mercoledì 29 aprile 2020

ROMANZI. Lo zaino sulle spalle di Loris Finazzi.5


15 AGOSTO 2003
Gloriana guardava il suo Rosso camminarle davanti. Erano quasi arrivati al rifugio Curò e lei era stanca morta. Era la prima camminata in montagna della sua vita e le stava piacendo un sacco.
Questo ragazzo la stava conquistando. Alla grande.
Ezio era innamorato di lei, si vedeva dal suo sguardo e dai suoi continui gesti gentili.
Ma non è succube di me. Finalmente ne ho trovato uno con le palle.
Ormai erano tre mesi che si frequentavano e Gloriana si sentiva sempre più attaccata a questo ragazzo.
Forse lo amo già. E' un casino che non mi sento così bene.
Solo una volta la bellissima bionda si era completamente persa per un ragazzo. O meglio per un uomo.
Adulto. Molto adulto. E sposato!
Ho combinato sempre e solo casini nella mia vita.
Aveva diciassette anni. Da un po' le faceva male un dente e si era decisa ad andare dal dentista. Era passato molto tempo dall'ultima volta che ci era andata, i suoi denti erano forti e bianchi e non avevano mai bisogno di niente.
Dall'ultima volta che lei era entrata in quello studio che sapeva di ospedale, Gloriana aveva subito una trasformazione radicale nel fisico. Da ragazzina alta e secca era diventata una ragazza formosa. Le era venuto un seno prorompente e un culetto a mandolino, che catturava lo sguardo del pianeta maschile. E il viso aveva perduto quell'innocenza da bambina, assumendo un'aria furba e smaliziata.
Lei era pienamente consapevole del suo cambiamento. E anche dei desideri di tutti i ragazzi (e uomini!) che la fissavano. Si era accorta che le piaceva essere ammirata e non faceva niente per nascondere le sue forme.
Aveva iniziato a vestirsi in maniera provocante. Pantaloni aderenti e gonnelline mozzafiato. I capelli le stavano diventando lunghissimi e quando usciva la sera si truccava pesantemente.
Risultato: dimostrava molto più dei suoi diciassette anni. Oltre al cambiamento esterno, la ragazza si sentiva diversa dentro.
Ho una voglia matta di fare l'amore. E' giunta l'ora di conoscere a fondo il corpo maschile.
Fino a quando si era specchiata e si trovava davanti l'immagine di una bambina senza forme e dal viso fanciullesco il bisogno sessuale non si era fatto sentire. Ma poi gli sguardi dei ragazzi si erano fatto troppo insistenti. Le battutacce volgari si erano moltiplicate. Persino i professori la guardavano in modo diverso.
Infine era successa quella cosa dopo la lezione di educazione fisica e da lì i suoi istinti sessuali avevano bussato prepotentemente nella sua testa.
Aveva chiesto al professore di ginnastica di poter finire un quarto d'ora prima perché doveva ripassare storia.
Stava passando davanti alla porta aperta dello spogliatoio maschile. Pensava con ci fosse dentro nessuno. Invece qualcuno c'era. C'era Sandro, anche lui aveva finito prima la lezione. Si era fatto male alla caviglia nella partita di calcetto. Era appena uscito dalla doccia. Si era asciugato ben bene.
In quel momento era nudo. Come mamma l'aveva fatto.
Gloriana, nel tempo di un secondo,  gli aveva fatto una panoramica completa. Dal petto troppo magro e un po' peloso, era scesa al ventre piatto e poi aveva indugiato sulla zona pubica.
Accidenti quanto è lungo!
In effetti Sandro era il super dotato della classe. Aveva lasciato la porta aperta sperando proprio che qualche sua compagna passasse di lì. Ci teneva a far sapere al mondo femminile che lui disponeva di un bell'arnese.
Aveva sorriso a Gloriana, contento che l'avesse visto nudo lei, la più bella di tutto l'istituto di ragioneria.
La bionda non aveva ricambiato il sorriso, anzi aveva urlato al suo compagno di coprirsi e che lui era peggio dei maniaci sessuali. Ma a dispetto delle sue parole era contenta. E molto eccitata. Ci aveva pensato tutto il pomeriggio. E per tutta sera. Aveva tentato di scacciare il pensiero di Sandro nudo, ma i suoi sforzi erano vani.
Poi, nel letto, prima di addormentarsi, per la prima volta nella sua vita si era masturbata. I suoi ormoni avevano finalmente trovato pace. Con le mutandine bagnate e un sorriso sulle labbra Gloriana era sprofondata in un sonno profondo.
Il giorno dopo, alle sedici, aveva l'appuntamento dal dentista. Faceva caldo, quello era un maggio già un po' afoso.
Lei si era messa una mini-gonna molto corta, che a ogni minimo movimento inconsulto le lasciava scoperto il perizoma azzurro. Da quando le era venuto  quel corpo così voluttuoso non aveva più indossato mutandine normali. Solo ed esclusivamente perizoma o tanga molto minimalisti.
La sala d'attesa era piena. Quando era arrivata lei tutti si erano ammutoliti. Due o tre ragazzi non riuscivano a toglierle gli occhi di dosso.
Con quelle gambe così lunghe e affusolate e quella scollatura che lasciava intravedere praticamente tutto, i clienti maschili del dentista sbavavano.
Gloriana lo sapeva e ci giocava alla grande. Ormai la sua voglia di sesso era all'apice e non sapeva quanto avrebbe resistito ancora.
Il dottore comparve dalla porta del suo studio e la chiamò.
Tocca a me. Chissà che tortura mi dovrò sorbire.
Era passato più di un anno e mezzo da quando aveva messo piede lì dentro, ma la paura per l'anestesia, per il trapano, per le pinze era rimasta intatta.
Quando la porta si richiuse dietro di loro, però, tutti i suoi timori scomparvero. Sovrastati dall'eccitamento che sentì nelle proprie parti intime quando i suoi occhi si persero nel corpo alto e muscoloso di Gigi, il dentista.
Gli anni precedenti era soltanto una bimbetta e non aveva notato quanto fosse bello quell'uomo. Ora invece ragionava come una donna e certi particolari non le scappavano.
Come cavolo ho fatto a non accorgermi di quanto è figo questo qua? Ma guarda un po' che bei pettorali e che gambe muscolose che ha. E ha un culo bello sodo. E pure il viso non è male, anzi è proprio bello. Che bella mascella squadrata che ha, sembra un attore. E lì sotto i jeans deve avere una casa molto grossa, sembra che gli esploda fuori tutto! Adesso è meglio che la smetta di guardarlo, sennò si accorge. E poi è sposato e avrà più di quarant'anni! Che cosa cacchio vado a pensare?
Lei era riuscita a smettere di fissarlo, ma lui no.
Quanto era cresciuta questa?
Che gnocca da paura è diventata. Me la ricordavo ancora una ragazzina terrorizzata dai miei strumenti e ora eccola qua più donna che mai. E pure zoccola! Guarda un po' come si è vestita per venire da me. Io con questa Gloriana ci combino qualcosa!
Lui le disse: "Appoggia pure la borsa sul tavolo".
Gigi non smetteva di guardarla negli occhi. Voleva colpirla e affondarla, come aveva fatto con tante donne.
Non era un uomo fedele e sua moglie, poverina, non si era mai accorta delle sue frequenti scappatelle.
Gloriana era confusa. Si rendeva conto che quell'uomo la continuava a fissare e sentiva un piacevole formicolio percorrerle tutto il corpo.
Prima di appoggiare la borsa indugiò ancora un attimo nei suoi occhi. Lo sguardo deciso e pieno di desiderio del dentista la mandò definitamente in confusione. La borsa le cadde dalle mani e tutto il contenuto si sparse per terra.
Che figura di merda. Come minimo Gigi mi prenderà per una bambinetta impaurita. Adesso gli faccio vedere io cosa sono capace di fare.
Si abbassò a raccogliere le sue cose.
Ma non piegò le gambe!
Il suo corpo faceva novanta gradi e il gonnellino, già succinto di suo, si sollevò, lasciando scoperto quasi per intero il sedere.
Il dentista non credeva ai suoi occhi. La vista del perizoma e di quelle natiche sode e abbronzate fecero impazzire i suoi ormoni.
Cazzo, questa ragazzina mi sta provocando alla grande. Non me la sono mai fatta una così giovane. E' giunto il momento! Ma devo stare attento a non farmi sentire di fuori, c'è pieno di clienti.
Con le sue prede non aveva mai fatto niente dentro lo studio. Era troppo rischioso. Capiva subito le donne che volevano combinare qualcosa con lui.
La frase era più o meno questa:
"Gigi, non chiamarmi più a casa quando devi fissare la data per il controllo, tanto non mi troveresti mai. Ti do il mio numero di cellulare, così mi becchi di sicuro".
Il dentista capiva tutto. Capiva che un'altra preda sarebbe caduta nei suoi artigli.
Ma la ragazzina non poteva lasciarsela scappare. La voleva lì, nel suo studio, prima che lei magari cambiasse idea.
Le si mise di fianco per aiutarla a rimettere ordine. Le loro mani si sfiorarono. Lui la fissò a lungo negli occhi. Lei non distolse lo sguardo. Lui se la tirò a sé e la baciò.
Lei non oppose alcuna resistenza.
Lui le fece segno di non fare rumore, la prese in braccio e la portò nello sgabuzzino attiguo allo studio.
La mise in terra e incominciò a spogliarla e a leccarla da tutte le parti. Lei provò un piacere mai provato. Lui si calò i pantaloni e le mutande, liberando il suo membro.
Lei rimase impressionata dalla grossezza di quel coso, ma non ebbe paura. Anzi iniziò ad accarezzarlo. Poi lui le allargò le gambe, si mise un preservativo che aveva preso da un armadietto lì intorno ed entrò dentro di lei.
Che male! Forse il suo coso è troppo grosso.
Poi però al dolore subentrò il piacere e Gloriana si lasciò andare tra le onde di quel dolce mare.
Aprì gli occhi solamente quando lo sentì venire. E lì, in quella squallida stanzetta, sdraiata nuda sul pavimento, si sentì invadere da un grosso senso di colpa.
Che cosa ho combinato? Questo qua è sposato e ha pure dei figli e mi sono lasciata abbindolare da lui. Ha ragione mio padre quando mi dice che vado in giro vestita da troietta. Paparino mio, hai come figlia una vera e proprio zoccola.
Un po' era contenta però. Lei odiava suo padre. Lo odiava nel profondo. Erano mesi che la insultava per il suo abbigliamento e nello stesso tempo le suggeriva di fare un fidanzato che lavorasse tanto e con i soldi.
Sarai contento adesso però. Mi ha sverginato un dentista pieno di soldi e che lavora molte ore al giorno.
Lui si era tirato su i pantaloni. Gloriana invece non riusciva a trovare le forze per alzarsi.
Era confusa. Voleva addormentarsi e risvegliarsi nel suo letto.
Gigi le prese le mani e l'aiutò a tirarsi su. La baciò sulla bocca, piano. Anche se sapeva di essere una delle tante, Gloriana era già pazza di quest'uomo affascinante. Si vestì, lo abbracciò e lo strinse forte. Si lasciò inebriare dal suo odore sensuale.
Gigi era entusiasta di questa nuova conquista. Così giovane, così bella e soprattutto così innocente.
Questa non me la lascio scappare. Adesso le do un appuntamento e ci faremo un'altra bella scopata.
"Vieni ancora tra due giorni, ok? Vieni verso le sette, così sarai l'ultima cliente e non ci saranno pericoli di essere scoperti".
Gloriana avrebbe voluto dire di no. Pensava alla moglie, cornuta da far paura. Pensava a suo padre, che se l'avesse scoperta l'avrebbe ammazzata. Pensava che lei non era una zoccoletta che si faceva sbattere da un uomo  adulto molto furbo.
Poi guardò Gigi e l'attrazione per quell'uomo vinse su tutto.
"Va benissimo! Ci vediamo tra due giorni, uomo dei miei sogni!"
Lo accarezzo sul viso e se ne uscì tra gli sguardi arrapati dei clienti in sala d'attesa.
Due giorni dopo, quando era arrivata nello studio dentistico, in sala d'attesa non c'era nessuno. Erano le sette in punto. Gigi la sentì arrivare e scattò verso la porta. Era tutto il giorno che ci pensava.
Questa ragazzina mi fa impazzire. Non riesco a pensare nient'altro che a lei.
Il dentista socchiuse la porta e sorrise. Lei lo vide e contraccambiò il sorriso.
Indossava un completino svolazzante, rosso.
Gigi l'abbracciò sollevandola da terra, poi rinchiuse la porta. Per la seconda volta Cappuccetto Rosso era caduta nella tana del lupo.
La loro storia andò avanti per ben due anni. Dopo due mesi dal primo appuntamento decisero che era troppo rischioso continuale a vedersi (e a fare l'amore!) nello studio, e ogni volta studiavano stratagemmi per incontrarsi in altri posti e non farsi beccare. Mai in paese però. Trescore era piccolo e la gente avrebbe incominciato a parlare.
Lo schema era questo: appena Gigi aveva un momento libero faceva un unico squillo a Gloriana. Lei gli scriveva un messaggio su dove si trovava, inventava una qualsiasi scusa e lasciava i suoi impegni a metà, qualsiasi cosa stesse facendo.
L'uomo la passava a prendere e insieme se ne andavano in un posto appartato. A fare l'amore. Anche per due, tre volte di seguito.
Si sentivano come dentro un film. Erano uno pazzo dell'altra.
Gloriana non pensava ad altro che a lui. Con le sue amiche era distante, al punto che il suo mondo si stava riducendo pericolosamente. A forza di raccontare balle stava perdendo la fiducia della gente e tutti ormai sospettavano che si fosse invischiata in una relazione pericolosa. Ma lei niente, non aveva mai confessato la cosa a nessuno. Non le fregava più un cazzo di nessuno, l'importante era vedere lui e farci l'amore.
Il dentista sembrava regredito allo stato di adolescente. Nella sua ventennale carriera di play boy non gli era mai capitato di lasciarsi prendere così tanto da un'amante. Era fuori testa.
Per la prima volta nella mia vita penso di amare una persona. Non ci credo ancora del tutto, ma è così.
Se fosse amore o no, lui le altre donne le aveva lasciate perdere. Non più collezioni di prede, a lui interessava vedere la sua sexy biondina. E basta. Persino con i due figli a casa era poco presente e se ne rendeva conto. Ma non riusciva a stare lontano da Gloriana.
La moglie ormai sapeva che c'era qualcun'altra. Lo tempestava di domande. Lui però era sempre bravo a raccontare menzogne e lei, frustrata, non sapeva più cosa fare.
Una sera Gigi era arrivato a casa e se ne era uscito con una proposta molto strana.
Le aveva detto: "Oggi un mio cliente, che fa l'agente immobiliare, mi ha proposto l'acquisto di una casa. A Poscante di Zogno. E' un piccolo paese disperso sulle colline, fuori da tutto il casino, a mezz'ora da qua. Io ne ho piene le scatole di tutto questo traffico e di tutto il rumore e ho voglia di rilassarmi almeno nei fine settimana. E' una casa piccola, con una cucina, il bagno e due stanzette. E pure un po' di prato. Che ne dici?"
La moglie stentava a credere alle parole del marito.
Quante cazzate che sta sparando. Non ti vergogni proprio di niente, bastardo che non sei altro.
A Gigi non gli era mai fregato niente del traffico e tanto meno di rilassarsi in mezzo alla natura.
Lei lo sapeva il motivo per cui voleva comprarsi una seconda casa. Per potersi scopare tutte le volte che voleva le sue amanti. Pensava ne avesse tante. Non sospettava che il marito avesse perso la testa per una ragazzina.
Adesso gli dico di sì. Ma comprala questa casa in collina, così io ti verrò a trovare, mentre scopi con le altre e sarà l'unico modo per beccarti e allora le tue bugie non serviranno a niente.
In quel momento non le fregava neanche dei soldi che sarebbero stati spesi inutilmente. In quanto a finanze erano sempre stati bene, ma era lei che aveva sempre  insistito per comprarsi una seconda casa, magari al mare. Il marito però aveva sempre  fatto orecchie da mercante. E adesso se ne usciva con questa proposta della casa in collina.
Sei proprio un uomo piccolo, piccolo!
Il giorno dopo Gigi era andato a vedere la casa e aveva firmato il contratto.
Il posto era stupendo: una casetta dispersa nel verde, a pochi minuti di distanza dal casino tipico della Lombardia.

