giovedì 26 novembre 2015

RIFLESSIONI. Stipulare dei contratti


FONTE: il mio piccolo raccoglitore.



STIPULARE DEI CONTRATTI

Per ottenere un cambiamento o realizzare un progetto che mi sta a cuore devo stipulare un contratto con me stesso. Ad esempio, se, ormai adulto, desidero imparare a suonare uno strumento devo verificare anzitutto la profondità della mia motivazione per rendermi conto se sono in grado di esercitarmi ogni giorno. Se comincio dicendo che non avrò tempo di farlo, evidentemente la mia motivazione non è sufficientemente matura e non desidero veramente farlo. So che l'apprendimento richiederà del tempo, che occorrerà molta perseveranza da parte mia.
Comprenderò ben presto che dovrò accettare umilmente di essere all'inizio un semplice apprendista, maldestro, goffo, imbarazzato di fronte alle mie insufficienze e soprattutto di fronte a chi si è esercitato a lungo a suonare quello strumento e ne trae tutto ciò che vorrei trarne anch'io. Da un lato, le difficoltà di apprendimento mi mostrano tutti gli altri miei problemi, i miei blocchi in situazioni diverse, la mia paura del cambiamento o del giudizio altrui, ma, dall'altro, mi fanno comprendere anche le apprensioni, le chiusure, le inibizioni dei  miei fratelli; e questo costituisce indubbiamente un arricchimento.
La scoperta di sé che implica un apprendimento difficile non avviene senza l'abbandono delle illusioni che coltivo su me stesso. Man mano che procedo in questa scoperta, posso essere tentato mille volte di fermarmi a causa della grande sofferenza che provo a vedermi in quel modo. Posso allora giustificare un eventuale abbandono, persuadendomi di essere ridicolo alla mia età a voler fare una cosa del genere e di non poterci mai riuscire. Ma se abbandono, avrò solo l'amarezza dell'insuccesso; mentre se persevero, continuerò certamente a soffrire, ma i momenti di gioia verranno a lenire i miei tormenti. Quindi riprendo il mio contratto, considero il lavoro compiuto, il tempo e il denaro che mi è già costato, gli arricchimenti che mi ha offerto, il progresso nella pratica dello strumento, i progressi nella conoscenza di me stesso. Tutto sommato, il bilancio è positivo, per cui non mi fisso su ciò che fa soffrire e avanzo passo a passo.
Tutti i contratti che stipulo con me stesso sono dello stesso tipo: se desidero imparare una lingua straniera, se desidero dimagrire o smettere di bere, avrò momenti di sofferenza, di dubbio su me stesso, tentazioni di abbandonare l'impresa; ma se mi aggrappo soprattutto alla  mia motivazione iniziale, ai benefici scontati che erano all'origine della  mia decisione, allora mi farò coraggio e avanzerò passo a passo. Accetterò le cadute e mi rialzerò.

OGGETTI. Lampione riciclato




DON CAMILLO. Tra gli ulivi di Scandicci





FONTE: avvisi settimanali della parrocchia di Cene.

TRA GLI ULIVI DI SCANDICCI

La settimana scorsa sono stato alcuni giorni a Scandicci (Firenze) da suor Anna Maffeis, una nostra concittadina che, insieme con suor Ada, una marchigiana ottantenne, gestisce una casa di accoglienza per sacerdoti, ma anche per gruppi che intendono vivere un momento di spiritualità.
Collegata alla casa vi è una tenuta di ulivi (circa 600 piante) che rallegrano tutto il pendio sulla cui sommità si trova la casa stessa.
Da sole le due suore non sono più in grado di curare questa piantagione (anche suor Anna con i suoi 76 anni non è più un adolescente!).
Chiamare dei braccianti per la raccolta sarebbe troppo dispendioso per la scarsa disponibilità economica delle due consorelle, e comunque non sarebbe conveniente, calcolando l'entità della produzione.
E così, da qualche anno un gruppo di volontari cenesi, autofinanziandosi, va a Scandicci per aiutare le due suore.
Da tre anni anch'io faccio parte di questi amici volontari.
La raccolta è fatta tutta a mano. Si lavora dalle 7,30 alle 12,30 e dopo la pausa pranzo, dalle 13,30 alle 17,30.
Devo dire che si tratta di una bella esperienza, risultato dei rapporti di amicizia tra di noi, della comune motivazione di solidarietà che ci sostiene; della bellezza naturale di quell'ambiente campestre di vecchio stampo, e, perché no?! della buona tavola che ci ristora a pranzo e a cena: una miscela formidabile che, non solo fa dimenticare la fatica del lavoro, ma lo rende addirittura piacevole.
E' così che in una di quelle sere dopo il lavoro, ho pensato di dedicare a questi ulivi e ai miei amici "bacchiatori" queste rime.

