Articolo: "Prevenire la miopia" di ROBERTA VILLA.
FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" luglio-agosto 2024.
Articolo: "Italiani sfiduciati" di RITANNA ARMENI.
Avrebbe dovuto essere il tema principale del dibattito politico, avrebbe dovuto costituire la preoccupazione principale dei partiti di governo e di opposizione.
E invece, dopo le elezioni per il parlamento europeo, in cui per la prima volta nella storia della Repubblica più del 50% degli italiani non ha partecipato al voto, dell'estensione si è parlato poco. Anche se questa è stata massiccia e, in alcune regioni, ha raggiunto il 60 % degli aventi diritto
Si tratta di un fenomeno importante e pericoloso che riduce il momento più importante della vita democratica a questione che riguarda una minoranza. Tale da preoccupare e da esigere qualcosa di più delle analisi dei sociologi e dei politologi. Invece, ancora una volta, i partiti hanno adottato la politica dello struzzo. Dopo le prime formali espressioni di rammarico, hanno nascosto la testa sotto la sabbia e non hanno mostrato di voler fare alcuno sforzo di approfondimento e tanto meno, la necessaria autocritica.
Alcune caratteristiche del fenomeno ci rendono chiare le motivazioni dei tanti che hanno rinunciato al voto. I dati del Mezzogiorno, ad esempio, cioè delle regioni più povere del Paese, dove i livelli di astensione hanno raggiunto il 60% suggeriscono alcune delle cause maggiori e indicano le principali categorie dei non votanti. Possiamo definirli gli "sfiduciati", coloro che non ritengono più il voto uno dei mezzi per affrontare e risolvere i problemi che, al Sud, sono certamente più numerosi e gravi che la Nord. Sono sicuramente "sfiduciati" i cittadini più bisognosi che avevano ricevuto un reddito di cittadinanza e ai quali dopo qualche tempo è stato tolto; sono "sfiduciati" i giovani che per lavorare e avere uno stipendio sono costretti ad andare all'estero; e poi chi ha visto sfumare la possibilità di un salario minimo che consentisse l'uscita da una condizione di supersfruttamento. E chi si sente abbandonato dallo Stato nel momento in cui è più fragile e ha bisogno di cure mediche gratuite e garantite. Questi soggetti spiegano la maggiore astensione nelle regioni meridionali, ma il loro malessere è diffuso in tutto lo Stivale.
Gli esperti ci dicono che quello dell'astensionismo è un fenomeno destinato a crescere. Del resto, i dati degli ultimi anni indicano una tendenza chiara. Vivremo in una democrazia per pochi? La democrazia stessa diventerà un privilegio? E fino a quando un sistema così poco sostenuto e amato potrà ancora definirsi democratico? Il problema è grande e concreto. Non è realmente democratica una politica che crea sacche enormi di sfiducia. Lo è tanto di meno se questa coinvolge i meno abbienti, i più fragili.
Il dibattito politico sarà interessante e proficuo se prenderà atto del messaggio e del segnale che è venuto soprattutto dagli ultimi e affronterà i problemi del Paese senza ignorare i segnali che proprio loro hanno lanciato.
FONTE: "la Repubblica" del 03/05/24.
Articolo: "Divorziare sotto le bombe. A Gaza senza prospettive le famiglie si sgretolano" di SAMI al-AJRAMI.
IL CAIRO - La frustrazione della guerra in corso, la perdita del lavoro, la paura e lo sfollamento costante, infine la vita nei rifugi con elementi minimi per la sopravvivenza hanno reso più fragili le relazioni nelle famiglie di Gaza.
Molto più spesso si raggiunge un punto di non ritorno e si divorzia. In molti casi gli uomini nervosi e depressi, si sentono impotenti di fronte alla realtà, e in molti casi le donne restano sole nei rifugia occuparsi dei figli.
Divorziare è possibile nella Striscia, e relativamente semplice se c'è il consenso dell'uomo. Molto più complesso se è solo la donna a volerlo.
Quando parliamo di "divorzio" , nel contesto attuale, ci riferiamo a una dichiarazione fatta a parole e alla separazione fisica: non ci sono autorità in questo momento in grado di emettere documenti veri e propri.
Nariman Mohamed, una donna di 34 anni del Nord di Gaza, ora è divorziata e vive in una tenda nella parte occidentale di Rafah, tra migliaia di tende. Si sveglia presto ogni mattina per iniziare una dura giornata a cercare acqua potabile, trovare legna per il fuoco e preparare la colazione ai suoi cinque figli; ogni giorno deve pensare al loro nutrimento e questo implica camminare fino al centro di distribuzione per ottenere le razioni. Non tutto ciò di cui la famiglia ha bisogno si trova nei pacchi. Quindi deve vagare in cerca di ong che forniscono prodotti per bambini e donne. E' un pellegrinaggio quotidiano estenuante, che ora si trova a dover affrontare da sola.
"Prima della guerra, mio marito ed io non avevamo un buon rapporto, ma non avevamo mai pensato al divorzio" , ha detto. Con l'inizio dei bombardamenti è dovuta fuggire con la sua famiglia dal Nord alla casa della famiglia del marito: con molte persone stipate in una sola abitazione lo stress è stato alto: "Lui si arrabbiava facilmente, mi ha colpito due volte, e mi ha quasi ucciso con un colpo dalla sua pistola", racconta. Suo marito era un poliziotto, e lei ha dovuto prendere i suoi figli e scappare. Poche settimane dopo ha divorziato.
