mercoledì 20 novembre 2019

FILM. Il segreto della miniera


FONTE: "il venerdì di Repubblica del 01/11/2019.
Articolo: "Scavare nel lutto" di VITTORIO LINGIARDI.


"Un'opera bella e preziosa che attraverso la battaglia di un minatore coraggioso ci parla dell'importanza della memoria, contro ogni tentativo di cancellarla".
Questa la motivazione con cui Amnesty International premia Il segreto della miniera
Nelle sale da ieri, il film della regista e poetessa slovena Hanna Slak ricostruisce una pagina atroce e sconosciuta dell'immediato dopoguerra nell'ex-Jugoslavia: l'uccisione di migliaia di militari e civili e lo smaltimento dei loro corpi nei pozzi di una miniera trasformata in fossa comune.
Intrecciando storia e psiche, tragedia politica e dramma personale, Slak racconta la vicenda di Mehmedalija Alic, minatore bosniaco che negli anni ottanta immigrò per lavoro in Slovenia scampando così involontariamente al massacro di Srebrenica del 1995 (ottomila bosniaci trucidati, dove perse tutti i parenti.
Nel 2007 l'azienda slovena per cui lavora gli chiede di esplorare una vecchia miniera abbandonata.
Dopo mesi di scavo massacrante, solitario e sottopagato, Alic scopre gli scheletri, le scarpe, gli scalpi di migliaia di profughi di guerra, respinti al confine austriaco e poi uccisi dai vincitori titini.
Marchiato dal genocidio di Srebrenica, Alic si trova a fare i conti con un eccidio avvenuto cinquant'anni prima, nel 1945.
Padroni dell'azienda e autorità politiche cercano di coprire la macabra scoperta, ma Alic non si lascia intimidire e sposa, a caro prezzo, la causa del rispetto della memoria.
Slak evita una lettura strettamente storica e sceglie di lavorare nel profondo. La miniera diventa così metafora della rimozione, luogo di segreto e svelamento che chiama il minatore, con noi tutti, a immergersi.
Terapeuta della psiche propria e collettiva, guaritore ferito, Alic, come Antigone, chiede solo la sepoltura dei morti. Cioè il gesto che riconoscendo il lutto ci dispone alla sua elaborazione. 

DON CAMILLO. Auschwitz






FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

AUSCHWITZ

Un bacio di corsa a mamma e papà
quella mattina come tante normale;
poi d'abitudine come si fa
all'ingresso di scuola l'appello usuale.

"Da oggi non puoi più entrare qui in classe
chè a razza diversa tu appartieni;
vorremmo impedire che doman si formasse
di gente scadente un andi rivieni..."

Guardo stordito compagni e amici;
penso a uno scherzo di gusto cattivo;
mi sento fissato da improvvisi nemici;
vivace qual sono divento inattivo.

A casa tornato la trovo in subbuglio;
la mamma rovista in armadi e cassetti, 
di ricordi e utensili fa tutto un miscuglio
mentre papà lega pacchi e sacchetti.

"Dobbiamo andarcene più in fretta possibile
prima che arrivi la milizia feroce;
quel che succede non è comprensibile
qualcuno ha deciso di metterci in croce.

Usciamo furtivi da casa nostra
come ladri che fuggono con il bottino.
Per strada un cartello che è in bella mostra
c'insulta: canaglie non passerete il mattino.

La milizia ci ferma, ci chiede le carte;
con burbero piglio controlla e aggiunge:
"Voi siete canaglie, mettetevi in parte
chè siete più infetti d'insetto che punge!"

Veniamo ammassati con altri sfollati
senza sapere che cosa e perché;
tra noi un intreccio di sguardi sbarrati
che parlano muti ai crudeli lacchè.

Ricordo un carro che ci porta accalcati
seguito da guardie con mitra e fucili
e poi un vagone su cui siam stipati
come fossimo bestie o pacchi o barili.

Odo secchi comandi di capi arrabbiati
come fendenti di coltelli appuntiti;
ci strappan gli affetti e andiam separati
sospinti a destino che ci avvolge allibiti.

