mercoledì 20 novembre 2019

GIOVANI E RAGAZZI. Vacanze diverse


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" ottobre 2019.
Articolo: "Per casa il mondo" di MICHELA MURGIA.

Michele Anghileri ha ventidue anni e da quattro trascorre le vacanze come volontario in Malawi. Il suo impegno gli è costato odio e insulti sul web.

"Ti auguro l'ebola". Un commento cattivo, uno dei tanti. Una frase scritta per mezzo di una tastiera come sovente accade, senza pensarci troppo forse, senza dare la benché minima importanza al fatto che quelle parole effimere siano indirizzate a una persona reale. La persona reale a cui quel malaugurio era indirizzato è la stessa che lo racconta con queste parole incredule.
Si chiama Michele Anghileri, ha 22 anni e da quando ne aveva 18 si occupa di cooperazione in Malawi con un'associazione che all'inizio lo ha visto come volontario, ma oggi lo conta come coordinatore di progetti di sviluppo e sostegno nel problematico Paese africano.
Michele, capelli chiari, sorriso facile, un carattere estroverso e allegro, è uno di quelli che i popoli africani li aiuta davvero "a casa loro". E' una delle frasi preferite da quelli che non vogliono i migranti in Italia, che sparerebbero ai gommoni e che affonderebbero tutte le navi umanitarie, ma per capire quanto quell'invito apparentemente sensato sia falso e nasconda la xenofobia basta vedere che cosa succede sulla rete a chi a cooperare nei luoghi d'origine poi ci va sul serio.
"Ti meriti l'HIV". Questo è il tenore dei commenti che arrivano a Michele da quando il giovanissimo trevigliese - valle bergamasca, roccaforte del consenso leghista - ha pubblicato un video in cui, insieme a un nugolo di bambini del villaggio in Malawi dove opera, esultava per il rilascio della comandante della nave Sea Watch Carola Rackete.
E' da quel momento che sono cominciati gli insulti. "Un'ondata d'odio incontrollato e dilagante mi ha travolto senza dare spiegazioni. Nel susseguirsi dei più svariati pensieri pubblicati in risposta al post sono state tirate in causa anche le persone più importanti della mia vita, mia madre  e mio padre. Nei loro confronti sono state mosse critiche e commenti spregevoli, nonostante non abbiano nulla a che fare con questa vicenda".
I genitori di Michele - Silvia e Davide - sostengono il suo percorso sin da quel primo regalo di maturità, quando contro ogni previsione il ragazzo chiese che gli venisse pagato un viaggio in Africa con l'associazione di cui era appena diventato sostenitore.
"Non sappiamo che cosa gli sia scattato dentro, ma dopo il primo viaggio non è più riuscito a farne a meno. Tutte le estati successive è stato in Malawi come volontario per periodi più o meno lunghi e ha coinvolto anche Debora, la sua ragazza. Si è innamorato di quei posti, quando ne parla vediamo che gli brillano gli occhi".
Gli occhi di Michele brillano di gioia anche nel video che ha scatenato i razzisti e gli odiatori che oggi continuano a riempire di insulti i suoi profili social.
"Ti toglierei la cittadinanza italiana. Schifo umano, sei uno schifo umano".
Lui li legge incredulo, ma non si scompone. Ha - dice -  le spalle larghe.
"Ho sempre pensato che il modo migliore per battersi contro un'ingiustizia fosse quello di mettersi in prima linea nel tentativo di dare una svolta radicale. Di metterci la faccia. Di farlo guardando il problema negli occhi, di persona, nella vita reale. Questa volta era diverso. Troppe persone stavano perdendo la vita nel Mediterraneo. Troppe. Uomini, donne e bambini abbandonati a loro stessi nel tentativo di raggiungere un'utopistica vita migliore".
Guardare l'Italia dal Malawi, vedere con i propri occhi da quale realtà parte chi si mette in mare per arrivare in Europa, non può lasciare indifferenti mentre sulle coste del tuo Paese i porti vengono blindati e le persone abbandonate al loro destino.
Michele non ha dubbi. "A migliaia di chilometri di distanza dal mio Paese sentivo di dover comunque esprimere il mio dissenso riguardo alle barbarie in atto, di dover fare qualcosa, di dover prendere una posizione. Non ho saputo trovare modo più semplice, innocuo, diretto e vero di questo video con i miei bimbi".
Michele non si aspettava la violenza verbale, l'odio feroce di chi non vuole altra verità che la propria e si sente minacciato da chiunque provi non solo a vivere una vita diversa, più aperta e solidale, ma anche a raccontarla. Ha scoperto a sue spese di essere un problema per chi ha bisogno di immaginare nemici e confini, perché le sue foto e i suoi video rendono evidente a tutti che è ancora possibile avere vent'anni e immaginare altri modi di guardare al futuro proprio e del nostro Paese.
A chi lo ha insultato ha scritto personalmente, soprattutto quando sono stati suoi coetanei ad augurargli malattie e morte. Nel farlo ha scoperto che qualcuno tra loro aveva fatto volontariato prima di avvicinarsi a un'idea di mondo tutta giocata in difesa, dove il diverso è un nemico e chi lo aiuta è un traditore.
Sembra una contraddizione, ma non lo è. La paura del futuro mangia ogni giorno e la speranza che le cose migliorino non sempre basta a saziarla. Chiudersi appare a molti la sola scelta per proteggersi, anche a costo di diventare belve.
Per Michele è diverso, perché per chi vede il mondo come un organismo in relazione non esistono "case loro".

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