giovedì 31 dicembre 2020

RIFLESSIONI. Credevo che il mio viaggio...

HO PUBBLICATO QUESTO POST IN DATA 01/08/18. LO RIPRESENTO ALL'INIZIO DI QUESTO NUOVO ANNO, CHE SARA' FONDAMENTALE PER TUTTI.
SIA DI INCORAGGIAMENTO PER TUTTI GLI ANZIANI, MA ANCHE AI PIU' GIOVANI, CHE HANNO SMESSO DI LOTTARE, DELUSI DALLA VITA.
NON E' IMPORTANTE QUANTE VOLTE SI CADE, MA QUANTE VOLTE CI SI RIALZA.

RABINDRANATH TAGORE, "Credevo che il mio viaggio..."

"Credevo che il mio viaggio fosse giunto alla fine,
mancandomi le forze.
Credevo che la strada davanti a me fosse chiusa,
e le provviste esaurite.
Credevo che fosse giunto il tempo di trovare riposo
in un'oscurità pregna di silenzio.
Scopro invece che i tuoi progetti
per me non sono finiti
e quando le parole ormai vecchie muoiono sulle mie labbra,
nuove melodie nascono dal cuore;
e dove ho perduto le tracce dei vecchi sentieri,
un nuovo paese mi si apre con tutte le sue meraviglie."

mercoledì 30 dicembre 2020

DON CAMILLO. Pensando alla stalla

 



FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

PENSANDO ALLA STALLA

Si è soliti dire: "questa stanza sembra una stalla" oppure "non sei in una stalla" per dire che una stanza è tutta sporca, oppure l'interlocutore si sta comportando in modo maleducato.
Si usa dare al nome "stalla" una versione negativa. Eppure a me la stalla evoca qualcosa di bello che ha lasciato una traccia di nostalgia.
I miei nonni avevano la stalla: il nonno materno perché aveva un cavallo per trainare il carretto con il quale portava ai clienti i sacchi di farina, il nonno paterno perché lavorava a mezzadria campi e vigneti, piccoli appezzamenti ma sufficienti per mantenere la numerosa famiglia che abitava nei locali dei contadini del Castelmerlo, sede anche del fattore. Anche lui aveva la stalla dove teneva qualche mucca.
In quelle stalle entravo da bambino, a volte per giocare a nascondino, a volte per accompagnare il nonno che portava il fieno agli animali, a volte per "scarfoià" (spannocchiare il granoturco) mentre ascoltavo le "parsonghe" (le storie degli anziani che in genere avevano come argomento i morti che si facevano sentire, o il diavolo che si faceva vedere da chi andava a ballare, o i malefici di gente col potere di dare il malocchio...).
Sinceramente non mi è rimasta impressa la paura di quelle storie, ma il tepore di quell'ambiente sì, insieme con la gruvida masticazione della mucca e il suo soffiare mentre frugava col muso nella greppia: il tutto avvolto in quel odore di fieno e di sterco che ancora oggi, quelle poche volte che mi capita la fortuna di annusarlo, mi apre i polmoni a cento.
Per me la stalla non è mai stata sinonimo di sporcizia o maleducazione, ma piuttosto evocazione di esperienze di vita semplice e genuina; un mondo di adulti a dimensione di bambini. Un mondo consacrato da Dio stesso che ha scelto dl nascere in una stalla come per gridare con forza a tutti noi, abituati ai profumi della moda, che l'odore della stalla resta sempre un tacito canto alla semplicità e alla bellezza della vita naturale.

ODORE DI STALLA

Immerso in questa campagna
avvolta da nebbia autunnale,
ode del cane la lagna
e il gorgogliar del lento canale.

In questo agreste paesaggio
torno ad esser bambino
quando col nonno il foraggio
portavo al suo cavallino.

Dentro la stalla il tepore
odorava di sterco e di fieno
a pieni polmoni quell'odore
inspiravo per farmene il pieno.

Ed ora ancor più che allora,
costretto a respirare veleni,
quest'aria m'accarezza e ristora
e rivivo momenti sereni.

                                      don Camillo


martedì 29 dicembre 2020

SERGIO. La donna dai piedi vari

 



Ho cambiato la foto del mio profilo su Facebook.
La donna al mio fianco l'ho incontrata sul Cammino di Santiago.
Questa piccola, grande donna era sul Cammino con il suo pesante zaino sulle esili spalle, pur avendo i piedi vari.
Ho postato questa foto, perché, guardandola, mi sia di incoraggiamento durante questo cruciale anno nuovo.



domenica 27 dicembre 2020

SERGIO. Sono ammalato di PARKINSON. 2

 

PRIMA DI RIPRENDERE LA NARRAZIONE, VOGLIO RINGRAZIARE LE MOLTE PERSONE CHE MI HANNO INCORAGGIATO SU FACEBOOK E NELLE VIE DEL PAESELLO. GRAZIE DI CUORE.


Rimango in clinica 18 giorni: i primi giorni in Neurologia e poi in Rieducazione.
Dopo i vari esami mi viene diagnosticato il Parkinson e inizio la cura assumendo una pillola che fa effetto subito. E' incredibile come la carenza di una sostanza (nel mio caso la dopamina) possa mettere in ginocchio una persona e come una pastiglia ribalti la situazione. Ora capisco quando si dice che la chimica allunga la vita.
Ero una candela spenta che rifuggiva i contatti umani per le difficoltà di relazionarmi. Ora sono di nuovo me stesso, con il fermo desiderio di tenere a bada la malattia.
I giorni passati in ospedale sono stati sereni, pur essendo a contatto con tante persone che hanno subito interventi chirurgici. Ho fraternizzato con tutti: pazienti, medici, infermieri, fisioterapisti e suore. 
Sono stato immerso nel mondo della sofferenza e ho capito tante cose. Che dire dei medici, infermieri, fisioterapisti e suore? Tutto il bene possibile.
La quota rosa penso che sia del 95%. E tanta gioventù. Rare le persone sopra i 50 anni.
Quello che mi ha colpito di più è stata la gentilezza (direi quasi la tenerezza), il sorriso sulle labbra, la disponibilità anche nelle piccole richieste.
Sono convinto che sono persone portate a questo mestiere, che reputo anche e soprattutto una missione.
Ho manifestato anch'io le mie paure, dissolte come una bolla di sapone.
E i miei compagni pazienti? Ho cercato sempre il loro contatto e mi incuriosiva chiedere il loro nome di battesimo, l'età, il paese, la professione svolta, la famiglia. Ed era bello vedere il sorriso che si stampava sui loro volti. Mi sono stupito vedere un uomo leggere un romanzo di molte pagine di Ken Follett, uno dei miei scrittori preferiti.
Ho imparato perfino a fare i fiori di carta con l'insegnamento di una brava maestra. Dopo anni ho ripreso a giocare a carte con tre "ragazze" anch'esse ricoverate. Ringrazio anche A. per il giornale quotidiano che mi passava da leggere.
Un discorso a parte merita il mio compagno di stanza. I. è in ospedale da diversi mesi a causa di una grave malattia. Deve dipendere per quasi tutto dagli infermieri. Non può alimentarsi normalmente, ma solo tramite la PEG ed è in trepida attesa di poter mangiare come tutti.
Carissimo I., ti auguro che i tuoi desideri si avverino e che tu possa ritornare a vivere come una persona normale.


