FONTE: BOLLETTINO PARROCCHIALE SETTIMANA DI ALBEGNO E DINTORNI.
CONFESSIONE PUBBLICA
Di solito sono io che mi metto nel confessionale per accogliere e ascoltare i penitenti che cercano conforto nella Misericordia di Dio e la Grazia di reagire con forza alla loro fragilità.
Però oggi sono io che mi voglio confessare davanti ai Fedeli, dopo averlo fatto davanti al mio confessore ordinato, per chiedere perdono delle mie molte debolezze che mi fanno da catena.
Resto perplesso e stupito quando vedo l'esultanza di chi riceve un incarico prestigioso e di grande responsabilità.
Mi domando: come fa ad essere così contento?
Davanti a questa domanda il mio istinto mi porta subito ad esprimere un giudizio, negativo e cattivo; e qui sta il mio peccato!
Riflettendo di pancia penso: certamente ha il suo interesse perché da quella posizione trarrà i suoi benefici personali.
Però poi, continuando a riflettere, mi rendo conto che questo giudizio può essere un modo altrettanto istintivo di capire e giustificare un secondo peccato: quello della ricerca della comodità personale (mi vergogno a chiamarlo egoismo!) di chi cerca di stare tranquillo nel suo brodo, lontano dalle preoccupazioni, dai grattacapi e da tutte quelle tensioni e questioni che possono angustiargli la vita, cosa che invece non fa chi con generosità accetta incarichi impegnativi!
E qui scatta il mio terzo peccato: quello dell'invidia, non per la posizione ottenuta che continuo a considerare un grattacapo e una scongiura personale, ma per il coraggio, la vitalità e l'entusiasmo con cui accoglie l'impegno che lo attende.
Capisco che dovrebbe essere questo anche il mio spirito, ma purtroppo questo passaggio è per me, che non so nuotare, come un oceano da attraversare a nuoto! Ci vuole una Grazia speciale per arrivare a tanto.
E' così impossibile per me questa impresa che penso morirò con questo peccato.
Mi conforta la considerazione che Dio ha distribuito in modo variegato le capacità tra i suoi figli. Non tutti sono chiamati a svolgere lo stesso compito: ad ognuno offre la qualifica e lo slancio per una determinata missione in modo che nessuno sia titolare di tutto, ma ognuno abbia bisogno dell'altro.
Che sia anche questo un ennesimo modo per giustificare il mio peccato?
Per cercare di spegnere questo dubbio mi sto adoperando a individuare il mio talento.
Certamente il Signore ne ha consegnato uno anche a me e sono convinto che prima o poi lo scoprirò: (IV peccato di presunzione).
don Camillo
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