Era giugno e faceva un gran caldo. Domenica pomeriggio tranquilla, Gigi stava giocando con i due figli, di quattro e sei anni. Sua moglie era sul chi va là ed era trascorsa una settimana da quando erano entrati in possesso della nuova casa e non vedeva l'ora di beccare suo marito nella sua nuova alcova d'amore. 
Il cellulare di Gigi squillò. Era arrivato un messaggio, di Gloriana:
"Ho una voglia matta di fare l'amore con te. E' giunta l'ora di inaugurare la tua nuova casa. Dai, liberati da quella palla al piede di tua moglie e passa a prendermi. Ti aspetto nel parcheggio del campo sportivo. Ti amo!"
L'uomo ebbe un fremito all'inguine.
Questa ragazza mi manda in orbita. Adesso mi invento una scusa e me ne vado. Tanto la mia mogliettina non si accorge mai di niente.
"Simona, cara, mio fratello mi ha chiesto se vado al bar per due chiacchiere, dato che è un sacco che non ci becchiamo. Dai, non starò in giro tanto, al massimo due ore. Stasera bambini vi porto a mangiare un super gelato, ok? Venite qua a baciare il papà!"
Simona ebbe voglia di urlare. Di prenderlo a schiaffi e di insultarlo. Ma si trattenne, perché quella era l'occasione buona per beccarlo con le mani nel sacco.
Che schifo d'uomo che sei. Hai il coraggio di lasciare qua i tuoi figli per rincorrere chissà quale troietta. Mi fai vomitare.
"Vai pure caro. Io e i bambini andremo a trovare la nonna".
In dieci minuti Gigi si fece la doccia, si cambiò e si pettinò, Quando gli passò davanti, Simona sentì che si era messo il profumo delle grandi occasioni. Una lacrima le bagnò la guancia e lei fu rapida ad asciugarla.
La porta si richiuse dietro il suo bel marito, mentre  lei stava già chiamando sua madre per chiederle se poteva tenere i bambini per due ore circa.

Gigi stava correndo velocissimo per la superstrada, il motore del suo suv era la massimo. Di fianco aveva Gloriana, più sexy che mai.
Quei pantaloncini stretti e corti che le aveva regalato le donavano proprio: esaltavano il suo bel sederino e slanciavano le sue lunghe gambe.
Dopo dieci minuti uscirono a Zogno e iniziarono ad inerpicarsi per le colline. Cinque, sei chilometri di bosco e si trovarono davanti Poscante, totalmente immerso nel verde.
Gigi ammirò il paesaggio, veramente suggestivo: un borgo di vecchie case che si sviluppava intorno alla chiesa, circondato da colline dai contorni dolci. Il casino della Lombardia era lontano.
Qua sì che avremo tutta la privacy che vorremo. Diventerà il nostro nascondiglio d'amore! Niente più sesso in macchina, ma in un comodo letto matrimoniale.
Ci mise poco ad arrivare alla sua nuova casa, dato che il paese contava seicento abitanti.
Gloriana intanto aveva iniziato ad accarezzargli la zona inguinale, anzi adesso gli aveva messo una mano nelle mutande.
Mi farai venire un infarto prima o poi, Gloriana.
La casa era piccola ma graziosa. Alta e stretta, dava una sensazione di intimità.
Gigi aprì la porta, deconcentrato da Gloriana che continuava a gingillarsi dentro le sue mutande. Lui la prese in braccio, percorse le scale di legno del soppalco e la lanciò sul letto.
Lui si denudò in un nanosecondo e lei fu ancora più rapida.