                                                    continua

lunedì 21 dicembre 2020

CORONAVIRUS. L'anno che verrà


FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 13/11/20.
Articolo: "L'anno che verrà" di CURZIO MALTESE.

Le notti più buie hanno bisogno di sogni. Solo immaginare il futuro ci permette di sopravvivere al presente.
Ci dicono che ci vorrà qualche mese, forse tre, forse quattro, qualcuno dice la fine dell'anno, qualcuno aprile. La primavera del Covid-19 sarà il cessate il fuoco di questa generazione. I racconti dellla fine della guerra, delle feste di Liberazione sono ben vivi nelle nostre memorie. Qualcuno le ha vissute, agli altri le hanno raccontate.
Non si può paragonare la guerra all'epidemia senza sottolineare le differenze, ma la minaccia del pericolo incombente è molto simile. Anche la parola coprifuoco rievoca i racconti dei nostri padri e dei nostri nonni. Il virus è un cecchino che può coglierti ovunque, una bomba caduta dal cielo che esplode tra le sirene e colpisce senza preavviso. E tu puoi solo coprirti il volto.
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha comunicato che entro aprile arriverà il vaccino per tutti. Con buone probabilità verrà consegnato prima in Germania, ma comunque sarà questione di qualche settimana per il resto d'Europa. Per noi oggi questo significa immaginarsi di ritornare in qualche modo alla vita come l'abbiamo conosciuta prima di essere inghiottiti dal coronavirus. E si spera anche con qualche pensiero in più.
Torneremo a teatro, al bar, in palestra, a far festa con gli amici, ad ammassarci ai concerti. A toccarci, insomma. A stringerci la mano, a guardarci da vicino, senza temere di ferirci con il solo atto del respiro.
E chissà, da vero dopoguerra, sarà anche l'occasione di una vera rinascita in stile anni 50. Se dobbiamo sognare, perché non farlo per bene? La gente tornerà a lavorare, a produrre e a guadagnare. Il cinema riprenderà a girare commedie geniali, visto che, come è noto, è più difficile far ridere che far piangere ma quando hai pianto tanto, sei più ben disposto. Nella vita c'è sempre tempo per la tristezza. Qualcuno che ti faccia ridere è ben più raro.
Ci mancherà Gigi Proietti. Sarà un Natale difficile. Lo è stato anche l'anno scorso ma non lo sapevamo ancora. Forse non riusciremo a riunirci nelle case e non avremo i soldi per fare grandi regali, giusto qualche pensiero che ci scambieremo più in là. Forti però del fatto che questa epidemia ha portato a una potentissima collettività. Negli Stati Uniti, nel momento più doloroso, la gente ha saputo difendere la propria democrazia, andando a votare in numero così elevato come mai era successo nella storia americana. E Joe Biden è stato votato più di Barack Obama.


 

SERGIO. Sono ammalato di PARKINSON. 1

 

Sono di  nuovo a casa dopo 18 giorni trascorsi presso la Casa di Cura S. Francesco di Bergamo. Sono rinato! Ma facciamo un passo indietro nel 2017, un anno difficile per me, culminato a novembre con l'asportazione della prostata per la presenza di cellule tumorali.
Negli anni successivi ho avvertito un lento declino, sfociato nel 2020 con l'incapacità di correre (io che ho fatto le mie corsette durante tutta la vita!) e poi con il fare con notevole difficoltà una passeggiata di un'ora (io che ho fatto il Cammino di Santiago!).
Da giugno in poi la breve camminata era diventata un calvario: la testa in apnea e il resto del corpo che procedeva in modo automatico.
In paese mi vedevano procedere come uno zombie e tutti si chiedevano il motivo, non osando fermarmi, ma facendo poi domande ai miei familiari.
Dormivo male e all'alba mi svegliavo ed ero preso da mille paure.
Durante la mattina ero come avvolto nella fitta nebbia, incapace di decidere persino se andare a prendere il giornale a piedi o in bicicletta.
Nel pomeriggio la situazione migliorava, permettendomi di fare dei lavoretti o la passeggiata, che mi costava un enorme sforzo di volontà.
Rosaria insisteva a dire che tutto questo era dovuto alla depressione, ma io ripetevo anche ai nostri figli, Gabriele e Loris, che la loro era una risposta troppo semplicistica.
Io conosco bene il mio corpo e l'ho sempre trattato con rispetto e per questo avvertivo che qualcosa non funzionava.
All'inizio di ottobre abbiamo deciso di sottopormi a una visita neurologica privata, data la quasi impossibilità di usufruire del servizio pubblico in questo tremendo momento.
Dopo circa un mese di attesa vengo visitato e dai sintomi, che descrivo al neurologo e da alcuni esercizi che mi fa fare, lui dice che dovrei essere carente di dopamina, una sostanza che produce il cervello. Il sospetto è che abbia il PARKINSON, ma per verificarlo dovrei essere ricoverato in ospedale per una serie di esami e per una successiva eventuale riabilitazione.
Questo avviene alla fine di novembre alla Casa di Cura S. Francesco di Bergamo.
Entro in clinica con grande gioia, poiché potrò curarmi e finire così la mia odissea. E' incredibile: entro in un ospedale, in questo tremendo momento, per essere ricoverato con il sorriso sulle labbra!

                                                         continua

domenica 20 dicembre 2020

SERGIO. Nuova rubrica

 

Il 14 di questo mese ho compiuto i 71 anni, compleanno caduto nei giorni del mio ricovero in ospedale, che mi ha dato un responso che sicuramente mi cambierà la vita fino alla fine dei miei giorni. Ne parlerò diffusamente nei prossimi post.

Questo fatto ha fatto maturare in me il desiderio di creare la nuova rubrica "SERGIO", dopo aver aperto negli anni scorsi le rubriche "LORIS" e "GABRIELE" , i nostri figli.

