21 GIUGNO 2006, LUNEDI' ORE 9:05
La stazione di Verona si apre imponente davanti a loro.
I due ragazzi sentono l'adrenalina scorrere dentro le vene. Sta per iniziare una nuova avventura, un capitolo importante della loro vita. Hanno un'ora di tempo per trovare il Centro Terre di Mezzo.
"Ci stai se la facciamo a piedi?" propone il Rosso.
"Con una giornata così bella sarebbe un delitto andare in pullman" conferma lo spilungone.
Il cammino verso la loro nuova dimora è bello. Passano davanti all'Arena, percorrono la via dei negozi intravedendo l'affascinante Piazza delle Erbe e poi superano uno dei ponti sull'Adige.
In tutto quarantacinque minuti di strada. Tre quarti d'ora per scoprire a poco a poco pezzi di vita uno dell'altro.
A Ezio quel personaggio smilzo piace sempre di più.
Corrado è laureato in lettere. Gli piacerebbe insegnare alle superiori proprio come a lui. E' un divoratore di libri. Non fa sport. Ha venticinque anni e da ben sette è fidanzato con una ragazza del suo paese, Iseo. Gli piace la musica heavy metal. Non gliene frega niente di avere una bella macchina, i vestiti firmati o chissà quale altro vizio dell'uomo occidentale.
"Anch'io odio le firme. Vedi in giro parecchia gente che sembra sfilare su una passerella. Di tutte le età, porca vacca!" conferma il Rosso con una punta di amarezza.
Hanno appena superato il ponte e si trovano davanti un cartello con scritto Via dell'Artigliere. E' la via giusta.
Si guardano e capiscono che la partita sta per iniziare. Dall'angolo spunta un gruppo di ragazze. Tutte con la borsa a tracolla.
Tutte bonazze!
Studentesse!
L'università deve essere nei paraggi.
Il bergamasco e il bresciano girano a sinistra e davanti a loro si apre una strada che pullula di giovani vite con i libri in mano. Si guardano, felici.
Poco più avanti, un cartello con la freccia rivolta a sinistra indica "Centro Residenziale Disabili Terre di Mezzo".
Ezio è emozionato.
Ci siamo.
Attraverso il cancello intravedono un piccolo giardino. Di fianco uno spiazzo di cemento, dove sono parcheggiati due furgoncini con lo stemma per il trasporto disabili. Sull'erba ci sono due sedie a rotelle.
I due ragazzi si guardano un po' intimoriti. Poco prima si erano confessati le reciproche paure nell'affrontare il campo della disabilità.
Un mondo tutto nuovo per loro.
La vista del loro tanto amato pianeta universitario, ad un cinquantina di metri, li aiuta a trovare il coraggio di suonale il campanello.
13 MAGGIO 2003, MERCOLEDI'
Che cosa mi è saltato in mente?
Nel momento in cui aveva proposto a Gloriana di andare a fare un giro per i boschi di Grena insieme a lui, si era pentito di quella domanda.
Adesso come minimo mi prende per un maniaco che la vuol stuprare tra gli alberi!
Contro tutti i suoi peggiori pronostici lei rispose:
"Mi piacerebbe un sacco. Ogni estate mi riprometto di andare a passeggiare, ma non lo faccio mai. E' ora di farlo".
Il Rosso represse un urlo di gioia. Con questa gli andava proprio tutto bene. Due giorni prima si erano scambiati i numeri di cellulare alla stazione di Milano, ma lui era ancora un po' scettico.
Porca miseria, era troppo bella per lui.
Invece era stata lei a telefonare per chiedergli di vedersi.
L'appuntamento era alle diciotto, davanti a casa di Ezio.
Il punk mancato abitava proprio ai piedi della collina. Lei arrivò con soli cinque minuti di ritardo.
Appena la vide, Ezio rischiò di svenire.
Indossava dei pantaloncini cortissimi neri e una maglietta che lasciava in mostra l'ombelico e che sembrava esplodere sotto la pressione del seno.
Si era pettinata con le due trecce, modello collegiale disinibita.
Da sballo.
"Ciao Ezio, dici che avrò freddo quando arriveremo in cima?" gli chiese.
Al Rosso servirono cinque secondi buoni per riprendersi e formulare una risposta sensata.
"No, tranquilla. Lassù c'è un po' di vento, ma non avrai freddo".
E poi al massimo ti scalderò io!
"Ti va se portiamo il cane? Tanto lui non rompe, non c'è bisogno del guinzaglio, è praticamente la mia ombra. Non si stacca mai da me per più di cinque centimetri" le propose.
Lei replicò con entusiasmo: " Dai che bello! Io ho sempre desiderato avere un cane, ma i miei me l'hanno sempre impedito."
Bene, si comincia alla grande, le piacciono i cani. Di sicuro questa biondina non è una fighetta!
Si girò verso la betulla dove di sicuro avrebbe trovato Boz, il suo bestione. Infatti lui era là, sonnacchioso come al solito.
"Ehi Boz, vieni qua che andiamo a fare un giro".
Con una insospettabile agilità il vecchio cane si alzò e scattò vero il suo padrone.
Appena lo vide, Gloriana scoppiò a ridere. Era il cane più buffo che avesse mai visto.
Ciccione all'inverosimile e pure alto. Con un pelo corto e ispido a macchie nere, grigie e bianche. Un moncherino di coda, che agitava a folle velocità. Un viso allungato da pastore tedesco, ma con le orecchie all'ingiù.
"Ma è bellissimo!" esclamò sincera.
Avrebbe avuto voglia di abbracciarlo e accarezzarlo, tanto gli era simpatico quell'animale.
"Pensa che dieci anni fa, quando io e mio padre l'abbiamo preso al canile, la volontaria ci disse che era già lì da cinque anni, ma non lo voleva nessuno, perché era considerato un brutto cane.
Io invece, appena l'ho visto, me ne sono innamorato e ho rotto talmente le palle a mio padre che l'ho convinto a prenderlo. Adesso ha quindici anni, ma è ancora in gran forma. Si vede che le mille razze da cui è composto l'hanno reso più forte."
Boz nel frattempo aveva già fraternizzato con Gloriana e lei si era accovacciata ad accarezzarlo.
Quel bestione, che al Rosso ricordava tanto quei cani che servivano ai pastori per tenere a bada le pecore, era davvero un mito.
Il ragazzo sperò che ci sarebbero state altre mille passeggiate insieme a lui e a Gloriana.
Si incamminarono. Duecento metri di asfalto e poi subito la strada sterrata che si inerpicava su per la collina.
Al Rosso sembrava di essere dentro a un sogno.
Senza farsi accorgere da lei si girava continuamente per guardarla ed accertarsi che ci fosse ancora. Di nuovo non si capacitava che un gran pezzo di bionda così fosse interessata a uno come lui. Ma lei era lì.
Era reale e a lui non mancava di certo la determinazione per lasciarsi scappare una simile occasione.
Erano passati tre quarti d'ora ed erano arrivati alla sommità del colle.
"Ancora due minuti e potremo bere. Tra poco arriveremo a una fontanella che noi di Grena chiamiamo La Fontana dei Frati. L'acqua dei rubinetti fa schifo in confronto".
Lei gli sorrise, scoprendo i suoi denti bianchissimi. Le guance si ritrassero formando due dolci fossette.
Ad Ezio venne un mancamento.
Quanto sei bella, Gloriana. Ho paura che mi innamorerò follemente di te.
Alla fontana si dissetarono, si bagnarono la faccia, il collo e i capelli.
Gloriana era sempre più sexy e il Rosso non ci stava più dentro.
Intorno a loro c'erano verdi pendii e boschi a volontà e lui non desiderava altro che stringerla e rotolare con lei su quei prati e baciarla e sentire il suo caldo corpo contro il suo e fare l'amore fino allo sfinimento.
Ma questi pensieri bollenti furono interrotti dall'abbaiare di Boz.
Non era il suo solito latrato bonario, c'era qualcosa che non andava. Si sentiva che quel buffo cane era incazzato.
Ezio sapeva benissimo cosa aveva il potere di far arrabbiare il suo cagnone: la vista di un gatto.
Boz odiava i gatti e appena ne vedeva uno, tentava di prenderlo. Meno male che era lento come un bradipo e non ne aveva mai beccato uno.
Ora era partito all'inseguimento di un bel gattone nero.
L'unico modo di fermare quel vecchio cane era placcarlo.
E allora i due ragazzi si lanciarono per il pendio scosceso per cercare di fermare quel ciccione spelacchiato che odiava i gatti.
Durante la corsa Ezio la prese per mano e quel contatto lo fece impazzire.
Grande Boz, che gli aveva dato una scusa per rompere il ghiaccio!