Erano verso l'atto finale. Gloriana era sopra Gigi, a cavalcioni. Urlava di piacere.
Urlava talmente forte che non si accorsero che qualcuno stava aprendo la porta al piano di sotto.
Simona era  ora nella piccola cucina e sentiva l'amante di suo marito godere.
Piangendo, si mise a correre, percorrendo le scale tutto d'un fiato.
Se li trovò davanti: Gigi sdraiato con un'espressione beata sul viso e lei, la troia, che gli dava le spalle, andava su e giù.
Simona ebbe un mancamento, ma si fece forza. Non voleva svenire davanti a quei due bastardi.
Ma quanto è giovane lei! Chissà da quanto tempo se la fa con questa ragazzina. Che schifo!
Gigi riconobbe sua moglie e il suo orgasmo si interruppe bruscamente.
Voleva alzarsi, tentare di darle qualche inutile spiegazione, ma non ne ebbe il tempo.
Sua moglie, con una faccia da Terminator, avanzò verso di lui e con una forza inaspettata gli tirò un cartone in faccia, facendogli sanguinare il naso.
Poi prese per i capelli Gloriana, la trascinò giù dal letto e le sputò in faccia. Con voce stridula le sbraitò in faccia:
"Sei proprio una sgualdrina da due soldi! Mi fate schifo tutti e due!"
Fatto questo, con la mente annebbiata da un devastante dolore, se ne tornò in macchina, e piangendo guidò fino a Trescore  per riprendersi i figli.
Li portò a mangiare un gelato, come aveva promesso il loro padre snaturato.

Il viaggio di ritorno dei due amanti fu triste.
Nessuno dei due riusciva a dire qualcosa di sensato ed entrambi avevano ben impresso nella mente la faccia disperata di Simona. I sensi di colpa iniziarono a farsi sentire.
Ma alla fine del viaggio, arrivati vicino a Trescore, con il naso che gli faceva un male boia, il dentista guardò negli occhi Gloriana e le disse:
"Stasera lascerò mia moglie. E' con te che voglio vivere. Non me ne frega niente delle conseguenze, io voglio solo te!"
La ragazza si era illusa. Scoppiava di felicità. Già si immaginava la sua vita sempre insieme al suo bel dentista.
Non ci credo! Lui ha scelto me! E andremo a vivere insieme!

Ma le cose non andarono così. I sogni di ragazza di Gloriana furono distrutti.
Gigi non si era fatto sentire per una settimana. Lei aveva provato mille volte a chiamarlo, ma il suo cellulare era sempre spento.
Poi, dopo sette giorni esatti di silenzio, Gigi l'aveva chiamata. Era stata una telefonata furtiva, Gigi parlava addirittura a bassa voce.
Le aveva spiegato che non se la sentiva di abbandonare i suoi figli. Quando era tornato a casa sanguinante la domenica prima, la casa era desolatamente vuota e lui si era preparato il discorso da fare a Simona.
Poi erano arrivati tutti e tre. La moglie con gli occhi ancora lucidi e i due figli, innocenti, l'avevano abbracciato e gli avevano chiesto perché avesse il naso così gonfio.
Alla dieci di sera Marco e Andrea se ne erano andati a letto e avevano chiesto a lui di rimboccar loro le coperte.  Aveva un groppo alla gola e, mentre baciava i due bambini, aveva preso una decisione.
Lui non avrebbe mai lasciato soli quelle due creature, per nessuna ragione al mondo.
Era sceso in cucina, la moglie era seduta con il viso schiacciato sul tavolo e stava piangendo.
Lui si era inginocchiato, le aveva preso le mani e le aveva chiesto perdono, promettendo che non avrebbe fatto più nessuna cazzata.
Simona gli aveva mollato una sberla, poi l'aveva minacciato che, se anche l'avesse beccato a telefonare o messaggiare quella ragazzina, lo avrebbe sbattuto fuori casa. Lui aveva accettato per amore dei suoi figli.
Gloriana era distrutta. Aveva voglia di scomparire. Adesso lui stava assumendo un tono lamentoso e continuava a ripetere:
"Ti prego, cerca di capirmi. Ho due figli e una moglie e ho delle responsabilità verso di loro!"
Lurido bastardo! Quando mi scopavi però non mi parlavi mai di responsabilità.
Gloriana raccolse tutto il suo coraggio. Urlò a squarciagola: "Vaffanculo Gigi!"
Riattaccò ed esplose in un pianto isterico. Era finita. Dopo due anni bellissimi.

Il mese successivo si era chiusa in se stessa. Sempre a casa. Persino suo padre, che di sensibilità ne aveva sempre avuta poco, iniziava a preoccuparsi.
Le sue amiche, quelle che Gloriana aveva trascurato per Gigi, la esortavano ad uscire con loro. Lei si inventava delle scuse qualunque.
Poi, una sera, dopo l'ennesimo sguardo implorante di sua madre, aveva chiamato Sandro, il suo compagno di classe superdotato, e gli aveva chiesto se gli andava di vedersi.
Ovviamente la sua risposta era stata di sì! Gloriana rappresentava il suo sogno erotico per eccellenza e adesso gli stava chiedendo di uscire. Non riusciva a crederci!
Da quella sera Gloriana aveva iniziato il suo personale tour del sesso. Sesso senza amore.
Gigi era sempre nei suoi pensieri e lei in una sorta di inconscia vendetta si concedeva a chiunque le mostrasse una minima attenzione.
Nel giro di due anni si era scopata moltissimi studenti dell'Università di Lingue, quella che lei frequentava da poco, e anche ragazzi di Ingegneria e Legge, che stavano nell'edificio adiacente.
Se conosceva un ragazzo, decideva se le piaceva o no. In caso affermativo dopo due o tre giorni ci faceva del sesso. Dopo una settimana, al massimo dieci giorni, lo lasciava inventandosi la scusa che non aveva voglia di una storia seria. Quando pronunciava queste parole in faccia al partner del momento, vedeva il dolore sul suo viso. E ci stava male. Ma il suo dolore per Gigi era ancora troppo grande e la sua vendetta doveva continuare.

Ormai tutti, all'interno del mondo universitario, la chiamavano la Vacca. Tutti i ragazzi sapevano perfettamente che mettendosi con lei sarebbero stati scaricati in malo modo, ma lei era troppo bella per non provarci almeno.
Erano passati due anni dall'ultima tristissima telefonata di Gigi e lei stava piangendo nel letto.
Aveva ventuno anni.
Nella mia vita non ho ancora concluso niente. Ha ragione mio padre che mi dice che sono solo capace di vestirmi da zoccola. Io sono una zoccola!
Finalmente le lacrime avevano smesso di solcargli le guance e lei prese una decisione.
Basta non voglio più pensare a quel bastardo di Gigi. Da domani la mia vita ricomincerà! Uscirò con un ragazzo solo se mi piacerà veramente. Solo se dimostrerà di avere le palle. Di avere carattere. Non ne posso più di individui che mi sbavano dietro e mi dicono sì a qualsiasi mia richiesta. Basta con questi zerbini umani!
Da quella sera, per quasi un anno, non era uscita con alcun uomo. Aveva ripreso ad uscire, ma solo con le amiche.
Poi, in stazione di Montello, aveva incrociato lo sguardo deciso di Ezio, e lei aveva capito che dopo tanto peregrinare era finalmente giunta a destinazione.

MERCOLEDI' 23 GIUGNO 2006, ORE 8:00
Sono le otto del mattino e i due obiettori hanno davanti una lunga giornata al Centro Terre di Mezzo.
I dieci ragazzi disabili sono già schierati nella stanza, pronti per fare colazione. Questa mattina con loro ci sono Antonia e Carla, le due educatrici che Ezio e Corrado non hanno ancora conosciuto.
Antonia ha cinquant'anni. Quando si presenta Ezio la guarda con stupore.
Porca miseria potrebbe essere mia mamma!
Pure nel fisico gliela ricorda. Bassa e rotondetta, con uno sguardo tanto buono che al Rosso per un istante sembra di stare a parlare proprio con quella pasta di donna che è sua madre Luciana. 
L'educatrice è contenta dell'arrivo dei due obiettori: "Meno  male che arriva un po' di gioventù in questo posto. Noi siamo dei vecchioni e i ragazzi hanno bisogno di gente come voi!"
Interviene Carla. Le sue parole hanno un tono seccato. Sono perentorie:
"Vecchiona sarai tu! Io ho 46 anni, non ho sfornato quattro figli come hai fatto tu e mi sento una ragazzina."
Le sue convinzioni, però, sono tradite dalla realtà. Nonostante l'abbigliamento giovanile, il suo volto è segnato da una fitta ragnatela di rughe, che il trucco non riesce a nascondere. Pure gli occhi non hanno più la lucentezza tipica dei giovani. Sono occhi grigi e stanchi, che probabilmente ne hanno viste tante.
Ezio la osserva con attenzione. Questa Carla lo incuriosisce molto.
Ti vesti da giovincella, non hai un filo di pancia e hai i capelli tinti di biondo e corti, proprio come molte ragazze che ho conosciuto. Ma è inutile che rimproveri Antonia che ti dà della vecchiona, forse sembra più giovane lei con la sua semplicità e soprattutto con i suoi modi gentili.
Antonia non bada alla frase sgarbata della collega, sembra abituata a queste esternazioni. Si rivolge con tono calmo ai due ragazzi:
"Adesso portiamo nel refettorio i ragazzi e facciamo colazione. Venite con noi. Dopo aver aiutato loro potrete mangiare anche voi. Poi ci divideremo in due gruppi e combineremo qualcosa."