Colgo l'occasione per augurare a tutti un sereno Natale e un anno nuovo con la fine della pandemia.


mercoledì 18 novembre 2020

DON CAMILLO. ...e l'uomo divenne un essere vivente

 



FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

Il simbolo che abbiamo scelto per il nuovo anno pastorale è "la creazione di Adamo", uno dei capolavori di Michelangelo che troneggia sotto la volta della cappella Sistina.
Si tratta di un'immagine fortemente significativa che rappresenta l'Uomo adagiato a Terra in un atteggiamento di abbandono e di impotenza espresso bene anche in quella sua mano stanca e cascante che sta per ricevere vitalità e potenza dal dito di Dio nell'atto di trasferirgli il suo Spirito di Vita.
Credo che sia un'immagine che esprime bene la nostra realtà di oggi: quella di persone provate e indebolite dalla pandemia e da tutte le restrizioni rese necessarie per contenerla, ma che non devono abbandonarsi allo scoraggiamento.
La Fede ci invita a tendere la mano a Dio che è capace di ridarci vigore con il dono dello Spirito, e di infondere in noi quella Speranza che ci incoraggia a ricominciare.
Se la pandemia ha bloccato e in parte distrutto le nostre abitudini e le nostre certezze, non può bloccare ne distruggere la nostra voglia di vivere e di cercare vie nuove e soluzioni nuove  per la nostra vita personale e comunitaria.
Mi piace sottolineare che questo simbolo è stato scelto dai nostri catechisti che hanno anche preso l'iniziativa di farlo riprodurre, a loro spese, su uno striscione che inizialmente volevo collocare in chiesa, come sfondo al fonte battesimale, ma che ho dovuto appendere tra le colonne all'ingresso della chiesa perché troppo grande. Rimane comunque in una posizione ben visibile per ricordare a tutti coloro che entrano in chiesa la volontà e l'impegno di ricominciare con i 4 verbi di cui ho già parlato; 4 C: Collaborare; Coniugare; Condividere; Celebrare.
Tutto questo senza la smania e la fretta di realizzare risultati, ma con la pazienta del contadino che, dopo aver seminato, sa aspettare i tempi della crescita e del frutto che spesso sono lunghi.
Soprattutto con la certezza che il Signore non lascia cadere invano i nostri sforzi ma sa dare a tutti risonanza, anche a quelli più piccoli.


RITORNO AL PRIMORDIALE

Basta un dito per creare un universo;
basta un dito per dissolverlo del tutto;
con la mente spazi immensi attraverso;
cambia il vento e il mio mondo vien distrutto.

Si alternano in un vortice continuo
gli scenari d'improbabili eventi;
si affatica in un lavoro fatuo e strenuo
che si addentra in questo buco a fari spenti.

Tutto è solo denso fumo e fantasia
che attanaglia il tuo tempo e l'attenzione.
Non c'è spazio per esprimer cortesia
ne per dare all'ambiente protezione.

Passano in sordina le stagioni;
gli anni della vita se ne vanno;
non c'è tempo per gustare le emozioni;
in un lampo ad una ad una spariranno.

Ho nostalgia della vita primordiale
dov'è il sole a funzionar da segretario;
qui il rapporto con natura è speciale
ed ogni incontro non ha limiti d'orario.

Un tappeto d'erba verde è il pavimento
e per tetto sono i rami d'un abete;
sento il canto degli uccelli e son contento,
c'è il ruscello che ristora quando ho sete.

Qui riscopro l'essenziale della vita
e io gusto goccia a goccia ogni istante;
d'ogni perla resta sempre la più ambita
e mi fa sentire ricco e importante.

                                            don Camillo





SALUTE. Scrivere a mano

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 16/10/20.
Articolo: "Quando si scrive a mano il cervello lavora meglio" di MARTINA SAPORITI.

Carta e penna, queste sconosciute.
Ormai scriviamo tutto su una tastiera, dalla lista della spesa sullo smartphone ai documenti di lavoro sul pc. E' più pratico e veloce, certamente, ma risulta meno utile per il cervello.
Scrivere a mano, infatti, migliora memoria e apprendimento, e per questo è importante che i bambini lo facciano più a lungo possibile. E' la conclusione dello studio della neuroscienziata Audrey van der Meer dell'Università norvegese di Scienza e tecnologia pubblicato su Frontiers in Psychology.
La scienziata ha fatto indossare ad adulti e bambini di dodici anni un caschetto con elettrodi per monitorare l'attività del cervello mentre scrivevano a mano o su tastiera. I dati raccolti dicono che a ogni età il cervello lavora di più e meglio con una penna in mano.
La scrittura manuale, infatti, stimola di più la corteccia somatosensoriale (c'è molto più lavoro nel "disegnare" le lettere che nel premere un tasto). Inoltre, scrivere a mano aumenta la sincronizzazione tra le regioni cerebrali parietali (che controllano linguaggio e attenzione) e centrali. E questa sincronizzazione crea nel cervello le condizioni ideali per apprendere e memorizzare.

martedì 10 novembre 2020

GIOVANI E RAGAZZI. Beata gioventù

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 23/10/20.
Articolo: "Perché bisogna ascoltare la beata gioventù" di FILIPPO DI GIACOMO.

Il 10 ottobre ad Assisi, è stato beatificato Carlo Acutis, un quindicenne vissuto nella Grazia di Dio, nell'amore per l'Eucarestia e per il prossimo. Un ragazzo cresciuto in una famiglia che, benché non credente, ha lasciato che il figlio fiorisse nella fede. Un miracolo di rispetto per gli straordinari carismi di un figlio morto in tre giorni a causa di una forma aggressiva di leucemia.
Il giorno della sua beatificazione, Assisi era stracolma di giovani nonostante le restrinzioni imposte dal Covid-19. I giornalisti accreditati erano tre volte quelli arrivati in Umbria il 3 ottobre per la firma dell'enciclica del Papa Fratelli tutti.
Tra i tanti commenti sulla "vita buona" di Carlo, spicca la bella analisi di Simone Varisco sul sito Caffè storia. Durante la fase finale del pontificato di Wojtyla, mentre scoppiavano scandali e scandaletti su abusi sessuali, di potere e di coscienza e la società viveva un crescente secolarismo, la sessualizzazione dei minori, la diffusione di tecnologie pervasive, il dilagare del malaffare, le tensioni nella politica nazionale e il terrorismo internazionale, nella Chiesa italiana fiorivano forme stupende di santità giovanile.
Oltre a Carlo, la storia religiosa del nostro Paese è stata arricchita dalla vita della beata Chiara Badano (morta a 19 anni nel 1990), del servo di Dio Matteo Farina (morto a 19 anni nel 2009), della venerabile giovane mamma Chiara Corbella Petrillo (morta  a 28 anni nel 2012), della serva di Dio Giulia Maria Gabrieli (morta a 14 anni nel 2011.
San Benedetto, nella sua regola, raccomandava di ascoltare la voce dei giovani perché, ha scritto, "spesso Dio parla attraverso loro". Il problema è saperli ascoltare.

