Ribatte, sforzandosi di mantenere un tono neutro: "C'era l'obliteratrice che faceva i capricci, ci ho messo cinque minuti prima che si decidesse a timbrarmelo".
"Non mi prenda in giro per favore. Io sospetto che lei usi questa tecnica per utilizzare il suo biglietto per più giorni!". Tono da maestrino e sguardo inquisitore. A Ezio viene voglia di alzarsi e tirargli un cartone in faccia. Cerca di controllarsi, ma adesso non c'è più Gloriana con il suo potere calmante.
Adesso è solo come un cane.
Quante volte si è lasciato vincere dalla sua rabbia cieca!
Adesso è solo come un cane.
Quante volte si è lasciato vincere dalla sua rabbia cieca!
Improvvisamente gli viene un flash. Un ricordo folgorante. Un fatto successo poco prima di conoscere Gloriana.
Il Rosso e i suoi amici erano in un pub.
Era un tranquillo sabato sera di inizio aprile ed erano seduti su una terrazza che dava sul lago. Si stavano rilassando alla grande: una compagnia di giovani che si gode una birretta chiacchierando del più e del meno, di progetti futuri, di calcio, di gnocche.
Era un tranquillo sabato sera di inizio aprile ed erano seduti su una terrazza che dava sul lago. Si stavano rilassando alla grande: una compagnia di giovani che si gode una birretta chiacchierando del più e del meno, di progetti futuri, di calcio, di gnocche.
La calma prima della tempesta.
Ezio aveva ordinato delle patatine fritte, che però tardavano ad arrivare.
Dopo tre quarti d'ora, il ragazzo si alzò e andò a chiedere spiegazioni al bancone. C'era il titolare del pub. Stava dando un colpo di spugna alla lucida superficie.
Dopo tre quarti d'ora, il ragazzo si alzò e andò a chiedere spiegazioni al bancone. C'era il titolare del pub. Stava dando un colpo di spugna alla lucida superficie.
"Scusi, quasi un'ora fa ho ordinato delle patatine e non mi sono arrivate."
L'altro si scusò e disse che avrebbe rimediato subito.
L'altro si scusò e disse che avrebbe rimediato subito.
Altri venti minuti: patatine neanche l'ombra.
Altro giretto al bancone, questa volta con un tono più scazzato.
Altro giretto al bancone, questa volta con un tono più scazzato.
Altre scuse.
Altri quindici minuti: i camerieri sono indaffarati ma sembrava evitassero il loro tavolo.
Altri quindici minuti: i camerieri sono indaffarati ma sembrava evitassero il loro tavolo.
Il Rosso iniziava a sentire un formicolio alle mani. Era il sintomo che il nervoso gli stava salendo pericolosamente. Senza dire niente agli amici si alzò e si diresse verso il gestore del pub, quello sborone che lo trattava come un essere insignificante.
"E' un'ora e mezzo che aspetto le patatine, adesso io e i miei amici ce ne andiamo. Voglio indietro i miei soldi, dato che le ho pagate senza averle mangiate".
"Guarda, se aspetti ancora dieci minuti ti arrivano di sicuro" aveva risposto l'uomo, ancora con quel tono di superiorità.
Ezio iniziava a non capire più niente, addirittura la vista gli si stava annebbiando. Riuscì a mantenere un minimo di auto-controllo, il tanto che servì per formulare civilmente una richiesta:
"No, no, ce ne andiamo proprio. Dammi i soldi e sono a posto".
Quello lo guardò in maniera strana. Aprì il registratore di cassa. Prese fuori una manciata di spiccioli. A caso, senza contarli. Li buttò sul bancone.
Il Rosso si accorse subito che non era il resto giusto, ma quel bastardo lo voleva umiliare. E allora la rabbia distrusse gli argini.
Raccolse le monetine e con tono glaciale disse:
"Guarda che io non ho bisogno della tua carità. Tieniti i tuoi dannati spiccioli!"
Detto questo lanciò le monete oltre il banco, verso le bottiglie e i bicchieri disposti sulla parete.
Forse per la troppa forza, forse per un po' di sfiga, una monetina colpì un bicchiere più leggero rispetto agli altri, il quale si inclinò e volò giù, rompendo altri bicchieri messi ad asciugare sul lavandino.
In tutto si ruppero quattro bicchieri e il rumore di vetri frantumati fu fortissimo.
Tutti i clienti nei pressi del bancone si girarono a guardare Ezio.
Porco schifo, il Rosso non aveva avuto intenzione di provocare quel casino: voleva semplicemente ridare quelle monetine a quell'uomo arrogante.
