lunedì 31 gennaio 2022

DON CAMILLO. Un pianeta da scoprire

 



FONTE: Notiziario parrocchiale settimanale di Albegno e dintorni.

UN PIANETA DA SCOPRIRE

Credo che una delle  parole più diffusa sulla bocca di tutti sia "Amore".
La si trova in tutte la salse e con i significati più diversi: quello della passione irruente; del sentimento morboso; delle emozioni sdolcinate; dell'avventura romantica; delle scelte coraggiose...e, a seconda dei casi, può assumere i contorni della violenza, dell'ossessione, della leggerezza, dell'astrattezza, ma anche della generosità e dell'eroismo.
Non sempre e non tutto è  vero amore, anche se viene chiamato così.
E non sempre è facile individuarlo. C'è, però, un reagente capace di metterlo in evidenza: è la tenerezza.
Là dove c'è tenerezza vuol dire che c'è una particolare sensibilità verso l'altro, non per sfruttarlo a proprio vantaggio, ma per valorizzarlo e renderlo contento.
La tenerezza è il termometro dell'amore: ti permette di capire se è un sentimento  febbricitante e malato, o è una tensione sana e schietta, capace di rigenerare e coinvolgere l'altro.
La tenerezza porta chi la vive ad uscire da sé, quasi a dimenticarsi, per concentrarsi sull'altro senza però  soffocarlo né spremerlo, ma solo per favorirlo e gratificarlo.
La tenerezza è sempre delicata, rispettosa. Un amore senza tenerezza è spesso violenza, prevaricazione e autogratificazione.
Guardando dentro di me e attorno a me scopro che la tenerezza è un tutt'altro pianeta fuori dal nostro sistema solare, forse anche dalla nostra galassia.
Ma sono sicuro che esiste perché scopro qua e là dei frammenti; perfino dentro di me come se fosse polvere cosmica che ho inalato con il mo primo vagito e mi ha lasciato una gran nostalgia di lei...Tenerezza la parte spesso mancante dell'amore; indispensabile per dargli vita e renderlo veramente il capolavoro del Creatore nel cuore umano.

                                      don Camillo


TENEREZZA

Dolce sguardo dei tuoi occhi turgidi,
carezza delicata, che sfiora il mio volto,
silenzio denso di messaggi provvidi
che dissodano il mio intimo riarso e incolto.

Tale è il potere che hai, tenerezza,
che sai penetrare la scorza più rude;
ridoni all'anziano un sentor di freschezza,
risani ogni vita che ristagna in palude.

Non trovo bellezza che ti sappia eguagliare,
conforto capace di dare speranza;
il saperti vicina m'incoraggia ad amare,
mi fa riscoprire che la vita è fragranza.

Ti cerco vagando per mille percorsi,
scrutando nel cuore di chiunque avvicino;
dentro mi porto amarezza e rimorsi
per non averti apprezzata fin dal mattino.

Ma se oggi io sento così forte il tuo invito,
è solo perché sei entrata furtiva,
insieme al respiro del mio primo vagito,
a nutrir la mia vita che al giorno si apriva.

Ora ambisco d'averti compagna
nel mio cammino che ancora mi avvince;
per te voglio essere come lavagna:
dentro disegna ciò che è bello e convince.

                                 don Camillo




venerdì 28 gennaio 2022

CORONAVIRUS. Arriva il vaccino vegetale

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 14/01/22.
Articolo: "Arriva il vaccino vegetale: convincerà i No Vax?" di GIULIANO ALUFFI.


