lunedì 28 febbraio 2022

SERGIO. La violenza regna

 



LA VIOLENZA REGNA

Scendi da valli conosciute,
violenza.
Millenni di storia sono trascorsi,
inutilmente.
Domini sempre.
La mente crea le curve,
che,
oltrepassate,
impediscono la visione
di una marea di gente sofferente.
Ogni futile motivo
incita e giustifica la vendetta.
Siamo sempre oppressi,
mai oppressori.
Triste realtà.



domenica 27 febbraio 2022

DON CAMILLO. L'ultima oasi

 



FONTE: Notiziario parrocchiale settimanale di Albegno e dintorni.

L'ULTIMA OASI

"Tutto si perde con la guerra; tutto si guadagna con la pace".
E' il forte appello che Papa Pio XII rivolse al mondo intero il Giovedì 24 Agosto del 1939, alla vigilia dello scoppio della 2° guerra mondiale che ha causato, oltre alle enormi distruzioni di case, fabbriche, infrastrutture, patrimoni artistici e naturali, ben  60.000.000 di morti tra soldati e civili, senza contare tutti coloro che sono morti in seguito alle conseguenze della guerra.
Eppure, non abbiamo ancora capito!
Non basta nemmeno la pandemia: tanti sforzi per salvarci dal Covid, e poi...tanti sforzi e spese enormi per distruggerci a suon di bombe, di armi chimiche, batteriologiche...
Tutto questo per cosa?
Per spadroneggiare  su risorse che, se ben distribuite, potrebbero bastare per tutti e, unendo gli sforzi, si potrebbero anche migliorare creando benessere per tutti.
Potremmo arrivare anche perfino ad irrigare il deserto e a trasformarlo in prateria se ragionassimo in prima persona plurale anziché in prima singolare.
L'intelligenza con la quale la Divina Provvidenza ci ha dotati per essere davvero i signori del Creato ci porterebbe in quella direzione se non fosse per interferenza del maligno che per invidia ce la offusca.
E noi, da perfetti idioti che hanno la presunzione di essere assoluti e imbattibili, ci lasciamo scippare di tutto il nostro patrimonio di esseri assoluti e imbattibili, per campare di miseria e di morte e lasciare che le praterie diventino deserto e le oasi pozzanghere di sangue.
E' qui che noi dovevamo creare un'alleanza globale fra tutti i popoli e riempire le strade e le piazze di tutte le città e i paesi, da quelle più popolose a quelli più piccoli e dispersi, per contestare e gridare forte il nostro diritto a salvare l'ultima oasi capace di renderci sazi: l'intelligenza.

                                    don Camillo

L'ULTIMA OASI

C'era una sorgente nel deserto,
oasi per uomini e animali;
bastava per tutti in concerto
quando tutti attingevan normali.

Ma quando qualcuno s'impose
per esserne assoluto padrone
la fonte, indignata, rispose:
"Maledetto losco predone!"

Chiusa in recinto spinato
senza più amici a far festa,
ripensa, triste, al passato
del quale più nulla le resta.

Un guizzo di gioia la scuote
quando vede tagliare il recinto:
"Forse ritornan le note...
Forse la vita che ha vinto...".

D'improvviso il sogno è troncato
da uno sparo che fa eco nel vuoto;
dentro lei si riversa, straziato,
un amico che le era ben noto.

Sospinto da una folla che langue
ha osato forzar la barriera;
quell'acqua si è tinta di sangue
non più si ritrova com'era.

Rimane  aperta la breccia
in quel prepotente steccato,
ma non c'è ombra di vita che intreccia
quell'acqua che il sangue ha inquinato.

                                  don Camillo





lunedì 21 febbraio 2022

DON CAMILLO. Il giardino più bello

 



FONTE: Notiziario parrocchiale settimanale di Albegno e dintorni.