Ma ormai il danno era fatto e quello si era già messo a sbraitare:
"Adesso me li paghi i bicchieri; mi hai capito sbarbato del cazzo? Sennò te li faccio ingoiare pezzo per pezzo!"
Razionalmente il ragazzo avrebbe dovuto scusarsi, pagare e andarsene, perché con certa gente è davvero pericoloso avere discussioni.
Ma quando mai Ezio era riuscito a non esplodere in situazioni del genere?
Quando ti trovi davanti persone potenzialmente violente che aspettano solamente di menare le mani?
Quando quello con cui stai parlando si sente superiore a te solo perché ha più soldi? Oppure perché è più grosso? O perché ha più anni di te e ti reputa ancora un succhialatte mammone?
Beh, mai nella sua giovane vita.
Mai una volta che fosse riuscito a non rispondere per le rime.
Anche quella volta la sua risposta fu salata:
"Io non ti pago proprio niente, bello! Penso che aspetterai i miei soldi come io ho aspettato le tue patatine."
Il Rosso non si accorse del cenno che il gestore indirizzò al buttafuori.
Il bestione accorse subito, bloccò Ezio e con tono secco gli intimò di non uscirsene dal locale senza aver pagato i bicchieri.
Mai il giovane ormai era partito per la tangente. L'adrenalina gli era salita fino alla punta dei capelli. Non riusciva a star fermo.
Avrebbe voluto spiegare a tutti i clienti del bar le sue ragioni.
Voleva prendere a calci tavoli e sedie tanto era incazzato.
Anche se quel pompato del buttafuori era alto due metri e con un pugno avrebbe potuto sfasciarlo, il Rosso non provava paura.
Rispose: "I miei soldi ve li scordate. Spostati che me ne vado a casa!"
La montagna di muscoli non aspettava altro.
Sollevò il ragazzo e lo spiattellò contro il muro, urlandogli :
"Tira fuori i soldi o ti spedisco all'ospedale!"
Ezio tentava di divincolarsi ma non riusciva a muoversi di un centimetro, eppure non mollava. Ormai il suo orgoglio prevaricava tutto e il buonsenso era sepolto in chissà quale parte del cervello.
"Mandami pure all'ospedale bestione, lo so che ti diverti a prendertela con i piccoletti come me, ma i miei soldi non te li darò mai!"
Il bastardo gli tirò un ceffone.
Fortissimo.
Il ragazzo perse l'equilibrio e si ritrovò a terra sentendo qualcosa di caldo sgorgargli dal naso.
"Mi hai rotto il naso, sei contento adesso?" disse al buttafuori e quello iniziò a prenderlo a calci.
Ezio tentava di rialzarsi, ma l'altro non gli dava tregua. Lo stava massacrando, quando vide però i suoi amici, che avevano sentito un gran casino ed erano venuti a vedere che cosa stava succedendo, e ora si erano aggrappati al pompato, tentando di bloccarlo: gli erano addosso in quattro e quello menava calci e pugni a caso beccando pure i soci del Rosso.
Per fortuna era intervenuto il gestore, che aveva sentito puzza di guai giudiziari, urlando alla montagna di muscoli di fermarsi.
Stop.
Sguardi increduli dei clienti.
Gli amici aiutano il Rosso a rialzarsi.
Porca miseria, gli fa male dappertutto.
Il naso ha smesso di sanguinare. Ma ha tutta la maglietta macchiata di sangue.
Il torace e le braccia sono pieni di lividi.
I suoi amici lo sorreggono e lo aiutano ad uscire dal locale.
Cinque giovani che forse per la prima volta nella loro vita si accorgono di quanto può essere bastardo il mondo.
Prima di varcare la porta, il Rosso trova la forza per girarsi:
"Non finisce qui. Ve lo farò chiudere questo locale. Almeno vi impedirò di far del male ad altri ragazzi".
Il tragitto fino alla macchina gli sembrò infinito. Lo portarono al Pronto Soccorso e per fortuna non gli fu riscontrata nessuna frattura.
Arrivato a casa spiegò alla madre che cosa era successo e lei scoppiò a piangere.
Che bello se ci fosse stato ancora suo padre! Li avrebbe consolati entrambi.
Ma suo padre era morto quando il Rosso aveva diciassette anni, lasciandogli dentro una ferita che non si sarebbe mai più rimarginata.
Quella notte non riuscì a chiudere occhio.
Un po' per il dolore fisico. Un po' per la consapevolezza che non ci sarebbe stato nessun processo contro quei bastardi. Lui e la mamma non avevano i soldi per pagarsi un avvocato.