Il bestione era sparito per un attimo dalla vista, si era inoltrato in un bosco e loro ridendo come bambini avevano iniziato a dribblare alberi e rami secchi caduti a terra.
Adesso il Rosso iniziava un po' a preoccuparsi.
Boz non dava segni di stanchezza e quei boschetti di querce e faggi sembravano non finire mai.
Ma improvvisamente apparve un tappeto verde: uno spiazzo d'erba minuscolo circondato dagli alberi.
Era il momento buono per agguantare quel vecchio obeso troppo orgoglioso di rivendicare la superiorità canina.
Il ragazzo si staccò a malincuore dalla mano della bionda e sfruttò le sue doti atletiche: un balzo felino e fu addosso a Boz.
Un tuffo degno del miglior Ottorino Piotti. Il mitico portiere dell'Atalanta degli anni ottanta.
Il cagnone iniziò a leccarlo con affetto. Si era dimenticato dell'odiato gatto e come per magia Ezio tirò fuori dallo zaino un biscotto per lui.
Gloriana arrivò e non la smetteva più di accarezzare quella palla pelosa.
Era tutta sudata e il suo odore naturale misto al profumo che si era messa provocò nel giovane una scarica di ormoni impazziti.
Lui sentiva il fuoco dentro e fu facile chiederle se voleva riposarsi un po' sulla coperta che aveva nello zaino: sdraiarsi insieme a lei gli procurò sensazioni che non si sarebbe più scordato per il resto della vita, così come iniziare a baciarla prima in bocca, poi dappertutto e sentire che lei rispondeva alle carezze con respiri sempre più veloci e carichi di desiderio animale.
Quanta bellezza nello scoprire a poco a poco il suo corpo formoso, prima di sfilarle i pantaloncini, poi la maglietta e trovarsela lì sotto di lui con un completo intimo di pizzo azzurro, che neanche quelle finte di modelle strafatte lo avrebbero fatto eccitare di più!
Se la fotografò nella mente per poterla rievocare in qualsiasi momento della giornata, perché una cosa così bella non l'aveva mai vista e poi, via, con un gesto delicato le tolse anche quei piccoli pezzi di tessuto azzurro e iniziò a perdersi in quel mondo fatto di pelle abbronzata e morbide curve.
Lei fece lo stesso e fu un delirio di passione e piacere.
Primo appuntamento e avevano fatto l'amore.
Ezio stentava a crederci!
Era andato tutto alla grande. La comparsa del gatto aveva fatto arrabbiare Boz e li aveva guidati fino a quel minuscolo spiazzo d'erba lontano dalla strada sterrata e quindi da eventuali occhi indiscreti.
Il Rosso non credeva nella fortuna. Lui credeva in Dio.
Grazie Dio che mi hai permesso di venire a contatto con tanta bellezza. Non so se me la merito.
Erano le sette e mezza e il sole stava tramontando.
Dovevano sbrigarsi o il buio li avrebbe fregati.
Mano nella mano, con Boz davanti a loro, si lasciarono alle spalle quel posticino incantato. Il Rosso avrebbe voluto fermarsi lì per sempre.
Speriamo di tornarci spesso.
Il viaggio di ritorno volò via leggero come una nuvola.
Nei corpi e nelle menti c'erano tutti i sintomi dell'innamoramento folle.
Casa sua era lì davanti ed Ezio si ritrovò addosso un'ansia da paura. Tra poco lei se ne sarebbe andata e chissà se quella sarebbe stata solo una piacevolissima parentesi oppure l'inizio di un sogno.
Voleva saperlo.
Subito.
Puntò addosso alla ragazza il suo sguardo deciso e le disse:
"Domani sera, se ti va, rifacciamo la camminata."
Se mi dice di no ci rimango male. Molto, ma molto male!
Ma le parole di Gloriana lo rassicurarono. Alla grande.
"Certo che mi va! Però non deve mancare questa palla pelosa di nome Boz."
Era fatta!
Come vincere i campionati nazionali di corsa campestre.
Come essere in Curva Nord e vedere l'Atalanta umiliare una grande squadra con un secco tre a zero.
Una goduria totale.
Le sensazioni di quella serata Ezio se le portò sotto la doccia e per tutta la serata.
Quella notte sognò Gloriana e il fantastico completo di pizzo azzurro.
21 GIUGNO 2006, LUNEDI'
Sono le dieci.
Ezio e Corrado hanno appena suonato il campanello del Centro Disabili Terre di Mezzo.
Passano trenta secondi e nessuno si presenta.
Il Rosso, come al solito in questa situazioni, inizia a perdere la pazienza.
Finalmente arriva una donna, avrà quarant'anni.
Dalla divisa si capisce che fa l'infermiera.
I due ragazzi si presentano e lei con aria stanca dice che devono aspettare l'arrivo del coordinatore. Non sa a che ora arriverà esattamente; è uscito per delle commissioni.
Al Rosso girano nuovamente le palle.
E' il nostro primo giorno e nessuno è qua ad aspettarci. Si comincia male.
Invece Corrado è calmo.
Ezio inizia a capire che quel ragazzo non perde le staffe facilmente, anzi deve possedere un'infinita pazienza.
"Dai che facciamo un giro dentro" dice lo spilungone e nel frattempo gli tocca un braccio.
Al contatto di quelle dita lunghe e calde Ezio sente diffondersi nel corpo una dolce sensazione. Forse è solo suggestione, ma il Rosso ormai ha compreso che Corrado ha qualcosa di speciale.
Superano il giardinetto e varcano l'ingresso.
Vengono subito colpiti da un odore forte. Odore di ospedale.
Si guardano e un'ombra di disagio riempie i loro sguardi.
E' un edificio a due piani. Ospita dieci ragazzi disabili ed ha una capienza massima di dodici posti letto.
Così aveva detto il coordinatore al telefono.
I due giovani, camminando lentamente per il corridoio principale, si accorgono che quel Centro è stato appena rimesso a nuovo. Ma in maniera triste.
Porca miseria! Avevano colorato le pareti di giallo e grigio. Un abbinamento che sa di stantio!
E dove avranno preso quei quadretti di nature morte che soffocano l'intera lunghezza del corridoio?
Roba da anni quaranta!
A Ezio vien da ridere e pure a Corrado.
Ma dove sono capitati? Più si guardano, più le loro risate aumentano.
"Corrado, mi sta venendo la gregnarola!" dice Ezio, usando un termine bergamasco. E mentre parla scoppia nuovamente a ridere.
Se adesso incontrano qualcuno, non sapranno trattenersi e faranno una bella figura di merda.
Si girano e scattano verso l'uscita con la testa bassa.
Sono nel cortile e decidono di sedersi su due poltrone dall'aria comoda. Ci vogliono cinque minuti buoni prima che la loro crisi di risate finisca.
Fortunatamente non hanno incontrato anima viva.
"Ma secondo te, qua dentro vive davvero qualcuno?" chiede lo spilungone heavy metal.
I suoi dubbi sono subito fugati.
Dalla porta spunta un individuo in carrozzina.
E' grosso. Molto grosso. Tutto in lui è rotondo: la faccia, le braccia , le gambe.
E ha una pancia da paura, tipo lottatore di sumo.
Con un grande mulinare di braccia si avvicina ai due ragazzi. Si vede che ha una grande padronanza di manovra della carrozzina.
Ezio lo guarda. Corrado lo guarda. Nessuno dei due riesce a parlare, a dire qualcosa per rompere il ghiaccio.
E' la prima volta per entrambi che parlano con un disabile e hanno paura di sparare qualche cavolata, che possa ferirlo.
Ma è l'uomo tondo che rompe tutti gli indugi.
"Ciao" dice una assurda voce nasale.
Sentendo quella vocina uscire da quel corpo enorme i due giovani si smollano e si aprono in un grande sorriso.
"Ciao. Io sono Ezio".
"Ciao. I sono Corrado. Tu come ti chiami?"
Ancora quella vocina.
"Io sono Aristide". E poi subito dopo, indicando Ezio:
"Vieni qua. Vieni qua. Vieni qua".
Il Rosso si avvicina, si inginocchia per guardare in faccia quel tipo buffo.
E lui che fa?
Gli tira uno schiaffetto! E poi scoppia a ridere!
Al bergamasco viene naturale ritornargli un piccolo schiaffo e lo fa.
Aristide ride ancora più forte. Finalmente ha incontrato qualcuno che risponde ai suoi scherzi.
Per cinque minuti buoni lui e quel simpatico ragazzo rosso si fanno di tutto.
Visti dall'esterno i tre sembrano amici da moltissimo tempo.
Per merito di quel mancato lottatore di sumo Ezio e Corrado si sentono scivolare via tutte le loro paure. E tra uno scherzo e l'altro finalmente arriva Patrick, il coordinatore.