Mariam Al-Sayed, 26 anni, non è un caso diverso da Nariman: ha superato un cancro e ha avuto un bambino. Con la guerra però, suo marito è diventato più violento e aggressivo.
"Sono rimasta scioccata quando mio marito ha deciso di divorziare, non avevo un posto dove andare, ho due bambini piccoli, senza soldi e senza vestiti", spiega. E' scappata sotto i bombardamenti e infine si è rifugiata nelle tende. Ha bisogno di cure mediche ma anche di aiuto mentale. Lotta per tenere i figli al sicuro.
Le ong durante la guerra cercano di fornire specialisti per aiutare la società a far fronte a una situazione disperata.
Nermin Abu Jayab , assistente, ha detto che deve trattare con molte donne: "Le persone sono per lo più traumatizzate: hanno perso la casa e la fonte di reddito, di conseguenza perdono anche la capacità di controllare le proprie famiglie", spiega. "Sto lavorando con donne che hanno perso i loro mariti e anche con donne divorziate", dice. Le aiuta a far fronte alla realtà di essere rimaste senza patner che le supportino e si occupino di loro in momenti così difficili, e a iniziare a dipendere da se stesse per superare le crisi. E' una lotta quotidiana per la sopravvivenza e contro la depressione.
RICEVO DA OLIVIERO CORTESI QUESTA FOTO PROBABILMENTE SCATTATA LA STESSA SERATA DELLE ALTRE PUBBLICATE IERI.
HO UN VAGO RICORDO DELLA MIA GIOVINEZZA IN CUI RAMMENTO L'ESISTENZA DI UN "CLUB AMICI DELL'ATALANTA" DI ZANDOBBIO CON SEDE AL BAR SOLE DEI FRATELLI PATELLI LUIGI E BEPINO, FONDATO ALLA FINE DEGLI ANNI SESSANTA.
HO AVUTO DELLE FOTO SCATTATE AD UNA CENA DEL CLUB CON LA PRESENZA DI GIOCATORI E DIRIGENTI ATALANTINI E UN CENTINAIO DI TIFOSI.
PURTROPPO NESSUNO SI RICORDA NULLA DI QUESTO CLUB.
MI LIMITO QUINDI SOLO A PUBBLICARE LE FOTO AVUTE DA LUIGI PATELLI CON L'INVITO A CHI RICORDASSE QUALCOSA DI COMUNICARMELO.
FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" maggio 2024.
Articolo: "Un appello per salvare il SSN" di RITANNA ARMENI.
I malati sono i più fragili.
La sicurezza del corpo si frantuma, la capacità di agire appare compromessa, la paura diventa dominante.
Il malato non fa i conti solo con dolore fisico, ma con la solitudine, il senso di esclusione, il timore di essere uno scarto sociale.
Sono sentimenti dolorosi ed è proprio per questo che, di fronte alla malattia, "gli altri" diventano importanti. Non solo gli affetti, la famiglia, gli amici, ma la società tutta, le strutture, i servizi, l'assistenza, le istituzioni proposte alla salute.
Tutto quello che lo Stato ha costruito perché la malattia di tutti - bambini e anziani poveri e ricchi, abitanti del Nord e del Sud del Paese - sia curata al meglio, il malato rasserenato, la guarigione più sicura, il conforto adeguato.
Alla fine degli anni '70 l'Italia era riuscita a varare un servizio sanitario nazionale concreto ed efficiente.
L'allora ministra della salute Tina Anselmi varò una legge partendo dall'idea che "la salute è la cosa più importante che c'è e dovrebbe essere uguale per tutti".
Stella polare di una riforma che rese il nostro Paese tra i migliori nella gestione pubblica della sanità fu proprio l'uguaglianza. "Il mercato della salute - diceva Tina Anselmi - è asimmetrico, il malato è debole, le case farmaceutiche fortissime".
Questa asimmetria andava cancellata con una legge che promuoveva la sanità come bene pubblico essenziale. E fu "il servizio sanitario nazionale". Tutti i cittadini avevano diritto a essere curati, se ne faceva carico lo stato.
Oggi possiamo dire che quel disegno di eguaglianza e di efficienza dello Stato è in fortissima crisi.
I tagli alla sanità avvenuti nel tempo, la compressione degli investimenti, ne hanno compromesso il funzionamento, hanno vanificato nei fatti l'idea di eguaglianza su cui era fondato.
Rinvii, lievitazioni dei prezzi, cancellazioni dei servizi sono, pian piano, diventati la norma. I malati non possono più contare su risposte pubbliche immediate ed efficienti. A farne le spese sono quelli che che non hanno le possibilità economiche per rivolgersi alla sanità privata. I meno abbienti vivono la difficoltà e il dolore di non avere una risposta alla malattia e alla sofferenza.
L'allarme è ufficiale. Quattordici importanti studiosi, impegnati in ambiti diversi dellla scienza, hanno denunciato in un appello la crisi del sistema sanitario nazionale, l'assenza di prevenzione, la mancanza di ambulatori specialistici, la prevalenza della sanità privata, il pericolo dello smantellamento di quella pubblica.
Siamo di fronte, hanno detto, a una vera emergenza. E' necessario, per superare la crisi, adeguare il finanziamento dello Stato, oggi a poco più del 6% del Pil, agli standard dei Paesi europei che spendono l'8%.
E' un problema che riguarda tutti, che non può prestarsi a strumentalizzazioni o dibattiti.
Chi governa ha bisogno di ascoltare e agire.
CLASSIFICA FINALE MASCHILE
1° CELLUCIANOMANIA OSTUNI PUGLIA
CAMPIONE D'ITALIA