Adesso, dopo tanto tempo, Ezio ha paura di esplodere ancora. Per colpa di una maledetta obliteratrice.
Formicolio alle mani. Sguardo che si annebbia.
Non c'è Gloriana al suo fianco purtroppo!
Nonostante tutto, la sua voce è pacata quando risponde all'uomo:
"Guardi, davvero la macchinetta non funzionava, si vede che mancava l'inchiostro".
Il tono del brizzolato è sempre più duro:
"Non ho intenzione di farmi prendere in giro da un ragazzino furbo come lei. Mi dia la carta di identità, che le faccio una bella multa".
Formicolio alle mani. Sguardo sempre più annebbiato. Rabbia cieca in arrivo.
Poi il miracolo!
Si sente la voce tremolante di una donna anziana:
"Guardi che il giovanotto ha ragione. Anch'io ho avuto problemi a timbrare il mio biglietto. Adesso glielo faccio vedere".
Tra l'uomo e il Rosso compare una donna minuta, con i capelli completamente bianchi e un paio di occhiali giganteschi.
Sembra la moglie di "Mister Magoo".
Con la mano scossa da un tremolio mostra al brizzolato il suo biglietto con gli stessi difetti di quello di Ezio.
"Lasci stare questo ragazzo; si vede lontano un miglio che non è un imbroglione!"
Che goduria per il Rosso vedere quell'individuo arrogante porgergli le scuse, imbarazzato, sotto lo sguardo severo dell'anziana.
Con gesti rapidissimi buca i due biglietti e poi se ne va. Sconfitto.
Ezio si alza e d'istinto abbraccia l'anziana donna.
Lei lo accarezza in viso e dice:
"Sei proprio un bravo giovane. E sei pure bello!"
"E lei mi ha fatto impazzire per come ha tenuto testa a quel prepotente. Vorrei avere una nonna come lei!"
Lei scoppia a ridere e felice se ne torna al suo posto.
Lui si i infila gli auricolari e ascolta l'ultimo dei Green Day.
Anche se Gloriana non c'è più, la vita non è poi così male.
LUNEDI' 4 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Era la penultima settimana di lezioni.
Stazione di Montello.
Ezio sera semi-addormentato come al solito, a quell'ora del mattino.
La sala d'aspetto era strapiena e lui se ne era andato fuori, ad aspettare il treno sulla sua panchina preferita, quella più lontana.
Non aveva voglia di parlare, quando era in quello stato comatoso.
Prima di uscire dalla porta, però, successe qualcosa.
Vide una cosa bellissima. Proprio lì, seduta di fianco all'obliteratrice.
Capelli biondi, naturali e lunghissimi.
Gli occhi verdi: porca miseria sembravano acqua limpida.
I tratti dolci del viso ed il Rosso si immaginò le fossette che di sicuro si formavano ogni qualvolta quella creatura, più che graziosa, sorrideva.
Il corpo, bello formoso che ti faceva venir voglia di stringerlo e di non andartene più via.
Il ragazzo restò fulminato. Non capiva più niente.
Probabilmente non aveva mai visto una ragazza così bella.
Lo stato comatoso mattutino se ne andò in un attimo.
La guardò negli occhi, tanto per vedere la reazione della ragazza.
E lei che aveva fatto?
Aveva ricambiato lo sguardo! Per due secondi buoni!
Un tempo che al Rosso sembrò lunghissimo.
Ma ormai la sua mano era già sulla maniglia e non gli restava altro da fare che uscire dalla sala d'aspetto e dirigersi verso la sua panchina.
Nei quindici minuti che lo separavano dall'arrivo del treno non aveva fatto altro che pensare a quella ragazza.
Me lo sono immaginato che mi ha fissato per tanto tempo oppure è successo per davvero?
Le porte del treno intanto si erano aperte. Lui l'aveva cercata con lo sguardo, ma non l'aveva trovata. Peccato.
Sentiva di aver perso qualcosa.
Un'occasione grossa.
Ma il Rosso non mollava mai.
Domani magari la rivedo!
MARTEDI' 5 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago. Solito stato catatonico di Ezio, solita fuga verso la sua panchina adorata.
Lei era ancora lì, seduta dove era ieri! Il ragazzo era indeciso se guardarla, rischiando di fare la figura di quelli che fissano troppo.
Dai tira fuori le palle!
Si mise a fissarla, con decisione.
E lei con altrettanta decisione direzionò i suoi occhi smeraldo in quelli di Ezio.
Al Rosso venne la tachicardia.
Cosa faccio adesso?
