, per quanto riguarda la salute del cuore, andasse calando.
Tutte spiegazioni perfettamente logiche, che tuttavia non rendono conto fino in fondo alla realtà.
"I dati che abbiamo raccolto mostrano che queste teorie, per quanto convincenti, non bastano a giustificare del tutto la grande differenza che resta tra i due sessi" sostiene Grethe Albrektsen, del Dipartimento di salute pubblica e medicina generale presso la Facoltà di medicina dell'Università di scienza e tecnologia a Trondheim, in Norvegia, dopo aver esaminato le informazioni raccolte su una popolazione di quasi 34 mila persone, equamente divise tra i due sessi e seguite nella loro età adulta per un periodo medio superiore ai diciassette anni.
"Durante la nostra osservazione, gli uomini hanno subito molti più infarti delle donne" racconta la ricercatrice sulle pagine di "JAMA Internal Medicine", un'importante rivista dell'American Medical Association. 
Gran parte di questa discrepanza deriva dalla maggior frequenza di fumo e dai più alti valori di colesterolo e pressione arteriosa diastolica, la cosiddetta "minima", registrati nel sesso maschile rispetto a quello femminile.
Irrilevanti, invece, nel definire le differenze tra i due sessi, sono risultati la pressione arteriosa sistolica, cioè la "massima", il peso corporeo, la presenza di diabete o il basso livello di attività fisica.
"Comunque, a parità di tutti questi elementi, la nostra analisi mostra che il rischio di infarto tra gli uomini resta circa il doppio che tra le donne" conclude la ricercatrice.
"Anche il ruolo protettivo attribuito in passato agli ormoni femminili non deve essere così decisivo - aggiunge Albrektsen - se il rischio per le donne aumenta solo leggermente dopo la menopausa, mentre è soprattutto il suo calo tra gli uomini di età più avanzata a ridurre la distanza tra i due sessi".
Ma le differenze di cuore tra uomini e donne non finiscono qui.
Anche quando arriva, l'infarto è diverso per i due sessi. Mentre di solito nell'uomo compare con sintomi molto evidenti, come una "pugnalata" o "un macigno sul petto", con un dolore insopportabile irradiato al braccio, nella donna può dare avvisaglie più sfumate. Qualche esempio? Un dolore meno forte, diffuso fino alla mandibola o alla spalla, accompagnato da debolezza, nausea, fiato corto o sudorazione. Saperlo e riconoscere queste differenze è importante per non perdere tempo prezioso prima di chiamare aiuto.


RIFLESSIONI. Critico perché ho paura


FONTE: libro "Scegli la vita" di YVES BOULVIN - ANNE VILLEMIN edito da EDIZIONI MESSAGGERO PADOVA.

Critico quello che ha abbandonato la moglie e quella che ha avuto una relazione extraconiugale. Lo faccio tanto più quanto più dubito della solidità della mia coppia. Invece di ammettere che può capitare anche a me, mi irrigidisco e mi trincero dietro ai valori. Sono intollerante perché ho paura. Pensando alla vicina che è stata appena lasciata dal marito o all'amico che è stato lasciato dalla moglie, decido di non frequentarli più, perché potrebbero costituire un modello per il mio partner. La vista di tutte quelle copie che si disfano potrebbe dargli l'idea e la voglia di fare altrettanto.

Critico il padrone, l'amico o il dipendente, perché ho paura di dirgli direttamente ciò che mi disturba nel suo comportamento; preferisco biasimarlo in sua assenza piuttosto che parlargli direttamente, semplicemente.

Devo saper vedere le mie paure in tutti questi giudizi: io condanno ciò che temo di dover sperimentare un giorno e mi difendo attaccando. Quando giudico una determinata persona con tanta intransigenza, in realtà, esprimo la mia paura di affrontare la sua differenza o il suo disaccordo; e immagino che queste maldicenze mi attireranno la simpatia degli altri, che si schiereranno dalla mia parte.

Le paure appesantiscono le mie relazioni con gli altri. Imparo a conoscerle, a guardarle in faccia, per evitare che continuino ad avvelenare il mio cuore.

OGGETTI. Ombrello artistico



mercoledì 8 marzo 2017

RACCONTI. Gaetano


FONTE: libro "Pretacci" di Candido Cannavò edito da Rizzoli.
Racconto di don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano.