La lotta al Covid si tinge di verde: un nuovo vaccino, ottenuto da una pianta parente del tabacco, potrebbe unirsi ai cinque già approvati dall'Ema. 
L'azienda biotech canadese Medicago, che ha sviluppato il vaccino insieme alla britannica GlaxoSmithKline, ha annunciato la conclusione dell'ultima fase di sperimentazione clinica, che ha coinvolto 24 mila persone: l'efficacia nel prevenire la forma sintomatica del Covid supera il 75 per cento, e la quantità di anticorpi prodotta è da 10 a 15 volte superiore a quella che si forma  nel sangue  dei soggetti convalescenti.
"La produzione è meno costosa rispetto ai vaccini a mRna, perché non c'è bisogno di costosi bioreattori: basta una serra, visto che la parte più importante del lavoro avviene dentro le foglie della pianta Nicotiana benthamiana" spiega Amine Kamen, docente di bioingegneria alla McGill University di Montreal.
Mentre nei vaccini a mRna (ovvero Pfizer e Moderna) si inocula nel corpo una molecola capace di istruire le nostre cellule a produrre la proteina Spike  tipica del Sars-CoV-2, così che si formino anticorpi contro il virus, nel vaccino vegetale a produrre la proteina Spike sono le cellule della pianta.
"Imparano a farlo grazie a un agrobatterio, ovvero un microrganismo capace di trasferire Dna alle piante" spiega Brian Ward, docente di medicina alla McGill University e ricercatore per Medicago.
"Noi modifichiamo l'agrobatterio in modo che tarsferisca alla pianta le istruzioni per produrre la proteina Spike. Poi immergiamo la pianta in una soluzione acquosa ricca di agrobatteri, in modo che li assorba attraverso i pori. Dopo l'assorbimento, lasciamo crescere la pianta in una serra per 5-6 giorni, nei quali le cellule vegetali fabbricheranno la proteina Spike. A quel punto trituriamo le foglie ed estraiamo le proteine da usare per il vaccino".
La Nicotiana benthamiana è stata scelta perché dotata di un sistema immunitario molto debole, che lascia l'agrobatterio libero di agire.
"Usare le cellule vegetali per produrre la Spike potrebbe incentivare a vaccinarsi coloro che ancora non si fidano dei vaccini a mRna" chiosa Ward. Che conta di vedere il vaccino sul mercato entro il 2022.

lunedì 24 gennaio 2022

DON CAMILLO. Natura tradita

 





FONTE: Notiziario parrocchiale settimanale di Albegno e dintorni.

NATURA TRADITA

Sarà che sono anziano, ma forse proprio per questo ripenso spesso a quando ero  bambino.
Andavo a scuola a piedi (almeno 1 km di strada sterrata in mezzo ai campi); partivo da casa da solo, poi, man mano si aggregava qualche compagno che abitava nei casolari lungo il percorso.
A scuola bisognava arrivare impeccabili: grembiulino nero in ordine (quelli più grandi avevano la blusa); capelli ben pettinati; mani e faccia pulite e cartella con tutto l'occorrente.
Finite le ore di lezione tornavo a casa, sempre a piedi, stesso percorso, ma tutta un'altra storia. Con i compagni di carovana ne facevamo di peste e di corna, compresa la lotta.
Non erano liti, ma prove per vedere chi era il più forte. Così, di tanto in tanto, mi capitava di finire nel fosso nel quale c'era sempre un po' di acqua melmosa sufficiente per inzuppare i vestiti e i quaderni.
Difficile noscorderlo alla mamma in primavera, per farmi perdonare, le portavo una mazzetta di asparagi selvatici che raccoglievo nelle siepi, comunque non c'era né primavera, né autunno, né inverno che mi potessero risparmiare le romanzine e gli allegati castighi.
Nelle vacanze estive la mia casa era il bosco dove mi portava la passione per i funghi; e poi i prati che circondavano casa mia, dove passavo pomeriggi interi a giocare a banditi e indiani o a cip (nascondino); anche allora mi capitava di tornare a casa a volte ammaccato, a volte con i vestiti stracciati, pronto ad accogliere la sfuriata della mamma.
Oggi ricordo con tanta simpatia quei tempi che mi hanno permesso di crescere forgiato dalla campagna, dal sole, dalla terra e dalle quotidiane sfuriate materne.
Non sento nostalgia, perché desidero che la vita vada avanti, ma non darei neanche un istante dii quei tempi in cambio dell'infanzia di oggi.
I tempi sono cambiati; si sono specializzati e moltiplicati i progetti educativi, gli impegni dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti, inseriti a tempo pieno nei più svariati programmi; sono aumentate le preoccupazioni riguardo alla loro sicurezza e incolumità per cui ci si preoccupa di tenerli sotto stretta sorveglianza; si accompagnano in macchina a scuola, in palestra, nel centro sportivo...
Le strutture sono certamente migliorate, ma hanno perso l'anima. Si punta a realizzare tutto il più possibile in materiale sintetico, di plastica o di policarbonato...più pratico, meno costoso da gestire, ma che diventa un vero e proprio isolante che impedisce il contatto con la natura viva che ti sporca e ti sferza con la sua rudezza, ma che ti sa anche accarezzare con i suoi colori vivi e i suoi profumi delicati e robusti, oltre che con le sue sorprese.
Io non cambierei un istante della mia infanzia sudata sui banconi di legno massiccio della scuola a intingere il pennino nel calamaio dell'inchiostro per riempire le pagine di un quaderno a quadretti con aste, trattini e puntini; non cambierei un istante di quella fatica scolastica con l'abilità tecnica dei bambini di oggi che digitano con naturalezza sulla tastiera di un cellulare i codici per navigare in un immenso virtuale senza odori e senza profumi.
Di domenica sulla tavola non c'era un gran che da mangiare: tanta polenta (perché costava poco), prodotti del pollaio e dell'orto di casa; però in cucina c'era un profumo di cibo cucinato col tempo e la passione, e la tavola ci affiatava tutti.
Oggi, il poco tempo a disposizione, la frantumazione degli impegni anche di domenica, e tante altre varianti, rischiano di cancellare anche questa esperienza conviviale capace di creare o rinsaldare le relazioni umane.
La scienza un domani sarà in grado di sostituire la svariata gamma di menù tipici, con una altrettanto svariata gamma di pastiglie capaci di rispondere nel modo più adeguato alle molteplici esigenze del nostro organismo, senza più bisogno di sedersi a tavola. 
Così pure saprà trovare il modo di costruire la vita umana sintetica, più resistente al deterioramento, perciò più longeva e, perché no, immortale, senza più bisogno dell'amplesso amoroso di maschio e femmina.
Non si può tornare indietro nel tempo. Anche potendo, non sarebbe giusto farlo, perché bisogna sempre guardare avanti.
Il progresso tecnico-scientifico è certamente un grande vantaggio per tutti. Solo che dobbiamo avere la saggezza di rispettare la natura di ogni cosa, e soprattutto la natura dell'essere umano, di ognuno di noi che portiamo nei nostri codici genetici un bisogno ineludibile di natura, quella che ti fa sporcare di terra, ti inzuppa con le sue varianti di stagione e ti coinvolge a passare il tempo, tanto tempo, tutto il tempo ad essere te stessi, alimentato da un anelito infinito che è la nostra vera grandezza e l'impronta del Creatore.