DON CAMILLO. Libertà sotto inchiesta

 


FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

LIBERTA' SOTTO INCHIESTA

Davanti all'ennesima atrocità commessa dal fondamentalismo islamico, la decapitazione a Parigi di un professore che aveva mostrato in classe alcune caricature della figura di Maometto, mi domando come è possibile che una persona arrivi a questo estremo di violenza per un'offesa ricevuta?
Tutt'al più, seguendo la legge del taglione, ad una offesa si dovrebbe rispondere con una offesa analoga: "occhio per occhio, dente per dente", e la cosa potrebbe essere razionalmente comprensibile.
Aldilà dell'assoluta irrazionalità di questa violenza mi domando anche perché una persona debba sentirsi autorizzata ad insultare e ridicolizzare un'altra persona o la sua Fede quando a lei non porta alcun danno.
Si invoca il diritto di libertà di espressione.
Ma è vera libertà quella che non rispetta la diversità di un altro e la ridicolizza?
C'è la libertà di dissentire, di esprimere pensieri diversi o in contrasto; c'è la libertà della dialettica, ma il vilipendio no, non fa parte dei diritti e non appartiene alla cultura della libertà. A maggior ragione quando si tratta di argomenti particolarmente sensibili e delicati che toccano la suscettibilità della persona.
E poi c'è tutto un discorso di prudenza. Se sai che c'è una dinamite pronta ad esplodere evita di accendere la miccia e trova il modo di disinnescare i candelotti.
La libertà si costruisce più con la politica che con la provocazione.
E molto di più ancora con il coraggio di amare la persona anche quando ti insulta e ti fa del male...ma qui siamo su un'altra galassia dove solo lo Spirito può portare se tu lo accetti come guida e come maestro.

                                               don Camillo



mercoledì 4 novembre 2020

SALUTE. Quando la strada inquina più delle automobili

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 02/10/20.
Articolo: "Quando la strada inquina più delle automobili" di MARTINA SAPORITI.

Nelle città l'inquinamento non arriva solo dal tubo di scappamento delle automobili.
Quando fa caldo e il sole ci batte sopra, l'asfalto, che è una miscela di idrocarburi, rilascia composti organici che contribuiscono alla formazione del pm 2,5 (le polveri fini, particelle di diametro uguale o inferiore ai 2,5 millesimi di millimetro che penetrano nei bronchi causando problemi respiratori).
Con uno studio su Science Advances, l'ingegnere ambientale Drew R. Gentner della Yale University ha stimato l'impatto di questo inquinamento scaldando campioni di asfalto in fornaci.
La fuoriuscita di inquinanti inizia già a 40°C. Le emissioni  raddoppiano a 60°C e continuano a crescere sino a 140°.
Come sottolineano i ricercatori sono temperature che la pavimentazione stradale raggiunge in estate e durante la messa in posa. Anche l'irradiazione solare ha un effetto importante, indipendentemente dalla tempertura: 18 ore di esposizione moderata di raggi ultravioletti fanno salire le emisssioni del 300 per cento.
Il gruppo di Gentner ha fatto un calcolo nella California del Sud, l'asfalto inquina ogni anno per 1.000-2.500 tonnellate di particolato contro le 900-1.400 dei veicoli.

FAMIGLIA. Adozione, una sfida

 FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" settembre 2020.
Articolo: "Adozione, una sfida che appassiona" di DANIELE NOVARA.

L'adozione dei figli, sia quella nazionale sia quella internazionale, sta diventando difficile.
I pregiudizi hanno sempre gravato su questa possibilità. Tipica è l'idea che i figlioli adottati siano più difficili da gestire rispetto a quelli naturali.
Il tema del figlio adottato è diventato talvolta un insulto reciproco: "Non sei mia sorella... Ti hanno adottato alla nascita!"; "E' solo mia mamma, non la tua, tu sei stato adottato!".
Quante volte sono risuonate queste frasi di romanzi e film che creano un immaginario di serie B sui figli adottati, come se, non appartenendo alla stessa matrice genetica, potessero in automatico creare delle difficoltà maggiori. E' un pregiudizio duro a morire.
Dal punto di vista "burocratico", le domande di disponibilità all'adozione di minori italiani presentate nel 2001 sono state, nei 29 Tribunali per i minorenni operativi in Italia, 12.901; nel 2006 si è raggiunto il picco di 16.538, per poi calare via via e arrivare nel 2017 a 8.793 domande di disponibilità. Gli affidamenti preadottivi sono passati da 930 a 865, mentre le adozioni da 1.290 a 954.
Intanto, nell'arco di 10 anni, il numero delle adozioni internazionali in Italia è precipitato: nel corso del 2019 sono state concluse 969  procedure di adozione a fronte delle 4.130 del 2010. Un declino del 14 per cento rispetto all'anno precedente che concludeva con 1.130 adozioni e una diminuzione del 3,4 per cento rispetto al 2017. Le difficoltà sono spesso concrete e all'apparenza insormontabili: i tempi, la burocrazia, le risorse economiche necessarie, tutto cospira per rendere complicatissima questa scelta.
Educare un figlio adottivo è esattamente la stessa cosa dell'educare un figlio biologico. Non c'è alcuna sostanziale differenza. Il genitore deve ugualmente organizzare tutto ciò che serve per far crescere questo bambino o ragazzo con i basilari educativi corrispondenti alla sua età.
Nel mio lavoro di consulente, non ho mai trovato differenze, anzi, spesso la consapevolezza pedagogica dei genitori adottivi è maggiore di quelli puramente biologici. In un certo senso è ciò che mi scrive Cristina, in una testimonianza molto intensa.
"Ricordo che ad uno degli incontri per coppie in attesa di adozione a cui avevo partecipato, organizzati da un'associazione di genitori adottivi, una donna aveva detto, riferita a suo figlio adottivo e di colore: "Nel momento in cui ho visto per la prima volta il mio bambino, ho capito che era proprio mio figlio". Mi è bastata questa testimonianza per darmi fiducia e tranquillità e per dare una risposta a tanti timori. Prima di avviare le pratiche di adozione avevamo affrontato senza successo diversi tentativi di fecondazione assistita, in centri d'eccellenza, sostenendo costi altissimi dal punto di vista umano, oltre che economico. Se tornassi indietro non lo rifarei. Mentre di adozioni, nonostante tutte le difficoltà, abbiamo voluto farne due, perché, quanto sia bello lo capisci solo quando lo vivi".
In questo momento storico, dove i modi per essere genitori non appaiono più rigidi come un tempo, la scelta dell'adozione resta una sfida intensa e appassionata che merita tutto l'interesse possibile.

mercoledì 21 ottobre 2020

RES PUBLICA. Il Bar Sport ha chiuso

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 02/10/20.
Articolo: "Il Bar Sport ha chiuso" di CURZIO MALTESE.