Dopo mezz'ora sono di ritorno nel grande salone.
Carla ha parlato pochissimo, sembra perennemente arrabbiata. I due obiettori sperano di non capitare con lei nel gruppo, ma è inevitabile che a uno toccherà la sua poco loquace compagnia.
Tocca a Ezio.
Me la dovrò sorbire per tutta la mattina, che palle!
Sfortuna nella sfortuna devono andare a fare la spesa in un centro commerciale. Il Rosso odia quei posti così incasinati e pieni di luci.
Corrado se ne sta tranquillo al Centro, in compagnia di Antonia e di cinque ragazzi disabili.
Beato lui!
Insieme a Carla esce in cortile. Bisogna far salire i ragazzi sul pulmino. E' un bel casino. C'è Aristide, che Ezio ha già conosciuto nel suo primo giorno da obiettore: lui è tranquillo, se ne sta lì nella sua carrozzina e tenta di far scherzi a chiunque gli capiti a tiro.
Altro discorso per Marta: ragazza down di trentacinque anni, centocinquanta centimetri di altezza per settantacinque chilogrammi di peso. Ezio non ha mai visto una persona così bassa e così grassa. E così lenta nei movimenti. Per fare il tragitto cortile-pulmino, ovvero cinque metri, dieci minuti buoni!
Marta non è l'unica  grossa comunque. Nel gruppo c'è anche Ugo, un gigante di un metro e novantacinque. Peso: centotrenta chili. Un colosso. Ezio lo guarda stupito.
Speriamo sia un tipo calmo, perché se si arrabbia son guai per tutti.
Il quarto elemento è Cesare, dotato di un fisico magro. Indossa la tuta dell'Hellas Verona, e pure il cappellino. Ha due bellissimi occhi azzurri e due baffetti da sparviero. Al Rosso piace molto.
Chiude la formazione Claudia, l'elemento più folkloristico del gruppo. Ezio non può fare a meno di fissarla.
Porca vacca quanto è brutta! se la incontrassi di sera avrei paura.
Capelli corti sale e pepe spiaccicati sulla testa. Occhialini rotondi su un naso aquilino e butterato. Pochi denti, irregolari e neri. Ma sono i vestiti a devastare definitivamente l'aspetto di Claudia: camicia a fiori abbinata a una gonnellina nera anni quaranta.
Il Rosso guarda Carla e domanda a bassa voce: "Ma non ha vestiti più decenti?"
L'educatrice sorride, per la prima volta. Nonostante la faccia tirata, gli occhi spiritati, i movimenti nervosi, il suo è un bel sorriso. Risponde:
"Claudia è orfana. Quelli che indossa sono gli unici vestiti che aveva quando viveva ancora con i genitori. Noi gliene abbiamo procurati altri molto più carini e giovanili, ma lei vuole mettere quasi sempre quelli. Dovresti vedere le scenate che fa. Noi ci siamo quasi rassegnati a vederla con questi orribili abiti."
L'obiettore prova un moto di tenerezza verso Claudia. Lui ne sa qualcosa della tristezza che si prova quando ti muore un genitore. Anche lui, come Claudia, quando si allena indossa sempre la divisa che portava quando a correre di fianco a lui c'era suo padre. Anche se ormai è tutta logora. Anche se gli sta un po' stretta.
Sono le nove, la comitiva è pronta a partire.
Carla non ha voglia di guidare e lascia a Ezio il compito di fare l'autista. In un quarto d'ora arrivano al centro commerciale.
E' una bellissima giornata, in cielo non c'è neanche una nuvola. Il Rosso avrebbe voglia di far tutto tranne che di chiudersi dentro a un grande scatolone di cemento.
Chissà che bordello. E' pure la settimana dei buoni sconto, che sfiga!
I ragazzi scendono dal pulmino, sono tutti eccitati. Carla mette in guardia l'obiettore. Bisogna stare attenti a Ugo, che di solito imbosca alimenti vari sotto i pantaloni oppure se li mangia senza neanche passare per la cassa. Bisogna sollecitare continuamente Marta, che con il suo dolce peso procede alla velocità di un bradipo. Non bisogna perdere di vista nessuno dei cinque, che con quel casino di gente potrebbero perdersi in un batter d'occhio.
Bene, mi aspettano due ore tranquille! Se almeno fosse venuta Antonia con noi, sarei  molto più tranquillo. Invece questa educatrice trasuda nervosismo da tutti i pori. Si vede che i ragazzi hanno soggezione di lei.
Le porte elettroniche si aprono. La quantità di gente che già sia aggira con il carrello è pazzesca.
Lo sparuto gruppo del Centro Terre di Mezzo resta compatto. Si dirigono verso gli alimentari. Ugo è un rapace: nonostante la sua stazza gigantesca, con un'agilità impensabile prende una stecca di cioccolato, la apre e inizia a papparsela. Il Rosso gliela toglie subito e decide di tenere il ragazzo per mano, in modo da poter controllare i suoi movimenti.
Meno male che Carla non se ne è accorta; di sicuro avrebbe rotto le palle a me.
I successivi tre quarti d'ora sono tranquilli. Il loro carrello si riempie velocemente e la tensione di Ezio va diminuendo.
Forse ce la facciamo ad uscire da qui senza danni, ormai non dobbiamo comprare più niente.

La sfiga invece è dietro l'angolo.
Il Rosso sta parlando con Claudia, che con i suoi vestiti orribili attira gli sguardi della gente. Da quando sono scesi dal pulmino non gli si stacca di dosso un attimo. Peggio di una ventosa. Poi si sente Carla urlare:
"Cesare, ma che cosa hai combinato?"
Ezio osserva il ragazzo e si accorge che ha i pantaloni bagnati. Gocciolanti!
Se le fatta addosso. E adesso che facciamo?
Carla  continua a urlare contro il povero Cesare, che vorrebbe sprofondare dalla vergogna. L'obiettore la fulmina con gli occhi e con voce decisa le dice:
"Non c'è bisogno di alzare la voce! Piuttosto che facciamo adesso?"
L'educatrice si scuote. Vorrebbe rispondere al giovane di non rivolgersi a lei con quei toni, ma qualcosa negli occhi di quel ragazzo la blocca.
Questo qua l'ho conosciuto oggi e già rompe i coglioni. Però devo ammettere che è un tipo con le palle.
Guarda il Rosso e con calma gli dice:
"Sul pulmino teniamo sempre dei pantaloni e un paio di mutande di scorta. Vai a prenderli. Prendi pure i guanti di lattice e le salviettine. Io aspetto in quel bagno insieme a tutti i ragazzi."
Ezio corre verso il pulmino. E' rapidissimo, proprio come quando corre nei boschi. Con le ali ai piedi.
Dopo due minuti è già nel bagno. Carla ha già messo in una borsa di plastica i panni sporchi di Cesare. L'obiettore gli passa quelli puliti e lei con abili mosse fa rivestire il ragazzo. Ezio la guarda ammirato.
Si vede che ci sa fare. Però si vede anche che ha addosso una rabbia che non sempre riesce a controllare.
Adesso si potrebbe anche uscire da quel dannato centro commerciale. E' più di un'ora che sono lì dentro ed Ezio inizia a diventare nervoso. Propone a Carla di uscire e lei è d'accordo.
Ma non hanno fatto i conti con Marta. Il grasso bradipo si è seduto sul pavimento del bagno e non ne vuole sapere di rialzarsi. I due tentano di convincerla, ma non c'è niente da fare.
Tentano di sollevarla di peso, ma lei si lascia cadere a peso morto sul pavimento. E' un casino.
Intanto è un continuo viavai di gente che entra a fare pipì e che guarda incuriosito la scena. Dopo dieci minuti di contrattazioni inutili, in cui l'educatrice e l'obiettore arrivano vicini a una crisi di nervi, spunta Ugo con un colpo di genio.
Da una tasca dei pantaloncini tira fuori una merendina mezza aperta e la fa vedere a Marta. Ezio è stupito.
Come ha fatto a rubarla se l'ho sempre tenuto per mano? E' grande e grosso, ma deve avere la rapidità di un ladro!
Alla vista del dolcetto Marta si rianima, si rialza e tenta di prenderlo dalle mani di Ugo.
Carla con un movimento da gatta se lo prende e dice alla grossa down:
"Ne potrai prendere un pezzo solo se sarai veloce ad arrivare al pulmino, ok? Altrimenti se la papperà tutto Ugo."
Mossa azzeccata. Marta muove le sue enormi natiche verso l'uscita e con lei tutto il bizzarro gruppo. Finalmente sono pronti a rientrare per il pranzo.
Il Rosso aiuta i ragazzi ad allacciarsi le cinture di sicurezza e poi si mette alla guida. Carla lo osserva. Quel ragazzo gli piace, decisamente. Sembra che niente lo spaventi. Lei invece, nonostante i suoi modi scorbutici e i suoi sguardi di disprezzo, ha una gran paura di tutto.
Speriamo che anche l'altro obiettore sia come questo Ezio. Finalmente al Centro è arrivato qualcuno di interessante.
Sono le undici e mezza. Carla accende la radio e i ragazzi iniziano a cantare. Ezio ingrana la prima e il pulmino riparte. Direzione: Terre di Mezzo.

