domenica 31 agosto 2014

VIVERE INSIEME. Le beatitudini.


In questo momento in cui sembra che il Male (o il bene mascherato) abbia preso il sopravvento sul Bene, mi hanno preso alcune pagine del romanzo "Io sono Dio" di GIORGIO FALETTI edito da B.C.Dalai editore.
 
La trama  parla di un attentato a New York e un sacerdote cattolico fa l'omelia nella messa principale della domenica  nella sua parrocchia.
 
"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
 
Il reverendo McKean era in piedi davanti al leggio sulla sinistra dell'altare, sopraelevato di un paio di gradini rispetto al pavimento della chiesa. Quando la sua voce profonda arrivò alla fine della lettura, rimase un attimo in silenzio, con gli occhi fissi sulla pagina, per lasciare alle sue parole il tempo di percorrerla. Non era un viaggio lungo ma di certo in quel momento non era un viaggio facile. Infine rialzò il capo e fece scorrere lo sguardo per la chiesa piena di gente.
Poi iniziò a parlare.
"Le frasi che avete appena sentito appartengono a uno dei sermoni più famosi di Gesù. Lo è diventato non solo per la bellezza di queste parole, per la loro forza evocativa, ma per la sua importanza nei secoli a venire. In questi pochi passi è compresa l'essenza della dottrina che per gli ultimi tre anni della sua vita ha predicato. Colui che facendosi uomo ha portato sulla terra un nuovo patto fra gli uomini e il Padre, con il suo messaggio ci ha indicato la speranza ma non ci ha invitati alla resa. Non significa che ognuno di noi deve accettare passivamente quello che può arrivare di ingiusto, di doloroso, di funesto in un mondo fatto da Dio ma governato dagli uomini. Tuttavia ci ricorda che la nostra forza e il nostro sostegno nella lotta di ogni giorno stanno nella Fede. E ce la chiede. Non ce la impone, semplicemente come un amico ce la chiede."
Fece una pausa e chinò di nuovo gli occhi sul leggio davanti a lui. Quando rialzò la testa lasciò senza vergogna che ogni persona presente vedesse le lacrime che gli scorrevano sulle guance.
"Tutti voi sapete quello che è successo nella nostra città ieri sera. Le immagini terribili che ognuno di noi ha negli occhi non sono nuove, come non sono nuovi lo sgomento, il dolore, la pietà quando ci  si trova di fronte a prove come quella che siamo stati chiamati a superare."
Lasciò ai presenti un istante per capire, per ricordare.
"Che tutti siamo stati chiamati a superare, fino all'ultimo uomo, perché il dolore che colpisce uno solo di noi colpisce tutto il genere umano. Essendo fatti di carne, con le nostre debolezze e le nostre fragilità, quando arriva un fatto luttuoso e inatteso, un fatto incomprensibile che coinvolge la nostra esistenza e supera la nostra tolleranza, il primo istinto è quello di chiedersi perché Dio ci ha abbandonato. Di  chiedersi perché, se siamo suoi figli, permette che accadano queste cose. Lo fece anche Gesù, quando sulla croce aveva sentito la sua parte umana esigere il tributo di dolore che la volontà del Padre gli aveva chiesto. E badate bene che in quel momento Gesù non aveva Fede....."
Fece una pausa. C'era in chiesa un silenzio nuovo, quella domenica.
"In quel momento Gesù era la Fede."
Il sacerdote aveva sottolineato in modo particolare quella frase, prima di proseguire.
"Se è successo all'uomo che è venuto al mondo con la volontà di portarci la redenzione, è comprensibile che possa  accadere anche a noi, che di quella volontà e di quel sacrificio siamo i beneficiari e della quale rendiamo grazie ogni volta che ci accostiamo a un altare."
Una nuova pausa e la sua voce ritornò per tutti quella di un confidente e non di un peccatore.

"Vedete, un amico si accetta per quello che è. A volte dobbiamo farlo anche quando non capiamo, perché la fiducia in certi casi deve andare oltre la comprensione. Se agiamo in questo modo per un amico, che è e resta un essere umano, a maggior ragione lo dovremo fare per Dio, che è nostro padre e che è nello stesso tempo il nostro migliore amico. Quando non capiamo, dobbiamo offrire in cambio quella Fede, che ci viene chiesta anche se siamo poveri, afflitti, se abbiamo fame e sete, se siamo perseguitati, insultati, accusati ingiustamente. Perché Gesù ci ha insegnato che viene dalla nostra bontà, dalla purezza del nostro cuore, dalla nostra misericordia, dal nostro desiderio di pace. E noi, ricordando le parole di Gesù sulla montagna, avremo quella Fede. Perché ci ha promesso che se quello che viviamo è un mondo imperfetto, se quello in cui invecchiamo è un tempo imperfetto, quello che un giorno avremo in cambio sarà un posto meraviglioso, tutto nostro. E non ci sarà tempo, perché sarà per sempre."

domenica 24 agosto 2014

LIBRI. Carissimo amico. Lettera sulla droga di VITTORINO ANDREOLI


VITTORINO ANDREOLI è uno dei più qualificati psichiatri italiani ed è diventato un punto di riferimento per capire gli atteggiamenti e le tragedie umane.
 
Nel libro "Carissimo amico. Lettera sulla droga" edito da Rizzoli, VITTORINO ANDREOLI (come si legge nella presentazione) dice "cosa succede nella relazione tra un giovane e le droghe e dà voce al dolore di chi è costretto a convivere con questa terribile realtà".
 
Tra i molti libri che ha scritto, come non ricordare la serie delle Lettere, "Lettera a un adolescente", "Lettera alla tua famiglia, "Lettera a un insegnante", editi da Rizzoli?

VIAGGI.5.Istanbul.7