IL GIARDINO PIU'  BELLO

Non mi piace il giardino ben squadrato
tipo quello di fattura stile inglese
dove il prato è sempre tutto ben tagliato
e dove l'erba non riserva mai sorprese.

A me piace solo il prato variopinto
dove l'erba è da molteplici sementi
e i fiori di ogni specie hanno vinto
il rigore degli schemi inclementi.

E' il giardino che rispecchia la natura
pura, semplice  e di ricca fantasia,
che accoglie e non rifiuta per paura,
ma riserva per ognuno cortesia.

E' l'insieme dei diversi a render bello
il paese in cui vive tanta gente,
dove il saggio parla e ride col monello
e dove l'uomo dalla donna non dissente.

A me piace il giardino dove il nero
non è visto come razza da salvare,
ma soltanto come donna e uomo vero
insieme al bianco, al giallo e al rosso da amare,

C'è chi vuole fabbricare dei recinti
per ognuna delle specie disprezzate
perché pensano così, e son convinti,
che in tal modo sian ben valorizzati.

C'è di meglio dentro l'animo umano
se dall'inizio con saggezza  è stimolato:
siam capaci di tenerci per la mano
e trasformare in fioriera ogni steccato.

                                  don Camillo




VIVERE INSIEME. Senza fissa dimora


 


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" dicembre 2021.
Articolo: "Senza fissa dimora" di ANTONELLA DURSI.

DEFINIZIONE

"Senza fissa dimora": un tempo venivano così indicati anche gli zingari, in quanto nomadi (come pratica di vita) e coloro che, per la loro attività lavorativa, viaggiavano frequentemente e  vivevano in roulotte, ad esempio i giostrai e i lavoratori del circo.
La situazione è cambiata con gli anni. Oggi "senza fissa dimora" sono soprattutto le persone in gravi difficoltà per questioni economiche e sociali che, appunto, una dimora non l'hanno.
Secondo l'Istat, "una persona è considerata senza fissa dimora quando versa in uno stato di povertà materiale e immateriale, che è connotato dal forte disagio abitativo, cioè dall'impossibilità e/o incapacità di provvedere autonomamente al reperimento e al mantenimento di un'abitazione in senso proprio".

IN CONCRETO

Ma che cosa comporta essere "senza fissa dimora"?
Tralasciando i problemi di natura pratica ed economica, non avere una dimora fissa fa perdere il diritto alla residenza, che per il Codice civile è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale (art. 43, II comma c.c.). E questo, a cascata, determina la perdita del diritto alla salute, non tanto come diritto tutelato dalla stessa Costituzione (art. 32) - infatti sono assicurate le prestazioni al pronto soccorso -, quanto come possibilità di cura, per cui bisogna avere un medico di base e una tessera sanitaria, che viene rilasciata solo a chi ha la residenza. Se non si ha la residenza non si può rinnovare la carta d'identità, quindi non si può avere un documento di riconoscimento. E viene meno il diritto a qualsiasi prestazione previdenziale, anche se negli anni precedenti si è lavorato e sono stati pagati i contributi. Inoltre, non si ha diritto al lavoro, perché chi è senza fissa dimora non può iscriversi al centro per l'impiego, aprire una partita Iva, lavorare legalmente.

RESIDENZA & DOMICILIO

Senza residenza anagrafica non è possibile usufruire dei servizi sanitari, socio-assistenziali e abitativi. Dunque, non resta che richiedere un domicilio. L'ordinamento ha stabilito, infatti, che è possibile ottenere una residenza anagrafica qualora si possieda un domicilio, che in base all'art. 43 del Codice civile è il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessi, che non deve per forza essere un'abitazione, potendo essere anche una ben individuata panchina di un giardino, un determinato vagone di treno in una stazione ferroviaria, anche una grotta. Il nostro ordinamento prevede, infatti, la possibilità per la persona senza dimora di stabilire la residenza nel luogo del proprio domicilio, ovvero nel Comune in cui la persona vive di fatto e, in mancanza di questo, nel Comune di nascita. La persona "senza fissa dimora" può iscriversi quindi con una residenza fittizia, utilizzando un indirizzo inesistente, una via virtuale, individuata dalllo stesso Comune che, in questo modo, può provvedere all'iscrizione anagrafica.