E' un gran personaggio. E' la fotocopia di Serpico, il famoso poliziotto ribelle. Barba e capelli lunghi. Jeans strettissimi e maglietta rossa.
Uno sballone.
Ai due ragazzi piace subito. Capiscono immediatamente che quello è un uomo carismatico.
Aristide è contento che sia arrivato e inizia a tempestarlo di scherzi. Patrick lo accarezza sulla testa.
"Vedo che avete già conosciuto il nostro personaggio più smilzo". Ha una voce molto profonda. Quasi ipnotica.
"Aristide, io adesso vado a bermi un caffè al bar con questi tuoi nuovi amici. Tu torna dentro che gli educatori ti staranno cercando dappertutto".
E subito dopo: "Venite ragazzi. Vi devo parlare. Andremo nel bar davanti all'università".
Seduti in un piccolo locale, pullulante di giovani vite, Patrick incomincia a parlare.
Al suono della sua voce calda e profonda, Ezio e Corrado la smettono di guardarsi in giro. Le gnocche le osserveranno un'altra volta. Ora c'è da ascoltare questo trentenne poco convenzionale. Il loro rispetto per lui è già alto.
"Ragazzi non so se l'avete capito, ma nel Centro, dove vivrete per dodici mesi, c'è molto da lavorare. Lì tutto sa di vecchio. Sono stato assunto quattro mesi fa e appena ho visto il posto volevo già andarmene.
Locali tristi. Personale dai quarant'anni in su. Attività per i disabili ormai superate. Nessuna voglia degli educatori di rinnovarsi.
Ma sono ormai dieci anni che lavoro nella disabilità e ne ho viste di cotte e di crude e ho imparato a non mollare. Mai".
Al suono di quest'ultima frase il Rosso sente un brivido nella bocca dello stomaco. Quel cappellone gli piace proprio.
Anche Ezio non molla mai.
Dopo la morte del padre voleva scappare. Odiava tutti.
A poco a poco una forza nuova e potente era emersa in lui e da quel momento un carattere roccioso non lo avrebbe più abbandonato.
Ora osserva Patrick e si specchia in lui. Si guarda in giro. In fondo al bar vede una bionda.
Cazzarola quanto è bella! E' alta e con un fisico da star male. E adesso sta sorridendo a una sua amica e sulle guance le si formano due fossette.
Oh no!
Fitta lancinante nello stomaco. Ricordi che vorticano pericolosamente nella mente. Quella ragazza assomiglia a Gloriana e a lui viene da piangere.
Basta pensare a Gloriana. Basta pensare a Gloriana! Vattene dalla mia vita!
Patrick riprende il suo discorso ed Ezio si aggrappa con tutte le sue forze a quella voce così coinvolgente.
"Il problema è che il nostro centro è comunale, non fa parte di una cooperativa.
Chiunque lavori lì dentro sa di avere il privilegio di un posto sicuro. Per i dieci utenti abbiamo quattro educatori, tre infermieri e tre Asa, cioè assistenti infermieri.
Tutti hanno più di quarant'anni! Qualcuno addirittura
più di cinquanta! Nessuno è cattivo, su questo non c'è dubbio. I ragazzi sono trattati con i guanti. Ma tutti, proprio tutti, educatori, infermieri e assistenti si sono adagiati, anzi seduti sulla propria posizione e non combinano più niente di nuovo.
Al Centro Terre di Mezzo ogni giorno è uguale a quello precedente. Da anni ormai! Pensate che da tantissimo tempo non partecipiamo più persino alle finali di atletica che si svolgono ogni anno al Centro Coni di Verona. E io sono convinto che ai nostri ragazzi piacerebbe un casino fare sport!
Cari obiettori, non fate come i militari, che ogni giorno cancellano un giorno dalla stecca.
Questi dodici mesi non lasciateli scorrere e basta, magari con il desiderio che passino il più velocemente possibile.
Date un senso al vostro servizio civile.
Qua c'è una squadra da ricostruire e voi mi dovete dare una grossa mano.
Conto su di voi!"
14 MAGGIO 2003
La sera successiva al primo appuntamento era andata bene. Benissimo. Senza neanche bisogno di parlarsi si erano diretti verso il tappeto verde circondato dagli alberi.
E l'avevano fatto ancora. Con ancora più passione.
Niente pizzo azzurro stavolta. Completino rosso che fece impazzire Ezio.
Andava tutto a meraviglia e il giorno dopo Ezio si era alzato con un'euforia tale che sua mamma gli disse:
"Il mio Rosso è proprio innamorato!"
E lui senza neanche accorgersene rispose che era vero. Che quella ragazza lo stava facendo volare. Che oggi avrebbe studiato persino con piacere.
Tutto questo appena sveglio, verso le otto.
Due ore dopo il suo umore era già cambiato.
Gloriana non aveva ancora risposto al suo sms, che le aveva scritto appena messo piede fuori dal letto.
Un messaggio semplice, ma che esprimeva tutta la sua voglia di rivederla al più presto:
"Bongiorno Gloriana. Ieri sera non ti ho chiesto quando avremmo potuto rivederci, forse perché ero ancora in ebollizione a causa dei tuoi baci e delle tue carezze! Se sei libera stasera potremmo andare al cinema. Che ne dici?"
Poi la lunga attesa.
Mille dubbi nella sua testa.
Era forse troppo morboso a chiederle di uscire per la terza volta consecutiva? Magari si era stufata di lui e aveva solo bisogno di una storiella poco seria, tipo usa e getta.
Forse lui era solo un palliativo per dimenticarsi del suo ex ragazzo.
Panico. Ansia. Voglia di spaccare tutto.
Sono messo davvero male! Sono solo due giorni che usciamo insieme!
Verso le undici la chiama.
"Il cliente da lei selezionato non è al momento raggiungibile."
Vaffanculo. Ma dove sei finita?
Decise di studiare fino a mezzogiorno, senza pensarci più. Missione impossibile.
Pranzo triste con sua madre, che tenta di consolarlo invano.
Più il tempo passava e più i suoi pensieri convergevano sul pizzo azzurro, su quello rosso, sulle fossette, sugli occhi verdi, sul suo sorriso abbagliante.
Tutto diventava più nero, perché ormai erano le sei del pomeriggio e lei non aveva ancora richiamato.
E allora lui con uno scatto di orgoglio si cambiò, indossando la sua vecchia e ormai consunta divisa da corsa e andò a sfogarsi sui colli di Grena, con il fido Boz a fargli da ombra.
Sulla strada sterrata, tra quegli alberi vecchi e folti che quasi coprivano per intero il cielo, con il sudore che iniziava ad entrargli negli occhi e il respiro pesante di Boz, Ezio tornò alla vita.
Riuscì a dimenticarsi del silenzio di Gloriana e di tutti i pensieri paranoici che aveva costruito durante quella giornata infelice.
In quel momento esistevano solamente lui, Boz e la natura verdeggiante.
Corse per un'ora con un ritmo forsennato e, mentre stava aprendo il cancello di casa, si sentiva leggero e libero.
Adesso mi farò una doccia e poi accenderò il cellulare. Se non troverò una sua chiamata, pace. Vuol dire che non era destino che la storia con lei andasse avanti.
Doccia calda, rigenerante.
Tasto rosso del telefonino, i colori dello schermo prendono vita. Un messaggio in arrivo.
Di Gloriana!
"Ho chiamato alle 18:20".
Evvai. Ha richiamato! Non è finita, non è finita, non è finita!
Come una scheggia compose il suo numero e si perse nelle parole della ragazza. Della sua ragazza.
"Scusami Ezio, se non ti ho chiamato prima: avevo il cellulare in ricarica a casa.
Ieri sera mi sono dimenticata di dirti che due giorni a settimana lavoro al bar di mio zio, dalle sette di mattina alle sei di sera e stamattina volevo scriverti un messaggio, ma ero troppo in coma e mi sono dimenticata.
Imparerai a conoscere il mio lato oscuro di ragazza ultra stordita. Comunque è un'ottima idea il cinema per stasera: lasciami il tempo di lavarmi e mangiare e poi sarò tutta per te."
Sarò tutta per te! Magiche parole per le orecchie di Ezio.
Niente destino avverso. La sua bionda dei sogni avrebbe fatto ancora parte della sua vita.
Fantastico. La favola continuava.
LUNEDI' 21 GIUGNO 2006, ORE 12:00
Arriva l'ora di pranzo. Presenti i dieci ragazzi disabili, due educatori, Ezio e Corrado.
Patrick è dovuto scappare ad una riunione in Comune. I due obiettori rimpiangono l'assenza del coordinatore.
Porca miseria, che mortorio lì dentro.