Gaetano era un ragazzo violento, aggressivo con un atteggiamento da bullo.
Tra rapine e spaccio, entrava al Beccaria, vi usciva e vi rientrava. Io lo trattavo con gentilezza esagerata, ma ogni tanto lo provocavo: "Gridi, ma stai diventando un debole".
Alla fine, rientro in carcere per una rapina, come un cane bastonato, meno arrogante. Lo conquistai durante una festa.
"Ci serve un chitarrista , so che te la cavi: vuoi provare?"
Lo coinvolsi e non l'ho più perduto. Nacque un'amicizia, lui ha studiato, si è diplomato, è entrato all'università e ha lavorato poi da informatore scientifico. Questo avveniva tanto tempo fa, ai miei primi anni del Beccaria.
Gaetano è morto a cinquant'anni. Si era portato dietro l'Aids da quando era ragazzo. Il suo fegato non ha retto.
Di Aids ho visto morire all'ospedale Sacco di Milano un bambino di tre anni, figlio di una donna accolta nella nostra comunità. Tutto il personale medico piangeva dinnanzi agli ultimi soffi di vita di quel Bambino Gesù. Anche io piangevo.
Ci sono almeno cento funerali nella mia vita.

MISSIONI. Nasce casa Rut

FONTE: Libro "Non più schiave" di RITA GIARETTA edito da MARLIN EDITORE SRL.

A bordo di un pulmino verde, accompagnate da due nostre sorelle, siamo arrivate a Caserta accolte dal calore del Sud, in un magnifico tramonto che rapiva i nostri sguardi alleviando il peso del distacco dalla nostra terra, che portavamo nel cuore.

L'arrivo in città, di noi tre suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria, più comunemente dette "suore Orsoline di Vicenza", era preparato e atteso. Il Vescovo della Diocesi, Raffaele Nogaro, uomo tenace e appassionato, instancabile voce profetica a difesa dei poveri e dei tanti immigrati presenti nel territorio casertano costretti a vivere in condizioni spesso disumane, era lì ad accoglierci.

Un sogno e una passione ci accomunava: ridare dignità e speranza alle tante, troppe, creature del bisogno presenti nel territorio. 
Per noi suore Orsoline, nella linea della nostra specifica missione, voleva dire affrancare la donna che vive situazioni di grave disagio, in particolare la donna immigrata, favorendo e stimolando percorsi e processi di promozione integrale della persona.
Il 2 ottobre 1995, giorno del nostro arrivo, è nata Comunità Rut.

Il nome dato alla Comunità trova ispirazione e significato in quella sorprendente figura femminile descritta nel libro omonimo, uno dei più piccoli dell'Antico Testamento, così ricco di umana carità. Rut, "l'amica" (tale è il significato biblico del suo nome), la Moabita, vive in una terra straniera avendo scelto di seguire per amore la suocera Noemi, dopo che entrambe sono rimaste vedove, e in questa terra si fa spazio di accoglienza e di solidarietà, simbolo di incarnazione e della scelta preferenziale dei poveri, di chi non conta.



DON CAMILLO. Quaresima: tempo forte




FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.


QUARESIMA: TEMPO FORTE

Il tempo di Quaresima è uno dei cosiddetti "TEMPI FORTI" dell'anno liturgico (l'altro è il tempo di AVVENTO). Perché "TEMPO FORTE"?
Perché è il tempo in cui siamo invitati ad accentuare il nostro impegno in preparazione alla Pasqua. E' vero che l'impegno di vita cristiana dovrebbe caratterizzare ogni giorno dell'anno e ogni anno della vita; però considerare la durata di 365 giorni può scoraggiare. Il tempo più ridotto di 40 giorni può essere, invece, più accessibile.
L'obiettivo è sempre quello di arrivare all'impegno quotidiano per tutta la vita. Il metodo, invece, è quello di arrivarci a piccoli passi, in modo progressivo. Il numero 40 nella Bibbia sta a indicare la durata della vita dell'uomo, ma è anche un tempo relativamente breve: riassume bene in se le due esigenze: quella della mediazione psicologica per non scoraggiare e quella della vocazione ad un totale rinnovamento della vita.
Certamente ognuno ha già pensato a quale impegno particolare scegliere. 
Per gli indecisi mi permetto di suggerirne alcuni.