VIA FITTIZIA

La persona senza fissa dimora viene iscritta in una via fittizia, territorialmente non esistente, ma equivalente in valore giuridico, una via dove non vive nessuno e che in realtà non esiste, ma che viene istituita proprio per dare la possibilkità anche alle persone senza dimora di ottenere la residenza e i diritti a essa connessi. L'istituzione di una via fittizia può essere, infatti,  un primo strumento con il quale dare riconoscimento alle persone e al loro diritto di ricevere la posta o gli atti ufficiali, agevolare l'identificazione della persona e della sua storia sociale. Ogni limitazione nell'accesso a tali diritti e prestazioni nei confronti di coloro che sono iscritti in una "via virtuale" è da ritenersi illegittima. Presso il ministero dell'interno, in seguito alla riforma del 2019, esiste un apposito registro in cui vengono inserite tutte le persone che risultano senza fissa dimora.

ASSOCIAZIONI

Chi può aiutare i senza fissa?
In questo labirinto burocratico il ruolo  delle associazioni sul territorio è fondamentale. Difficoltà nelle pratiche, mancato dialogo tra  le istituzioni, discrezionalità e discriminazioni, barriere linguistiche sono le cause principali per cui, senza l'intervento diretto e la presa in carico delle associazioni, non sarebbe possibile offrire una tutela a queste persone.                                                               


mercoledì 16 febbraio 2022

LIBRI. "La balena alla fine del mondo" di John Ironmonger

 



   LIBRI  CONSIGLIATI  DA  LORIS  FINAZZI ,       GRANDE  DIVORATORE  DI  VOLUMI   


"LA BALENA ALLA FINE DEL MONDO" di John Ironmonger edito da Bollati Boringhieri.


Quando un giovane uomo viene ritrovato senza vestiti e privo di sensi sulla spiaggia di St Piran, piccolo paese della Cornovaglia, gli abitanti del luogo capiscono che non sarà un giorno come gli altri.
Chi è costui, e come è arrivato fin lì? E che dire della balena che il giorno dopo si arena proprio davanti alla stessa spiaggia? Presto capiamo che l'uomo, Joe Haak, è un giovane analista finanziario che ha creato un  programma per prevedere l'andamento del mercato.
L'idea è che tutto sia connesso con tutto, e un piccolo movimento in un posto qualunque possa generare una cascata di eventi che permettono al programma di estrapolare dati sufficienti per fare investimenti in anticipo e trarre profitto.
Dopo qualche successo, il programma fallisce miseramente una previsione, facendo crollare la banca intera. Joe non regge la tensione, scappa, arriva a St Piran e decide di buttarsi in mare, dove viene salvato dalla stessa  balena che lui salverà il giorno dopo.
Ma grazie ai suoi studi, quando scoppia il primo caso di influenza in Asia, Joe saprà esattamente che cosa bisogna fare...
Con questo romanzo divertente e pieno di calore, John Ironmonger  ci racconta una storia appassionante sulle cose importanti che ci tengono insieme, e come la speranza possa essere mantenuta viva, anche quando ci sembra di essere arrivati alla fine del mondo.




martedì 15 febbraio 2022

SALUTE. Sano come un ultracentenario

 

FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" luglio-agosto 2021.
Articolo: "Sano come un ultracentenario" di ROBERTA VILLA.