E poi più nulla... Rimane il silenzio
a render più tetri i vestiti spogliati
impregnati d'amaro come l'assenzio
ancor più amari se saranno scordati.

                                    don Camillo

GIOVANI E RAGAZZI. Vacanze diverse


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" ottobre 2019.
Articolo: "Per casa il mondo" di MICHELA MURGIA.

Michele Anghileri ha ventidue anni e da quattro trascorre le vacanze come volontario in Malawi. Il suo impegno gli è costato odio e insulti sul web.

"Ti auguro l'ebola". Un commento cattivo, uno dei tanti. Una frase scritta per mezzo di una tastiera come sovente accade, senza pensarci troppo forse, senza dare la benché minima importanza al fatto che quelle parole effimere siano indirizzate a una persona reale. La persona reale a cui quel malaugurio era indirizzato è la stessa che lo racconta con queste parole incredule.
Si chiama Michele Anghileri, ha 22 anni e da quando ne aveva 18 si occupa di cooperazione in Malawi con un'associazione che all'inizio lo ha visto come volontario, ma oggi lo conta come coordinatore di progetti di sviluppo e sostegno nel problematico Paese africano.
Michele, capelli chiari, sorriso facile, un carattere estroverso e allegro, è uno di quelli che i popoli africani li aiuta davvero "a casa loro". E' una delle frasi preferite da quelli che non vogliono i migranti in Italia, che sparerebbero ai gommoni e che affonderebbero tutte le navi umanitarie, ma per capire quanto quell'invito apparentemente sensato sia falso e nasconda la xenofobia basta vedere che cosa succede sulla rete a chi a cooperare nei luoghi d'origine poi ci va sul serio.
"Ti meriti l'HIV". Questo è il tenore dei commenti che arrivano a Michele da quando il giovanissimo trevigliese - valle bergamasca, roccaforte del consenso leghista - ha pubblicato un video in cui, insieme a un nugolo di bambini del villaggio in Malawi dove opera, esultava per il rilascio della comandante della nave Sea Watch Carola Rackete.
E' da quel momento che sono cominciati gli insulti. "Un'ondata d'odio incontrollato e dilagante mi ha travolto senza dare spiegazioni. Nel susseguirsi dei più svariati pensieri pubblicati in risposta al post sono state tirate in causa anche le persone più importanti della mia vita, mia madre  e mio padre. Nei loro confronti sono state mosse critiche e commenti spregevoli, nonostante non abbiano nulla a che fare con questa vicenda".
I genitori di Michele - Silvia e Davide - sostengono il suo percorso sin da quel primo regalo di maturità, quando contro ogni previsione il ragazzo chiese che gli venisse pagato un viaggio in Africa con l'associazione di cui era appena diventato sostenitore.
"Non sappiamo che cosa gli sia scattato dentro, ma dopo il primo viaggio non è più riuscito a farne a meno. Tutte le estati successive è stato in Malawi come volontario per periodi più o meno lunghi e ha coinvolto anche Debora, la sua ragazza. Si è innamorato di quei posti, quando ne parla vediamo che gli brillano gli occhi".
Gli occhi di Michele brillano di gioia anche nel video che ha scatenato i razzisti e gli odiatori che oggi continuano a riempire di insulti i suoi profili social.
"Ti toglierei la cittadinanza italiana. Schifo umano, sei uno schifo umano".
Lui li legge incredulo, ma non si scompone. Ha - dice -  le spalle larghe.
"Ho sempre pensato che il modo migliore per battersi contro un'ingiustizia fosse quello di mettersi in prima linea nel tentativo di dare una svolta radicale. Di metterci la faccia. Di farlo guardando il problema negli occhi, di persona, nella vita reale. Questa volta era diverso. Troppe persone stavano perdendo la vita nel Mediterraneo. Troppe. Uomini, donne e bambini abbandonati a loro stessi nel tentativo di raggiungere un'utopistica vita migliore".
Guardare l'Italia dal Malawi, vedere con i propri occhi da quale realtà parte chi si mette in mare per arrivare in Europa, non può lasciare indifferenti mentre sulle coste del tuo Paese i porti vengono blindati e le persone abbandonate al loro destino.
Michele non ha dubbi. "A migliaia di chilometri di distanza dal mio Paese sentivo di dover comunque esprimere il mio dissenso riguardo alle barbarie in atto, di dover fare qualcosa, di dover prendere una posizione. Non ho saputo trovare modo più semplice, innocuo, diretto e vero di questo video con i miei bimbi".
Michele non si aspettava la violenza verbale, l'odio feroce di chi non vuole altra verità che la propria e si sente minacciato da chiunque provi non solo a vivere una vita diversa, più aperta e solidale, ma anche a raccontarla. Ha scoperto a sue spese di essere un problema per chi ha bisogno di immaginare nemici e confini, perché le sue foto e i suoi video rendono evidente a tutti che è ancora possibile avere vent'anni e immaginare altri modi di guardare al futuro proprio e del nostro Paese.
A chi lo ha insultato ha scritto personalmente, soprattutto quando sono stati suoi coetanei ad augurargli malattie e morte. Nel farlo ha scoperto che qualcuno tra loro aveva fatto volontariato prima di avvicinarsi a un'idea di mondo tutta giocata in difesa, dove il diverso è un nemico e chi lo aiuta è un traditore.
Sembra una contraddizione, ma non lo è. La paura del futuro mangia ogni giorno e la speranza che le cose migliorino non sempre basta a saziarla. Chiudersi appare a molti la sola scelta per proteggersi, anche a costo di diventare belve.
Per Michele è diverso, perché per chi vede il mondo come un organismo in relazione non esistono "case loro".