Avrebbe voluto andarle vicino, presentarsi, chiederle dove studiava, cosa studiava, dove abitava; avrebbe voluto sapere tutto, entrare nella vita di quella ragazza così prepotentemente bella.
Ma non ce la fece.
La mano girò ancora una volta quella fottuta maniglia e lui si trovò fuori, all'aria aperta, ad auto insultarsi per essersi lasciato sfuggire un'altra ghiotta occasione.
Era arrivato il treno e lui non l'aveva trovata.
E' giusto così porco schifo! Certe occasioni vanno prese al volo, io invece ho dormito come un pirla!
Quella volta Ezio non era così sicuro di incontrarla l'indomani.
MERCOLEDI' 6 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago.
Appena mise piede in sala d'aspetto, il ragazzo l'aveva cercata con lo sguardo.
Ma lei non c'era.
GIOVEDI' 7 MAGGIO 2003, ORE 6:35
Stazione di Montello-Gorlago.
Lui arrivò con netto anticipo. Era agitato. Ma il sacrificio di dieci minuti di sonno non era servito a niente.
Non c'era nessun angelo biondo seduto di fianco all'obliteratrice.
Fanculo!
VENERDI' 8 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago.
Terzo bidone consecutivo della ragazza.
Ezio era triste.
Ormai l'occasione se ne è andata. Sono proprio un imbecille. Meglio non pensarci più sennò mi viene da piangere!
Durante il week-end il Rosso aveva rimosso il pensiero di lei.
Era uscito con i suoi amici il sabato sera e la domenica mattina era andato ad allenarsi per i boschi di Grena.
Quanto gli piaceva correre! La passione per la corsa campestre gliel'aveva trasmessa il padre.
Era stato lui il suo allenatore, sin da quando il Rosso aveva dieci anni. Tre volte a settimana si allenavano insieme.
Era troppo bello: il papà arrivava stanchissimo dalla fabbrica, dove faceva l'operaio, ma trovava le forze per infilarsi i pantaloncini e uscire con il figlio.
Quanto piaceva al ragazzino correre al fianco di quell'omone buono. Ascoltare le storie che gli raccontava. Essere spronato dai suoi incitamenti.
Ma il brutto male era arrivato spietato e si era portato via suo padre in poco tempo.
Ezio voleva spaccare il mondo. Aveva una rabbia dentro che stentava a contenere.
Per un lungo periodo aveva odiato tutti, compresa sua mamma, anche se non aveva nessuna colpa.
A poco a poco la rabbia era svanita e il Rosso era tornato il ragazzo che tutti conoscevano, buono e gagliardo.
Purtroppo, però, la furia a volte tornava. Piccoli lampi, ma di grande intensità.
In questi frangenti Ezio rischiava sempre di cacciarsi nei guai.
LUNEDI' 11 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago.
Il ragazzo era riuscito a dimenticarsi della bionda da sogno.
Tranquillo aveva aperto la porta della sala d'aspetto, nel suo solito stato comatoso.
Lei era lì!
Nel suo solito posto!
Questa volta il Rosso non dorme.
Richiuse svelto la porta, si girò verso di lei e con il cuore che batteva all'impazzata si era presentato.
"Ciao, io sono Ezio".
Il tono della voce era fermo e caldo, pieno di aspettative.
Lei l'aveva guardato con quegli occhi meravigliosi e con un lieve sorriso gli aveva risposto:
"E io sono Gloriana".
Adesso che cosa le dico, che cosa faccio? Magari mi reputa un rompipalle o uno dei tanti che ci provano con lei e vorrebbe solo che me ne andassi via.
No, no, a questa le interesso, me lo sento, non so perché; lei è una gnocca da paura, ma in qualche modo le piaccio, di questo sono sicuro!
"Che treno prendi?" le domanda.
"Quello per Milano delle sette" fa lei, sorridendo.
Ezio vorrebbe saltare di gioia, abbracciare tutti quelli che ci sono in sala d'aspetto, urlare, correre, arrampicarsi sui muri.
Ma cerca di mantenere un tono calmo. E quasi ce la fa:
"Anch'io. Se vuoi facciamo il viaggio insieme".
"Perché no?" è la sua risposta.
Gloriana si era alzata. Ezio aveva aperto la porta. Insieme si erano incamminati verso la mitica panchina.
Finalmente Ezio l'avrebbe condivisa con lei.
La bionda da favola.
LUNEDI' 21 GIUGNO 2006, ORE 8:00
"Si avvisano i gentili viaggiatori che stanno per arrivare alla stazione di Brescia".
Il Rosso spegne il lettore CD e si prepara a scendere.