Più si invecchia più in genere aumentano le probabiltà di ricevere una diagnosi di malattie di cuore, tumori, demenze. Ma arriva un punto in cui la curva cambia direzione e il rischio non aumenta più, anzi diminuisce: chi arriva  a 100 anni ha minori probabilità di sviluppare un infarto, l'Alzheimer o di morire di cancro. Molti centenari stupiscono per le buone condizioni mentali e di salute. E chi muore oltre i 105 anni spesso si addormenta senza accorgersene o solo dopo pochi giorni dal peggioramento delle condizioni.
Sulla questione gli scienziati si arrovellano da tempo. Significa che, superata la fase critica, ci sono meno minacce alla salute  o che le stesse condizioni che tengono alla larga le malattie croniche più comuni facilitano il raggiungimento di compleanni record?Questa seconda ipotesi gode  di maggior fortuna, ma apre anche altre domande: riuscire a passare indenni l'età dei primi acciacchi per arrivare in ottima forma a spegnere cento candeline è questione di geni o di stili di vita? E' un dono che ci arriva in eredità dai nostri genitori o un risultato da conquistare con le nostre scelte? Probabilmente entrambe le cose, anche se i ricercatori si dividono tra chi dà maggior peso alle caratteristiche genetiche e chi all'ambiente (dall'inquinamento di aria e acqua al livello di stress lavorativo, dall'alimentazione alle consuetudini di una popolazione), ma anche alle scelte individuali, come quella di fumare.
Una componente ereditaria probabilmente c'è: un'alta aspettativa di vita spesso si ritrova in diversi membri della stessa famiglia. Dal punto di vista biologico, l'invecchiamento va di pari passo con un accorciamento delle estremità dei cromosomi, i bastoncini formati dal Dna arrotolato che, nel nucleo delle cellule, contengono le nostre informazioni  genetiche. L'accorciamento di tali estremità dette "telomeri", come una bomba a orologeria segna il tempo rimasto alla cellula e, a un livello superiore, all'individuo.
La tendenza ereditaria a vivere più a lungo può esprimersi attraverso un rallentamento di questo processo ed è determinata da geni specifici che si stanno studiando.  Un gruppo guidato da Claudio Franceschi, dell'Università di Bologna, uno dei massimi esperti italiani, ha analizzato il genoma di un'ottantina di super centenari del nostro Paese, con un'età media di 106 anni, confrontando i risultati  con quelli di trentasei sessantenni sani provenienti dalle stesse aree geografiche. Sono state così scoperte, in persone estremamente longeve, caratteristiche genetiche peculiari, che consentono di riparare con maggior efficienza gli errori di replicazione del Dna. La controprova è venuta dal confronto tra oltre trecento ultracentenari e altrettanti soggetti più giovani di controllo. I centenari hanno un identikit genetico caratteristico.
E' possibile, quindi, con un test sapere da giovani quanto avremo ancora da vivere? No, e non solo perché si tratta di risultati preliminari, ancora tutti da confermare. I geni sono la materia prima di cui disponiamo alla nascita, ma nella maggior parte dei casi abbiamo molti strumenti per plasmare  il destino che ci è stato assegnato. Comportamenti poco salutari possono bruciare il privilegio di avere geni doc, mentre attraverso la prevenzione è possibile recuperare un minor vantaggio di partenza. Uno studio pubblicato su "Nature" da Paola Zaninotto della University College di Londra lo ribadisce con forza. Dall'esame di quasi 30 mila ultracinquantenni sulle due coste dell'Atlantico è emerso che sono quattro le principali minacce a una vita lunga e priva di disabilità: alcol, fumo, inattività fisica e obesità. All'aumentare di questi fattori, cala l'aspettativa di vita. Rispetto a chi ha almeno due di queste caratteristiche, chi non beve, non fuma, si muove e ha un  peso sano può aspettarsi di vivere undici anni in più senza disabilità e dodici senza malattie croniche. Ne vale la pena, no?

lunedì 14 febbraio 2022

STORIE DI VITA DI ZANDOBBIO. Cumetti Angiolina

 



FONTE: libro "Sul filo dei ricordi...2" ideato e stampato dal GRUPPO PARROCCHIALE PER LA TERZA ETA' di Zandobbio.