Bacchiatori di olive

Tra i filari di questo uliveto
assaporo la dolce fatica
che spesso è bandita con veto
da chi non vuol far la formica.

Guardando le piante contorte
dai tronchi robusti e nodosi
intravedo decise e accorte
le mani di amici operosi.

Sono esse di questi bei colli
le braccia assai produttive
intrecciate con quelle dei folli
che per dono si rendono fattive.

Tra le fronde cantando e fischiando
raccolgon le bacche preziose
sempre con cura salvando
di ognuna le forme graziose.

In piedi o sui rami sdraiati
come innesti di pianta speciale
in ulivi si son trasformati
per virtù di un incanto fatale.

Ora scorre la linfa anche in loro
di terra e di sole composta.
Ristorati da tanto lavoro
dell'ulivo si fanno proposta.

                                       Don Camillo

mercoledì 18 novembre 2015

VIAGGI. Barcellona. Montserrat






















































VIVERE INSIEME. La vera solidarietà è solo la pace


FONTE: "MISSIONARI SAVERIANI" n° 8 ottobre 2015.
Articolo "LA VERA SOLIDARIETA' E' SOLO LA PACE. Nessuno investe sulle vere cause del problema" di p. Marcello Storgato, sx.

"Sul finire dell'estate ne abbiamo viste di tutti i colori e sentite in tutti i toni. Parole da non ripetere, gesti da non raccogliere, per semplice senso di pudore. Ma devo richiamare alcune immagini che ci hanno turbato, perché il rapido susseguirsi di eventi e fotogrammi - forse - hanno svuotato il cestino della nostra breve memoria.

Ci hanno turbato. Il meraviglioso sito archeologico di Palmira ridotto in frantumi, e prima ancora il suo geloso custode Khaled Assad - "martire dell'archeologia!" - decapitato e appeso a una colonna per non aver svelato il nascondiglio dei reperti antichi.
I barconi del Mediterraneo stracarichi di persone accalcate come animali destinati alla discarica, salvate dalle navi che ne hanno raccolto l'SOS. E gli innumerevoli corpi di morti asfissiati e annegati, persone senza volto né nome, per sempre.
Il corpicino del piccolo Alan Kurdi arenato sulla spiaggia di Bodrum, mentre il papà tentava di portare i figli e la sposa verso Kos, l'isola greca della speranza. E il gendarme turco che lo prende in braccio e trasporta, con trepidante emozione: "Ho raccolto Alan come fosse un figlio, poi ho solo pianto!"
Quei campi, quelle piazze, quelle stazioni gremite da folle di bambini, genitori e nonni; la grande marcia dell'esodo lungo i binari ferroviari e sulle strade e in mezzo ai campi di mais: profughi in cammino verso l'ignoto di una nazione più accogliente, sgambettati da una scostumata giornalista tv.
Quel filo spinato appuntito e tagliente (di produzione spagnola!), per elevare barriere lunghe chilometri di confini fittizi; e i gendarmi armati e schermati, costretti alla meraviglia davanti alla bambina che avanza gattoni verso di loro, inconsapevole innocente...

E anche la grande solidarietà. L'enorme e costoso impegno dell'Europa e dell'Italia per raccogliere e portare a terra i migranti dai paesi d'Africa e del Medio Oriente, da identificare e spartire, come fette di una torta. La grande mossa della cancelliera per accogliere in terra tedesca mezzo milione di siriani, e gli altri leader disposti a imitarla..
"Salvare le vite umane!"; "accogliere i disperati"; "solidarietà, valore fondante dell'Europa!": tutto vero. E non faremo mai abbastanza per salvare le vite e dare un pizzico di speranza.
Ma... mi domando: come mai così poche voci si levano per denunciare le guerre e le violenze ancora in atto, per accaparrarsi e mantenere i preziosi spazi di altre nazioni, e sfruttarli a vantaggio di aziende e interessi senza scrupoli? Poche voci  reclamano che si vada alle radici di questa massiccia emergenza umanitaria e si investa per risolvere il problema, andando alle cause!
Si tratta di investire per la pace e lo sviluppo di intere popolazioni, di sorvegliare il commercio delle armi (settore mai in crisi!), di privilegiare i rapporti diplomatici e politici, di contrastare la corruzione e le potenti lobby mafiose internazionali.  Solo la pace è vera solidarietà, benefica per tutti.