La stanza da pranzo è grigia, come le facce degli educatori, che si sono limitati a presentarsi e poi si sono chiusi in un silenzio di tomba. Si chiamano Pino e Pierangelo. Ora hanno iniziato a imboccare due ragazzi disabili, senza più considerare il mondo esterno. Avranno tutti e due sui quarantacinque anni.
Pino probabilmente di più, dato che ha una zazzera incredibile di capelli bianchi e una folta barba ovviamente bianca. Sembra Babbo Natale.
Un Babbo Natale spento.
Pierangelo è piccolo e magro, con i capelli riccioli da far invidia a un ventenne e gli occhi azzurro ghiaccio.
Corrado lo osserva.
Sicuramente è un bell'uomo. Ma un alone di malinconia aleggia pure su di lui. Cazzarola non li ho ancora visti ridere questi due!
Nel silenzio imbarazzante il capellone bresciano prosegue il suo pranzo. Lui non deve imboccare nessuno. I ragazzi non autonomi nel mangiare sono due, entrambi in carrozzina. A loro badano i due educatori.
E lui è disperato perché non sa come rompere il ghiaccio. Gli vengono in mente mille domande, ma poi si lascia inglobare dalla cupa atmosfera della stanza e si spegne pure lui.
Almeno Ezio è seduto vicino ad Aristide e sta scherzando con lui. Questo Aristide è proprio un bel tipo, ride sempre e comunque. E' l'unico fra i disabili che non ha la testa abbassata sul piatto.
Passano i minuti e Corrado rischia di andare in crisi. Non ha mai assistito a un pranzo in un Centro per disabili e deve ammetterlo che non è proprio il massimo.
I due ragazzi da imboccare perdono saliva e ormai la loro bavaglia è completamente fradicia. E tutti gli altri fanno rumori clamorosi con la bocca. E il silenzio dei due educatori prosegue impenetrabile. E' una situazione devastante.
Calmati. Qua c'è da fare qualcosa, altrimenti domani mattina chiedo il trasferimento.
La familiare sensazione di calma si impadronisce di lui e tutto inizia ad andare bene.
Una radio. Serve una radio!
"Ehi Pierangelo, avete per caso una radio qua al Centro?"
Il ricciolo si scuote dal suo torpore, direziona uno sguardo benevolo verso Corrado e risponde:
"Sì, la trovi al primo piano, nella stanza relax. Ha pure il lettore CD".
Poi gli rivolge un sorriso. Il miracolo è avvenuto!
Corrado quasi corre nell'uscire dalla stanza e prima di planare in corridoio fa in tempo a chiedere a Ezio qualche suo CD punk.
Nel giro di due minuti secchi la stanza da pranzo si riempie della musica dei Clash.
E inizia un'altra vita!
Il suono copre i rumori devastanti prodotti dalla bocca dei ragazzi, cosa molto gradita ai due obiettori. E tutti, ma proprio tutti i disabili si rianimano, iniziano a ridere e a battere le mani.
Corrado è felice.
Che bello vederli così! Questa sì che è vita!
Persino Pino e Pierangelo riemergono dal loro coma cerebrale e incitano i ragazzi.
Il mortorio di cinque minuti prima è già dimenticato e ora nella stanza si respira solo voglia di vivere e divertirsi. Nel giro di venti minuti i tavoli sono sparecchiati e accostati al muro.
La pista da ballo è pronta.
Corrado ed Ezio insegnano ai ragazzi a pogare e loro felici iniziano a spintonarsi, a saltare avanti e indietro, ad abbracciarsi.
Per non parlare di Pino e Pierangelo, che elettrizzati spingono ad un ritmo folle le carrozzine di Giulio e Valerio. Aristide si spinge per conto suo e sta praticamente massacrando le caviglie dei suoi compagni.
Le Terre di Mezzo hanno preso vita.
Dopo un lungo sonno si sono accorte che il mondo va vissuto secondo tutte le possibilità immaginabili.
16 MAGGIO 2003, SABATO ORE 21:00
Finalmente era arrivato il week-end. Ezio si apprestava a uscire con lei.
Doveva passare a prenderla e poi presentarla agli amici.
Era teso, ma anche impaziente.
Li aveva sentiti al telefono tutti e quattro, i suoi migliori amici. Aveva detto loro che avrebbe portato una ragazza con cui stava uscendo da poco. Ma dalle sue parole non aveva lasciato trasparire l'innamoramento folle che stava vivendo; anzi aveva usato un tono quasi distaccato. Non aveva fatto capire che Gloriana era una gnocca da paura.
Voleva fare una bella sorpresa ai suoi soci.
Suonò il citofono. Lei rispose subito e nel giro di trenta secondi lo raggiunse in strada.
Nel vederla il Rosso rimase di stucco.
Quanto sei bella. Ma mi merito io tanta bellezza?
Si era messa la minigonna di jeans. L'effetto delle sue gambe scoperte e già abbronzate gli provocò un movimento impazzito di stomaco. Sopra indossava una camicetta modello hippy, rosa, che lasciava intravedere le forme generose del seno. I capelli li aveva completamente liberi sulla schiena e le arrivavano quasi al sedere.
Uno spettacolo!
La strinse forte, perché voleva accertarsi che fosse vera. E lei lo baciò con una passione che gli fece girare la testa.
"Vieni sul mio bolide" le disse.
Il suo bolide! Era una vecchia Opel corsa di tredici anni, scassatissima.
Le macchine della maggior parte degli studenti erano delle carcasse. Quando sei all'università di soldi in tasca ne hai pochi e le cose che possiedi le tieni con cura, perché non puoi permetterti di perderle.
Ezio era orgoglioso di essere un universitario, e di essere squattrinato. Nella sua lunga condizione di studente aveva imparato a sudarsi le cose.
Durante gli anni delle superiori, Ezio passava i tre mesi di vacanze estive a sgobbare sotto il sole come muratore. Levatacce la mattina, caldo allucinante che ti faceva fondere i pensieri, parolacce dei colleghi anziani se non eri in grado di rispondere velocemente alle loro richieste. Ma quei periodi di sudore e cemento gli erano serviti a rafforzare ulteriormente il suo carattere.
Verso la fine del primo anno di Scienze Motorie era arrivata una lieta sorpresa: era dentro la lista dei beneficiari della borsa di studio! Un po' per merito dei suoi buoni voti e un po' per il reddito basso della sua famiglia, composta solamente da lui e la madre.
Beh, la borsa di studio era una vera manna dal cielo. Non pagava le tasse universitarie, aveva un pasto gratis al giorno alla mensa e aveva diritto a millecinquecento euro annuali.
In quei primi tre anni universitari si era sbattuto alla grande e ce l'aveva fatta a rimanere all'interno della magica lista. E d'estate non era più costretto a diventare matto sotto la calura infernale, anzi iniziava a preparare molto presto gli esami di settembre.
Certo la vita dello studente non era contrassegnata da lussi, vacanze da sogno, abiti firmati, auto nuove fiammanti o aperitivi quotidiani. La vita da studente era dura. Dovevi fare i salti mortali per arrivare a fine mese con i conti sopra lo zero. Poi magari vedevi i tuoi amici che avevano un lavoro fisso e potevano permettersi di pensare già ad aprire un mutuo per comprare una casa. Ma non era quello il problema di Ezio. A suo tempo avrebbe fatto anche lui le cose che c'erano da fare.
Il vero problema era la considerazione della gente.
"Voi studenti non fate un cazzo in tutto il giorno!"
"Finirà la pacchia di essere universitario!"
"Voi studenti dovreste imparare ad abbassare la schiena e lavorare dalla mattina alla sera!"
All'inizio si arrabbiava sentendo queste frasi. A volte il formicolio arrivava inesorabile e una volta ci era scappata una furiosa discussione. Poi aveva imparato a lasciar perdere. Aveva capito una cosa importantissima e allora delle parole superficiali della gente non gliene importava niente.
Aveva capito che tutti gli studenti del mondo, in tutti i momenti delle loro lunghe giornate, portavano sulle spalle uno zaino. Anche quando andavano a dormire. Questo zaino era colorato, allegro e non tanto grande. Grande abbastanza però per contenere un sogno.
Il sogno di laurearsi e svolgere per tutta la vita un lavoro che ti piace. Che ti soddisfa e ti realizza.
Con lo zaino sulle spalle non hai paura di niente e te ne freghi delle malelingue della gente.
Con lo zaino sulle spalle ti senti forte.
Con lo zaino sulle spalle sai cosa vuoi fare della tua vita.
E tutto va bene.
Questo zaino colorato te lo sentirai dietro la schiena anche dopo la laurea, quando avrai uno stipendio fisso e i tempi universitari ti sembreranno lontani. Il suo peso ti aiuterà a non esagerare mai negli acquisti, a rimanere umile. E soprattutto a sentirti sempre un po' giovane e spensierato, come quando giravi da un'aula all'altra e magari la sera ci scappava una festa in qualche affollato e microscopico appartamento.