Ricordando mia madre morta il 29 dicembre scorso.

VA E VIENI DALLA FRANCIA

Il mio nome è Angiolina Cumetti e sono nata a Zandobbio il 27 settembre 1927, sono vedova di Paolo Finazzi che mi ha lasciato il giorno di Pasqua del 2006.
Nel libro Sul Filo dei Ricordi... Paolo ha parlato della sua vita e quindi anche della mia, dopo il matrimonio celebrato il 9 ottobre 1948. Ora invece desidero raccontare brevemente i miei primi ventuno anni di esistenza.
Sono nata, come anche mio fratello Nino che vive in Canada, alla cascina della Madonna della Neve dove abitavamo con papà Alessandro e mamma Maria Plebani, insieme alla numerosa famiglia  di nonno Cesare Plebani.
Siamo rimasti a Zandobbio per circa due anni, poiché mamma Maria essendo la più anziana delle sorelle ha dovuto fare un po' la chioccia a tutti i fratelli, essendo prematuramente scomparsa la loro mamma.
Poi papà Alessandro decide di emigrare da solo in Francia, dove trova lavoro come boscaiolo.  Dopo un anno mamma Maria lo raggiunge insieme a noi due figli. La vita è dura, abitando nei primi tempi in una capanna di legno costruita da papà ai margini del bosco. Tuttavia egli guadagna bene e riusciamo così a trasferirci in una casa in muratura presa in affitto.
Nel 1933 la mamma muore di peritonite a soli 28 anni: è una tragedia per tutta la famiglia, sopratutto per me che ho sei anni e Nino cinque.
Rientriamo in  Italia e papà sposa la cognata Diletta Plebani, con la quale rientra in Francia, lasciando me e Nino in custodia a nonno Battista Cumetti,  che abita alla cascina Fornace. Alla fine delle scuole elementari papà Alessandro ci riporta in Francia, dove nel frattempo sono nate Maria ed Antoinette, le nostre due sorellastre.
Nel 1940 scoppia la guerra: con l'occupazione  della Francia da parte dei tedeschi tutti gli italiani sono costretti a lasciare il suolo francese.
Rientriamo ed andiamo ad abitare in via Rivi in affitto nella cascina Martinelli. Sono tempi durissimi e papà sbarca alla meno peggio il  lunario nei boschi, dove lo aiuta la sua eccezionale forza fisica.
Dopo pochi mesi dal ritorno, avevo quattordici anni, vado a Vercelli a lavorare nello stabilimento tessile  della Chatillon, accompagnata da Giannina Belotti, dove lei era già occupata come operaia.
Rimango a Vercelli fino alla fine della guerra, senza rientrare a casa per circa due anni.
Eccomi di nuovo a Zandobbio. Trovo lavoro presso una maternità privata a Bergamo, ma dopo pochi mesi riesco a frequentare il corso di infermiera presso il Pio Albergo Trivulzio (meglio conosciuto come Baggina) di Milano, dove lavoro per altri tre anni, fino al matrimonio con Paolo e quindi rientro definitivamente a Zandobbio.
Un bel girare alla mia giovane età, condiviso a Vercelli e a Milano con altre giovani zandobbiesi con le quali ho passato anche tanti momenti di spensieratezza e di amicizia.
Dal matrimonio con Paolo sono nati tre figli: Sergio, Agostino e Mariella.
Ora sono quasi al capolinea della vita e ringrazio il buon Dio di tutto quello che mi ha donato, nella speranza che mi conceda una dolce morte.

                                       Angiolina Cumetti
                                           classe 1927









martedì 8 febbraio 2022

SCUOLA. La classe senza cattedra

 

FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" gennaio 2022.
Articolo: "La classe senza cattedra" di DANIELE NOVARA.