FILM. Everest


Diretto da Baltasar Kormakur, il film ha per protagonisti Jake Gyllenhaal, Josh Brolin, John Hawkes, Jason Clarke, Robin Wright, Michael Kelly, Sam Worthington, Keira Knightley, Emily Watson,

Genere: Avventura , Drammatico, Thriller.

Non si può essere romantici con la montagna, soprattutto se si è alpinisti, soprattutto se da voi dipende la vita di altre persone. E di romanticismo "pecca" il protagonista di Everest, perseverando quando invece avrebbe dovuto fermarsi. Eppure Rob Hall lo sa bene. Un'alpinista sa quando la ragione deve dominare la passione e il piacere verticale che procurano le sfide estreme e i territori inesplorati. Ma quel piacere Rob non vuole negarlo a Doug, amico e cliente che ha qualcosa da dimostrare a se stesso e ai bambini della scuola frequentata dai suoi figli.
A un passo dalla vetta e in quella decisione azzardata sta il senso del "film di montagna" di Baltasar Kormakur, che recupera un genere cinematografico popolare negli anni Venti e Trenta in Germania e polemizza sulla globalizzazione del viaggio che snatura la natura e i popoli che incontra. Nelle cosmogonie la montagna è il luogo delle origini, l'asse verticale di congiunzione tra il mondo celeste delle potenze divine e il mondo terreno. Il percorso dal basso all'alto per ascenderla è un'iniziazione, un cambiamento di status per chi la sfida, trascendendo in qualche modo la condizione umana. La pratica dell'alpinismo per molti aspetti si inscrive in questa logica, nella logica di purificazione e di dominazione del mondo che procura l'ascesi.
Kormakur, scalando il suo Everest tra suspense e vertigine, rimpiange quell'intendimento e denuncia le ascensioni turistiche di massa che attrezzano montagne indomabili, enfatizzano la spettacolarità delle sue attrazioni (naturali e culturali) e allargano a dismisura il campo base. Everest conduce gli attori in parete ed esplora il sentiero sbagliato infilato dall'occidente. In perfetto equilibrio tra crepacci e ghiacciai, il regista islandese sale con le masse, avanza con le mode e "arrampica" i profanatori contro cui la "fede" di Rob Hall, eletto dagli dei a toccare cinque volte la vetta dell'Everest, non può più nulla. La "democratizzazione" della montagna, contaminata con sprovvedute ambizioni e lattine sfondate, quelle che Rob raccoglie turbato, ne ha depotenziato la sfida (drammatica, sportiva, poetica, simbolica). Sfida alla base di un genere prodotto dal XIX secolo, che inventò il cinema e la montagna e li mise l'uno al servizio dell'altra.
Lontano dall'essere un film giocattolo, Everest, condotto "su corda" da Jason Clarke e Jake Gyllenhaal, congela gli aspetti eroici dell'alpinismo e smaschera la visione ludica (e prosaica) dell'arrampicata (sociale). Il viaggio sentimentale, l'attitudine contemplativa, la conquista fisica, la montagna come luogo dei valori svaniscono dentro una tempesta e un disappunto (di natura) che suona come ultima parola. Perché come diceva George Mallory, alpinista inglese morto sulla celebre vetta nel 1924, l'Everest "è lì" a ricordarci il rispetto che si deve alla natura alle altezze inaccessibili. Tratto dal saggio di Jon Krakauer (("Aria Sottile"), giornalista di "Outside" sopravvissuto alla spedizione del 1996 in cui morirono otto persone, Everest chiude su un'ultima ascesa, quella della macchina da presa a cercare un "risveglio", un nuovo funambolico ardimento, destinato a cancellare da altre pareti la parola impossibile e a ritrovare il valore e la dimensione della professionalità. Una competenza declinabile con moralità.

giovedì 12 novembre 2015

LIBRI. La bellezza e l'inferno di Roberto Saviano


FONTE: libro "La bellezza e l'inferno" scritto da Roberto Saviano, edito da Mondadori.

