lunedì 14 luglio 2025

GIOVANI E RAGAZZI. ADHD, non solo questione di vivacità

 

FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" gennaio 2025.
Articolo: "ADHD: non solo questione di vivacità" di ROBERTA VILLA.

Una volta si diceva che avevano "l'argento vivo" addosso, ma spesso questi ragazzi avevano solo bisogno  di aiuto.
Per molti anni si è pensato che negli Stati Uniti fosse in atto un fenomeno di medicalizzazione di massa  dell'infanzia e dell'adolescenza. Sembrava che si esagerasse nel prescrivere psicofarmaci per trattare una condizione nota con la sigla ADHD, che sta per "Attention Deficit and Hyperactivity Disorder", cioè "Disturbo da deficit di attenzione e iperattività".
In fondo, si diceva,  è normale che bambini sani e vivaci prestino poca attenzione agli adulti e siano sempre in movimento. 
Decenni di ricerca  hanno però dimostrato che, se  da un lato oltreoceano poteva essersi registrato qualche eccesso, da noi, al contrario, c'era - e c'è - una profonda ignoranza di questo fenomeno. 
Ciò provocava una mole di sofferenza sotterranea nei ragazzi, nelle famiglie, nella scuola e, alla fine, anche alla società.
Chi ha questo disturbo, infatti, fatica  integrarsi serenamente nella comunità scolastica o in una squadra sportiva, a seguire le regole, a concentrarsi a lungo su un compito. A questo spesso si associa una certa goffaggine nei movimenti e un'impulsività nei gesti e nelle risposte che di certo non aiuta le relazioni e che, quando manca una struttura di sostegno, può facilitare la devianza verso comportamenti illegali o addirittura criminali.
Nei casi più comuni, pur con un'intelligenza  normale o superiore alla norma, questi ragazzi vanno male a scuola. Talvolta, come accade più spesso alle ragazze, alla fine riescono a perseguire i loro obiettivi, ma a costo di una fatica molto superiore a quella degli altri.
La frustrazione, per chi non riesce nonostante la buona volontà, è amplificata dall'incomprensione delle famiglie.

UN MODO DI ESSERE

Oggi  sappiamo che questa forma di "neurodiversità", come si dice, è molto più frequente di quanto si pensava. Sappiamo anche che non esiste una "cura" definitiva, perché l'ADHD è un modo di essere  dell'individuo, non una malattia da guarire.
Riconoscerla, tuttavia, può essere molto utile  per il ragazzo e la sua famiglia. La diagnosi permette prima di tutto agli adulti di non colpevolizzare il bambino o l'adolescente. Aiuta a capire che deve  affrontare una sfida superiore  a quella dei suoi nonni, che magari avevano lo stesso disturbo, ma vivevano  in un contesto in cui si passava molto più tempo liberi  all'aria aperta e l'attività manuale prevaleva su quella intellettuale.
Con  l'aiuto  di uno psicologo competente, il ragazzo o la ragazza può imparare strategie che l'aiutano a muoversi meglio nella vita quotidiana, nelle relazioni e nelle attività scolastiche o sportive.
Se poi i medici ritengono che sia opportuno l'aiuto di un medicinale, non bisogna irrigidirsi: la somministrazione di queste terapie, nel nostro Paese, è soggetta a controlli molto rigorosi e gli abusi sono praticamente inesistenti.
E' più facile che per ragioni culturali il farmaco sia negato a chi ne avrebbe veramente bisogno. E questo può fare molto male. 




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