Fu quella di Mario Lodi. Un modello di scuola, la sua, basato sulla cooperazione, in cui i bambini costruiscono il loro apprendimento e lavorano insieme. Il contrario della scuola basata sulla triade lezione-studio-interrogazione.

Nasceva - cento anni fa - Mario Lodi. Il maestro che tutti gli alunni avrebbero voluto avere. Il maestro di quella scuola in cui i bambini non ascoltano lezioni, ma lavorano insieme per affrontare e risolvere problemi, per scrivere il giornalino, per fare ricerche, per vivere un vero laboratorio di apprendimento. Soprattutto, il maestro di quella scuola in cui i bambini si vogliono bene, comunicano, parlano, non sono obbligati a seguire passivamente le spiegazioni dell'insegnante.
"Un giorno, osservando dalla finestra della mia aula, giù in cortile, i ragazzi che vivevano liberi, felici, feci un confronto con loro stessi qui, nei banchi in cui erano obbedienti, rassegnati, senza idee, mentre laggiù erano vivi e ricchi di fantasia. Da quel giorno io dissi basta a un vecchio tipo di scuola, la scuola autoritaria dove io comandavo e loro obbedivano, per incominciare  un nuovo tipo di scuola in cui, liberando i ragazzi liberavo anche me, davo un senso alla mia vita... E poi la bellezza di non comandare, specialmente ai bambini ai quali comandano tutti. Ecco, mi pare che tutto sia nato in quel giorno che guardai dalla finestra quei bambini liberi di giocare". (Il paese sbagliato, Einaudi)
Nelle sue classi Mario rifiutò la cattedra e rifiutò la predella sotto alla cattedra, anzi - come raccontava lui stesso - la utilizzava per farne una biblioteca, la famosa biblioteca scolastica dove i bambini condividevano i libri e dove, a un certo punto, furono loro stessi a scriverli.
Mario Lodi può essere ricordato per tantissimi motivi, ma senz'altro è stato il primo a realizzare libri insieme con i bambini. Il suo Cipì, la storia di un uccellino e della sua vita, libro tradotto in tutto il mondo, dopo Pinocchio può considerarsi l'opera più preziosa della letteratura infantile italiana. Una preziosità legata al modo in cui venne realizzato: coinvolgendo i bambini, creando quella scrittura collettiva che fu il trait d'union con don Lorenzo Milani, di cui è nota la collaborazione e l'amicizia con Lodi.
Mario aveva l'età di mio padre, ma dagli anni Ottanta, quando ero ancora molto giovane, diventammo amici. Ci univa la passione per l'educazione alla pace contro la guerra, gli armamenti e le spese militari. Diceva: "Io non so perché  i libri di storia sono tutti una vicenda di guerra e di pace. E invece non si descrive la funzione che ha avuto il pensiero nonviolento da Gandhi a Luther King, a Tolstoj".
Il suo modello di scuola fu quello della cooperazione, dove i bambini costruiscono il loro apprendimento e lavorano insieme; il contrario della scuola basata sulla triade lezione-studio-interrogazione. Faceva parte di quell'incredibile momento creativo della pedagogia italiana degli anni Settanta, quando, primi al mondo, riuscimmo a chiudere le classi differenziali portando gli alunni disabili in  aula assieme ai loro compagni.  Quegli anni in cui finalmente i genitori poterono entrare nella scuola attraverso le leggi sulla partecipazione democratica. Gli anni di Gianni Rodari, Danilo Dolci, dell'eredità della scuola di Barbiana e di un fermento che attraversava le mura scolastiche rendendole un luogo di cultura condivisa e non semplicemente trasmessa dall'alto al basso.
Penso che la memoria di quei tempi possa diventare l'occasione per un nuovo rinascimento educativo che attraversi la scuola ma anche la società. Lavorare a favore  della crescita dei bambini e dei ragazzi rappresenta una straordinaria opportunità per migliorare le radici stesse della nostra vita civile e della nostra democrazia.


lunedì 7 febbraio 2022

DON CAMILLO. Stupore: capacità inibita?