E' un po' agitato; questa nuova avventura lo entusiasma, ma nello stesso tempo lo spaventa.
Per dodici lunghi mesi se ne dovrà stare lontano da Grena, il paesino a cui si sente legato quasi visceralmente.
Lì ci sono tutte le sue certezze: la mamma, gli amici, la squadra di atletica. Ma nel paese confinante, Trescore, abita lei, Gloriana. E allora un lungo periodo lontano da quei posti non può fargli che bene.
Carico del suo pesante zaino scende nel sottopassaggio.
C'è un casino allucinante, gente che sbuca da ogni parte. Proprio come quando arrivava alla stazione di Milano.
Subito cerca un'edicola. Compra la Gazzetta, per aggiornarsi sul Mondiale di calcio. Va a leggersela su una panchina libera.
Mezzora al treno che lo porterà a Verona.
E' completamente immerso nella lettura del giornale che non si accorge neanche che un ragazzo più o meno della sua età gli si siede in parte.
Solo dopo cinque minuti con la coda dell'occhio lo intravede.
Anche lui sta leggendo la Gazzetta. Anche lui ha un marsupio come quello di Ezio, di quelli che trovi sulle bancherelle etniche.
Il Rosso ci ha attaccato una spilla dell'Atalanta. La sua passione nerazzurra deve essere sempre visibile a tutti.
Ma anche il ragazzo ha una spilla sul marsupio!
Magari è atalantino come me.
Ma osservando meglio riesce a scorgere una V bianca su sfondo azzurro.
Porca vacca, è un tifoso del Brescia!
Il Rosso ha un po' di strizza.
Lui allo stadio ci è sempre andato. Proprio in Curva Nord, il settore più caldo.
Mai una volta che avesse alzato le mani contro qualche tifoso avversario.
Lui alle partite ci andava per passione, non per picchiare qualcuno.
Se questo è un esaltato e si accorge che sono bergamasco c'è il rischio di prenderle!
La rivalità tra le due tifoserie risaliva agli albori del calcio e qualche testa calda in entrambe le tifoserie c'era sempre stata.
Purtroppo quando c'era il derby Atalanta-Brescia o viceversa il rischio di incidenti era molto alto.
Ma nel momento in cui Ezio si accorge della fede calcistica dell'altro, anche il bresciano intravede la spilletta nerazzurra del bergamasco.
I due giovani si guardano negli occhi e sia l'uno che l'altro capiscono in una frazione di secondo che non si trovano davanti a un violento.
Scoppiano in una grassa risata e si stringono la mano.
"Piacere, Ezio".
"Piacere, Corrado".
La voce metallica annuncia l'arrivo dell'interregionale per Verona.
Corrado si alza e solo adesso Ezio si accorge di quanto sia alto il suo nuovo amico.
Non è tipo da passare inosservato: altissimo, ma di una magrezza impressionante, capelli lunghi fino a metà schiena, neri e lucenti, faccia stretta, ma dai tratti delicati, occhi azzurro ghiaccio, jeans stracciati e maglia heavy metal. E anche lui con un fido compagno: uno zainone pieno da far paura.
Entrambi salgono, si siedono uno di fianco all'altro, senza sapere ancora di essere accomunati da un identico destino.
Quando Corrado, intristito, dice: "Non ho voglia di farmi dodici mesi di obiettore a Verona. Tu sei in giro in vacanza?", al Rosso si illuminano gli occhi.
Porca miseria, magari questo simpatico bresciano è stato destinato al suo stesso posto.
"Anch'io devo fare l'obiettore! Speriamo di avere fortuna e trovarci insieme. Tu stamattina dove devi andare?"
Lo spilungone risponde:
"Centro Residenziale Disabili Terre di Mezzo, via dell'Artigliere. Mi hanno detto che è vicina alla zona universitaria. Bella storia, così si vedranno un po' di gnocche! E tu?"
"Cazzarola, anch'io devo andare li!" urla quasi Ezio.
"Beh, allora vorrà dire che quel Centro diventerà un feudo bresciano e atalantino!" replica Corrado.
Il resto del viaggio vola.
Una nuova avventura, specialmente se lunga parecchi mesi, è sempre meglio affrontarla in buona compagnia.
LUNEDI' 11 MAGGIO 2003. ORE 8:00
Stazione di Milano Centrale.
Le loro strade presto, prestissimo, si sarebbero divise.
Nell'ora e mezzo di viaggio Ezio si era innamorato.
Due minuti che era seduto con lei sul treno e già si perdeva in lei.
Gli piaceva tutto di lei.