VENERDI' 25 GIUGNO 2006, ORE 21:30
I due obiettori sono nel loro piccolo appartamento a prepararsi.
Dopo aver cenato coi ragazzi e aver visto un po' di tele con loro, hanno attraversato di corsa il cortile e a turno si sono buttati in doccia.
Adesso Ezio è davanti allo specchio. Corrado lo sfotte:
"Guarda, guarda, il Rosso che si fa bello per far colpo sulla sua Zoe. Guarda, guarda, come è concentrato a tirarsi peggio di una ragazza!"
Il bergamasco finge di dargli un pugno e poi sorride.
E' felice. Anche un po' teso. Questa è la prima sera che loro due  si vedono con le due ragazze e potrebbe essere la volta buona per farsi avanti con la mulatta.
Mi vengono i brividi solo a pensarci. Se stasera ci combino qualcosa, domani pago da bere a Corrado. Se non fosse stato per il suo intervento in mensa, io non avrei mai avuto il coraggio di conoscerla.
Poi è costretto a ricacciare indietro i pensieri cattivi. Loro quattro si sono visti in mensa per tutta la settimana e Zoe non ha mostrato particolare interesse per lui. Anzi sembrava molto interessata a Corrado. Ma forse sono solo sue paranoie e tutto andrà bene.
Stasera mi giocherò tutte le mie carte. O lo va o la spacca.
Sono pronti. Chiudono a chiave il loro appartamento, piccolo ma carino, e si buttano nella notte veronese.

L'appuntamento è alle dieci davanti all'entrata principale dell'università.
Ovviamente le ragazze si fanno attendere. Dieci minuti buoni, poi spuntano dalla viuzza di fianco all'entrata. Appena la vede, al Rosso vengono i bollori.
Penso che mi verrà un infarto. Ma quanto è gnocca questa qua?
Anche Corrado è scosso. Zoe è fantastica: jeans corti sopra la caviglia, molto aderenti, sandali con tacchi alti, camicia bianca aperta sul davanti, che lascia ben poco all'immaginazione. Sembra una pantera. Ezio non ci sta più dentro.
Adesso la sequestro, me la porto in appartamento e faremo l'amore tutta la notte.
Gli viene da ridere e Mara gli chiede il perché. Lui si inventa una palla e solo in quel momento si accorge della presenza di Mara.
Quella ragazza ha una gran capacità di mimetizzarsi. Un po' perché la presenza di una gnocca come Zoe la sovrasta, un po' per la sua naturale timidezza.
Lei è vestita molto meno elegante dell'amica. Un paio di jeans larghi e sdruciti in fondo, maglietta di Emergency rossa e borsetta peruviana. Ha uno stile vagamente hippy, che le dona molto. Ma il Rosso la nota appena, preso com'è dalla mulatta.
Dopo i saluti Corrado chiede alle ragazze dove hanno intenzione di portarli quella sera.
Ovviamente risponde Zoe:
"Andremo in un pub irlandese, vicino all'Arena. E' un posto tranquillo, dove si riesce a chiacchierare."

Dopo aver risposto fissa Corrado. Il Rosso lo nota e si incazza.
Ma porco schifo guarda sempre lui. Io non esisto per lei. Vaffanculo!
Poi gli torna il buonumore, la speranza di combinarci qualcosa ritorna e la serata va avanti.
Arrivano al pub. Luci soffuse e molto legno, un'ambiente molto intimo.
Ezio è seduto di fronte a Mara e di fianco a Zoe. Quanto gli piacerebbe stringere nella sua la mano della mulatta.
Arriva la cameriera. Il capellone ordina una birra media, Ezio anche. Le due ragazze un succo di frutta. Il bergamasco non è un forte bevitore, anzi la birra non gli piace neanche. Ma quando ha sentito che l'amico l'avrebbe bevuta, non è voluto essere da meno. La presenza della francesina lo sballa talmente, che non riesce a prendere del tutto decisioni autonome.
Dopo questa birra ordinerò una bibita altrimenti rischio una figuraccia. Con due birre in corpo rischio di sparare troppe cazzate.
Il tempo passa, i discorsi entrano nel vivo ed Ezio si accorge sempre più che Zoe è attratta da Corrado. Per lui le possibilità si stanno azzerando.
Nel locale fa un caldo boia e decidono di fare un altro giro di ordinazioni.
Preso dallo sconforto il Rosso ordina un'altra birra, così come il bresciano. Ma Corrado sembra reggere l'alcool molto meglio del collega, che al contrario inizia a sentirsi brillo.
Poi la mazzata finale. Il Rosso dice che domani loro due se ne torneranno nelle rispettive case a Bergamo e a Brescia e torneranno al Centro Terre di Mezzo lunedì mattina.
Zoe coglie la palla al balzo per dire:
"Allora Corrado potresti darmi il tuo numero di cellulare così ti spedisco qualche messaggio mentre sei a casa. Ti va?"
Corrado, l'ha chiesto solo a Corrado! Non ci posso credere! Stronza che non sei altro, potevi almeno far finta di chiedermelo!
Il Rosso adesso è arrabbiato. E triste, molto triste. Da una galassia lontanissima sente emergere la vocina di Mara che gli chiede:
"E tu Ezio potresti darmi il tuo."

Il bergamasco capisce tutto.
Le ragazze hanno le idee ben chiare in testa. A Zoe interessa il capellone, e alla rossina io. Ma a me non piace lei!
Sente Corrado che risponde:
"Certo che mi va! Così potremo anche metterci d'accordo per vederci già lunedì."
Il capellone di pente subito di questa risposta.

Che cazzo sto facendo? E se Francesca si accorge che sto scrivendo a Zoe che cosa le dico? Devo stare attento con questa gnocca, non devo darle troppa corda perché mi piace un casino. E io non voglio fare cavolate!
Ezio capisce anche un'altra cosa. Il suo collega obiettore è perso per questa mulatta. Altro che storia di sette anni con Francesca!
Caro il mio bresciano, ho visto la luce nei tuoi occhi quando lei ti ha chiesto il numero. Sei proprio contento che lei sia interessata a te. Attento che con lei mi sa  che è molto difficile resistere. E io , povero sfigato, interesso a Mara. Sì, d'accordo, non è brutta, ma non mi prende per niente. Però è una tipa gentile e io il  numero glielo dò lo stesso.
Guarda dritto negli occhi la rossina e le dice:
"Te lo dò volentieri!"

Scambio di  numeri. Il Rosso si finge entusiasta, ma in realtà sta andando in depressione.
Nel locale intanto fa sempre più caldo e lui fa la vaccata finale. Ordina un'altra birra.
Corrado capisce che il suo amico si è preso la mazzata per Zoe e non vuole che finisca la serata vomitando. Gli parla con tono calmo:
"Basta birre, Ezio. Hai due occhi balordi già adesso, se bevi una terza pinta ti dovrò portare via a braccia. Dai ti offro io un caffè così ti ripigli!"
Il Rosso è tentato di mandarlo a quel paese.
Ma fatti un po' i cazzi tuoi. Ci conosciamo da una settimana e già mi fai le prediche! Io bevo quel cacchio che ho voglia, va bene? Porco schifo questo era un appuntamento per me e Zoe e invece la ragazza non ha occhi che per te.
Vorrebbe urlargli in faccia la sua rabbia. Poi si rende conto che l'amico non ha colpe. Che non ha fatto niente per farsi piacere a Zoe. Che è così e basta. Anzi se non ci fosse stato lui quel giorno in mensa non avrebbero mai conosciuto quelle due ragazze. E allora ci ripensa e si calma. Ma decide di farsi un'altra birra.
Il bergamasco chiama la cameriera, sotto lo sguardo preoccupato degli altri.
"Una bionda media, per favore."
Arriva la birra, subito fa una lunga sorsata. Tutto nel locale inizia a girare. Comincia a sparare cavolate e a ridere per qualunque cosa. A lui l'alcool fa questo effetto.
Gli altri tre lo guardano divertiti e forse un po' delusi. Ubriacarsi la prima sera che si esce insieme non è certo un bel biglietto da visita.
Corrado scopre che le due ragazze sono grandi appassionate di libri e si mettono a discutere.
Il Rosso si sente ancor più tagliato fuori, a lui i libri non sono mai interessati. E' lo sport la sua grande passione. E giù un'altra lunga sorsata e anche questa pinta è finita. Ormai è perso nei suoi deliri da ubriaco.
Di cosa stanno parlando questi? Stanno parlando di autori che non ho mai sentito nominare. Vabbè che io non ho mai letto neanche un romanzo. Persino al liceo che i professori mi costringevano a leggerli, io copiavo le relazioni dai miei compagni. E non la smettono più di parlare di questi libri, che palle. Sì sì tiratevela, fatemi passare per ignorante che tanto a me in questo momento non me ne può fregare di meno, anzi mi gira un casino la testa oh no porca miseria mi viene da vomitare! Oh merda non posso vomitare davanti a Zoe, già mi reputa uno sfigato oh no mi sta salendo il vomito qua è meglio correre in bagno subito. Corri Ezio sennò qua va a finire male.





SPORT. Il mondo salvato dai ragazzini


FONTE: Sportweek del 14/03/20.
Articolo: "Il mondo salvato dai ragazzini" di Sebastiano Vernazza.

La notizia l'abbiamo letta qualche settimana fa sul sito de La Vanguardia, quotidiano di Barcellona, ma la riproponiamo lo stesso, in leggero ritardo, perché ci sembra un raggio di sole, nel buio in cui sono piombate le nostre vite al tempo del coronavirus.
Partita di calcio giovanile nelle Asturie, in Spagna, tra due squadre di bambini di 11-12 anni. Arbitra una ragazza diciannovenne, Ana Lopez.
I papà a bordo campo cominciano a prenderla di mira con il solito campionario di battute maschiliste. Ana va un po' nel pallone.
A un certo punto, stanco della situazione, interviene l'undicenne Diego Pablo Hernandez, portiere  di una delle due formazioni.
Diego si avvicina ai molestatori verbali e li apostrofa: "E finitela, dai. Lasciatela tranquilla, non vedete che sta piangendo?". 
Contestazioni e insulti si placano, Diego viene intervistato dal giornale El Comercio: "L'ho fatto perché la situazione mi sembrava molto ingiusta, i genitori dovrebbero insegnare altro".
Il mondo salvato dai ragazzini, per parafrasare il titolo di un vecchio libro di Elsa Morante.
Grazie, Diego.