 



FONTE: Notiziario parrocchiale settimanale di Albegno e dintorni.

STUPORE: capacità inibita?

Io non so come definire l'epoca in cui vivo.
C'è chi la indica come l'epoca post-industriale; per altri è la post-cristiana; per altri ancora è l'era del virtuale...Io la definirei l'epoca dell'aridità spirituale.
Comunque sia, credo che una caratteristica del nostro tempo sia la fretta.
Abbiamo la giornata, la settimana, l'intero anno fitti di scadenze, di impegni, di appuntamenti di ogni tipo. Per stare  nei tempi dobbiamo correre, fare in fretta; vietato soffermarsi su qualcosa, pena l'inceppamento della gestione quotidiana!
Sembra che la parola d'ordine sia: efficienza!
Bisogna arrivare dappertutto; far quadrare tutto.
Siamo convinti che dobbiamo essere così se vogliamo essere costruttivi e lasciare la nostra impronta là dove passiamo.
Non ci rendiamo conto che, invece, è l'esattamente opposto.
Nel ritmo frenetico non ci concediamo,la possibilità di soffermarci ad osservare quello che ci sta attorno, a stare in ascolto delle persone che incontriamo o con le quali viviamo; a riflettere  sugli eventi che succedono per coglierne il significato più profondo e più vero senza limitarci a schierarci, per pigriza mentale, a destra o a sinistra, con chi grida di più o ha i testimoni più famosi.
Mi ricordo quando ero nelle medie nel seminario di Clusone (inizi degli anni '60): il professore di lettere (d. Aldo Morandi) tutte le mattine, a passeggiare tra le aiuole dopo la preghiera in chiesa e prima della colazione, in primavera portava il nostro gruppo classe a passeggiare tra le aiuole che avevamo dissodato e coltivato a giardino, per farci osservare di giorno in giorno la forza della vita che pian piano si affermava. Era un modo intelligente per stimolare dentro di noi quella capacità che si chiama "stupore", in grado di sollecitare in noi  altre capacità collegate, quali: la sensibilità; la delicatezza; l'amore per la natura, e soprattutto l'attenzione e la cura verso le persone.
Nelle vecchie statuette del presepio c'è un figurante inginocchiato davanti a Gesù bambino, cappello in mano e volto illuminato dallo stupore.
Oggi la cultura della fretta ha cancellato in noi, insieme ad altre cose, questa esperienza  dello stupore.
Quella dello stupore, essendo una capacità naturale, non la si può insegnare. Si tratta solo di stimolarla, perché, poi, sa svilupparsi da sola attraverso percorsi personalissimi ed unici per ognuno di noi. Per questo dobbiamo bandire la fretta, la cultura dell'efficienza, la voglia di arrivare dappertutto, e dedicare tempo per osservare, ascoltare, riflettere...Il resto vien da sé. Addirittura potrà capitare di trovare motivo di stupore anche là dove avresti esclusa ogni possibilità.
Perderemo certamente la produttività, ma acquisteremo in profondità e umanità. E' quello di cui abbiamo estremo bisogno per dare stabilità a quello che facciamo e ai rapporti che creiamo, evitando il rischio di distruggere in breve tempo ciò che abbiamo costruito con tanta fatica e salti mortali.

                                                 don Camillo


STUPORE

Godo i tuoi grandi occhi neri
spalancati sulla vita che si affaccia:
sono sguardi belli, puri e sinceri
san trovare un po' dovunque bella traccia.

Innocenza predisposta alla bellezza
la ricerchi scrutando in ogni dove
e la trovi dentro il vento e nella brezza,
quando il sole è alto in cielo e quando piove.