                                          don Camillo

NATURA TRADITA

Vanno di moda i campi di calcio
tutti perfetti in erba sintetica.
Pesano meno sul parco bilancio,
non ti sporchi giocando, si salva l'estetica.

Anche l'amico che mi è confinante
si è fatto un giardino roccioso d'incanto.
Guardo un po' meglio: vi è dominante
la roccia cemento che non merita vanto.

Anche qui in chiesa dove cerco purezza
trovo dei fiori di plastica dura:
"creano impatto, fanno bellezza!"
Mi spiega il custode con voce sicura.

Sopra le tombe dei cari defunti
ritrovo quei fiori sbiaditi dal sole:
sono l'omaggio dei parenti compunti
per risparmiare tempo e parole,

Nemmeno la musica vibra calore:
parole sconnesse, ritmo tedioso.
L'Arte è scomparsa e ha preso valore
l'utile solo ad appagar l'ambizioso.

La stampa ha ceduto al digitale;
la scheda elettronica prevale su tutto;
tramonta persino il rapporto verbale;
siam programmati dalla nascita al lutto.

Non abbiamo motivo per sederci a mangiare;
adeguate pastiglie basteranno a nutrire;
non sarà più l'amplesso a far procreare
perché le provette sapran partorire.

Fermo per strada un qualunque passante:
"dimmi che questa è solo fantasia!".
Trovare chi sappia smentirmi è importante
mi farebbe davvero una gran cortesia.

                                don Camillo




GIOVANI E RAGAZZI. La giovinezza. 3

Questo post, già pubblicato il 06/11/15, fa riferimento alla quinta edizione del libro.


FONTE: Libro "Il benessere della solitudine" di Valerio Albisetti edito da PAOLINE Editoriale Libri.