Se sei stato studente lo rimani per sempre.
Ezio le aprì la portiera, come un vero gentiluomo. Trovarsela lì seduta di fianco mentre guidava, gli dava una sensazione di tranquillità assoluta. In quel momento stava bene e non avrebbe potuto chiedere niente di più dalla vita.
Si era dato appuntamento con i suoi soci in un pub non distante dalla casa di Gloriana. Ci avrebbero messo cinque minuti ad arrivarci.
Li illuminò con la luce dei fari, i suoi quattro amici.
Erano riuniti in circolo nel parcheggio. Intravidero il suo bolide azzurro e lo salutarono nel solito modo. Con un bel dito medio alzato!
Gloriana scoppiò a ridere: "Bel modo che hanno di salutare i tuoi amici!"
Parcheggiò vicino a loro. Nel momento in cui lei posò i piedi sull'asfalto, lo sguardo dei quattro si concentrò solo ed esclusivamente su di lei. Il Rosso non venne calcolato neanche di striscio.
Gloriana, con il suo fisico prorompente, il suo viso dolce e i suoi capelli da accarezzare, per l'ennesima volta nella sua vita aveva catalizzato l'attenzione.
Ci furono le presentazioni. Maurizio, Claudio, Antonello e Paolo, senza farsi accorgere dalla ragazza, mostrarono la loro approvazione a Ezio. I loro occhi sembravano dire:
"Grande Rosso, stavolta hai fatto centro!"
Ezio si sentì felice. Il primo impatto con i suoi amici era andato alla grande. A quei quattro giovani lui voleva un gran bene.
Erano tutti di Grena. Si conoscevano dai tempi delle elementari. Avevano tutti la stessa età, 22 anni. Nessuna ragazza li aveva divisi, nessuna discussione aveva scalfito la loro amicizia.
Tre anni prima avevano fatto un patto.
Era una domenica pomeriggio di luglio. Caldissima. Si stavano godendo l'estate dopo gli esami di maturità. Erano seduti per terra, in cerchio, a giocare a briscolone. Intorno a loro solo gli alberi.
Il verso delle cicale rischiava di sovrastare le parole dei ragazzi. Le colline di Grena erano il loro rifugio preferito. Fuori dal casino, fuori dal mondo.
Si girò verso la betulla dove di sicuro avrebbe trovato Boz, il suo bestione. Infatti lui era là, sonnacchioso come al solito.
"Ehi Boz, vieni qua che andiamo a fare un giro".
Con una insospettabile agilità il vecchio cane si alzò e scattò vero il suo padrone.
Appena lo vide, Gloriana scoppiò a ridere. Era il cane più buffo che avesse mai visto.
Ciccione all'inverosimile e pure alto. Con un pelo corto e ispido a macchie nere, grigie e bianche. Un moncherino di coda, che agitava a folle velocità. Un viso allungato da pastore tedesco, ma con le orecchie all'ingiù.
"Ma è bellissimo!" esclamò sincera.
Avrebbe avuto voglia di abbracciarlo e accarezzarlo, tanto gli era simpatico quell'animale.
"Pensa che dieci anni fa, quando io e mio padre l'abbiamo preso al canile, la volontaria ci disse che era già lì da cinque anni, ma non lo voleva nessuno, perché era considerato un brutto cane.
Io invece, appena l'ho visto, me ne sono innamorato e ho rotto talmente le palle a mio padre che l'ho convinto a prenderlo. Adesso ha quindici anni, ma è ancora in gran forma. Si vede che le mille razze da cui è composto l'hanno reso più forte."
Boz nel frattempo aveva già fraternizzato con Gloriana e lei si era accovacciata ad accarezzarlo.
Quel bestione, che al Rosso ricordava tanto quei cani che servivano ai pastori per tenere a bada le pecore, era davvero un mito.
Il ragazzo sperò che ci sarebbero state altre mille passeggiate insieme a lui e a Gloriana.
Si incamminarono. Duecento metri di asfalto e poi subito la strada sterrata che si inerpicava su per la collina.
Al Rosso sembrava di essere dentro a un sogno.
Senza farsi accorgere da lei si girava continuamente per guardarla ed accertarsi che ci fosse ancora. Di nuovo non si capacitava che un gran pezzo di bionda così fosse interessata a uno come lui. Ma lei era lì.
Era reale e a lui non mancava di certo la determinazione per lasciarsi scappare una simile occasione.
Erano passati tre quarti d'ora ed erano arrivati alla sommità del colle.
"Ancora due minuti e potremo bere. Tra poco arriveremo a una fontanella che noi di Grena chiamiamo La Fontana dei Frati. L'acqua dei rubinetti fa schifo in confronto".
Lei gli sorrise, scoprendo i suoi denti bianchissimi. Le guance si ritrassero formando due dolci fossette.
Ad Ezio venne un mancamento.
Quanto sei bella, Gloriana. Ho paura che mi innamorerò follemente di te.
Alla fontana si dissetarono, si bagnarono la faccia, il collo e i capelli.
Gloriana era sempre più sexy e il Rosso non ci stava più dentro.
Intorno a loro c'erano verdi pendii e boschi a volontà e lui non desiderava altro che stringerla e rotolare con lei su quei prati e baciarla e sentire il suo caldo corpo contro il suo e fare l'amore fino allo sfinimento.
Ma questi pensieri bollenti furono interrotti dall'abbaiare di Boz.
Non era il suo solito latrato bonario, c'era qualcosa che non andava. Si sentiva che quel buffo cane era incazzato.
Ezio sapeva benissimo cosa aveva il potere di far arrabbiare il suo cagnone: la vista di un gatto.
Boz odiava i gatti e appena ne vedeva uno, tentava di prenderlo. Meno male che era lento come un bradipo e non ne aveva mai beccato uno.
Ora era partito all'inseguimento di un bel gattone nero.
L'unico modo di fermare quel vecchio cane era placcarlo.
E allora i due ragazzi si lanciarono per il pendio scosceso per cercare di fermare quel ciccione spelacchiato che odiava i gatti.
Durante la corsa Ezio la prese per mano e quel contatto lo fece impazzire.
Grande Boz, che gli aveva dato una scusa per rompere il ghiaccio!
Il bestione era sparito per un attimo dalla vista, si era inoltrato in un bosco e loro ridendo come bambini avevano iniziato a dribblare alberi e rami secchi caduti a terra.
Adesso il Rosso iniziava un po' a preoccuparsi.
Boz non dava segni di stanchezza e quei boschetti di querce e faggi sembravano non finire mai.
Ma improvvisamente apparve un tappeto verde: uno spiazzo d'erba minuscolo circondato dagli alberi.
Era il momento buono per agguantare quel vecchio obeso troppo orgoglioso di rivendicare la superiorità canina.
Il ragazzo si staccò a malincuore dalla mano della bionda e sfruttò le sue doti atletiche: un balzo felino e fu addosso a Boz.
Un tuffo degno del miglior Ottorino Piotti. Il mitico portiere dell'Atalanta degli anni ottanta.
Il cagnone iniziò a leccarlo con affetto. Si era dimenticato dell'odiato gatto e come per magia Ezio tirò fuori dallo zaino un biscotto per lui.
Gloriana arrivò e non la smetteva più di accarezzare quella palla pelosa.
Era tutta sudata e il suo odore naturale misto al profumo che si era messa provocò nel giovane una scarica di ormoni impazziti.
Lui sentiva il fuoco dentro e fu facile chiederle se voleva riposarsi un po' sulla coperta che aveva nello zaino: sdraiarsi insieme a lei gli procurò sensazioni che non si sarebbe più scordato per il resto della vita, così come iniziare a baciarla prima in bocca, poi dappertutto e sentire che lei rispondeva alle carezze con respiri sempre più veloci e carichi di desiderio animale.
Quanta bellezza nello scoprire a poco a poco il suo corpo formoso, prima di sfilarle i pantaloncini, poi la maglietta e trovarsela lì sotto di lui con un completo intimo di pizzo azzurro, che neanche quelle finte di modelle strafatte lo avrebbero fatto eccitare di più!
Se la fotografò nella mente per poterla rievocare in qualsiasi momento della giornata, perché una cosa così bella non l'aveva mai vista e poi, via, con un gesto delicato le tolse anche quei piccoli pezzi di tessuto azzurro e iniziò a perdersi in quel mondo fatto di pelle abbronzata e morbide curve.
Lei fece lo stesso e fu un delirio di passione e piacere.
Primo appuntamento e avevano fatto l'amore.
Ezio stentava a crederci!