La sua erre moscia, le fossette che si formavano quando sorrideva, i denti bianchi e regolari, i capelli biondi e lunghi, gli occhi da gatta.
E poi un fisico da sballo!
Indossava una canottiera nera che esaltava un seno degno della Ferilli.
E quelle gambe lunghe fasciate da un paio di jeans aderentissimi.
Ovunque la guardasse il Rosso avvertiva un formicolio nello stomaco.
A volte faceva finta di guardare fuori dal finestrino per alleviare il rossore che si sentiva divampare in faccia.
Non può una così bella essere interessata a uno come me!
E sì che lui non era un brutto ragazzo. Anzi con le ragazze aveva sempre avuto un discreto successo, anche se non aveva mai avuto una storia importante. Nessuna nei suoi ventidue anni di vita era riuscita a mandarlo fuori di testa.
Non era bello, di quelli che colpiscono subito le ragazze. Solo dopo un po' di tempo il gentil sesso si accorgeva del suo fisico non robustissimo, ma che lasciava sottintendere una grande potenza.
E poi il naso, delicato e il mento, squadrato, ma non troppo.
Ma ciò che le faceva innamorare era lo sguardo.
Non che avesse gli occhi azzurri o verdi o di chissà quale colore particolare. Li aveva marroni, molto scuri, quasi neri. Belli, ma ciò che li rendeva unici era la grinta che strabordava da ogni suo sguardo.
Sembrava dicessero: "Il mio proprietario è un vero duro!"
Tante ragazze cadevano in trappola e sarebbero state ore e ore a guardarlo negli occhi.
Ma lui dopo quattro, cinque mesi si stancava e interrompeva la relazione. A volte gli veniva il dubbio che forse era incapace di amare.
Uno davanti all'altra scesero dal treno e si diressero verso l'uscita.
La solita folla mattutina mandava in confusione Gloriana, concentratissima nel non perdere di vista quel ragazzo.
Era felice che finalmente quella mattina si fosse presentato. Ormai si era rassegnata a non vederlo più, perché quella era la sua ultima lezione dell'anno accademico. Anzi avrebbe anche potuto evitare di farsi la levataccia: poteva restare a letto a dormire.
Però quel rosso l'aveva affascinata e sperava che con un po' di fortuna magari l'avrebbe rivisto.
Che sguardo che aveva! Erano stati bellissimi i due secondi in cui per la prima volta i loro occhi si erano incrociati.
Lui non l'aveva guardata come tutti gli altri, con occhi imploranti di attenzione. Quasi come i cani quando fissano il cibo tra le mani del loro padrone.
Lui l'aveva fissata deciso. Lui non sembrava inebetito dalla vista della sua bellezza.
Poi però aveva aperto la porta e se ne era andato fuori. E così per altre due, tre volte!
Lei ci era rimasta male. Aveva voglia di conoscere gente nuova.
Era passato un mese da quando quel bastardo del suo ex ragazzo l'aveva lasciata, catapultandola in un baratro di solitudine angosciante.
E aveva pensato che quel ragazzo rosso con quella strana pettinatura era il tipo giusto per ripartire. Se lo sentiva dentro.
Le loro strade tra poco si sarebbero divise. Erano fuori dalla stazione di Milano. Entrambi dovevano prendere il pullman. Due pullman diversi però.
Ezio si girò verso di lei, lanciandole uno sguardo che fece venire un brivido di piacere alla ragazza.
Dai, non andartene. Ti prego. Dimmi che mi vuoi rivedere, chiedimi il numero di cellulare. Tu non sai quanto mi sei piaciuto in questo primo viaggio insieme. Mi piace tutto di te: il tuo viso, i tuoi capelli, il tuo straordinario modo di guardare la gente, la semplicità dei tuoi discorsi, persino il tuo modo di vestire un po' da adolescente punk, la forza d'animo che si intravede da ogni cosa che fai o dici.
Fu Gloriana a prendere l'iniziativa.
Dopo aver visto la luce non voleva tornarsene nel buio gelido della solitudine.
"Mi lasceresti il tuo numero? Mi è piaciuto un sacco parlare con te e vorrei che non fosse l'ultima" gli disse tutto d'un fiato.
Era la prima volta che era lei a chiedere il cellulare a un ragazzo.
Erano sempre stati i maschi predatori a cercare di abbordarla.
Il viso del Rosso si aprì in un grande sorriso. Si sentiva scoppiare di felicità.
Non è un sogno. E' tutto vero.
Con la sua solita decisione disse:
"Non sarà l'ultima. Abbiamo l'estate tutta per noi e ci vedremo un sacco di volte!"