Buongiorno Italia. Dopo 25 anni di Berlusconi e di berlusconismo, condito con il populismo della Lega e del M5S, gli italiani hanno ricominiato a pensare.
Saranno stati i problemi profondi di questi ultimi mesi, il Covid-19 e la crisi economica, a svegliarci da decenni di torpore, ma finalmente abbiamo ricominciato a occuparci di cose serie. Sia a sinistra che a destra i cittadini hanno votato i migliori, cosa rara negli ultimi decenni.
Gli slogan come "un milione e mezzo di posti per tutti", "rispediamo a casa gli immigrati" e i "vaffa" generali tornano nel dimenticatoio che meritano. Alle ultime elezioni regionali i vincitori non si sono presentati con chiacchiere ma con programmi e ha dominato chi è riuscito a essere più concreto.
Anche il referendum ha avuto un senso. Il taglio dei parlamentari è stato troppo secco ed è molto comprensibile la motivazione per cui un italiano su tre ha votato No. Chi ha votato Sì, però, ha mostrato con forza il desiderio di preferire la qualità alla quantità, in modo da affiancarsi agli altri Paesi europei.
Dopo la sbornia di entusiasmo, adesso arriva il difficile. Bisogna occuparsi subito di economia, tasse, scuola, lavoro e ambiente. Abbiamo poco tempo per confermare le garanzie che ha chiesto l'Europa per il Recovery Fund e non possiamo sprecarlo.
Berlusconi e Salvini hanno fatto della politica una continua discussione sul calcio, con i modi e i ragionamenti da Bar Sport. Con le votazioni delle ultime Regionali il popolo italiano ha deciso che questa epoca è finita. La politica deve tornare ad essere la scienza che ha per oggetto la Costituzione, l'organizzazione, l'amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica e il calcio può finalmente tornare ad essere il divertente  evento sportivo che tutti noi amiamo.
Abbiamo davanti a noi tre anni fondamentali perché l'Italia torni a coprire il posto che le spetta in Europa. Gli ultimi sei mesi ci hanno insegnato che davanti a una situazione drammatica come la pandemia, il nostro Paese ha messo in campo le migliori strategie e i migliori professionisti, a partire dai nostri straordinari medici.
Eravamo il Paese più devastato e oggi il mondo può solo imparare da noi. Sono stati sei mesi di discussioni serie e non la solita campagna elettorale di chiacchiericcio in tv per accaparrarsi mezzo punto di consenso. Questa è stata la novità. Cogliamola al volo. L'Italia è ricca di straordinari professionisti, non solo nel campo della medicina. Cerchiamoli, troviamoli e mettiamoli in sella.

SCUOLA. Per chi suona la campanella

 FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" settembre 2020.
Articolo: "Per chi suona la campanella" di GIANCARLO BREGANTINI, arcivescovo di Campobasso-Bojano.

"Ora invece siamo a "scuola". Sono venuto apposta, da lontano...
Qui, a scuola, c'è silenzio, una bella luce, un banco tutto per me. E lì, ritta a due passi da me, c'è lei, la maestra che sa le cose ed è pagata per aiutarmi!".
Così recita la famosa Lettera a una professoressa, redatta da don Lorenzo Milani assieme ai suoi ragazzi, sulle colline di Barbiana nel 1968, quegli stessi ragazzi, esclusi da altre scuole, ma nel cuore di don Lorenzo avevano trovato una "scuola vera: una bella luce ed un banco tutto per me"!
E' commovente rileggere questo testo che sa di altre epoche. Oggi tante, troppe cose sono cambiate. C'è solo silenzio nelle classi, con il rischio costante del contagio. Incontri distanziati, mascherine, paure reciproche. E decine di decreti, che spesso si accavallano. Ecco perché, in questo settembre, voglio proprio pensare alla scuola.
Ricordo i miei ritorni tra i banchi in Val di Non, all'inizio un po' svogliati, quasi smarriti. Fuori ancora raccoglievano le mele. Ricordo bene la maestra, Anna, cui sono molto grato. Sapeva le cose. E le spiegava bene. Ma sapeva anche piegarsi sui miei scarponi, per riannodare i lacci: un gesto inatteso, che tuttora non dimentico.
Ecco di questa scuola, fatta di lavagne polverose, di chiasso per i corridoi e di campanelle rompiscatole, ma puntuali e aggregative, di interrogazioni a viso aperto, condite da tanta trepidazione: di tutto questo oggi abbiamo ancora bisogno.Di tornare insieme in classe, d'esser presenti, d'esserci tutti.
E non solo i fortunati, che nelle lezioni a distanza hanno avuto la possibilità di usare il loro computer. Penso invece a tanti ragazzi e ragazze senza mezzi che non hanno potuto partecipare perché nella loro zona non arriva la connessione internet. E c'è chi ha fatto scuola nel bosco vicino per avere "miglior campo". E che dire delle mamme costrette a seguire i figli, anche a costo di sacrificare il lavoro, pur di accompagnarli in questa inedita esperienza?
Tra maestri e scolari deve ritornare quel legame, impalpabile, del cuore che parla, della lavagna che spiega, della voce che incanta. "I care", "mi stai a cuore, mi appartieni, m'interessi", era il motto di Barbiana. Questo vogliono sentirsi dire i ragazzi nelle scuole, a settembre 2020, da un governo che li metta finalmente al centro delle politiche attive.
E tornino i ragazzi anche per le strade, per parlare di Creato, di ambiente e di futuro, nei loro cortei variopinti, ispirati da Greta Thunsberg. Che la terra e i suoi mali diventino materia di studio, perché nessuno pensi che si possa guarire in un mondo malato. Tutto è connesso. E' la lezione, amara, della pandemia. Ritorniiamo sui banchi, riprendiamo a insegnare l'essenziale. E' il tempo di ricominciare, di dimostrare che lo sviluppo ha un senso. Che il dolore ha un senso.
E qualcosa inizia a cambiare. Cresce il numero di ragazzi che si iscrive a medicina. Il segnale è chiaro: "I care", "mi stai a cuore", "tu, voi, siete parte della mia vocazione". Non dimentichiamo, in questo tempo di rinascite, l'ideale di Barbiana: "Chi ama le creature che stanno bene, resta apolitico. Non vuole cambiare nulla...". Al contrario, "conoscere i ragazzi dei poveri e amare la politica è tutt'uno... Non si può amare creature segnate da leggi ingiuste e non volere leggi migliori".
Buon anno scolastico a tutte e a tutti.


giovedì 15 ottobre 2020

SPORT. Ganna e Sinner giovani d'oggi


 FONTE: "la Repubblica" del 09/10/20.
Articolo: "Il cielo di Ganna e Sinner" di EMANUELA AUDISIO.