mercoledì 13 novembre 2019

VIAGGI. Puglia. Monte S. Angelo e Loreto


Ecco le foto scattate:



















































































































VIVERE INSIEME. 1.000 post.






In 6 anni di gestione del blog il pellerossa di zandobbio questo è il millesimo post pubblicato.

Ho sempre cercato di attenermi ad alcune regole di correttezza tra le quali soprattutto alle seguenti:

  • non scrivere in rete cose che non avrei il coraggio di dire di persona
  • avere la consapevolezza che le parole che uso rivelano ciò che io sono
  • condividere testi e immagini soltanto dopo averli ben considerati, compresi e valutati
  • usare le parole che vorrei che gli altri usassero nei miei riguardi.
                                              Sergio

RES PUBLICA. La mediocrità dell'attuale politica


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" ottobre 2019.
Articolo: "Mediocrità" di RITANNA ARMENI.

La mediocrità sembra essere stato il tratto distintivo della fase politica apertasi con la crisi di governo. Non che quella precedente fosse contrassegnata dall'eccellenza di proposte e posizioni. Semmai da parole roboanti e violenze verbali che hanno dominato una politica di chiusura e respingimento.
Ma il dibattito che è seguito all'apertura dell'ultima crisi, le proposte discusse per la formazione del nuovo governo, ci hanno fatto capire come il piccolo cabotaggio, l'assenza di proposte vere e di ogni ambizione al cambiamento siano la caratteristica dei nuovi tempi.
Mediocrità, quindi, di uomini, tanto negata a parole quanto ripetutamente praticata nella realtà. E non ci riferiamo solo al "palazzo", all'uso miserevole dei media, agli scambi di potere.
Quando la situazione è difficile, bisogna uscire dalle formule di rito, dai discorsi di comodo, dalla pigrizia intellettuale. Proprio allora è opportuno assumere i rischi di nuove idee e non accontentarsi delle formule.
Quando si parla della situazione economica e dei suoi danni sociali (dalla disoccupazione all'avvenire negato ai giovani fino alla loro fuga dall'Italia) ci si rifugia nelle frasi più generiche.
Qual è il dibattito? Le difficoltà o sono "tutta colpa dell'Europa", oppure "solo l'Europa può risolvere il problema".
Ma una proposta su cui discutere, litigare, rischiare? Quella non c'è. Non c'è alcun guizzo di fantasia, che smuova gli animi e renda il dibattito meno spento.
Non ci sono idee, magari sbagliate, che aiutino a trovarne di giuste. Un tempo non lontano si pensava che, per lavorare tutti, si dovesse lavorare di meno. La Germania ci ha provato riducendo l'orario settimanale di lavoro. Non ha aspettato l'Europa. La politica italiana non prende questa idea neppure in considerazione. E nessuno propone un piano concreto per l'occupazione giovanile che si prefigga alcune centinaia di migliaia di nuovi occupati.
La mediocrità è uno dei mali peggiori della politica. Persino le idee sbagliate, la propaganda bugiarda o le astrazioni di alcuni gruppi intellettuali hanno un valore maggiore delle frasi stanche e senza appeal che i  nostri politici hanno usato nelle settimane tra fine agosto e gli inizi di settembre.
Va da sé che chi non è capace di uscire dalla mediocrità delle proposte e degli atteggiamenti non può che essere un mediocre. E così appaiono gli uomini della nostra politica. Nessuno di loro volto all'eccellenza. Nessuno alla ricerca di una direzione che sparagli, innovi, riformi. Non è un caso che la parola riforma non si pronunci quasi più.
Le vere riforme esigono idee forti, risolvono problemi, sottintendono audacia, cambiamento di prospettiva.
Quando, ormai molti anni fa, si proposero riforme importanti del lavoro e della famiglia, si pensava a qualcosa di completamente innovativo rispetto alla situazione esistente. Forse non tutto era giusto, ma comunque si proponeva di superare i limiti del presente. Ci fu chi buttò il cuore oltre l'ostacolo. Con coraggio. Ecco, oggi è proprio questo che manca.

MISSIONI. Missionaria nel mondo del lavoro


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" ottobre 2019.
Articolo: ""Un granaio" di inattesa umanità" di NICOLETTA MASETTO.