Era andato tutto alla grande. La comparsa del gatto aveva fatto arrabbiare Boz e li aveva guidati fino a quel minuscolo spiazzo d'erba lontano dalla strada sterrata e quindi da eventuali occhi indiscreti.
Il Rosso non credeva nella fortuna. Lui credeva in Dio.
Grazie Dio che mi hai permesso di venire a contatto con tanta bellezza. Non so se me la merito.
Erano le sette e mezza e il sole stava tramontando.
Dovevano sbrigarsi o il buio li avrebbe fregati.
Mano nella mano, con Boz davanti a loro, si lasciarono alle spalle quel posticino incantato. Il Rosso avrebbe voluto fermarsi lì per sempre.
Speriamo di tornarci spesso.
Il viaggio di ritorno volò via leggero come una nuvola.
Nei corpi e nelle menti c'erano tutti i sintomi dell'innamoramento folle.
Casa sua era lì davanti ed Ezio si ritrovò addosso un'ansia da paura. Tra poco lei se ne sarebbe andata e chissà se quella sarebbe stata solo una piacevolissima parentesi oppure l'inizio di un sogno.
Voleva saperlo.
Subito.
Puntò addosso alla ragazza il suo sguardo deciso e le disse:
"Domani sera, se ti va, rifacciamo la camminata."
Se mi dice di no ci rimango male. Molto, ma molto male!
Ma le parole di Gloriana lo rassicurarono. Alla grande.
"Certo che mi va! Però non deve mancare questa palla pelosa di nome Boz."
Era fatta!
Come vincere i campionati nazionali di corsa campestre.
Come essere in Curva Nord e vedere l'Atalanta umiliare una grande squadra con un secco tre a zero.
Una goduria totale.
Le sensazioni di quella serata Ezio se le portò sotto la doccia e per tutta la serata.
Quella notte sognò Gloriana e il fantastico completo di pizzo azzurro.
21 GIUGNO 2006, LUNEDI'
Sono le dieci.
Ezio e Corrado hanno appena suonato il campanello del Centro Disabili Terre di Mezzo.
Passano trenta secondi e nessuno si presenta.
Il Rosso, come al solito in questa situazioni, inizia a perdere la pazienza.
Finalmente arriva una donna, avrà quarant'anni.
Dalla divisa si capisce che fa l'infermiera.
I due ragazzi si presentano e lei con aria stanca dice che devono aspettare l'arrivo del coordinatore. Non sa a che ora arriverà esattamente; è uscito per delle commissioni.
Al Rosso girano nuovamente le palle.
E' il nostro primo giorno e nessuno è qua ad aspettarci. Si comincia male.
Invece Corrado è calmo.
Ezio inizia a capire che quel ragazzo non perde le staffe facilmente, anzi deve possedere un'infinita pazienza.
"Dai che facciamo un giro dentro" dice lo spilungone e nel frattempo gli tocca un braccio.
Al contatto di quelle dita lunghe e calde Ezio sente diffondersi nel corpo una dolce sensazione. Forse è solo suggestione, ma il Rosso ormai ha compreso che Corrado ha qualcosa di speciale.
Superano il giardinetto e varcano l'ingresso.
Vengono subito colpiti da un odore forte. Odore di ospedale.
Si guardano e un'ombra di disagio riempie i loro sguardi.
E' un edificio a due piani. Ospita dieci ragazzi disabili ed ha una capienza massima di dodici posti letto.
Così aveva detto il coordinatore al telefono.
I due giovani, camminando lentamente per il corridoio principale, si accorgono che quel Centro è stato appena rimesso a nuovo. Ma in maniera triste.
Porca miseria! Avevano colorato le pareti di giallo e grigio. Un abbinamento che sa di stantio!
E dove avranno preso quei quadretti di nature morte che soffocano l'intera lunghezza del corridoio?
Roba da anni quaranta!
A Ezio vien da ridere e pure a Corrado.
Ma dove sono capitati? Più si guardano, più le loro risate aumentano.
"Corrado, mi sta venendo la gregnarola!" dice Ezio, usando un termine bergamasco. E mentre parla scoppia nuovamente a ridere.
Se adesso incontrano qualcuno, non sapranno trattenersi e faranno una bella figura di merda.
Si girano e scattano verso l'uscita con la testa bassa.
Sono nel cortile e decidono di sedersi su due poltrone dall'aria comoda. Ci vogliono cinque minuti buoni prima che la loro crisi di risate finisca.
Fortunatamente non hanno incontrato anima viva.
"Ma secondo te, qua dentro vive davvero qualcuno?" chiede lo spilungone heavy metal.
I suoi dubbi sono subito fugati.
Dalla porta spunta un individuo in carrozzina.
E' grosso. Molto grosso. Tutto in lui è rotondo: la faccia, le braccia , le gambe.
E ha una pancia da paura, tipo lottatore di sumo.
Con un grande mulinare di braccia si avvicina ai due ragazzi. Si vede che ha una grande padronanza di manovra della carrozzina.
Ezio lo guarda. Corrado lo guarda. Nessuno dei due riesce a parlare, a dire qualcosa per rompere il ghiaccio.
E' la prima volta per entrambi che parlano con un disabile e hanno paura di sparare qualche cavolata, che possa ferirlo.
Ma è l'uomo tondo che rompe tutti gli indugi.
"Ciao" dice una assurda voce nasale.
Sentendo quella vocina uscire da quel corpo enorme i due giovani si smollano e si aprono in un grande sorriso.
"Ciao. Io sono Ezio".
"Ciao. I sono Corrado. Tu come ti chiami?"
Ancora quella vocina.
"Io sono Aristide". E poi subito dopo, indicando Ezio:
"Vieni qua. Vieni qua. Vieni qua".
Il Rosso si avvicina, si inginocchia per guardare in faccia quel tipo buffo.
E lui che fa?
Gli tira uno schiaffetto! E poi scoppia a ridere!
Al bergamasco viene naturale ritornargli un piccolo schiaffo e lo fa.
Aristide ride ancora più forte. Finalmente ha incontrato qualcuno che risponde ai suoi scherzi.
Per cinque minuti buoni lui e quel simpatico ragazzo rosso si fanno di tutto.
Visti dall'esterno i tre sembrano amici da moltissimo tempo.
Per merito di quel mancato lottatore di sumo Ezio e Corrado si sentono scivolare via tutte le loro paure. E tra uno scherzo e l'altro finalmente arriva Patrick, il coordinatore.
E' un gran personaggio. E' la fotocopia di Serpico, il famoso poliziotto ribelle. Barba e capelli lunghi. Jeans strettissimi e maglietta rossa.
Uno sballone.
Ai due ragazzi piace subito. Capiscono immediatamente che quello è un uomo carismatico.
Aristide è contento che sia arrivato e inizia a tempestarlo di scherzi. Patrick lo accarezza sulla testa.
"Vedo che avete già conosciuto il nostro personaggio più smilzo". Ha una voce molto profonda. Quasi ipnotica.
"Aristide, io adesso vado a bermi un caffè al bar con questi tuoi nuovi amici. Tu torna dentro che gli educatori ti staranno cercando dappertutto".
E subito dopo: "Venite ragazzi. Vi devo parlare. Andremo nel bar davanti all'università".
Seduti in un piccolo locale, pullulante di giovani vite, Patrick incomincia a parlare.
Al suono della sua voce calda e profonda, Ezio e Corrado la smettono di guardarsi in giro. Le gnocche le osserveranno un'altra volta. Ora c'è da ascoltare questo trentenne poco convenzionale. Il loro rispetto per lui è già alto.
"Ragazzi non so se l'avete capito, ma nel Centro, dove vivrete per dodici mesi, c'è molto da lavorare. Lì tutto sa di vecchio. Sono stato assunto quattro mesi fa e appena ho visto il posto volevo già andarmene.
Locali tristi. Personale dai quarant'anni in su. Attività per i disabili ormai superate. Nessuna voglia degli educatori di rinnovarsi.
Ma sono ormai dieci anni che lavoro nella disabilità e ne ho viste di cotte e di crude e ho imparato a non mollare. Mai".
Al suono di quest'ultima frase il Rosso sente un brivido nella bocca dello stomaco. Quel cappellone gli piace proprio.
Anche Ezio non molla mai.
Dopo la morte del padre voleva scappare. Odiava tutti.
A poco a poco una forza nuova e potente era emersa in lui e da quel momento un carattere roccioso non lo avrebbe più abbandonato.
Ora osserva Patrick e si specchia in lui. Si guarda in giro. In fondo al bar vede una bionda.
Cazzarola quanto è bella! E' alta e con un fisico da star male. E adesso sta sorridendo a una sua amica e sulle guance le si formano due fossette.
Oh no!