La via d'uscita

Quando si è giovani si tende a vivere i consigli come rimproveri. Ci si sente disapprovati, rifiutati, non capiti. Tutto ciò perché non si è ancora sicuri della propria identità, della propria autonomia, della propria capacità a stare soli.
Si cerca ancora l'accettazione da parte degli altri per vivere. Non trovandola, l'adolescente si chiude in se stesso e prova solitudine.
Solitudine che cerca di riempire con la televisione, con la cuffia stereo alle orecchie, con il gioco al computer.
Apparenze inconsistenti. Vuoto coperto da sembianze di significato. Mentre lì vicino, accanto, c'è la grande via d'uscita: la consapevolezza.
Per arrivare sulla via della consapevolezza è importante capire che essere soli è normale.
Fa parte della condizione umana, soprattutto nella fase adolescenziale.
Pensare  che provare il senso di solitudine sia anormale vuol dire essere fuori dalla realtà. Il giovane sente duramente la solitudine per definizione.
Bisogna poi mettersi in rapporto con gli altri, essere leali e condividere con essi i propri sentimenti.
La capacità a fare amicizie dipende dal grado di autostima.
I giovani possiedono scarsa stima di sé e, per nasconderla, recitano, in genere, una parte di distacco, di indifferenza.
Per stimarsi bisogna prima accettarsi.
Non bisogna identificarsi nell'attore  o nel cantante preferito, ma essere realistici e basarsi su ciò che si è, su ciò che si ha. Solo attraverso la conoscenza di sé e l'autoaccettazione si diventa la persona che si vorrebbe essere.
Per fare ciò, vi consiglio di scrivere ciò che vi piace di voi. Siate sinceri. Non abbiate timore.
Poi scrivete ciò che non vi piace di voi.
Esaminate il vostro aspetto fisico: il corpo, il volto, i capelli, i vestiti, gli occhiali, eccetera.
Esaminate la vostra vita scolastica: i voti, i compagni di corso, e così via.
Esaminate le vostra amicizie: il tipo di rapporto, se i vostri amici sono persone positive, valide, eccetera.
Esaminate la vostra famiglia: come vi ponete nei confronti di papà, mamma, fratelli, sorelle, e così via.
Ora esaminate ciò che avete scritto e cercate di migliorare le cose che non vi piacciono di voi.
Ci vorrà tempo, ma ce la farete.
E' il solo modo per conoscere, accettare e migliorare se stessi.
Non appena comincerete a stare bene con voi stessi, anche gli altri staranno bene con voi.

Consigli per la solitudine dei giovani.

  • Cerca di parlare con altri giovani.
  • Confidati con una persona adulta di tua fiducia.
  • Non farti convincere da alcuno a fare quello che non vuoi.
  • Non cercare sollievo nell'alcol o nella droga.
  • Non prenderti carico di eventuali problemi dei tuoi genitori.
  • Non essere duro con i tuoi genitori. Non contestarli. Non deriderli.
  • Fa' buone letture. Un buon libro è il più grande amico.
  • Anche se ti senti solo, sappi che appartieni a tutta l'umanità.
  • Cerca di dare significato a ciò che fai.
  • Prega. I grandi uomini sono sempre stati soli e hanno trovato sostegno nella propria fede.


mercoledì 19 gennaio 2022

FAMIGLIA. La tecnica del paletto

 



FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" di dicembre 2021.
Articolo: "La tecnica del paletto" di DANIELE NOVARA.

A un certo punto l'infanzia finisce e i figli non sono più bambini. Svuotano la camera dai giocattoli invitando la mamma a portarli in cantina. Inizia un nuovo film: quello dell'adolescenza.