DON CAMILLO. A viso aperto



FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

Capita che a volte mi chiamano al cellulare e sullo schermo compare PRIVATO. 
Per principio non rispondo a questo tipo di chiamate perché non approvo che uno nasconda la sua identità. Liberissimo di farlo e certamente ha tutte le sue buone ragioni, però io desidero sapere prima di aprire il contatto con chi sto per parlare.
Io penso che sia una povertà questa scelta di stare nell'anonimato; una specie di sfiducia negli altri o di paura nei loro confronti, peggio ancora se fosse un atteggiamento sprezzante, come se non si volesse affidare la propria identità al "Volgo" per paura di essere contaminato, una specia di "Mosca al naso" che fa torcere il volto al solo sguardo.
Naturalmente queste sono mie supposizioni che però mi portano a non aprire la comunicazione. Magari si tratta di un benefattore che vuole lasciarmi un patrimonio in pieno anonimato... Pazienza! Accetto di perdere il patrimonio.
Ritengo infatti che il rapporto umano sia più prezioso di qualsiasi patrimonio economico.
La stessa sensazione negativa la provo quando, entrando nel cimitero, passo davanti al "Giardino delle memorie": un'aiuola di sassi dove vengono disperse le ceneri. Liberissimo ognuno di fare questa scelta. Quello spazio, però, per me ha ben poco del "Giardino" e meno ancora di "Memoria". 
Un giardino, infatti, è fatto di fiori, di erba, di cespugli, di piante che parlano di colori, di bellezza, di vita. Lì, invece, trovo solo un mucchio di sassi freddi e senza vita dai quali non può spuntare niente. Così pure la "memoria" è fatta di storie raccontate, di volti, di riferimenti personali.... Sotto i sassi del cinerario, viene invece cancellato ogni riferimento, ogni identità... Nemmeno una foto, un nome, un frase, una preghiera...
Può sembrare strano l'accostamento tra la dicitura PRIVATO  che compare su certe chiamate al cellulare e CINERARIO. Io vedo nell'uno e nell'altro la stessa determinazione: la volontà di togliersi dalla Storia, di non far parte di una comunità; una considerazione individualista della vita che finisce con la vita stessa dell'interessato. Magari anche la volontà di non offrire occasione di commenti a chi passa nel cimitero raccontando il più e il meno davanti alla sua tomba.
Riaffermando il rispetto per la scelta di ognuno, esprimo la mia preoccupazione per questa che io considero una deriva culturale che impoverisce oltre che la persona anche la comunità che rischia di trasformarsi da tavola comune dove ci si siede a mangiare insieme e a rafforzare le relazioni fraterne, ad alveare, dove ognuno si rifugia isolato e anonimo nella proria cella.
Di fronte al PRIVATO continuerò a non aprire il contatto anche al costo di perdere il possibile patrimonio.
Passando davanti al CINERARIO avrò sempre una preghiera per gli anonimi che vi sono dispersi, però ogni volta riaffermerò con determinazione la mia volontà di essere pubblico, dentro nella mischia, passibile di commenti e di critiche, ma sempre presente con la mia faccia e la mia storia anche dopo, quando sarò la foto o lo scritto a rendermi visibile, con la speranza che possa essere utile almeno a qualcuno, se non altro per evitare i miei errori fatti in buona fede.
                               
                                    don Camillo

ROMANZI. Lo zaino sulle spalle di Loris Finazzi.2

Ribatte, sforzandosi di mantenere un tono neutro: "C'era l'obliteratrice che faceva i capricci, ci ho messo cinque minuti prima che si decidesse a timbrarmelo".
"Non mi prenda in giro per favore. Io sospetto che lei usi questa tecnica per utilizzare il suo biglietto per più giorni!". Tono da maestrino e sguardo inquisitore. A Ezio viene voglia di alzarsi e tirargli un cartone in faccia. Cerca di controllarsi, ma adesso non c'è più Gloriana con il suo potere calmante.
Adesso è solo come un cane.
Quante volte si è lasciato vincere dalla sua rabbia cieca!
Improvvisamente gli viene un flash. Un ricordo folgorante. Un fatto successo poco prima di conoscere Gloriana.
Il Rosso e i suoi amici erano in un pub.
Era un tranquillo sabato sera di inizio aprile ed erano seduti su una terrazza che dava sul lago. Si stavano rilassando alla grande: una compagnia di giovani che si gode una birretta chiacchierando del più e del meno, di progetti futuri, di calcio, di gnocche.
La calma prima della tempesta.
Ezio aveva ordinato delle patatine fritte, che però tardavano ad arrivare.
Dopo tre quarti d'ora, il ragazzo si alzò e andò a chiedere spiegazioni al bancone. C'era il titolare del pub. Stava dando un colpo di spugna alla lucida superficie.
"Scusi, quasi un'ora fa ho ordinato delle patatine e non mi sono arrivate."
L'altro si scusò e disse che avrebbe rimediato subito.
Altri venti minuti: patatine neanche l'ombra.
Altro giretto al bancone, questa volta con un tono più scazzato.
Altre scuse.
Altri quindici minuti: i camerieri sono indaffarati ma sembrava evitassero il loro tavolo.
Il Rosso iniziava a sentire un formicolio alle mani. Era il sintomo che il nervoso gli stava salendo pericolosamente. Senza dire niente agli amici si alzò e si diresse  verso il gestore del pub, quello sborone che lo trattava come un essere  insignificante.
"E' un'ora e mezzo che aspetto le patatine, adesso io e i miei amici ce ne andiamo. Voglio indietro i miei soldi, dato che le ho pagate senza averle mangiate".
"Guarda, se aspetti ancora dieci minuti ti arrivano di sicuro" aveva risposto l'uomo, ancora con quel tono di superiorità.
Ezio iniziava a non capire più niente, addirittura la vista gli si stava annebbiando. Riuscì a mantenere un minimo di auto-controllo, il tanto che servì per formulare civilmente una richiesta:
"No, no, ce ne andiamo proprio. Dammi i soldi e sono a posto".
Quello lo guardò in maniera strana. Aprì il registratore di cassa. Prese fuori una manciata di spiccioli. A caso, senza contarli. Li buttò sul bancone.
Il Rosso si accorse subito che non era il resto giusto, ma quel bastardo lo voleva umiliare. E allora la rabbia distrusse gli argini.
Raccolse le monetine e con tono glaciale disse:
"Guarda che io non ho bisogno della tua carità. Tieniti i tuoi dannati spiccioli!"
Detto questo lanciò le monete oltre il banco, verso le bottiglie e i bicchieri disposti sulla parete.
Forse per la troppa forza, forse per un po' di sfiga, una monetina colpì un bicchiere più leggero rispetto agli altri, il quale si inclinò e volò giù, rompendo altri bicchieri messi ad asciugare sul lavandino.
In tutto si ruppero quattro bicchieri e il rumore di vetri frantumati fu fortissimo.
Tutti i clienti nei pressi del bancone si girarono a guardare Ezio.
Porco schifo, il Rosso non aveva avuto intenzione di provocare quel casino: voleva semplicemente ridare quelle monetine a quell'uomo arrogante.
Ma ormai il danno era fatto e quello si era già messo a sbraitare:
"Adesso me li paghi i bicchieri; mi hai capito sbarbato del cazzo? Sennò te li faccio ingoiare pezzo per pezzo!"
Razionalmente il ragazzo avrebbe dovuto scusarsi, pagare e andarsene, perché con certa gente è davvero pericoloso avere discussioni.
Ma quando mai Ezio era riuscito a non esplodere in situazioni del genere?
Quando ti trovi davanti persone potenzialmente violente che aspettano solamente di menare le mani?
Quando quello con cui stai parlando si sente superiore a te solo perché ha più soldi? Oppure perché è più grosso? O perché ha più anni di te e ti reputa ancora un succhialatte mammone?
Beh, mai nella sua giovane vita.
Mai una volta che fosse riuscito a non rispondere per le rime.
Anche quella volta la sua risposta fu salata:
"Io non ti pago proprio niente, bello! Penso che aspetterai i miei soldi come io ho aspettato le tue patatine."
Il Rosso non si accorse del cenno che il gestore indirizzò al buttafuori.
Il bestione accorse subito, bloccò Ezio e con tono secco gli intimò di non uscirsene dal locale senza aver pagato i bicchieri.
Mai il giovane ormai era partito per la tangente. L'adrenalina gli era salita fino alla punta dei capelli. Non riusciva a star fermo.
Avrebbe voluto spiegare a tutti i clienti del bar le sue ragioni.
Voleva prendere a calci tavoli e sedie tanto era incazzato.
Anche se quel pompato del buttafuori era alto due metri e con un pugno avrebbe potuto sfasciarlo, il Rosso non provava paura.
Rispose: "I miei soldi ve li scordate. Spostati che me ne vado a casa!"
La montagna di muscoli non aspettava altro.
Sollevò il ragazzo e lo spiattellò contro il muro, urlandogli :
"Tira fuori i soldi o ti spedisco all'ospedale!"
Ezio tentava di divincolarsi ma non riusciva a muoversi di un centimetro, eppure non mollava. Ormai il suo orgoglio prevaricava tutto e il buonsenso era sepolto in chissà quale parte del cervello.
"Mandami pure all'ospedale bestione, lo so che ti diverti a prendertela con i piccoletti come me, ma i miei soldi non te li darò mai!"
Il bastardo gli tirò un ceffone.
Fortissimo.
Il ragazzo perse l'equilibrio e si ritrovò a terra sentendo qualcosa di caldo sgorgargli dal naso.
"Mi hai rotto il naso, sei contento adesso?" disse al buttafuori e quello iniziò a prenderlo a calci.
Ezio tentava di rialzarsi, ma l'altro non gli dava tregua. Lo stava massacrando, quando vide però i suoi amici, che avevano sentito un gran casino ed erano venuti a vedere che cosa stava succedendo, e ora si erano aggrappati al pompato, tentando di bloccarlo: gli erano addosso in quattro e quello menava calci e pugni a caso beccando pure i soci del Rosso.
Per fortuna era intervenuto il gestore, che aveva sentito puzza di guai giudiziari, urlando alla montagna di muscoli di fermarsi.
Stop.
Sguardi increduli dei clienti.
Gli amici aiutano il Rosso a rialzarsi.
Porca miseria, gli fa male dappertutto.
Il naso ha smesso di sanguinare. Ma ha tutta la maglietta macchiata di sangue.
Il torace e le braccia sono pieni di lividi.
I suoi amici lo sorreggono e lo aiutano ad uscire dal locale.
Cinque giovani che forse per la prima volta nella loro vita si accorgono di quanto può essere bastardo il mondo.
Prima di varcare la porta, il Rosso trova la forza per girarsi:
"Non finisce qui. Ve lo farò chiudere questo locale. Almeno vi impedirò di far del male ad altri ragazzi".
Il tragitto fino alla macchina gli sembrò infinito. Lo portarono al Pronto Soccorso e per fortuna non gli fu riscontrata nessuna frattura.
Arrivato a casa spiegò alla madre che cosa era successo e lei scoppiò a piangere.
Che bello se ci fosse stato ancora suo padre! Li avrebbe consolati entrambi.
Ma suo padre era morto quando il Rosso aveva diciassette anni, lasciandogli dentro una ferita che non si sarebbe mai più rimarginata.
Quella notte non riuscì a chiudere occhio.
Un po' per il dolore fisico. Un po' per la consapevolezza che non ci sarebbe stato nessun processo contro quei bastardi. Lui e la mamma non avevano i soldi per pagarsi un avvocato.