  • Al primo posto metto il Sacramento della Penitenza (Confessione): all'inizio della Quaresima per introdursi in questo tempo con un gesto forte di apertura alla Grazia di Dio; e alla fine della Quaresima per predisporsi alla solennità della Pasqua.
  • Partecipazione più frequente all'Eucarestia che è Cristo stesso che ci nutre con la Parola (che è Lui) e con il Suo Corpo e Sangue (che è Lui).
  • Partecipazione alla Catechesi.
  • Curare un momento di preghiera in  famiglia (si potrebbe utilizzare il foglio liturgico della Domenica).
  • Rinunciare a qualcosa di superfluo (qualcosa di cui puoi fare a meno senza pregiudicare la tua salute). Meglio ancora se si tratta di qualcosa di dannoso (sigaretta, superalcolici, canne...).
  • Ridurre allo stretto necessario l'utilizzo di cellulari ed affini.
  • Dedicare più attenzione a chi ti sta vicino.
  • Evitare chiacchiere inutili.
  • Evitare di utilizzare la macchina in spostamenti brevi e se non devi fare carichi pesanti.
Cogliamo l'occasione della Quaresima per dare più spazio allo Spirito. Sarà poi lo spirito ad aprire per te altre porte che altrimenti potrebbero restare sempre chiuse, e ad indicarti altri orizzonti che diversamente sarebbero per te impensabili.
Così la Pasqua non sarà solo una festa liturgica da calendario, ma sarà un'esperienza di vita rinnovata ed arricchita dallo Spirito che sa farci gridare con tutto l'entusiasmo di cui siamo capaci: GESU' CRISTO E' IL SIGNORE.

                                      Don Camillo



giovedì 2 marzo 2017

VIVERE INSIEME. Essere retribuito con un voucher


FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 03/02/17.
ARTICOLO: "La mia vita appesa ad un voucher" di MARCO PATUCCHI.


ROMA. "Quando ogni 20 del mese vado in tabaccheria a farmi cambiare il voucher mi sento un po' a disagio, ma non mi guardo intorno come se fossi un animale raro. Non provo neanche alcun rancore. Chissà, forse è perché per adesso ho conosciuto solo questo modo di lavorare e tutto mi sembra normale".
Dario ha ventotto anni, vive a Perugia ed è laureato in farmacia. 
La prossima settimana prenderà un aereo per il Belgio e darà una svolta alla sua esistenza: ha ricevuto la conferma alla domanda  che aveva presentato per il tirocinio in un'azienda farmaceutica dalle parti di Bruxelles: ""Farò l'assistente ricerca e sviluppo nell'impresa. Una bella occasione".
Lascerà questa "normalità" alla quale si era quasi abituato. Assuefatto. Sarà uno dei tanti italiani che abbandonano il nostro Paese per costruirsi un futuro. O almeno per provarci con maggiori speranze.
La "normalità", invece, è il lavoro che svolge da qualche mese in una farmacia di Perugia: quaranta ore settimanali, per otto ore giornaliere, dal lunedì al venerdì. Fianco a fianco ad un'altra decina di dipendenti. Lo sbocco fisiologico per chi si è laureato come Dario.
A vederli con il loro camice bianco dietro il banco, un drappello di farmacisti senza differenze. Eppure non è così.
"Gli altri hanno contratti a termine o contratti a tempo indeterminato. Io vengo pagato con i voucher. E pensare che all'inizio mi sentivo quasi un privilegiato, perché il periodo di tirocinio che di prassi viene svolto nelle farmacie senza essere retribuiti, io lo facevo con i 500 euro al mese previsti da Garanzia Giovani. Poi, quasi allo scadere del tirocinio, mi hanno proposto di continuare. Ma con i voucher".
La farmacia acquista un pacchetto di "buoni" da mille euro per pagare Dario dal primo al 20 del mese. Poi, dopo uno stop di due giorni, si riprende con un altro pacchetto. Niente ferie o malattie.
Il 20 del mese Dario va in tabaccheria a ritirare il suo "stipendio", vale a dire i suoi 7,5 euro a voucher.
"Ormai me ne mancano pochi. Giusto qualche giorno di lavoro. Ho già detto al titolare della farmacia che me ne vado, così lui non acquisterà un nuovo pacchetti di buoni per me".
Ecco, questo è il lavoro nell'era dei voucher. Non per tutti naturalmente. Ma per moltissimi. Figli di un dio minore.
L'ennesima dimostrazione di come uno strumento nato per sacrosante ragioni, in un Paese come il nostro dove il senso civico è merce rara, venga poi diffusamente piegato ad altri interessi.
In questo caso, un meccanismo che dovrebbe contrastare l'illegalità e il nero, diventa scorciatoia per risparmiare sul costo del lavoro. Alla faccia della tutela e della dignità dei lavoratori.
Verrebbe da dire  che forse non saremo mai un Paese maturo per certe flessibilità, meglio dunque rinunciare tout court a strumenti come i voucher. Lasciamoli a chi sa guardare oltre il proprio giardino.
"Prima di questo posto in farmacia avevo fatto solo lavoretti occasionali, quindi non so cosa siano diritti come la malattia o le ferie" racconta Dario, rivelando candidamente la precarietà che ormai è nel dna dei nostri giovani.
"Non mi va di parlare di chi mi ha fatto lavorare in farmacia, preferisco parlare di me, delle mie aspettative. Ai datori di lavoro è consentito sfruttare legalmente i voucher e lo fanno. Non posso pretendere da loro un certo comportamento, semmai la responsabilità è dello Stato che rende possibili queste cose".
Dario tra qualche giorno se ne andrà, ma senza rancore. Anzi, tra le righe delle sue parole c'è un accenno di autocritica che gli fa onore.
"Non sono di quelli che dicono che in Italia tutto fa schifo perché non ho avuto occasioni. Magari se avessi fatto una tesi sperimentale mettendola nel curriculum, qualche azienda italiana mi avrebbe scelto. Credo che anche vent'anni fa sarebbe stato difficile trovare un primo impiego".
E poi quell'assuefazione alla precarietà che deve pesare come un macigno sulla coscienza di tutti noi delle passate generazioni: "All'inizio se pensavo ai contratti a termine valutavo un orizzonte di sei mesi. Adesso tutto si è terribilmente accorciato. Stesso discorso per il trend delle tutele. Così la risposta migliore è quella di isolarsi in se stessi, di concentrarsi sulla propria esperienza senza magari pensare a una lotta di tutti per migliorare la situazione. Non è per forza una reazione negativa: almeno così sviluppiamo una maggiore capacità di adattamento. Insomma, non arrendersi, ma senza pretendere o stupirsi più di tanto".
Caro Dario, buon viaggio e buona fortuna.






