FONTE: "Messaggero di sant'Antonio settembre 2024.
Articolo: Il cancro non si cura solo a tavola" di ROBERTA VILLA.
Esistono buone abitudini alimentari che possono ridurre il rischio di sviluppare un tumore o, in certi casi, ostacolare un ritorno della malattia, ma non sono mai alternative ai trattamenti.
E' facile incappare sui social media in messaggi fuorvianti, che possono attirare l'attenzione dei malati di cancro o dei loro familiari, specie se in quel momento di particolare vulnerabilità. Ma anche chi non frequenta Instagram o Tik Tok, il pericolo di cascare in una trappola è in agguato in ogni libreria, su vari canali televisivi, o nella chat degli amici, dove spesso circola disinformazione su che cosa mangiare in caso di tumore.
Nonostante i grandi miglioramenti degli ultimi decenni, infatti, la diagnosi fa ancora paura, e talvolta le cure preoccupano perfino più della malattia, al punto che c'è chi ha rinunciato a trattamenti efficaci per affidarsi a diete "alternative".
Tra i tanti, il fondatore di Apple, Steve Jobs, che ha rifiutato l'asportazione chirurgica di un tumore curabile, credendo a chi gli proponeva un'alternativa "naturale", a base di beveroni vegetali e succhi di frutta.
E' facile incappare sui social media in messaggi fuorvianti, che possono attirare l'attenzione dei malati di cancro o dei loro familiari, specie se in quel momento di particolare vulnerabilità. Ma anche chi non frequenta Instagram o Tik Tok, il pericolo di cascare in una trappola è in agguato in ogni libreria, su vari canali televisivi, o nella chat degli amici, dove spesso circola disinformazione su che cosa mangiare in caso di tumore.
Nonostante i grandi miglioramenti degli ultimi decenni, infatti, la diagnosi fa ancora paura, e talvolta le cure preoccupano perfino più della malattia, al punto che c'è chi ha rinunciato a trattamenti efficaci per affidarsi a diete "alternative".
Tra i tanti, il fondatore di Apple, Steve Jobs, che ha rifiutato l'asportazione chirurgica di un tumore curabile, credendo a chi gli proponeva un'alternativa "naturale", a base di beveroni vegetali e succhi di frutta.
SERVE EQUILIBRIO
Radicato nella nostra cultura c'è infatti il pensiero che "siamo quel che mangiamo", ed è vero che le scelte fatte a tavola possono avere un importante impatto sulle probabilità di sviluppare certi tumori: non c'è dubbio che l'assunzione di alcool o di carni lavorate, per esempio, abbia un effetto cancerogeno, o che l'obesità, a sua volta dipendente da un eccessivo introito calorico, sia attribuibile almeno il 5% di tutti i tumori.
Viceversa, è altrettanto certo che, per sani e malati, una dieta equilibrata dal punto di vista quantitativo e qualitativo, soprattutto ricca di fibre, frutta e verdura, riduce il rischio di malattia, può aiutare a riprendersi e, in certi casi, contribuire a tenere lontane le recidive. Ma attenzione alle raccomandazioni di sedicenti esperti in disaccordo con quelle dei centri oncologici di riferimento.
Come mette in guardia un articolo, uscito su "Lancer Oncology", si è diffusa per esempio l'idea che il digiuno, e in particolare l'eliminazione di zuccheri e carboidrati, fino alle cosiddette "diete chetogeniche", possano "affamare il cancro".
Sappiamo infatti dagli anni Venti che le cellule neoplastiche hanno un metabolismo del glucosio diverso da quelle sane, ma oggi abbiamo anche capito che questo fenomeno, chiamato "effetto Warburg", non è causa, ma conseguenza della trasformazione tumorale, e non può essere influenzato da ciò che mangiamo.
Ugualmente, la raccomandazione di seguire una "dieta alcalina", non ha alcuna possibilità di influire sull'ambiente più acido che il tumore crea intorno a sé, perché l'organismo, per la nostra sopravvivenza, ha una serie di meccanismi che mantengono rigorosamente costante questo parametro. E se anche si riuscisse a neutralizzare l'acidità, questo non avrebbe conseguenze sulla crescita del tumore.
Questi regimi al di fuori di studi controllati e seguiti da nutrizionisti esperti affiliati ai centri oncologici, più che il cancro possono quindi affamare il malato, peggiorando la perdita di peso che spesso accompagna la malattia e indebolendo l'individuo proprio nel momento in cui invece ha bisogno di più supporto. La stessa carne rossa di cui una persona sana dovrebbe limitare il consumo può aiutare un paziente anemico a ristabilire le sue scorte di ferro; gelati e budini ipercalorici possono nutrire chi, a causa della malattia o dei trattamenti, fa fatica a masticare o è del tutto inappetente.
Insomma, il cibo può sì essere uno strumento di cura, ma solo nelle mani di personale preparato, che segua la scienza e non le mode del momento.
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