Da quel momento, per quasi tre anni, i due ragazzi furono un corpo e un'anima sola.
Quando ti trovi davanti persone potenzialmente violente che aspettano solamente di menare le mani?
Quando quello con cui stai parlando si sente superiore a te solo perché ha più soldi? Oppure perché è più grosso? O perché ha più anni di te e ti reputa ancora un succhialatte mammone?
Beh, mai nella sua giovane vita.
Mai una volta che fosse riuscito a non rispondere per le rime.
Anche quella volta la sua risposta fu salata:
"Io non ti pago proprio niente, bello! Penso che aspetterai i miei soldi come io ho aspettato le tue patatine."
Il Rosso non si accorse del cenno che il gestore indirizzò al buttafuori.
Il bestione accorse subito, bloccò Ezio e con tono secco gli intimò di non uscirsene dal locale senza aver pagato i bicchieri.
Mai il giovane ormai era partito per la tangente. L'adrenalina gli era salita fino alla punta dei capelli. Non riusciva a star fermo.
Avrebbe voluto spiegare a tutti i clienti del bar le sue ragioni.
Voleva prendere a calci tavoli e sedie tanto era incazzato.
Anche se quel pompato del buttafuori era alto due metri e con un pugno avrebbe potuto sfasciarlo, il Rosso non provava paura.
Rispose: "I miei soldi ve li scordate. Spostati che me ne vado a casa!"
La montagna di muscoli non aspettava altro.
Sollevò il ragazzo e lo spiattellò contro il muro, urlandogli :
"Tira fuori i soldi o ti spedisco all'ospedale!"
Ezio tentava di divincolarsi ma non riusciva a muoversi di un centimetro, eppure non mollava. Ormai il suo orgoglio prevaricava tutto e il buonsenso era sepolto in chissà quale parte del cervello.
"Mandami pure all'ospedale bestione, lo so che ti diverti a prendertela con i piccoletti come me, ma i miei soldi non te li darò mai!"
Il bastardo gli tirò un ceffone.
Fortissimo.
Il ragazzo perse l'equilibrio e si ritrovò a terra sentendo qualcosa di caldo sgorgargli dal naso.
"Mi hai rotto il naso, sei contento adesso?" disse al buttafuori e quello iniziò a prenderlo a calci.
Ezio tentava di rialzarsi, ma l'altro non gli dava tregua. Lo stava massacrando, quando vide però i suoi amici, che avevano sentito un gran casino ed erano venuti a vedere che cosa stava succedendo, e ora si erano aggrappati al pompato, tentando di bloccarlo: gli erano addosso in quattro e quello menava calci e pugni a caso beccando pure i soci del Rosso.
Per fortuna era intervenuto il gestore, che aveva sentito puzza di guai giudiziari, urlando alla montagna di muscoli di fermarsi.
Stop.
Sguardi increduli dei clienti.
Gli amici aiutano il Rosso a rialzarsi.
Porca miseria, gli fa male dappertutto.
Il naso ha smesso di sanguinare. Ma ha tutta la maglietta macchiata di sangue.
Il torace e le braccia sono pieni di lividi.
I suoi amici lo sorreggono e lo aiutano ad uscire dal locale.
Cinque giovani che forse per la prima volta nella loro vita si accorgono di quanto può essere bastardo il mondo.
Prima di varcare la porta, il Rosso trova la forza per girarsi:
"Non finisce qui. Ve lo farò chiudere questo locale. Almeno vi impedirò di far del male ad altri ragazzi".
Il tragitto fino alla macchina gli sembrò infinito. Lo portarono al Pronto Soccorso e per fortuna non gli fu riscontrata nessuna frattura.
Arrivato a casa spiegò alla madre che cosa era successo e lei scoppiò a piangere.
Che bello se ci fosse stato ancora suo padre! Li avrebbe consolati entrambi.
Ma suo padre era morto quando il Rosso aveva diciassette anni, lasciandogli dentro una ferita che non si sarebbe mai più rimarginata.
Quella notte non riuscì a chiudere occhio.
Un po' per il dolore fisico. Un po' per la consapevolezza che non ci sarebbe stato nessun processo contro quei bastardi. Lui e la mamma non avevano i soldi per pagarsi un avvocato.
Adesso, dopo tanto tempo, Ezio ha paura di esplodere ancora. Per colpa di una maledetta obliteratrice.
Formicolio alle mani. Sguardo che si annebbia.
Non c'è Gloriana al suo fianco purtroppo!
Nonostante tutto, la sua voce è pacata quando risponde all'uomo:
"Guardi, davvero la macchinetta non funzionava, si vede che mancava l'inchiostro".
