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mercoledì 30 luglio 2025
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lunedì 28 luglio 2025
VIVERE INSIEME. Che cos'è l'empatia
FONTE: //www.issalute.it/ sito sviluppato e gestito dall'Istituto Superiore di Sanità(ISS).
L'empatia è definita nel linguaggio comune come la capacità di mettersi nei panni dell'altro. La scoperta dei neuroni specchio e il miglioramento delle tecniche radiologiche che indagano il funzionamento del cervello ha dato un grande impulso agli studi sull'empatia.
L'empatia è descritta nella cultura umana fin dai tempi antichi (Achille sente pietà per Priamo e restituisce il corpo di Ettore perché sia sepolto con gli onori che merita). Tuttavia, il termine empatia in greco antico indica una passione, una sofferenza interna.
L'idea che esistesse una tendenza “innata” a partecipare alle emozioni degli altri, a farsi contagiare dalle emozioni, si può far risalire a Charles Darwin (1872). Darwin, infatti, credeva che gli esseri umani avessero non solo un'abilità naturale per riconoscere le emozioni degli altri ma anche la tendenza a rispondere nel modo più adatto. Il contagio emotivo che per molti autori sta alla base dell'empatia è un comportamento che Darwin definiva fondamentale per l'evoluzione della specie poiché permetteva, sia al singolo individuo che al suo gruppo di appartenenza, di reagire in modo adeguato e rapido alle situazioni di pericolo. Darwin aveva la convinzione che la sopravvivenza del più adatto poggiasse sia sulla competizione individuale, sia sull'abilità di cooperazione, di simbiosi e di reciprocità. Il più adatto è, dunque, colui che è capace di creare rapporti di cooperazione con i propri simili.
Il termine empatia, così come lo conosciamo oggi, non è sempre esistito. Nella storia del concetto di empatia, come ha sottolineato lo studioso Rossi Monti, si sono susseguite varie fasi: estetica, filosofica, psicoanalitica.
Nel 2013 lo psicoanalista francese Serge Tisseron presenta un modello di empatia di base, comune a tutte le persone e composto da quattro strati che corrispondono alle quattro componenti dell'empatia:
- empatia emotiva, appare non appena il bambino riesce a distinguere tra sé e l'altro e, quindi, passa dalla simpatia all'empatia
- empatia cognitiva, compare intorno ai quattro anni e mezzo e consiste nella capacità di comprendere il punto di vista dell'altro facendo, però, un'adeguata distinzione tra la propria esistenza e quella dell'altro
- empatia reciproca, momento in cui si inizia a essere consapevoli che anche gli altri possano pensare e sentire, immedesimarsi e provare le nostre stesse emozioni
- empatia intersoggettiva, consiste nel riconoscere all'altro la possibilità di mettere in chiaro aspetti di noi, a noi stessi ignoti. Attraverso questo tipo di empatia si ha l'opportunità di riscoprire sé stessi attraverso l'altro, di scoprirsi diversi da come si credeva e di lasciarsi trasformare dall'esperienza dell'empatia
Attualmente, non esiste una definizione unica di empatia. Persino tra i neuroscienziati non c’è accordo, al punto che studiosi come de Vignemont e Singer hanno affermato che “…esistono tante forme di empatia per quanti affrontano l'argomento. Gli approcci e i metodi di misurazione che fanno riferimento alle singole componenti dell'empatia sono molteplici. La scoperta dei neuroni specchio ha determinato un forte incremento dell’interesse per il fenomeno dell’empatia nell’ambito delle neuroscienze”.
Nel 1996 l'equipe del neuroscienziato Giacomo Rizzolatti rese pubblici i risultati delle proprie ricerche su un particolare tipo di neuroni, che battezzò con il nome di “neuroni specchio” proprio per mettere in risalto la loro particolarità̀ nel rispecchiare una specifica azione motoria nel cervello dell'osservatore.