Adesso, dopo tanto tempo, Ezio ha paura di esplodere ancora. Per colpa di una maledetta obliteratrice.
Formicolio alle mani. Sguardo che si annebbia.
Non c'è Gloriana al suo fianco purtroppo!
Nonostante tutto, la sua voce è pacata quando risponde all'uomo:
"Guardi, davvero la macchinetta non funzionava, si vede che mancava l'inchiostro".
Il tono del brizzolato è sempre più duro:
"Non ho intenzione di farmi prendere in giro da un ragazzino furbo come lei. Mi dia la carta di identità, che le faccio una bella multa".
Formicolio alle mani. Sguardo sempre più annebbiato. Rabbia cieca in arrivo.
Poi il miracolo!
Si sente la voce tremolante di una donna anziana:
"Guardi che il giovanotto ha ragione. Anch'io ho avuto problemi a timbrare il mio biglietto. Adesso glielo faccio vedere".
Tra l'uomo e il Rosso compare una donna minuta, con i capelli completamente bianchi e un paio di occhiali giganteschi.
Sembra la moglie di "Mister Magoo".
Con la mano scossa da un tremolio mostra al brizzolato il suo biglietto con gli stessi difetti di quello di Ezio.
"Lasci stare questo ragazzo; si vede lontano un miglio che non è un imbroglione!"
Che goduria per il Rosso vedere quell'individuo arrogante porgergli le scuse, imbarazzato, sotto lo sguardo severo dell'anziana.
Con gesti rapidissimi buca i due biglietti e poi se ne va. Sconfitto.
Ezio si alza e d'istinto abbraccia l'anziana donna.
Lei lo accarezza in viso e dice:
"Sei proprio un bravo giovane. E sei pure bello!"
"E  lei mi ha fatto impazzire per come ha tenuto testa a quel prepotente. Vorrei avere una nonna come lei!"
Lei scoppia a ridere e felice se ne torna al suo posto.
Lui si i infila gli auricolari e ascolta l'ultimo dei Green Day.
Anche se Gloriana non c'è più, la vita non è poi così male.

LUNEDI' 4 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Era la penultima settimana di lezioni.
Stazione di Montello.
Ezio sera semi-addormentato come al solito, a quell'ora del mattino.
La sala d'aspetto era strapiena e lui se ne era andato fuori, ad aspettare il treno sulla sua panchina preferita, quella più lontana.
Non aveva voglia di parlare, quando era in quello stato comatoso.
Prima di uscire dalla porta, però, successe qualcosa.
Vide una cosa bellissima. Proprio lì, seduta di fianco all'obliteratrice.
Capelli biondi, naturali e lunghissimi.
Gli occhi verdi: porca miseria sembravano acqua limpida.
I tratti dolci del viso ed il Rosso si immaginò le fossette che di sicuro si formavano ogni qualvolta quella creatura, più che graziosa, sorrideva.
Il corpo, bello formoso che ti faceva venir voglia di stringerlo e di non andartene più via.
Il ragazzo restò fulminato. Non capiva più niente.
Probabilmente non aveva mai visto una ragazza così bella.
Lo stato comatoso mattutino se ne andò in un attimo.
La guardò negli occhi, tanto per vedere la reazione della ragazza.
E lei che aveva fatto?
Aveva ricambiato lo sguardo! Per due secondi buoni!
Un tempo che al Rosso sembrò lunghissimo.
Ma ormai la sua mano era già sulla maniglia e non  gli restava altro da fare che uscire dalla sala d'aspetto e dirigersi verso la sua panchina.
Nei quindici minuti che lo separavano dall'arrivo del treno non aveva fatto altro che pensare a quella ragazza.
Me lo sono immaginato che mi ha fissato per tanto tempo oppure è successo per davvero?
Le porte del treno intanto si erano aperte. Lui l'aveva cercata con lo sguardo, ma non l'aveva trovata. Peccato.
Sentiva di aver perso qualcosa.
Un'occasione grossa.
Ma il Rosso non mollava mai.
Domani magari la rivedo!

MARTEDI' 5 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago. Solito stato catatonico di Ezio, solita fuga verso la sua panchina adorata.
Lei era ancora lì, seduta dove era ieri! Il ragazzo era indeciso se guardarla, rischiando di fare la figura di quelli che fissano troppo.
Dai tira fuori le palle!
Si mise a fissarla, con decisione.
E lei con altrettanta decisione direzionò i suoi occhi smeraldo in quelli di Ezio.
Al Rosso venne la tachicardia.
Cosa faccio adesso?
Avrebbe voluto andarle vicino, presentarsi, chiederle dove studiava, cosa studiava, dove abitava; avrebbe voluto sapere tutto, entrare nella vita di quella ragazza così prepotentemente bella.
Ma non ce la fece.
La mano girò ancora una volta quella fottuta maniglia e lui si trovò fuori, all'aria aperta, ad auto insultarsi per essersi lasciato sfuggire un'altra ghiotta occasione.
Era arrivato il treno e lui non l'aveva trovata.
E' giusto così porco schifo! Certe occasioni vanno prese al volo, io invece ho dormito come un pirla!
Quella volta Ezio non era così sicuro di incontrarla l'indomani.

MERCOLEDI' 6 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago.
Appena mise piede in sala d'aspetto, il ragazzo l'aveva cercata con lo sguardo.
Ma lei non c'era.

GIOVEDI' 7 MAGGIO 2003, ORE 6:35
Stazione di Montello-Gorlago.
Lui arrivò con netto anticipo. Era agitato. Ma il sacrificio di dieci minuti di sonno non era servito a niente.
Non c'era nessun angelo biondo seduto di fianco all'obliteratrice.
Fanculo!

VENERDI' 8 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago.
Terzo bidone consecutivo della ragazza.
Ezio era triste.
Ormai l'occasione se ne è andata. Sono proprio un imbecille. Meglio non pensarci più sennò mi viene da piangere!
Durante il week-end il Rosso aveva rimosso il pensiero di lei.
Era uscito con i suoi amici il sabato sera e la domenica mattina era andato ad allenarsi per i boschi di Grena.
Quanto gli piaceva correre! La passione per la corsa campestre gliel'aveva trasmessa il padre.
Era stato lui il suo allenatore, sin da quando il Rosso aveva dieci anni. Tre volte a settimana si allenavano insieme.
Era troppo bello: il papà arrivava stanchissimo dalla fabbrica, dove faceva l'operaio, ma trovava le forze per infilarsi i pantaloncini e uscire  con il figlio.
Quanto piaceva al ragazzino correre al fianco di quell'omone buono. Ascoltare le storie che gli raccontava. Essere spronato dai suoi incitamenti.
Ma il brutto male era arrivato spietato e si era portato via suo padre in poco tempo.
Ezio voleva spaccare il mondo. Aveva una rabbia dentro che stentava a contenere.
Per un lungo periodo aveva odiato tutti, compresa sua mamma, anche se non aveva nessuna colpa.
A poco a poco la rabbia era svanita e il Rosso era tornato il ragazzo che tutti conoscevano, buono e gagliardo.
Purtroppo, però, la furia a volte tornava. Piccoli lampi, ma di grande intensità.
In questi frangenti Ezio rischiava sempre  di cacciarsi nei guai.

LUNEDI' 11 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago.
Il ragazzo era riuscito a dimenticarsi della bionda da sogno.
Tranquillo aveva aperto la porta della sala d'aspetto, nel suo solito stato comatoso.
Lei era lì!
Nel suo solito posto!
Questa volta il Rosso non dorme.
Richiuse svelto la porta, si girò verso di lei e con il cuore che batteva all'impazzata si era presentato.
"Ciao, io sono Ezio".
Il tono della voce era fermo e caldo, pieno di aspettative.
Lei l'aveva guardato con quegli occhi meravigliosi e con un lieve sorriso gli aveva risposto:
"E  io sono Gloriana".
Adesso che cosa le dico, che cosa faccio? Magari mi reputa un rompipalle o uno dei tanti che ci provano con lei e vorrebbe solo che me ne andassi via.
No, no, a questa le interesso, me lo sento, non so perché; lei è una gnocca da paura, ma in qualche modo le piaccio, di questo sono sicuro!
"Che treno prendi?" le domanda.
"Quello per Milano delle sette" fa lei, sorridendo.
Ezio vorrebbe saltare di gioia, abbracciare tutti quelli che ci sono in sala d'aspetto, urlare, correre, arrampicarsi sui muri.
Ma cerca di mantenere un tono calmo. E quasi ce la fa:
"Anch'io. Se vuoi facciamo il viaggio insieme".
"Perché no?" è la sua risposta.
Gloriana si era alzata. Ezio aveva aperto la porta. Insieme si erano incamminati verso la mitica panchina.
Finalmente Ezio l'avrebbe condivisa con lei.
La bionda da favola.