DON CAMILLO. Segnali di umanità





FONTE: avvisi settimanali della parrocchia di Albegno.

SEGNALI DI UMANITA'

Mi capita, quando svolgo il corteo di un funerale, di osservare il comportamento delle persone che casualmente capitano sullo stesso percorso: ne ho viste ben poche a fermarsi e a mettersi in un atteggiamento di rispetto.
Solitamente vedo gente che continua imperterrita la sua strada come se non vedesse nulla. Addirittura nell'ultimo funerale uno ha attraversato la strada passando in mezzo al corteo, chi è seduto se ne sta tranquillamente seduto; c'è stato anche chi con la sigaretta in bocca, ha continuato a boccheggiare tranquillamente il suo fumo...
Sono alcuni segnali di indifferenza e di scarsa umanità davanti a chi sta vivendo momenti di sofferenza per la morte di una persona cara, ma anche nei confronti della persona defunta che fino a due giorni prima ha condiviso fatiche, debolezze e speranze con la sua comunità.
Anche se non si conosce il defunto che viene portato alla sepoltura, né la parentela e gli amici che lo accompagnano, il buon senso suggerisce di compiere un segno di rispetto: fermarsi sul marciapiede aspettando che passi il corteo, alzarsi in piedi, togliersi la sigaretta di bocca, levarsi il cappello... Gesti semplici ma capaci di comunicare vicinanza a chi in quel momento ne ha bisogno.
Se riscopriamo questo stile noi adulti e lo insegniamo ai nostri ragazzi, diamo certamente un bel contributo alla  nostra comunità facendola crescere in umanità.
Chi poi è credente e arricchisce questi gesti di rispetto con una preghiera in cuor suo, apre un canale che permette alla Grazia di Dio di scorrere in mezzo alla nostra quotidianità per irrigarla e renderla sempre più feconda.

                                      don Camillo 

OGGETTI. Muro di lava




COMUNE DI ZANDOBBIO. Come conoscere le spese del Comune



Quando si parla di "trasparenza" della pubblica amministrazione si intende la pubblicità, cioè il rendere pubblico, cioè la possibilità di conoscere come opera un'amministrazione pubblica da parte di qualunque cittadino.

Nel caso del Comune c'è uno strumento, che permette di conoscere gli atti ufficiali dell'amministrazione: è l'albo pretorio.
Nel sito internet del Comune di Zandobbio lo si trova nella colonna di sinistra, proprio sotto la bandiera italiana (Amministrazione Trasparente), nella raccolta "Uffici e documenti": tutte le voci contenute in questa sezione sono state obbligate dal decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33 per rendere pubblico il funzionamento delle amministrazioni, cioè cosa viene fatto e come vengono spesi i soldi pubblici.
Gli atti pubblici rimangono pubblicati solo per 15 giorni.
Tuttavia cliccando "Storico" si possono vedere tutti gli atti pubblicati da maggio 2013 fino ai giorni nostri.