Cosa sono i neuroni specchio? Quando si assiste a ciò che accade agli altri, non è solo la parte del cervello che sovrintende alla visione (cioè la corteccia visiva) ad attivarsi ma anche le aree del cervello associate alle nostre azioni. In pratica, è come se agissimo in modo simile alla persona che stiamo osservando. Esistono studi che confermano l'attivazione delle stesse aree emotive quando osserviamo una persona che prova emozioni.
Questo significa che l'empatia determina l'attivazione di diverse aree del cervello che agiscono in modo coordinato e complesso in modo da consentire a una persona di mettersi al posto dell'altra. Essere testimoni dell'azione, del dolore o dell'affetto di qualcun altro può attivare le stesse cellule nervose del cervello responsabili dell'esecuzione di tali azioni o di tali sentimenti. In altre parole, il cervello che osserva un'altra persona che sta vivendo una condizione emotiva risponde in modo abbastanza simile, anche se non è direttamente coinvolto. L'empatia, infatti, è composta da una componente affettiva e una cognitiva, ossia legata al ragionamento. L'empatia cognitiva consiste nella capacità di riconoscere le emozioni altrui come se fossero proprie. L'empatia affettiva viene direttamente percepita, pensata o causata da un altro essere. In questo caso, l'empatia porta a immedesimarsi mentalmente nella realtà altrui per comprendere al meglio punti di vista, pensieri ed emozioni, senza tuttavia essere offuscati dallo stato emotivo dell'altro. È importante anche distinguere l'empatia da comprensione, preoccupazione empatica e compassione. Tutti questi concetti hanno in comune il fatto che il cambiamento emotivo è indotto nell'osservatore dallo stato emotivo della persona che ha di fronte, che percepisce o immagina. Essi, tuttavia, non richiedono necessariamente il coinvolgimento di sentimenti condivisi, cosa che invece accade nella risposta empatica ove le emozioni coinvolte nell’immediatezza sono libere dal pregiudizio.
Nel corso degli ultimi anni, le teorie sul funzionamento delle cellule nervose del cervello che sono alla base dell'empatia sono state molteplici e, talvolta, in contrasto tra di loro. Rimane, quindi, in parte aperta la domanda su quale sia la risposta fisico-chimica che si trova alla base di un'esperienza empatica.
Sebbene l'empatia possieda delle debolezze strutturali da gestire attraverso l'uso dell'intelligenza emotiva, essa resta sempre una capacità centrale nella valorizzazione dell'essere umano e una risorsa preziosa che permette l'accesso alla realtà̀ in una forma alternativa a quella predominante nel mondo moderno. L'empatia permette alla persona di aprirsi a una realtà̀ basata sul coinvolgimento emotivo e cognitivo nei confronti di esseri che soffrono e gioiscono, che sono portatori viventi di significati e di valori.
È l'empatia, e non la compassione derivante dal ragionamento, a essere iscritta come “istinto innato” degli esseri umani.
venerdì 25 luglio 2025
SPORT. La rinascita di Simone Muratore
La rinascita di Simone Muratore: acquistato dalla Dea per 7 milioni nel 2020, un neurocitoma gli ha cambiato la vita. Oggi è collaboratore tecnico nelle giovanili della Juventus.
La storia di Simone Muratore è il racconto di una promessa interrotta, ma anche di una costante rinascita. Da talento di campo a educatore: un “secondo tempo” in cui il cuore e lo spirito hanno giocato una partita vincente. Ma partiamo dall’inizio: nel giugno 2020, l’Atalanta rompe gli indugi e punta su Muratore, giovane centrocampista classe 1998, prelevandolo dalla Juventus. L’affare vale circa 7 milioni di euro: viene tanta fiducia dai nerazzurri verso un ragazzo fisico, duttile, reduce dall’esordio in Champions con la Juventus di Maurizio Sarri. Un investimento importante, vero, soprattutto per un talento che non aveva ancora consolidato un ruolo stabile in prima squadra.