Sono un nuovo cielo, gli all italian boys.
Ganna e Sinner, 24 e 19 anni.
Per fisicità, serenità, novità. Per come giocano, per come attaccano, per come non (si) difendono. E' quello che colpisce: uno che è velocista scatta in salita, senza averlo programmato, l'altro al suo primo Roland Garros scambia pallate con Nadal come fosse nel giardino di casa.
Uno vince, l'altro perde, ma non importa. Importa che in testa non abbiano nubi, tormenti, scontrosità. Che non si perdano in troppo pensieri. Nessuna rabbia atavica e nemmeno giovanile. Riescono ad essere gentili anche quando dicono: voglio vincere.
Non hanno paura della loro convinzione, di meritarsi il primo posto, la loro è una volontà che non profuma di arroganza  e di presunzione.
Eppure il primo su strada non riusciva a finire una gara. Sinner si è trasferito a 13 anni dalla montagna (famiglia) al mare (allenatore). Ganna ha scelto la Svizzera e vive ad Ascona con la fidanzata.
Insomma, sanno cosa vuol dire sacrificarsi, dedicarsi a un progetto. Non si lamentano, non inveiscono, non danno la colpa agli altri. Se c'è un'avversità la affrontano, senza chiamarla carogna. In questo sono anti-Mennea, non hanno bisogno di inventarsi nemici.
L'Italia raramente ha avuto atleti così. Un po' sfrontati, ma umili. Il campione italiano era quello che soffriva (i confronti), era quello che recriminava (sulla disparità), era quello che il meglio era altrove (in America, in Francia, in Australia), era quello che per trovare un po' di pace e di armonia diventava buddista (Baggio), era quello che scambiava la trasgressione per la libertà (Balotelli).
Invece questi due ragazzi niente: sorridono, si emozionano, escono dalle loro timidezze, piangono, ma non hanno bui. Sono ragazzi gentiluomini: Ganna vince la tappa al Giro e bacia la maglia, Sinner a Parigi batte Zverev e quasi con goffaggine alza il pugnetto. Come a dire: non esageriamo, ho fatto solo il mio. Tanto che perfino Maria Sharapova protesta: troppa testa bassa, doveva esultare di più.
Ganna il giorno prima aveva fatto da scudiero al suo capitano che si era rotto il bacino, Sinner prima di affrontare il suo match aveva palleggiato con Martina Trevisan per aiutarla nel riscaldamento.
Non gioventù bruciata, né sfrontata, ma solidale e generosa. E solida. Fisicamente due spilungoni, alti e forti, Sinner non ancora fortissimo. Ma già bestiali. In discesa Ganna può anche toccare i cento all'ora senza che un muscolo sia fuori posto, Sinner sparando il rovescio ha tenuto Nadal in una trincea lontana. Poi magari si soccombe, ma senza affanno, solo perché l'altro ti è superiore.
Questo è culturalmente nuovo: la sconfitta non apre abissi, crisi d'identità, voglie di farsi male. E' solo una pozzanghera di oggi, non di domani. Non svela ferite, né si aggiunge ad altre cicatrici. E' un dolore, certo, ma passerà. E' il segno che se anche hai studiato, qualcuno l'ha fatto prima di te e per più tempo e ha risposte migliori. Questo non ti condanna, mostra solo che la tua costruzione ha bisogno di altri mattoni.
Mennea prima della gara stava male, la sua sensibilità lo portava a dubbi e angosce.
Ganna invece sogna la nutella, ama mangiare e bere, sa soffrire, ma anche godersi i piaceri.
E tutti ancora a dire che abbiamo una gioventù debole, fragile, spaventata. Sveglia, Italy.

DON CAMILLO. Ricominciare

 



FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

4 VERBI PER RICOMINCIARE

In ogni comunità ci sono discussioni e tensioni. E' inevitabile perché ogni comunità è fatta di diversi, e i diversi danno fastidio e suscitano reazione.
Succede  anche nella vita di copia dove ci si è messi insieme perché ci si è scelti liberamente, e ci si è scelti perché ci si è sentiti attratti da profonda simpatia.
Succede nella vita di famiglia tra genitori e figli, proprio quei figli che la mamma ha custodito per nove mesi nel calore del suo grembo; che si sono formati dentro di lei al ritmo del battito del suo cuore; quei figli per i quali i genitori si spendono per assicurare a loro tutto il meglio possibile...
Figuriamoci se non succede in una comunità come può essere la parrocchia dove si è insieme non perché ci si è scelti, ma perché ci si è capitati.
Se è invitabile che ci siano discussioni e tensioni, è altrettanto importante che si cerchino insieme le soluzioni, evitando così di frantumarsi in gruppetti che si contrappongono, si escludono, o si dimenticano a vicenda creando solo disagi e povertà.
E' importante che lavoriamo insieme perché i vari colori della parrocchia formino un unico arcobaleno.
I verbi che vorrei mettere in risalto nel nuovo anno pastorale sono: collaborare; coniugare; condividere; celebrare: quattro C importanti.
Collaborare in modo spassionato senza concorrenze e senza contese, dando ognuno il meglio di sé in modo gratuito nella consapevolezza di farlo per il bene comune.
Coniugare le proprie capacità con quelle degli altri apprezzando e valorizzando quello che ognuno fa nella consapevolezza che l'unione fa la forza, e, se il vento spira sempre tutto nella stessa direzione, la nave va a gonfie vele.
Condividere lo sforzo e il lavoro con tutti, accogliendo il contributo di tutti senza sentirsi spiazzati,  e offrendosi ad aiutare nel rispetto delle altrui responsabilità senza essere considerati per questo invadenti.
Celebrare: è bene che come volontari della parrocchia rafforziamo la nostra appartenenza alla comunità, celebrando insieme almeno l'Eucarestia domenicale, strumento e segno di comunione, e vivendo i momenti salienti dell'anno liturgico nella nostra chiesa parrocchiale, nella certezza che lo Spirito passa attraverso il linguaggio dei segni e, a loro volta, i segni sono terreno fertile per lo Spirito.
Ognuno si senta interpellato e ognuno dia con generosità la sua risposta.
Io posso dire d'aver fatto fino ad oggi tutto il possibile. Ora, per continuare, ho bisogno della vostra compattezza.

PER UN CONCERTO STELLARE

Vedo i tuoi occhi iniettati di rabbia
mentre si parla di chi tu rifiuti;
non sono colpiti da rogna e da scabbia
per tenerli lontani e negare gli aiuti.

Non c'è alcun verso di poter ragionare;
come fiume in piena che travolge ogni cosa
un sacco di accuse ti metti a sfornare
citando uno sbaglio come fossero a iosa.

Per chi cerca invano d'arginar la tua furia
hai sempre pronta una ragione contraria;
per te è solo gente che pratica incuria
e che ha scelto di essere parassitaria.

La tua indole schietta e laboriosa
non ti giustifica per tanta avversione;
la via maestra è solare e pietosa
ci insegna a dominare la nostra passione.

Tutte le pietre grezze o squadrate
sono utili a erigere una stabile casa
che, se da malta sono tutte legate,
da nessuna intemperia mai sarà rasa.

Soltanto lo Spirito è capace di questo:
Lui sa cementare in uno i diversi
lasciando vicini il confuso e l'onesto
e chiamando all'appello i fuggiaschi e i dispersi.

E' questo il Vangelo che mi hanno insegnato:
aperto a quanti lo sanno ascoltare,
a chiunque sa stare in un cerchio allargato
come note diverse in un concerto stellare.

                                     don Camillo



mercoledì 7 ottobre 2020

RES PUBLICA. Manutenzione dei ponti

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 07/08/20.
Articolo: "Con lo spazzolino i giapponesi si lavano bene i ponti" di CRISTIAN MARTINI GRIMALDI.


