FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" dicembre 2024.
Articolo: "Siamo uomini o cavie?" di ROBERTA VILLA.
Articolo: "Siamo uomini o cavie?" di ROBERTA VILLA.
Non siamo cavie, si sentiva ripetere mentre venivano distribuiti i primi vaccini contro il covid, che ci avrebbero permesso di superare gli anni più difficili della pandemia.
Ed è vero, non siamo cavie, perché quei prodotti vennero somministrati a centinaia di milioni di abitanti del pianeta solo dopo aver superato i trial clinici previsti per qualunque prodotto farmaceutico.
A questi studi preliminari, però, parteciparono a loro volta decine di migliaia di persone, che si offrirono spontaneamente, per fiducia nella scienza o desiderio di essere protetti per primi, affinché si potesse verificare l'efficacia di quei vaccini così innovativi.
In precedenza, si era già verificata la sicurezza di massima della procedura su gruppi più ristretti di volontari sani, che avevano accettato il rischio di farsi iniettare per primi i vaccini.
Questi allora furono cavie umane? Se vogliamo, possiamo chiamarli così, ma il loro ruolo è stato ed è importantissimo.
L'alternativa alla sperimentazione sugli esseri umani di medicinali già dimostrati sicuri negli animali è solo quella di introdurre sul mercato prodotti che potrebbero riservare brutte sorprese a un numero molto maggiore di individui.
LE NESSARIE TUTELE
Ma se i partecipanti ai trial clinici corrono dei rischi, chi li tutela?
La necessità di stabilire dei principi etici che ponessero dei paletti alla ricerca sugli esseri umani emerse prepotentemente dopo il processo ai medici nazisti che durante la seconda guerra mondiale giustificarono, adducendo le ragioni della scienza, terribili atrocità.
Fu infatti il Codice di Norimberga, stilato nel 1947, che per la prima volta stabilì la necessità di un libero consenso alla partecipazione. Da lì emersero nuove riflessioni, approfondimenti e la necessità di definire nuove regole che portarono alla Dichiarazione di Helsinki del 1964.
La carta è stata poi aggiornata dieci volte, in base all'evoluzione del mondo, della ricerca, della medicina.
L'ultima edizione è stata pubblicata recentemente dall'Associazione mondiale dei medici (World Medical Association) sul "Journal of the American Medical Association" (JAMA), dopo anni di incontri e discussioni.
Ci sono ancora molti elementi in cui il documento non soddisfa le esigenze di chiarezza richieste da varie parti, ma senza dubbio sono stati fatti passi avanti, a partire dal lessico: per esempio non si parla più di soggetti, ma di "partecipanti", a sottolineare il ruolo attivo delle persone che decidono liberamente di prestarsi allo studio.
Si estendono gli stessi principi etici dei medici anche a chi partecipa alla ricerca sugli esseri umani senza esserlo.
Si invita a soppesare caso per caso se, escludendo dalla ricerca i gruppi più vulnerabili, come i bambini o le donne i gravidanza, li si protegga o non si finisca viceversa per privarli di possibili rimedi terapeutici, col risultato di danneggiarli ancora di più.
Insomma, la ricerca va avanti, e così deve fare l'etica che la governa.
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