La Dea, notoriamente esperta nel valorizzare i giovani, sembrava il contesto giusto per la sua crescita. Gasperini, già maestro nel trasformare prospetti in giocatori affermati, avrebbe potuto guidare Muratore verso il definitivo salto di qualità. Dopo l’approdo bergamasco, Muratore non trova spazio in prima squadra: parte in prestito alla Reggiana (Serie B) con 25 presenze e 2 gol. La stagione successiva, agosto 2021, è in Portogallo al Tondela, ma le presenze sono limitate (2 partite). È proprio in quei mesi che iniziano i primi segnali d’allarme: forti mal di testa, spossatezza. Una tac rivela la presenza di un neurocitoma benigno al ventricolo sinistro: un tumore al cervello che cambia radicalmente le traiettorie della carriera.
Il 14 dicembre 2021 l’intervento al Besta di Milano dura circa 12 ore: «Uno shock, il pensiero era “chissà se lo porto a casa”», racconta la madre. Al suo risveglio, la paralisi: non riesce né a parlare né a muovere la metà destra del corpo, e neanche l’occhio destro funziona bene. Inizia un percorso di riabilitazione quotidiano: fisioterapia, logopedia, esercizi di lettura e scrittura. Il padre e l’amica testimoniano progressi lenti: «Dopo 20 giorni lo vidi correre nel cortile di casa». Nonostante le difficoltà, Muratore non si arrende. Torna ad allenarsi da svincolato negli impianti di Vinovo, sfruttati grazie al supporto della Juventus, che non l’ha mai lasciato solo. Tuttavia, il campo è diverso: «Mi sono reso conto che non sarei mai tornato ai miei livelli. Non potevo accontentarmi di meno», ha ammesso. In quel momento, decide di capovolgere la sua prospettiva: il calcio non da giocatore, ma tramite l’insegnamento.
A dicembre 2024, a soli 26 anni, annuncia il ritiro dal calcio giocato e la Juventus formalizza il suo nuovo ruolo come collaboratore tecnico nelle giovanili, con focus sull’Under 14. È un grande segno di fiducia: la società lo riaccoglie non solo come ex promessa, ma come risorsa umana e professionale. Oggi affianca Simone Loria, durante campionati e tornei come l’Umag Trophy 2025, aiutando gli Under 14 a crescere sul campo e nel carattere. Il 24 aprile 2025 debutta su Dazn “Secondo Tempo - La storia di Simone Muratore”, un docu-biopic prodotto da Juventus Creator Lab. Il titolo è un chiaro simbolo: la vita ha fermato il primo, ma il secondo deve ancora scorrere. Un viaggio intimo nel vissuto di Muratore, tra famiglia, sacrifici, speranza e un nuovo scopo educativo.
Nell’intervista rilasciata a “Cronache di Spogliatoio”, Muratore ha affidato alla memoria parole dense di franchezza. Ha descritto la dura convivenza con la malattia: «Non sono mai stato abile nello sport, ma da quando ero bambino sognavo di giocare», racconta. E ha raccontato la sua determinazione fino all’ultimo tentativo: «La prima cosa che ho detto a mia madre dopo l’intervento è stata: non voglio più saperne del calcio». Poi, una svolta: il desiderio di ricominciare, non più da passeggero, ma da pilastro morale per i giovani. Lo ha spinto la Juventus con le sue strutture e fondi, lo ha motivato la voglia di trasmettere «umiltà, rispetto, consapevolezza» ai ragazzi. Un pensiero speciale lo rivolge all’Atalanta che, nei momenti più bui, non si è tirata indietro: «Una società seria che mi ha sempre trattato bene. Li ringrazierò sempre».
Attualmente, Simone Muratore è una figura fissa nello staff tecnico dell’Under 14 bianconero, ma i suoi obiettivi vanno oltre: «Il mio sogno ora è diventare allenatore di una prima squadra. Se un giorno sarà la Juventus, sarebbe il massimo». Ha scelto una nuova carriera in panchina, ma con la stessa intensità e ambizione che lo spingevano in campo.
PASSIONI ZANDOBBIESI. Belotti Annalisa. statue
Annalisa Belotti, nata nel 1976 e laureata al Politecnico di Milano in Architettura.





























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