Venticinque chilometri tutti i giorni, ogni santo giorno. Avanti e indietro in un magazzino a dir poco immenso. In lungo e in largo attraverso decine di scomparti. Su e giù per altrettanti piani dove se ne stanno stipati milioni di prodotti da inviare in tutto il mondo. E sul più bello, quando credi di aver completato la commessa, ecco arrivare un sms che ti invita ad accelerare il passo e a ricominciare se possibile ancora più vicino di prima.
Nessuna pedana mobile, nessun nastro trasportatore nemmeno un piccolo skate per far prima con qualche slalom tra i carrelli. Solo gambe, tanta gamba e cuore come in questa storia.
Siamo  a Peterborough, Gran Bretagna, in uno dei quartieri generali di Amazon in UK. Qui, nel colosso del commercio on line, ha lavorato per un anno suor Marialaura Gatti delle Suore operaie della Santa Casa di Nazareth.
Nella cittadina di poco meno di 200 mila abitanti nell'East of England la congregazione, fondata da sant'Arcangelo Tadini, ha una comunità dove suor Mari vive con altre consorelle.
Oltre 6 mila chilometri in un anno son sono stati un'impresa facile per suor Marialaura "bresciana doc, nata e cresciuta ad Iseo". Ma suor Mari, o  meglio Sister ("questo il modo in cui i miei colleghi mi hanno conosciuta e accolta tra loro"), se l'è, in qualche modo, cercata.
"Sono entrata in Amazon due settimane dopo il mio arrivo in Inghilterra. Nel curriculum avevo segnalato le mie precedenti esperienze lavorative e la mia formazione, inclusa la laurea in Scienze motorie. Ho sempre avuto una gran passione per lo sport. Ho giocato a basket dai 6 a 21 anni. Lo sport ti forgia, ti aiuta a misurare e a sopportare la fatica, è un allenamento continuo anche nel confrontarti con i compagni e con gli avversari, ti insegna a stare in squadra e a fare squadra. Quindi, avere gambe...sì, mi ha aiutato anche in questo anno di lavoro in Amazon".
Così, quando la suora varca per la prima volta la soglia del grande magazzino di Peterborough, è fatta. "Il mio lavoro, da subito, è stato quello di picker, cioè dovevo correre su e giù per una torre a tre piani con un carrello blu e giallo per prendere gli articoli nel più breve tempo possibile e metterli in linea. All'interno del magazzino ci sono vari tipi di lavoro, c'è chi riceve le merci, chi le sistema negli scaffali, chi controlla la qualità, chi ti controlla, chi sta negli uffici, chi pulisce gli ambienti e poi ciò che facevo insieme ad altri 300 giovani. E' una mansione faticosa e selettiva".
Ogni picker è dotato di uno scanner che ne registra il target (vale a dire quanti articoli si recuperano nel giro di un'ora) e l'esatta posizione all'interno del magazzino.