Fitta lancinante nello stomaco. Ricordi che vorticano pericolosamente nella mente. Quella ragazza assomiglia a Gloriana e a lui viene da piangere.
Basta pensare a Gloriana. Basta pensare a Gloriana! Vattene dalla mia vita!
Patrick riprende il suo discorso ed Ezio si aggrappa con tutte le sue forze a quella voce così coinvolgente.
"Il problema è che il nostro centro è comunale, non fa parte di una cooperativa.
Chiunque lavori lì dentro sa di avere il privilegio di un posto sicuro. Per i dieci utenti abbiamo quattro educatori, tre infermieri e tre Asa, cioè assistenti infermieri.
Tutti hanno più di quarant'anni! Qualcuno addirittura
più di cinquanta! Nessuno è cattivo, su questo non c'è dubbio. I ragazzi sono trattati con i guanti. Ma tutti, proprio tutti, educatori, infermieri e assistenti si sono adagiati, anzi seduti sulla propria posizione e non combinano più niente di nuovo.
Al Centro Terre di Mezzo ogni giorno è uguale a quello precedente. Da anni ormai! Pensate che da tantissimo tempo non partecipiamo più persino alle finali di atletica che si svolgono ogni anno al Centro Coni di Verona. E io sono convinto che ai nostri ragazzi piacerebbe un casino fare sport!
Cari obiettori, non fate come i militari, che ogni giorno cancellano un giorno dalla stecca.
Questi dodici mesi non lasciateli scorrere e basta, magari con il desiderio che passino il più velocemente possibile.
Date un senso al vostro servizio civile.
Qua c'è una squadra da ricostruire e voi mi dovete dare una grossa mano.
Conto su di voi!"
14 MAGGIO 2003
La sera successiva al primo appuntamento era andata bene. Benissimo. Senza neanche bisogno di parlarsi si erano diretti verso il tappeto verde circondato dagli alberi.
E l'avevano fatto ancora. Con ancora più passione.
Niente pizzo azzurro stavolta. Completino rosso che fece impazzire Ezio.
Andava tutto a meraviglia e il giorno dopo Ezio si era alzato con un'euforia tale che sua mamma gli disse:
"Il mio Rosso è proprio innamorato!"
E lui senza neanche accorgersene rispose che era vero. Che quella ragazza lo stava facendo volare. Che oggi avrebbe studiato persino con piacere.
Tutto questo appena sveglio, verso le otto.
Due ore dopo il suo umore era già cambiato.
Gloriana non aveva ancora risposto al suo sms, che le aveva scritto appena messo piede fuori dal letto.
Un messaggio semplice, ma che esprimeva tutta la sua voglia di rivederla al più presto:
"Bongiorno Gloriana. Ieri sera non ti ho chiesto quando avremmo potuto rivederci, forse perché ero ancora in ebollizione a causa dei tuoi baci e delle tue carezze! Se sei libera stasera potremmo andare al cinema. Che ne dici?"
Poi la lunga attesa.
Mille dubbi nella sua testa.
Era forse troppo morboso a chiederle di uscire per la terza volta consecutiva? Magari si era stufata di lui e aveva solo bisogno di una storiella poco seria, tipo usa e getta.
Forse lui era solo un palliativo per dimenticarsi del suo ex ragazzo.
Panico. Ansia. Voglia di spaccare tutto.
Sono messo davvero male! Sono solo due giorni che usciamo insieme!
Verso le undici la chiama.
"Il cliente da lei selezionato non è al momento raggiungibile."
Vaffanculo. Ma dove sei finita?
Decise di studiare fino a mezzogiorno, senza pensarci più. Missione impossibile.
Pranzo triste con sua madre, che tenta di consolarlo invano.
Più il tempo passava e più i suoi pensieri convergevano sul pizzo azzurro, su quello rosso, sulle fossette, sugli occhi verdi, sul suo sorriso abbagliante.
Tutto diventava più nero, perché ormai erano le sei del pomeriggio e lei non aveva ancora richiamato.
E allora lui con uno scatto di orgoglio si cambiò, indossando la sua vecchia e ormai consunta divisa da corsa e andò a sfogarsi sui colli di Grena, con il fido Boz a fargli da ombra.
Sulla strada sterrata, tra quegli alberi vecchi e folti che quasi coprivano per intero il cielo, con il sudore che iniziava ad entrargli negli occhi e il respiro pesante di Boz, Ezio tornò alla vita.
Riuscì a dimenticarsi del silenzio di Gloriana e di tutti i pensieri paranoici che aveva costruito durante quella giornata infelice.
In quel momento esistevano solamente lui, Boz e la natura verdeggiante.
Corse per un'ora con un ritmo forsennato e, mentre stava aprendo il cancello di casa, si sentiva leggero e libero.
Adesso mi farò una doccia e poi accenderò il cellulare. Se non troverò una sua chiamata, pace. Vuol dire che non era destino che la storia con lei andasse avanti.
Doccia calda, rigenerante.
Tasto rosso del telefonino, i colori dello schermo prendono vita. Un messaggio in arrivo.
Di Gloriana!
"Ho chiamato alle 18:20".
Evvai. Ha richiamato! Non è finita, non è finita, non è finita!
Come una scheggia compose il suo numero e si perse nelle parole della ragazza. Della sua ragazza.
"Scusami Ezio, se non ti ho chiamato prima: avevo il cellulare in ricarica a casa.
Ieri sera mi sono dimenticata di dirti che due giorni a settimana lavoro al bar di mio zio, dalle sette di mattina alle sei di sera e stamattina volevo scriverti un messaggio, ma ero troppo in coma e mi sono dimenticata.
Imparerai a conoscere il mio lato oscuro di ragazza ultra stordita. Comunque è un'ottima idea il cinema per stasera: lasciami il tempo di lavarmi e mangiare e poi sarò tutta per te."
Sarò tutta per te! Magiche parole per le orecchie di Ezio.
Niente destino avverso. La sua bionda dei sogni avrebbe fatto ancora parte della sua vita.
Fantastico. La favola continuava.
LUNEDI' 21 GIUGNO 2006, ORE 12:00
Arriva l'ora di pranzo. Presenti i dieci ragazzi disabili, due educatori, Ezio e Corrado.
Patrick è dovuto scappare ad una riunione in Comune. I due obiettori rimpiangono l'assenza del coordinatore.
Porca miseria, che mortorio lì dentro.
La stanza da pranzo è grigia, come le facce degli educatori, che si sono limitati a presentarsi e poi si sono chiusi in un silenzio di tomba. Si chiamano Pino e Pierangelo. Ora hanno iniziato a imboccare due ragazzi disabili, senza più considerare il mondo esterno. Avranno tutti e due sui quarantacinque anni.
Pino probabilmente di più, dato che ha una zazzera incredibile di capelli bianchi e una folta barba ovviamente bianca. Sembra Babbo Natale.
Un Babbo Natale spento.
Pierangelo è piccolo e magro, con i capelli riccioli da far invidia a un ventenne e gli occhi azzurro ghiaccio.
Corrado lo osserva.
Sicuramente è un bell'uomo. Ma un alone di malinconia aleggia pure su di lui. Cazzarola non li ho ancora visti ridere questi due!
Nel silenzio imbarazzante il capellone bresciano prosegue il suo pranzo. Lui non deve imboccare nessuno. I ragazzi non autonomi nel mangiare sono due, entrambi in carrozzina. A loro badano i due educatori.
E lui è disperato perché non sa come rompere il ghiaccio. Gli vengono in mente mille domande, ma poi si lascia inglobare dalla cupa atmosfera della stanza e si spegne pure lui.
Almeno Ezio è seduto vicino ad Aristide e sta scherzando con lui. Questo Aristide è proprio un bel tipo, ride sempre e comunque. E' l'unico fra i disabili che non ha la testa abbassata sul piatto.
Passano i minuti e Corrado rischia di andare in crisi. Non ha mai assistito a un pranzo in un Centro per disabili e deve ammetterlo che non è proprio il massimo.
I due ragazzi da imboccare perdono saliva e ormai la loro bavaglia è completamente fradicia. E tutti gli altri fanno rumori clamorosi con la bocca. E il silenzio dei due educatori prosegue impenetrabile. E' una situazione devastante.
Calmati. Qua c'è da fare qualcosa, altrimenti domani mattina chiedo il trasferimento.
La familiare sensazione di calma si impadronisce di lui e tutto inizia ad andare bene.
Una radio. Serve una radio!
"Ehi Pierangelo, avete per caso una radio qua al Centro?"
Il ricciolo si scuote dal suo torpore, direziona uno sguardo benevolo verso Corrado e risponde:
"Sì, la trovi al primo piano, nella stanza relax. Ha pure il lettore CD".
Poi gli rivolge un sorriso. Il miracolo è avvenuto!