Mi scrive la mamma  di Davide (14 anni): "Non riesco a comunicare  con mio figlio. Non mi ascolta più. Mi sento inutile. Sembra non considerarmi. A volte gli faccio domande e neanche risponde. In altre occasioni lo richiamo ai suoi compiti, ai suoi doveri, ma ogni volta è come andare a sbattere contro un muro. Cosa sta succedendo? Sono io che ho sensazioni sbagliate o davvero  è entrato in un altro mondo? Qual è ora il mio ruolo di mamma?"
Simili domande sono all'ordine del giorno, tanto più in questo periodo, dopo un lockdown molto duro che ha costretto i ragazzi a stare chiusi in casa per un anno, in una condizione contro natura per la loro età. Gli adolescenti vogliono uscire dal nido materno e allontanarsi dal controllo genitoriale. Allo stesso tempo, però, questa libertà dev'essere ricondotta all'interno di argini che possono evitare le derive più tipiche dell'età: stare otto ore davanti ai videogiochi, rinunciare all'impegno scolastico, fare uso di alcol e di tabacco se non di sostanze più trasgressive.
A quest'età, i figli non sono più bambini: non si tratta, quindi, di sgridarli. A partire dai 12-13 anni diventano quasi irriconoscibili. Un altro pianeta a tutti gli effetti. Occorre piuttosto creare  un'organizzazionne educativa che faccia della loro libertà e della loro voglia di conquistare il mondo la base  di questa nuova fase di vita.
Che fare dunque? Personalmente suggerisco una tecnica che illustro nella tabella (tratta dal mio libro Organizzati e felici) che vedete sotto, e che risulta nella mia esperienza di pedagogista, la più efficace: la tecnica del paletto.
Essa disegna una sorta di perimetro dentro al quale i ragazzi possono muoversi con libertà. In un certo senso, ricalca il ruolo "paterno", perché è orientata a responsabilizzare i ragazzi pur mantenendo un profilo educativo nei loro confronti.
A questa età, infatti, non vanno ancora mollati, anche se sono grandi, ma occorre agire senza compromettere il loro legittimo desiderio di vivere nuove esperienze e di esplorare autonomia e libertà.
Ho sempre trovato strana la frase: "Questa casa non è un albergo", però mi permetto di proporne un'altra sulla falsariga, da rivolgere ai nostri ragazzi: "Questa casa sarà anche un albergo, ma io, genitore, costruirò per te una buona reception, dove tu possa trovare un punto di riferimento, un limite e anche una base di partenza".





martedì 18 gennaio 2022

STORIE DI VITA DI ZANDOBBIO. Ricordi d'infanzia del Bubi

 


FONTE: libro "Sul filo dei ricordi..." ideato e stampato dal GRUPPO PARROCCHIALE PER LA TERZA ETA' di Zandobbio.

Ricordi d'infanzia del Bubi

Siamo a Zandobbio negli anni della seconda guerra mondiale dal 1940 al 1945.
I nostri padri e i nostri fratelli maggiori sono impegnati in guerra o nella lotta partigiana, o si sono rifugiati nei boschi per sottrarsi alla prepotenza dei tedeschi.
Noi ragazzini sui dieci-dodici anni eravamo sorvegliati, ma non troppo, dalle nostre madri che dovevano risolvere problemi ben più grossi: come procurarsi il cibo quotidiano e seguire le vicende di chi era al fronte.
In questo periodo noi ragazzini eravamo liberi e inconsciamente felici, come cani lasciati senza collare.
Ricordo bene gli amici di quegli anni, perché con loro ho passato giorni allegri e felici: posso nominarli, alcuni di loro, con nome, cognome e soprannome.
Il Gino Facchinetti detto co ross per via dei suoi capelli, il Gianni Antonioli detto Piracì, perché suo padre era il Piacio, il Nano Manèta, il Bruno Calì, il Pistèl, il Bepo Bena detto Patata, il Chico Vigani ed il Guido Finazzi detto Ciripì.
Purtroppo alcuni di questi miei amici d'infanzia, oggi che io ho settant'anni, non li posso salutare più, perché se ne sono andati, ma con gli altri che hanno avuto la fortuna di restare vivi voglio ricordare quei giorni felici.
Le giornate estive erano lunghe ed assolate, il canto delle cicale riempiva le nostre orecchie in maniera continua ed instancabile, il caldo era sofficante e noi ragazziu allora andavamno nella Malmera a pescare i gamberi ed i sanguani e le bòse.
Questi pesci oggi sono scomparsi dalle acque del nostro torrente ma a quei tempi ci facevano sentire tutti dei provetti pescatori. Nei pomeriggi più assolati cercavamo di sfuggire l'afa andando a nuotare nel canale della Calvarola, poi ci rifugiavamo nel bosco a mangiare fragole selvatiche e a cercare nidi di merli.
I ragazzini più piccoli frequentavano al campo sportivo la Colonia Elioterapica: facevano i bagni di sole e al pomeriggio ricevevano una merenda a base di pane e marmellata, che a quei tempi era una ricchezza, una vera leccornia.
Alla sera il campo sportivo era libero dagli ospiti della colonia e restava a disposizione di noi giocatori di calcio: il pallone non era regolamentare, non aveva la camera d'aria, troppo cara per i pochi soldi che possedevamo, così noi lo riempivamo di stracci per gonfiarlo al massimo. Certo non rimbalzava ed era parecchio pesante specialmente per dei calciatori che giocavano a piedi nudi e spesso si prendevano certe spigolade molto dolorose!
Tempi felici, fatti di poco, senza TV, senza computer, ma rallegrati dal canto degli uccelli e dal profumo dei campi di erba tagliata.
Purtroppo la situazione sanitaria era molto precaria: in tutta la bassa Val Cavallina c'erano solo due medici il dr. Giuseppe Mazzoleni ed il dr. Agostino Palazzolo. I medici facevano quel che potevano, ma non erano ancora a disposizione gli antibiotici, perciò la mortalità infantile era molto alta: d'estate per tifo e gastroenterite e d'inverno per polmoniti e meningiti. Il parroco di allora, don Angelo Bosis, raccontava a mia nonna che in una estate molto torrida aveva dovuto celebrare ben quaranta funeralini.
In quei tempi la gente era più semplice, si accontentava di poco, la Fede era più sentita e disgrazie venivano accettate e sopportate senza drammatizzare.
Oggi si vive più a lungo, possiamo avere tutto quello che desideriamo, ma resta una grande nostalgia per quei tempi semplici e felici, quando noi eravamo molto più giovani e la vita ci sorrideva.