La bellezza e l'inferno: fra questi poli opposti che richiamano il pensiero di Albert Camus si estende il campo di forze frequentato da Roberto Saviano, il luogo che genera la sua visione di vita, dell'impegno e dell'arte.
Introdotti da una prefazione dell'autore, gli scritti raccolti in questo volume tracciano un percorso tanto ricco e vario quanto riconoscibile e coerente. Dal ragazzo che muove i primi già maturi passi nell'ambito della letteratura e della militanza antimafia fino allo scrittore affermato che viene invitato all'Accademia dei Nobel di Stoccolma e abbracciato dai terremotati in Abruzzo, Roberto Saviano resta se stesso.
Ci racconta di un campione come Lionel Messi, che ha vinto la sfida più importante, quella contro il suo stesso corpo; di Anna Politkovskaja, uccisa perché non c'era altro modo per tapparle la bocca; dei pugili di Marcianise, per cui il sudore del ring odora di rabbia e di riscatto; di Miriam Makeba, venuta a Castel Volturno per portare il suo saluto a sei fratelli africani caduti per mano camorrista; di Enzo Biagi che lo intervistò nella sua ultima trasmissione; di Felicia, la madre di Peppino Impastato, che per vent'anni ha dovuto guardare in faccia l'assassino di suo figlio prima di ottenere giustizia; e di tanti altri personaggi incontrati nella vita o tra le pagine dei libri, nelle terre sofferenti e inquinate degli uomini o in quelle libere e vaste della letteratura.
Pagina per pagina, Saviano ribadisce  la sua fiducia in una parola che sappia scardinare la realtà, opporsi a qualunque forma di potere, farsi testimone della certezza che "la verità, nonostante tutto, esiste".

RIFLESSIONI. Cos'è la bellezza?


FONTE: Libro "Il manoscritto ritrovato ad Accra" di Paulo Coelho, edito da Bompiani.

COS'E' LA BELLEZZA?

Quasi sempre viene detto: "Non è importante la bellezza esteriore, bensì quella interiore."
Ebbene è una frase estremamente falsa. Se fosse così, perché i fuori si offrirebbero così sfacciatamente al fine di attirare l'attenzione delle api? Semplicemente per i fatto che la natura aspira alla bellezza.

La bellezza esteriore è la componente visibile della bellezza interiore e si manifesta attraverso la luce che promana dagli occhi di ogni individuo. Non  importa che questi sia malvestito o non si conformi ai  nostri canoni dell'eleganza, oppure non cerchi di imporsi all'attenzione delle persone che lo circondano. Gli occhi sono lo specchio dell'anima e, in qualche maniera, rivelano ciò che sembra occulto. Come ogni specchio restituiscono il riflesso più intimo del volto che hanno davanti.

La bellezza è presente in tutte le creature, ma spesso ci lasciamo condizionare dal giudizio altrui. Ci accade di negare la nostra bellezza perché gli altri non possono e non vogliono riconoscerla. Anziché accettarci per ciò che siamo, ci sforziamo di imitare coloro che si muovono intorno a noi e così arriviamo a scordarci che il vero mondo è quello al quale aspiriamo.

La bellezza non risiede nell'uguaglianza, bensì nella diversità. E' pressoché inimmaginabile una giraffa senza il collo lunghissimo o un cactus senza spine.

Esseri meschini sono coloro che pensano: "Io non sono bello, perché l'Amore non ha bussato alla mia porta." In realtà, l'Amore ha bussato, ma non gli hanno aperto, giacché non si sentivano nella condizione di riceverlo. Si affaccendavano per replicare le figure che animavano il mondo esterno e avevano dimenticato la Luce più intensa che si sprigionava dalla loro anima.

SPORT. Salvioni Sandro Walter. calcio


Salvioni Sandro Walter, nato nel 1953, abitante a Gorlago.

Lunga militanza tra i professionisti, prima come giocatore, poi come allenatore.

Ecco alcune sue foto.





Sandro (15 anni e la sua 1° squadra, il Chiuduno 2° categoria)
accosciato, 1° a destra


Seregno serie C
accosciato 1° a destra


Brescia serie B


Brescia
accosciato 1° a destra


Foggia serie A
accosciato 1° a destra


Sandro (Parma) con Platini


Sandro (Sambenedettese) con Maradona


Sandro (Foggia) con Burgnich



Sambenedettese


Sandro allenatore del Nizza (Francia)
vincitore del campionato di B