Corrado quasi corre nell'uscire dalla stanza e prima di planare in corridoio fa in tempo a chiedere a Ezio qualche suo CD punk.
Nel giro di due minuti secchi la stanza da pranzo si riempie della musica dei Clash.
E inizia un'altra vita!
Il suono copre i rumori devastanti prodotti dalla bocca dei ragazzi, cosa molto gradita ai due obiettori. E tutti, ma proprio tutti i disabili si rianimano, iniziano a ridere e a battere le mani.
Corrado è felice.
Che bello vederli così! Questa sì che è vita!
Persino Pino e Pierangelo riemergono dal loro coma cerebrale e incitano i ragazzi.
Il mortorio di cinque minuti prima è già dimenticato e ora nella stanza si respira solo voglia di vivere e divertirsi. Nel giro di venti minuti i tavoli sono sparecchiati e accostati al muro.
La pista da ballo è pronta.
Corrado ed Ezio insegnano ai ragazzi a pogare e loro felici iniziano a spintonarsi, a saltare avanti e indietro, ad abbracciarsi.
Per non parlare di Pino e Pierangelo, che elettrizzati spingono ad un ritmo folle le carrozzine di Giulio e Valerio. Aristide si spinge per conto suo e sta praticamente massacrando le caviglie dei suoi compagni.
Le Terre di Mezzo hanno preso vita.
Dopo un lungo sonno si sono accorte che il mondo va vissuto secondo tutte le possibilità immaginabili.
16 MAGGIO 2003, SABATO ORE 21:00
Finalmente era arrivato il week-end. Ezio si apprestava a uscire con lei.
Doveva passare a prenderla e poi presentarla agli amici.
Era teso, ma anche impaziente.
Li aveva sentiti al telefono tutti e quattro, i suoi migliori amici. Aveva detto loro che avrebbe portato una ragazza con cui stava uscendo da poco. Ma dalle sue parole non aveva lasciato trasparire l'innamoramento folle che stava vivendo; anzi aveva usato un tono quasi distaccato. Non aveva fatto capire che Gloriana era una gnocca da paura.
Voleva fare una bella sorpresa ai suoi soci.
Suonò il citofono. Lei rispose subito e nel giro di trenta secondi lo raggiunse in strada.
Nel vederla il Rosso rimase di stucco.
Quanto sei bella. Ma mi merito io tanta bellezza?
Si era messa la minigonna di jeans. L'effetto delle sue gambe scoperte e già abbronzate gli provocò un movimento impazzito di stomaco. Sopra indossava una camicetta modello hippy, rosa, che lasciava intravedere le forme generose del seno. I capelli li aveva completamente liberi sulla schiena e le arrivavano quasi al sedere.
Uno spettacolo!
La strinse forte, perché voleva accertarsi che fosse vera. E lei lo baciò con una passione che gli fece girare la testa.
"Vieni sul mio bolide" le disse.
Il suo bolide! Era una vecchia Opel corsa di tredici anni, scassatissima.
Le macchine della maggior parte degli studenti erano delle carcasse. Quando sei all'università di soldi in tasca ne hai pochi e le cose che possiedi le tieni con cura, perché non puoi permetterti di perderle.
Ezio era orgoglioso di essere un universitario, e di essere squattrinato. Nella sua lunga condizione di studente aveva imparato a sudarsi le cose.
Durante gli anni delle superiori, Ezio passava i tre mesi di vacanze estive a sgobbare sotto il sole come muratore. Levatacce la mattina, caldo allucinante che ti faceva fondere i pensieri, parolacce dei colleghi anziani se non eri in grado di rispondere velocemente alle loro richieste. Ma quei periodi di sudore e cemento gli erano serviti a rafforzare ulteriormente il suo carattere.
Verso la fine del primo anno di Scienze Motorie era arrivata una lieta sorpresa: era dentro la lista dei beneficiari della borsa di studio! Un po' per merito dei suoi buoni voti e un po' per il reddito basso della sua famiglia, composta solamente da lui e la madre.
Beh, la borsa di studio era una vera manna dal cielo. Non pagava le tasse universitarie, aveva un pasto gratis al giorno alla mensa e aveva diritto a millecinquecento euro annuali.
In quei primi tre anni universitari si era sbattuto alla grande e ce l'aveva fatta a rimanere all'interno della magica lista. E d'estate non era più costretto a diventare matto sotto la calura infernale, anzi iniziava a preparare molto presto gli esami di settembre.
Certo la vita dello studente non era contrassegnata da lussi, vacanze da sogno, abiti firmati, auto nuove fiammanti o aperitivi quotidiani. La vita da studente era dura. Dovevi fare i salti mortali per arrivare a fine mese con i conti sopra lo zero. Poi magari vedevi i tuoi amici che avevano un lavoro fisso e potevano permettersi di pensare già ad aprire un mutuo per comprare una casa. Ma non era quello il problema di Ezio. A suo tempo avrebbe fatto anche lui le cose che c'erano da fare.
Il vero problema era la considerazione della gente.
"Voi studenti non fate un cazzo in tutto il giorno!"
"Finirà la pacchia di essere universitario!"
"Voi studenti dovreste imparare ad abbassare la schiena e lavorare dalla mattina alla sera!"
All'inizio si arrabbiava sentendo queste frasi. A volte il formicolio arrivava inesorabile e una volta ci era scappata una furiosa discussione. Poi aveva imparato a lasciar perdere. Aveva capito una cosa importantissima e allora delle parole superficiali della gente non gliene importava niente.
Aveva capito che tutti gli studenti del mondo, in tutti i momenti delle loro lunghe giornate, portavano sulle spalle uno zaino. Anche quando andavano a dormire. Questo zaino era colorato, allegro e non tanto grande. Grande abbastanza però per contenere un sogno.
Il sogno di laurearsi e svolgere per tutta la vita un lavoro che ti piace. Che ti soddisfa e ti realizza.
Con lo zaino sulle spalle non hai paura di niente e te ne freghi delle malelingue della gente.
Con lo zaino sulle spalle ti senti forte.
Con lo zaino sulle spalle sai cosa vuoi fare della tua vita.
E tutto va bene.
Questo zaino colorato te lo sentirai dietro la schiena anche dopo la laurea, quando avrai uno stipendio fisso e i tempi universitari ti sembreranno lontani. Il suo peso ti aiuterà a non esagerare mai negli acquisti, a rimanere umile. E soprattutto a sentirti sempre un po' giovane e spensierato, come quando giravi da un'aula all'altra e magari la sera ci scappava una festa in qualche affollato e microscopico appartamento.
Se sei stato studente lo rimani per sempre.
Ezio le aprì la portiera, come un vero gentiluomo. Trovarsela lì seduta di fianco mentre guidava, gli dava una sensazione di tranquillità assoluta. In quel momento stava bene e non avrebbe potuto chiedere niente di più dalla vita.
Si era dato appuntamento con i suoi soci in un pub non distante dalla casa di Gloriana. Ci avrebbero messo cinque minuti ad arrivarci.
Li illuminò con la luce dei fari, i suoi quattro amici.
Erano riuniti in circolo nel parcheggio. Intravidero il suo bolide azzurro e lo salutarono nel solito modo. Con un bel dito medio alzato!
Gloriana scoppiò a ridere: "Bel modo che hanno di salutare i tuoi amici!"
Parcheggiò vicino a loro. Nel momento in cui lei posò i piedi sull'asfalto, lo sguardo dei quattro si concentrò solo ed esclusivamente su di lei. Il Rosso non venne calcolato neanche di striscio.
Gloriana, con il suo fisico prorompente, il suo viso dolce e i suoi capelli da accarezzare, per l'ennesima volta nella sua vita aveva catalizzato l'attenzione.
Ci furono le presentazioni. Maurizio, Claudio, Antonello e Paolo, senza farsi accorgere dalla ragazza, mostrarono la loro approvazione a Ezio. I loro occhi sembravano dire:
"Grande Rosso, stavolta hai fatto centro!"
Ezio si sentì felice. Il primo impatto con i suoi amici era andato alla grande. A quei quattro giovani lui voleva un gran bene.
Erano tutti di Grena. Si conoscevano dai tempi delle elementari. Avevano tutti la stessa età, 22 anni. Nessuna ragazza li aveva divisi, nessuna discussione aveva scalfito la loro amicizia.
Tre anni prima avevano fatto un patto.
Era una domenica pomeriggio di luglio. Caldissima. Si stavano godendo l'estate dopo gli esami di maturità. Erano seduti per terra, in cerchio, a giocare a briscolone. Intorno a loro solo gli alberi.
Il verso delle cicale rischiava di sovrastare le parole dei ragazzi. Le colline di Grena erano il loro rifugio preferito. Fuori dal casino, fuori dal mondo.
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