                                       Dott. Gabriele Riva
                                                   classe 1933

           

                                                            


domenica 16 gennaio 2022

GIOVANI E RAGAZZI. La giovinezza. 2


Questo post, già pubblicato il 29/10/15, fa riferimento alla quinta edizione del libro.

FONTE: Libro "Il benessere della solitudine" di Valerio Albisetti edito da Paoline Editoriale Libri.

IL SUICIDIO

Le statistiche dicono che il suicidio è secondo solo agli incidenti stradali come causa di mortalità giovanile, anche se questi ultimi, molte volte, sono altrettanti atti intenzionali di suicidio.
Perché i giovani si suicidano?
Una teoria dice che essi non comprendono in pieno che cosa significhi morire, che cosa sia il non ritorno.
Molti di loro non hanno ancora vissuto il senso della morte: la morte di un amico, di un familiare, di una persona cara, dell'animale preferito.
Dunque è probabile che questi giovani non sappiano ciò che stanno facendo. Ciò che desiderano veramente è porre fine alla loro sofferenza esistenziale.
Altri, con il suicidio, cercano di attirare l'attenzione, e i loro sono, per lo più, tentativi di suicidio.
Inoltre i giovani hanno la sensazione di vivere in un'atmosfera strana, straordinaria, come se fossero esentati dalle leggi naturali. Pensano di non ammazzarsi pur effettuando sorpassi pericolosi, giochi micidiali, assumendo droga, ingurgitando quantità enormi di alcol.
Tutto per colmare la solitudine, il senso di inutilità, di fallimento.
A una attenta osservazione è possibile individuare, però, evidenti segnali di allarme: per esempio, il progressivo isolamento, l'allontanamento dagli amici, dalla famiglia, il parlare spesso della morte, il dover affrontare gravi problemi scolastici, familiari, la solitudine, l'apatia, la trascuratezza, l'abuso di alcol, di droga.
Chiunque si accorge di questi sintomi dovrebbe parlare con l'interessato, porlo di fronte a se stesso.



martedì 11 gennaio 2022

DON CAMILLO. Mani o lingua

 


FONTE: Notiziario parrocchiale settimanale di Albegno e dintorni.