Sai stupirti per un volo di farfalla,
per la goccia di rugiada sulla foglia,
per la pianta dalla chioma verde o gialla:
tutto quanto, grande o piccolo, t'invoglia.

Vorrei tanto ritrovare quello sguardo
per tornare a stupirmi d'ogni cosa;
saper cogliere  nello sciocco e infingardo
il profumo e il colore della rosa.

In ognuno, in ogni gesto ed evento
è presente nel segreto una ricchezza;
anche in ciò che sembra scarto o anche spento
puoi trovare un tesoro, una certezza.

Basta avere gli occhi grandi d'un bambino:
san scrutare oltre il buio e l'apparenza;
resterò a contemplar nel mio cammino
meraviglie della Fede e della Scienza.

                                          don Camillo



venerdì 4 febbraio 2022

PARR.S.GIORGIO M. DI ZANDOBBIO. 18° anniversario morte p. Simone Vavassori

 



Giovedì 10 febbraio ricorre il diciottesimo anniversario della morte di p. Simone.

Il ricordo della tua persona è indelebile nel mio cuore.

                                           Ciao Simone

martedì 1 febbraio 2022

RES PUBLICA. Un mondo libero da armi nucleari

 

FONTE: "MISSIONARI SAVERIANI" gennaio 2022.
Articolo: "Un mondo libero da armi nucleari" di PIERGIULIO BIATTA (Presidente Opal).

Quando sentiamo parlare di armi nucleari, pensiamo che sia una questione che riguarda le grandi potenze mondiali: Stati Uniti e Russia (rispettivamente 5.800 e 6.375 ordigni nucleari), ma anche Cina (320 bombe), Francia (290 bombe), Regno Unito (215 bombe) e poi alcuni Paesi che negli anni hanno iniziato a produrle e dispiegarle come India (150 bombe), Pakistan (160 bombe), Israele (90 bombe) e di recente la Corea del Nord (si stima sia dotata di una decina di bombe nucleari). Una potenza di fuoco che, se utilizzata, è in grado di distruggere l'intero pianeta.

Pochi sanno, invece, che ordigni nucleari sono dispiegati anche in alcuni Stati europei che non sono produttori di bombe nucleari: tra questi Germania, Belgio, Olanda e Italia. I Paesi dell'Alleanza  Atlantica (Nato) già dagli anni cinquanta hanno infatti sviluppato e promosso il programma di nuclear sharing (condivisione nucleare), che prevede il dispiegamento, sul loro territorio, di armi nucleari tattiche e strategiche fornite dagli Stati Uniti. Anche se diminuiti nel tempo, secondo fonti accreditate, i suddetti quattro Paesi europei ospiterebbero tuttora una ventina di bombe nucleari ciascuno.

In Italia, almeno 20 bombe nucleari sono presenti nella base dell'aeronautica militare americana di Aviano (Pordenone) e altrettante nella base dell'aeronautica italiana di Ghedi (Brescia). Sono bombe del tipo B61 in fase  di rinnovamento per essere impiegate anche sui nuovi cacciabombardieri F-35. Bombe ben più potenti di quelle sganciate in Giappone durante la Seconda guerra mondiale, tanto che, anche solo in caso di incidente, le persone raggiunte dal fungo radioattivo in Italia potrebbero essere dai 2 ai 10 milioni: a Hiroshima e Nagasaki furono circa 300mila le vittime.

Nonostante già dal 1970 sia in vigore il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), diversi Stati - tra cui India, Pakistan, Israele e Corea del Nord - non vi hanno aderito e hanno prodotto i propri ordigni nucleari, mentre le principali potenze (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Uniti) hanno continuato a sviluppare nuovi sistemi nucleari. Oltre all'enorme spesa (il costo globale dei programmi nucleari è di circa 72 miliardi di dollari all'anno,  cioè 24 volte di budget delle Nazioni Unite), la minaccia dell'olocausto nucleare pesa come una spada di Damocle sull'umanità intera.