"Se stavi sopra i 100 articoli presi, tutto bene - prosegue sister Mari -. Se, invece, stavi sotto ai 100, un gentile impiegato dell'agenzia veniva a richiamarti chiedendoti di migliorare la tua prestazione. E non finisce qui: se ritardavi a ritornare al lavoro dopo la pausa, ritornava il gentile impiegato dell'agenzia. La povertà che toccavo ogni giorno era il non poter scegliere quando riposare, dove lavorare e con chi. Infatti, poteva succedere, mentre ero in una sezione, mi inviassero un sms per chiedermi di cambiare piano o settore...magari per un solo articolo da prendere".
In Amazon sister Mari ha visto, toccato con mano e ascoltato le dure condizioni di lavoro di tanti operai, soprattutto giovani.
"Nel grande magazzino di Amazon in UK c'è una grande scritta che ogni lavoratore può vedere appena entra: Work Hard, Have Fun, Make History!, cioè "Lavora duro, Divertiti, Fai la Storia!". La frase mi ha fatto pensare che questo, in fondo, è il manifesto del ricco stolto. "Che farò, perché non ho posto dove riporre i miei raccolti?", si chiedeva. "Questo farò - rispondeva -, demolirò i miei granai e ne costruirò di più grandi, dove riporrò tutti i miei raccolti e i miei beni, poi dirò all'anima mia: anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi!". Sono stata per un anno in uno dei più grossi "granai" del mondo: Amazon prende il nome dal Rio della Amazzoni. Non è un caso che si tratti del fiume più lungo del mondo. Quanto orgoglio in sei lettere: è la presunzione di poter raggiungere ogni traguardo puntando solo sulle proprie forze. E di forze, in questa azienda, ne vengono spese parecchie. Soprattutto quelle degli stranieri che accettano di lavorare anche 11 ore al giorno pur di guadagnare qualche sterlina in più. M questa è cronaca già nota. Eppure, nonostante le condizioni di lavoro, in tutte le persone che ho conosciuto, a partire dai giovani, ho sempre trovato talento, voglia di fare e costruire, speranza, uno sguardo rivolto al futuro nella consapevolezza che il mondo può davvero diventare migliore. Quanta umanità ho colto! Questo mi riempie il cuore, ancora oggi  a esperienza finita. E mi fa ben sperare per il domani".
Concluso il contratto in Amazon, attualmente suor Mari lavora nello stabilimento di un altro colosso: Whirlpool.
"Noi suore operaie abbiamo una peculiarità - conclude -: siamo missionarie nel mondo del lavoro, siamo in una traiettoria che ci porta al Cielo, siamo in  una via che Dio traccia per noi e con noi lungo la nostra storia. Che spettacolo creativo e anticonformista! Dio è un grande solo per i piccoli! Questo è ciò che sto scoprendo in questa terra straniera: sapere e accogliere con gratitudine il fatto di non essere Dio! Solo se saremo davvero amanti appassionati di Dio, come diceva il nostro fondatore, potremmo diventare amanti appassionati dell'umanità".