MANI O LINGUA

Di tanto in tanto mi capita di incontrare persone che mi chiedono di poter ricevere la comunione in bocca anziché sulla mano.
Se fossimo in tempi normali non ci sarebbe nessun problema a soddisfare la loro richiesta.
Trovandoci, però, i n tempo di pandemiia, i Vescovi hanno imposto ai sacerdoti di donare la Comunione ai fedeli solo sulle mani per evitarei rischi di contagio.
In tutta risposta alcuni di quei fedeli preferiscono non ricevere la Comunione.
Ricevere la Comunione in bocca ha un bel significato.
Richiama il gesto della mamma che imbocca il suo bambino.
E' un gesto che mette in risalto la maternità della Chiesa.
Per tanti secoli questo è stato l'unico modo per accedere alla Comunione, con l'effetto collaterale di creare l'idea che nessuno potesse toccare l'Ostia santa se non il sacerdote soltanto.
Anzi, le suore che preparavano noi bambini alla prima Comunione, ci insegnavano che dovevamo stare attenti a non toccare l'Ostia santa con i denti, e, ovviamente, molto più attenti a non masticarla.
Si trattava di una raccomandazione che aveva un suo significato pratico, e cioè, quello di evitare che parti dell'Ostia santa restassero tra i denti.
Tutto questo ha creato la convinzione che solo la lingua fosse degna di accogliere il Signore Gesù.
Quando il Concilio Ecumenico Vaticano II introdusse il rito della Comunione sulle mani, volle mettere in risalto altri messaggi importanti, e cioè, che i fedeli non sono semplicemente bambini da nutrire, ma adulti corresponsabili nella vita della Chiesa, e che Dio si affida a noi mettendosi totalmente nelle nostre mani: un atto di assoluta fiducia nei nostri confronti, oltre che un gesto che conferma la nostra dignità  e la nostra responsabilità nei confronti di Dio stesso.
Con questo, la Chiesa non ha tolto la possibilità di ricevere la Comunione in bocca, ma ha lasciato le 2 possibilità, tutte e 2 belle per il significato che hanno, oltre che ad essere complementari l'una dell'altra.
La restrinzione imposta dai Vescovi a causa della pandemia è un provvedimento solo temporaneo, suggerito dalla prudenza e ispirato dalla giusta disponibilità   della Chiesa a collaborare con le autorità dello Stato per quanto riguarda il bene comune.
Quello che mi fa specie è il fatto che, piuttosto che ricevere la Comunione sulle mani, alcuni si rifiutino di comunicarsi.
Mi nascono alcune domande che lascio aperte:

- Il rito della lingua o della mano è forse più importante dell'Ostia santa che è il Signore Gesù che si offre a noi come cibo?

- La lingua è forse  più degna della mano?

- La lingua o la mano sono forse parti del corpo a sé stanti e isolate dalla persona?

- E' la lingua o la mano ad essere degna, o è la persona che accoglie con la lingua e con la mano?

- La Chiesa che ha disposto in passato la Comunione solo in bocca, non è la stessa Chiesa che ha riscoperto e valorizzato il gesto primitivo e originale dell'Eucarestia che risponde all'invito di Gesù: "prendete e mangiate, questo è il mio Corpo"?

- Ha cessato, forse di avere valore la Parola di Dio che leggiamo in 1Sam.15,12 "l'obbedienza vale più del sacrificio"?

                                       don Camillo


LIBRI. "Proprio come te " di Nick Hornby

 






   LIBRI  CONSIGLIATI  DA  LORIS  FINAZZI ,     GRANDE  DIVORATORE  DI  VOLUMI .          

" PROPRIO COME TE " di  Nick Hornby edito da Guanda.
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Lucy  è un insegnante di lettere, quarantaduenne, con 2 figli e un ex marito che con molta difficoltà cerca di essere almeno un padre decente.
L'amica Emma le invidia la sua condizione di single, che - immagina - le consentirà  ben presto di fare sesso con una persona con cui non l'ha mai fatto prima, e si impegna instancabilmente nel darle consigli non richiesti.
Ma Lucy non è pronta per una nuova storia o forse non ha nessuna vogliua di cominciarne una con un uomo.

lunedì 10 gennaio 2022

GIOVANI E RAGAZZI. La giovinezza.1


FONTE: Libro "Il benessere della solitudine" di Valerio Albisetti edito da PAOLINE Editoriale Libri.


Questo post, già pubblicato il 15/10/15, fa riferimento alla quinta edizione del libro.