TOKYO. Si scrive hashi no hamigaki, e si legge igiene orale applicata alla manutenzione delle infrastrutture nazionali.
Se per evitare il dentista occorre mantenere una regolare pulizia dei denti, allora perché non applicare la stessa profilassi a quel complesso di grandi opere centrali allo sviluppo di un Paese?
Se l'è domandato il professor Ichiro Iwaki, docente di ingegneria civile alla Nihon University, ideatore di un progetto nato in sordina otto anni fa ma che dopo le recenti alluvioni nel Kyushu ha avuto rilevanza nazionale.
L'ambiziosa "pulizia dei denti" prevede la partecipazione in massa di quella cittadinanza anagraficamente meno attiva: studenti e pensionati in primis. 
Spazzare erbacce, terriccio e sabbia accumulati ai bordi dei ponti, ridipingere balaustre arrugginite, mondare i bacini di drenaggio. Operazioni a basso indice tecnico accessibili anche ai non specialisti.
In tutto l'arcipelago si contano 700 mila ponti di cui 70 mila  a rischio collasso. Nel 2033 il 63 per cento avrà superato la veneranda età di cinquant'anni. Senilità avanzata per un materiale, il cemento, la cui longevità ai tempi della costruzione era stata clamorosamente sovrastimata.
Per di più negli anni del boom nessuno sospettava che il livello delle acque dei fiumi avrebbe raggiunto il piano di appoggio dei ponti rammollendone le basi.
Un Paese col 73 per cento di superficie montuosa si ritrova le strade regolarmente cosparse di sale, che previene il congelamento ma accelera lo sbriciolamento. Un effetto simile ha la salsedine che s'incunea all'interno dei chilometrici tunnel a ridosso dello sterminato perimetro costiero.
Il crollo di 150 pannelli di cemento dal soffitto della galleria di Sasago nel 2012 fece 9 vittime e portò istantaneamente alla legge per la manutenzione obbligatoria ogni cinque anni di tutti i tunnel.
Ma se oggi le diagnosi avvengono con l'ausilio di droni e intelligenza artificiale i punti deboli restano carenza di manodopera e penuria di fondi (l'84 per cento delle strade e il 68 dei ponti è gestito dai piccoli Comuni). Con i budget prosciugati da assistenza sanitaria e previdenza occorreva una soluzione originale e fuori dagli schemi. La risposta è stata questa sorta di servizio civile su base volontaria.
Ora le diagnosi dello stato delle infrastrutture e parte della manutenzione avvengono a ritmo annuale e i risultati sono resi pubblici in rete. Perché, dice un vecchio detto nipponico, per evitare la caduta occorre puntare prima il bastone. Insomma, prevenire è meglio che curare.

martedì 6 ottobre 2020

SCUOLA . Abbasso la scuola

 

FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 18/09/20.
Articolo: "Lezioni di italiano" di CURZIO MALTESE.

Il nostro Paese è pieno di gente orgogliosa e civile, onesta e intelligente.
E' uno strano Paese, dove il conformismo ha dominato per secoli, schiacciando ogni forma di critica, eppure non esiste città o borgo dove non si contino migliaia di martiri della libertà, persone che hanno combattuto per le più nobili cause, per quanto spesso disperate. In un luogo dove essere orgogliosi e civili, onesti e intelligenti costa il prezzo di un'enorme solitudine.
E' un'Italia che non viene mai raccontata in televisione, poco sui giornali, raramente al cinema, ma è quella che ha fatto la storia e la grandezza di questo Paese.
E' una patria paradossale, la nostra, chi l'ha amata non ha potuto allo stesso modo non detestarla. La grande letteratura è in gran parte anti italiana: Dante e Petrarca, Machiavelli e Guicciardini, Belli e Porta, Leopardi e Manzoni, Pisacane e Collodi, Svevo, Gadda, fino a Calvino, Landolfi, Pasolini, una sfida secolare all'opportunismo dell'intellettuale di corte.  Hanno pagato quasi tutti con il carcere o l'esilio, l'isolamento, la morte civile e qualche volta fisica.
Questo bisognerebbe insegnare nelle ore di italiano, invece di annoiare gli studenti con cammei di poeti con la testa cinta di lauro.
Prima che la scuola diventi definitivamente il luogo dove si insegna a non leggere, a non scrivere e a non pensare, che qualcuno si occupi di fare una solida riforma scolastica, magari guardando i Paesi più efficienti in questo campo come quelli del Nord Europa.
L'amore per la parola scritta è molto precoce, basta osservare lo scaffale di un bambino di tre anni che non sa nemmeno leggere.
E allora cosa succede durante il viaggio scolastico?
Arrivato alle superiori, il ragazzo ha imparato a detestare la letteratura e la tortura del tema ed è diventato un perfetto ipocrita che cura soltanto le pubbliche relazioni con il corpo docente oppure un rompicoglioni ribelle.
All'università è ridotto a fare il portaborse del barone e scrive in un metalinguaggio accademico lontanissimo dalla semplice bellezza delle parole amate nell'infanzia. Per fortuna alcuni sopravvivono a tutto questo e diventano dei grandi professionisti malgrado la nostra scuola.
Per elevare un Paese però occorre occuparsi di tutti gli altri e solo una profonda riforma scolastica potrà sostenere i nostri ragazzi in modo da ridare all'Italia il grande peso che merita in Europa e nel mondo.

DON CAMILLO. Responsabilità collettiva

 


FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

RESPONSABILITA'  COLLETTIVA

C'è un nugolo di ragazzi
che va in cerca del pallone;
corron, gridan come pazzi,
sembra l'unica passione.

Come nell'antica storia
di quel magico flautista
seguon tutti con baldoria
chi del campo è l'apripista.

Poco manca che travolgan
chi apre a loro il cancello;
grido a tutti quei che giocan
"tenete a bada il monello".

Come non l'avessi detto
una bestemmia secca e urlata
insulta Dio: "maledetto"
ridotta al rango di bravata.

Come se niente fosse
si prosegue a giocare;
fosse stato un suon di tosse
ci staremmo a preoccupare.

"Ma che male ha poi fatto?
E' soltanto una parola"
mi rimbrotta un senza tatto
che pretende di far scuola.

Guardo triste quei ragazzi
che con foga stan giocando
corron, gridan come pazzi
sembran pecore allo sbando.

Non son loro a mancare
ma l'adulto che rinuncia:
non si cura d'educare
ne su Dio si pronuncia.

Per amor di quel ragazzo
sento di dover agire:
è il filo di un arazzo
che io devo ricucire.

Interrompo allora il gioco
tra proteste generali.
L'intervento più del fuoco
brucia e punge più dei strali.

Il richiamo è per tutti
ché nessuno ha reagito;
tutti quanti siam distrutti
se il male non è impedito.

Urge unire ogni forza
per salvare la bellezza
altrimenti si fa scorza
ogni ardor di tenerezza.