LUNEDI' 21 GIUGNO 2006, ORE 8:00
"Si avvisano i gentili viaggiatori che stanno per arrivare alla stazione di Brescia".
Il Rosso spegne il lettore CD e si prepara a scendere.
E' un po' agitato; questa nuova avventura lo entusiasma, ma nello stesso tempo lo spaventa.
Per dodici lunghi mesi se ne dovrà stare lontano da Grena, il paesino a cui si sente legato  quasi visceralmente.
Lì ci sono tutte le sue certezze: la mamma, gli amici, la squadra di atletica. Ma nel paese confinante, Trescore, abita lei, Gloriana. E allora un lungo periodo lontano da quei posti non può fargli che bene.
Carico del suo pesante zaino scende nel sottopassaggio.
C'è un casino allucinante, gente che sbuca da ogni parte. Proprio come quando arrivava alla stazione di Milano.
Subito cerca un'edicola. Compra la Gazzetta, per aggiornarsi sul Mondiale di calcio. Va a leggersela su una panchina libera.
Mezzora al treno che lo porterà a Verona.
E' completamente immerso nella lettura del giornale che non si accorge neanche che un ragazzo più o meno della sua età gli si siede in parte.
Solo dopo cinque minuti con la coda dell'occhio lo intravede.
Anche lui sta leggendo la Gazzetta. Anche lui ha un marsupio come quello di Ezio, di quelli che trovi sulle bancherelle etniche.
Il Rosso ci ha attaccato una spilla dell'Atalanta. La sua passione nerazzurra deve essere sempre visibile a tutti.
Ma anche il ragazzo ha una spilla sul marsupio!
Magari è atalantino come me.
Ma osservando meglio riesce a scorgere una V bianca su sfondo azzurro.
Porca vacca, è un tifoso del Brescia!
Il Rosso ha un po' di strizza.
Lui allo stadio ci è sempre andato. Proprio in Curva Nord, il settore più caldo.
Mai una volta che avesse alzato le mani contro qualche tifoso avversario.
Lui alle partite ci andava per passione, non per picchiare qualcuno.
Se questo è un esaltato e si accorge che sono bergamasco c'è il rischio di prenderle!
La rivalità tra le due tifoserie risaliva agli albori del calcio e qualche testa calda in entrambe le tifoserie c'era sempre stata.
Purtroppo quando c'era il derby Atalanta-Brescia o viceversa il rischio di incidenti era molto alto.
Ma nel momento in cui Ezio si accorge della fede calcistica dell'altro, anche il bresciano intravede la spilletta nerazzurra del bergamasco.
I due giovani si guardano negli occhi e sia l'uno che l'altro capiscono in una frazione di secondo che non si trovano davanti a un violento.
Scoppiano in una grassa risata e si stringono la mano.
"Piacere, Ezio".
"Piacere, Corrado".
La voce metallica annuncia l'arrivo dell'interregionale per Verona.
Corrado si alza e solo adesso Ezio si accorge di quanto sia alto il suo nuovo amico.
Non è tipo da passare inosservato: altissimo, ma di una magrezza impressionante, capelli lunghi fino a metà schiena, neri e lucenti, faccia stretta, ma dai tratti delicati, occhi azzurro ghiaccio, jeans stracciati e maglia heavy metal. E anche lui con un fido compagno: uno zainone pieno da far paura.
Entrambi salgono, si siedono uno di fianco all'altro, senza sapere ancora di essere accomunati da un identico destino.
Quando  Corrado, intristito, dice: "Non ho voglia di farmi dodici mesi di obiettore a Verona. Tu sei in giro in vacanza?", al Rosso si illuminano gli occhi.
Porca miseria, magari questo simpatico bresciano è stato destinato al suo stesso posto.
"Anch'io devo fare l'obiettore! Speriamo di avere fortuna e trovarci insieme. Tu stamattina dove devi andare?"
Lo spilungone risponde:
"Centro Residenziale Disabili Terre di Mezzo, via dell'Artigliere. Mi hanno detto che è vicina alla zona universitaria. Bella storia, così si vedranno un po' di gnocche! E tu?"
"Cazzarola, anch'io devo andare li!" urla quasi Ezio.
"Beh, allora vorrà dire che quel Centro diventerà un feudo bresciano e atalantino!" replica Corrado.
Il resto del viaggio vola.
Una nuova avventura, specialmente  se lunga parecchi mesi, è sempre meglio affrontarla in buona compagnia.

LUNEDI' 11 MAGGIO 2003. ORE 8:00
Stazione di Milano Centrale.
Le loro strade presto, prestissimo, si sarebbero divise.
Nell'ora e mezzo di viaggio Ezio si era innamorato.
Due minuti che era seduto con lei sul treno e già si perdeva in lei.
Gli piaceva tutto di lei.
La sua erre moscia, le fossette che si formavano quando sorrideva, i denti bianchi e regolari, i capelli biondi e lunghi, gli occhi da gatta.
E poi un fisico da sballo!
Indossava una canottiera nera che esaltava un seno degno della Ferilli.
E quelle gambe lunghe fasciate da un paio di jeans aderentissimi.
Ovunque la guardasse il Rosso avvertiva un formicolio nello stomaco.
A volte faceva finta di guardare fuori dal finestrino per alleviare il rossore che si sentiva divampare in faccia.
Non può una così bella essere interessata a uno come me!

E sì che lui non era un brutto ragazzo. Anzi con le ragazze aveva sempre avuto un discreto successo, anche se non aveva mai avuto una storia importante. Nessuna nei suoi ventidue anni di vita era riuscita a mandarlo fuori di testa.
Non era bello, di quelli che colpiscono subito le ragazze. Solo dopo un po' di tempo il gentil sesso si accorgeva del suo fisico non robustissimo, ma che lasciava sottintendere una grande potenza.
E poi il naso, delicato e il mento, squadrato, ma non troppo.
Ma ciò che le faceva innamorare era lo sguardo.
Non che avesse gli occhi azzurri o verdi o di chissà quale colore particolare. Li aveva marroni, molto scuri, quasi neri. Belli, ma ciò che li rendeva unici era la grinta che strabordava da ogni suo sguardo.
Sembrava dicessero: "Il mio proprietario è un vero duro!"
Tante ragazze cadevano in trappola e sarebbero state ore e ore a guardarlo negli occhi.
Ma lui dopo quattro, cinque mesi si stancava e interrompeva la relazione. A volte gli veniva il dubbio che forse era incapace di amare.

Uno davanti all'altra scesero dal treno e si diressero verso l'uscita.
La solita folla mattutina mandava in confusione Gloriana, concentratissima nel non perdere di vista quel ragazzo.
Era felice che finalmente quella mattina si fosse presentato. Ormai si era rassegnata a non vederlo più, perché quella era la sua ultima lezione dell'anno accademico. Anzi avrebbe anche potuto evitare di farsi la levataccia: poteva restare a letto a dormire.
Però quel rosso l'aveva affascinata e sperava che con un po' di fortuna magari l'avrebbe rivisto.
Che sguardo che aveva! Erano stati bellissimi i due secondi in cui per la prima volta i loro occhi si erano incrociati.
Lui non l'aveva guardata come tutti gli altri, con occhi imploranti di attenzione. Quasi come i cani quando fissano il cibo tra le mani del loro padrone.
Lui l'aveva fissata deciso. Lui non sembrava inebetito dalla vista della sua bellezza.
Poi però aveva aperto la porta e se ne era andato fuori. E così per altre due, tre volte!
Lei ci era rimasta male. Aveva voglia di conoscere gente nuova.
Era passato un mese da quando quel bastardo del suo ex ragazzo l'aveva lasciata, catapultandola in un baratro di solitudine angosciante.
E aveva pensato che quel ragazzo rosso con quella strana pettinatura era il tipo giusto per ripartire. Se lo sentiva dentro.
Le loro strade tra poco si sarebbero divise. Erano fuori dalla stazione di Milano. Entrambi dovevano prendere il pullman. Due pullman diversi però.
Ezio si girò verso di lei, lanciandole uno sguardo che fece venire un brivido di piacere alla ragazza.
Dai, non andartene. Ti prego. Dimmi che mi vuoi rivedere, chiedimi il numero di cellulare. Tu non sai quanto mi sei piaciuto in questo primo viaggio insieme. Mi piace tutto di te: il tuo viso, i tuoi capelli, il tuo straordinario modo di guardare la gente, la semplicità dei tuoi discorsi, persino il tuo modo di vestire un po' da adolescente punk, la forza d'animo che si intravede da ogni cosa che fai o dici.
Fu  Gloriana a prendere l'iniziativa.
Dopo aver visto la luce non voleva tornarsene nel buio gelido della solitudine.
"Mi lasceresti il tuo numero? Mi è piaciuto un sacco parlare con te e vorrei che non fosse l'ultima" gli disse tutto d'un fiato.
Era la prima volta che era lei a chiedere il cellulare a un ragazzo.
Erano sempre stati i maschi predatori a cercare di abbordarla.
Il viso del Rosso si aprì in un grande sorriso. Si sentiva scoppiare di felicità.
Non è un sogno. E' tutto vero.
Con la sua solita decisione disse:
"Non sarà l'ultima. Abbiamo l'estate tutta per noi e ci vedremo un sacco di volte!"
Da quel momento, per quasi tre anni, i due ragazzi furono un corpo e un'anima sola.