GIOVINEZZA

"I giovani costituiscono la fascia di persone che si sentono più sole e, molte volte, preferiscono la morte alla vita. I fatti di cronaca, alla fine di questo secolo, mi danno ragione.
La giovinezza, in particolar modo l'adolescenza, è un periodo di transizione dall'infanzia all'età adulta; dunque è un periodo di turbamento, di agitazione, di insicurezza, di sofferenza, perché si va alla ricerca della propria identità, della propria consapevolezza.
In fondo, questo passaggio di età è complesso: si comincia ad avere bisogni e desideri da adulti, mentre permangono ancora residui dell'età infantile.
Durante il periodo adolescenziale si cerca l'autonomia personale, e l'amicizia fra coetanei diviene il più grande bisogno. Il rapporto fra coetanei sostituisce l'attaccamento ai genitori.
Ma questo passaggio non è automatico e non è uguale per tutti.
Il giovane vive una situazione psichica complessa: da una parte deve acquistare fiducia in se stesso, dall'altra deve far fronte e adeguarsi alle regole sociali. Spesso non riesce a vedere soddisfatte le aspettative riposte negli amici ma, d'altra parte, non si sente più di tornare a identificarsi nelle figure genitoriali.
Uscire dalla famiglia senza disporre di una rete di amicizie è certamente difficile.
Tutto ciò può favorire un periodo di solitudine.
Il modo di affrontare questa esperienza di separazione e di solitudine incide significativamente, in genere, sul futuro dei rapporti tra genitori e figli.
Il fatto, poi, che i genitori lascino andare i figli troppo presto o troppo tardi può aggiungere ancora più stress, insicurezza, dipendenza e solitudine. Alcuni giovani rifiutano di crescere, ad altri viene impedito.
L'adolescenza è un'età piena di confusioni e di timori. Il bisogno di essere accettati è così forte che, a volte, impedisce o rende difficili una buona strutturazione dell'io e la fiducia in se stessi.
Esiste una correlazione tra solitudine e autostima. Più alta è l'autostima, meno solo si sente il giovane.
Sono sempre stato convinto, e grazie ai dati raccolti per scrivere questo libro lo sono ancora di più, che i giovani sono le persone più sole in assoluto, anche più degli anziani.
Anche i mass media non aiutano i giovani. Si interessano dell'età adolescenziale, ma solo perché rappresenta un vasto mercato per gli affari.
Oggi gli adolescenti possiedono una certa disponibilità di denaro proprio e i genitori sono continuamente sollecitati in questo senso dai media, i quali fanno credere loro che la disponibilità di denaro faciliti l'indipendenza psicologica.
I media, dunque, fiutano l'affare economico. 
D'altra parte, i media creano illusioni, aspettative.
E i giovani, che sono idealisti per definizione, che vedono il mondo solo in bianco e nero, credono ciò che i media  propongono loro. Per poi, andate disattese le aspettative, perdere ogni fiducia in se stessi e nel mondo, cadere in depressione e in solitudine.
C'è da meravigliarsi se i giovani, non riuscendo a vivere come vedono in televisione, si sentono soli, inadeguati, frustrati?
Occorre infatti molta consapevolezza per comprendere che si può essere felici anche con relazioni non così perfette con persone non così magnifiche.

Ricordo la mia prima giovinezza.
Il senso cupo, come rumore di fondo, della mia solitudine.
Il mondo appare incomprensibile, irraggiungibile.
La difficoltà a comunicare, soprattutto con l'altro sesso.
Il sentirmi inadeguato, impaurito di fronte alla bellezza di un volto, di un corpo femminile. La paura del rifiuto.
Orgoglioso adolescente, inconsapevole strumento della misteriosa natura umana, svelto costruisci un tuo mondo per difenderti da ciò che desideri. Vorresti essere accettato, compreso, amato, adorato.
Non accetti la realtà.
Non vuoi accettarla. Tutto ti sembra insensibile, lontano, prevedibile, inutile.
Tutto finisce, ti dici. Perché dunque vivere?
Poi pian piano il tempo ti sovrasta, ti riempie, ti annulla e tu, rassegnato, lo sopporti, sperando un giorno di farla finita, oppure fuggi verso la grande città alla ricerca di tuoi simili con cui fare una banda, spinto dal bisogno estremo di appartenenza a un gruppo.
Cerchi qualsiasi dannata risposta purché ti dia sicurezza.
Per alcuni è la droga, per altri la parola.



martedì 4 gennaio 2022

SERGIO. Ringraziamenti

 




Ringrazio tutte le persone che mi hanno fatto le condoglianze per la morte di mia madre
GRAZIE DI CUORE