                                  don Camillo


mercoledì 16 settembre 2020

DON CAMILLO. Alta Via delle Grazie con gli zaini in spalla

 



FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

ALTA VIA DELLE GRAZIE: UN CAMMINO DI FEDE TRA LE NOSTRE BELLEZZE

Dopo alcune settimane di preparativi per organizzare il percorso e per rafforzare gambe e fiato, alle 6:00 siamo partiti con i nostri zaini in spalla.
Siamo in 12 per un percorso di 12 giorni (quadrato perfetto!): Isa Bascetta, Annalisa Gamba, Eugenia Baronchelli, Raffaella Algisi, Giovanni Taiocchi, Stefano Fariello, Osvaldo Bombardieri, Michele Rota, Aldo Albani, Giuseppe Bronco, Silvano Fumagalli, Don Camillo.
Il percorso, che è stato tracciato di recente, è impegnativo perché è un continuo saliscendi, ma è molto bello e segnalato molto bene.
E' un cammino nella nostra natura bergamasca che ti porta anche a scoprire  borgate fuori mano, dove bisogna andarci apposta per vederle.
I punti forti sono i santuari mariani: a partire dalla Madonna delle Grazie  in Bergamo siamo passati dal santuario della Madonna del Perello; del Frassino; della Mercede in Barbata; della Natività della Beata Vergine Maria a Bratto; della Beata Vergine Pellegrina al Passo della Manina; della Beata Vergine delle Grazie ad Ardesio; di Santa Maria Assunta a Clusone; della Madonna delle Grazie a Rovetta; della Madonna di Lantana a Dorga; della Madonna della Torre a Sovere; di Santa Maria Assunta a Gandino e di Santa Maria Maggiore in Città Alta.
Ma abbiamo toccato anche Chiese antiche come San Patrizio sopra Vertova; la Santissima Trinità sopra Casnigo; San Michele Arcangelo a Colarete e tante altre chiesette e cappelle disseminate lungo il percorso.
Siamo passati in località dove sono nati santi come il Beato Tommaso di Olera, il Beato Sandro Dordi, il Beato Alberto da Villa D'Ogna, la Beata Pierina Morosini; abbiamo attraversato terre di artisti come Enea Talpino in Salmezza; Gian Battista Moroni di Albino che hanno raccontato con la loro arte la fede delle nostre borgate.
Siamo passati vicino a cascinali, alcuni abbandonati, altri ristrutturati per essere ancora abitati, tutti, comunque con incisa nella loro pietra l'eco della fatica e della tenacia di uomini e donne che hanno vissuto in sintonia con quelle terre dalle quali hanno estratto il loro sostentamento e la loro cultura.
E poi i boschi, alcuni ben curati, altri allo stato selvaggio, ma tutti profumati di muschio, ricchi di un sottobosco variegato e trapuntato di ciclamini.
Per tutto questo insieme, il cammino merita il titolo di "Alta Via delle Grazie", perché ti fa camminare nella bellezza naturale, culturale e spirituale che è vera Grazia di Dio capace di dare bellezza all'anima di chiunque lo percorre.
Abbiamo trovato ambienti e persone accoglienti come la signora che ad Olera, mentre a mezzogiorno mangiavamo il nostro panino, ha fatto il caffè per tutti interrompendo il suo pranzo, e il marito l'ha assecondata mettendoci a disposizione la bottiglia della grappa, quella vera!
In località "Cannara" nei pressi di una cascina in un bel prato rubato al bosco, una famiglia ci ha messo a disposizione tutto quello di cui avevamo bisogno per rifocillarci e ricaricarci il morale che si era un po' incrinato per la fatica: anche qui acqua fresca, caffè e tanta simpatia con foto di gruppo finale.
Abbiamo trovato parroci disponibili come Don Angelo Oldrati parroco di Nese che è salito appositamente per noi ad Olera e ci ha aspettati per 2 ore per spiegarci la storia di quella contrada, della sua chiesa, dei capolavori che custodisce, e del Santo che la sta rendendo sempre più famosa: Fra Tommaso; o anche come il parroco di Valbondione, don Michele Rota, che ci spalanca l'oratorio all'ora di pranzo e ci mette a disposizione tutte le bibite che gli sono rimaste nel bar chiuso per covid; o come il parroco di Sovere, don Angelo Passera, che ci mette a disposizione i materassi per portarli al santuario della Madonna della Torre dove siamo ospitati.
E poi c'è Anna Serena che sprizza entusiasmo da ogni poro quando ci parla della grande icona del Cristo Risorto che si trova nel cimitero di Novazza; o ci spiega la storia e gli affreschi della chiesa dell'Arcangelo San Michele a Colarete; c'è Boris, il custode croato del santuario del Frassino che, all'apparenza  un po' burbero al primo impatto, lo scopri gioviale e disponibile, voglioso di comunicare. Quando partiamo dal santuario per iniziare una nuova tappa, corre a suonare le campane per salutarci nel modo più festoso possibile mentre la valle sottostante è ancora addormentata.
Dante, che da 55 anni fa il sacrista nella chiesa di Novazza, ci aspetta pazientemente  per la celebrazione della Santa Messa senza farci pesare minimamente il nostro chilometrico ritardo.
Tante persone, tanti luoghi, per ognuno la sua storia... anche questo fa parte del cammino "delle Grazie" insieme alla scontata fatica che irrobustisce il fisico e forgia lo Spirito e imprime come a fuoco nella mente questa esperienza che certamente resterà indelebile insieme a tante altre esperienze di fatica e di bellezza.

                                        don Camillo

mercoledì 9 settembre 2020

DON CAMILLO. Diverso è bello

 


FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

DIVERSO E' BELLO

"Diverso è bello": dovrebbe essere questo lo slogan da lanciare per creare una nuova cultura dell'uguaglianza.
Mi sembra  che il tema dell'uguaglianza oggi sia molto sentito, ma non sia altrettanto capito. Si tende, infatti, a pensare che si è uguali se ognuno può fare tutto quello che fa un altro, o è trattato come sono trattati tutti gli altri.
La mamma che dice di trattare i suoi figli tutti allo stesso modo, pensa di essere meritevole per questo; non pensa , invece, che cancella la loro originalità che li rende unici.
I figli, per essere veramente uguali per i genitori, devono essere trattati da loro diversamente, in base alla loro originalità.
L'equilibrio in questo campo è certamente delicato e va verificato continuamente perché la discriminazione è sempre a portata di mano anche per chi ha le più rette intenzioni.
Ci sono dei diritti e doveri che valgono per tutti e davanti ai quali siamo tutti uguali: sono quelli che permettono ad ogni persona di vivere in modo libero e dignitoso.
Su questa base di uguaglianza ognuno deve sentirsi incoraggiato a realizzar la sua unicità che lo rende diverso da tutti, e a coniugare  questa sua diversità con la diversità degli altri.
Questo per me è la vera uguaglianza che fa della convivenza umana un giardino da favola.

                                       don Camillo


UN GIARDINO DA FAVOLA

E' bello il giardino se è variopinto,
se accanto alla rosa ci sta la violetta;
se nessun fiore ambisce, convinto,
di fare per sé d'applausi incetta.

Sono diversi per colore e statura,
ma questo non rompe la geniale armonia.
Ciò che sa fare la madre natura
diventa per noi una scuola e una via.

E' bello ammirare ogni singolo fiore
e coglier l'incanto che lo rende se stesso;
è proprio per questo eccezionale candore
che sta nel giardino come in tenero amplesso.

Se tutto fosse un colore soltanto
la fiaba sarebbe un racconto al veleno;
le note sarebbero incapaci di canto
e sparirebbe del tutto anche l'arcobaleno.

                                       don Camillo