Il tono del brizzolato è sempre più duro:
"Non ho intenzione di farmi prendere in giro da un ragazzino furbo come lei. Mi dia la carta di identità, che le faccio una bella multa".
Formicolio alle mani. Sguardo sempre più annebbiato. Rabbia cieca in arrivo.
Poi il miracolo!
Si sente la voce tremolante di una donna anziana:
"Guardi che il giovanotto ha ragione. Anch'io ho avuto problemi a timbrare il mio biglietto. Adesso glielo faccio vedere".
Tra l'uomo e il Rosso compare una donna minuta, con i capelli completamente bianchi e un paio di occhiali giganteschi.
Sembra la moglie di "Mister Magoo".
Con la mano scossa da un tremolio mostra al brizzolato il suo biglietto con gli stessi difetti di quello di Ezio.
"Lasci stare questo ragazzo; si vede lontano un miglio che non è un imbroglione!"
Che goduria per il Rosso vedere quell'individuo arrogante porgergli le scuse, imbarazzato, sotto lo sguardo severo dell'anziana.
Con gesti rapidissimi buca i due biglietti e poi se ne va. Sconfitto.
Ezio si alza e d'istinto abbraccia l'anziana donna.
Lei lo accarezza in viso e dice:
"Sei proprio un bravo giovane. E sei pure bello!"
"E lei mi ha fatto impazzire per come ha tenuto testa a quel prepotente. Vorrei avere una nonna come lei!"
Lei scoppia a ridere e felice se ne torna al suo posto.
Lui si i infila gli auricolari e ascolta l'ultimo dei Green Day.
Anche se Gloriana non c'è più, la vita non è poi così male.
LUNEDI' 4 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Era la penultima settimana di lezioni.
Stazione di Montello.
Ezio sera semi-addormentato come al solito, a quell'ora del mattino.
La sala d'aspetto era strapiena e lui se ne era andato fuori, ad aspettare il treno sulla sua panchina preferita, quella più lontana.
Non aveva voglia di parlare, quando era in quello stato comatoso.
Prima di uscire dalla porta, però, successe qualcosa.
Vide una cosa bellissima. Proprio lì, seduta di fianco all'obliteratrice.
Capelli biondi, naturali e lunghissimi.
Gli occhi verdi: porca miseria sembravano acqua limpida.
I tratti dolci del viso ed il Rosso si immaginò le fossette che di sicuro si formavano ogni qualvolta quella creatura, più che graziosa, sorrideva.
Il corpo, bello formoso che ti faceva venir voglia di stringerlo e di non andartene più via.
Il ragazzo restò fulminato. Non capiva più niente.
Probabilmente non aveva mai visto una ragazza così bella.
Lo stato comatoso mattutino se ne andò in un attimo.
La guardò negli occhi, tanto per vedere la reazione della ragazza.
E lei che aveva fatto?
Aveva ricambiato lo sguardo! Per due secondi buoni!
Un tempo che al Rosso sembrò lunghissimo.
Ma ormai la sua mano era già sulla maniglia e non gli restava altro da fare che uscire dalla sala d'aspetto e dirigersi verso la sua panchina.
Nei quindici minuti che lo separavano dall'arrivo del treno non aveva fatto altro che pensare a quella ragazza.
Me lo sono immaginato che mi ha fissato per tanto tempo oppure è successo per davvero?
Le porte del treno intanto si erano aperte. Lui l'aveva cercata con lo sguardo, ma non l'aveva trovata. Peccato.
Sentiva di aver perso qualcosa.
Un'occasione grossa.
Ma il Rosso non mollava mai.
Domani magari la rivedo!
MARTEDI' 5 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago. Solito stato catatonico di Ezio, solita fuga verso la sua panchina adorata.
Lei era ancora lì, seduta dove era ieri! Il ragazzo era indeciso se guardarla, rischiando di fare la figura di quelli che fissano troppo.
Dai tira fuori le palle!
Si mise a fissarla, con decisione.
E lei con altrettanta decisione direzionò i suoi occhi smeraldo in quelli di Ezio.
Al Rosso venne la tachicardia.
Cosa faccio adesso?
Avrebbe voluto andarle vicino, presentarsi, chiederle dove studiava, cosa studiava, dove abitava; avrebbe voluto sapere tutto, entrare nella vita di quella ragazza così prepotentemente bella.
Ma non ce la fece.
La mano girò ancora una volta quella fottuta maniglia e lui si trovò fuori, all'aria aperta, ad auto insultarsi per essersi lasciato sfuggire un'altra ghiotta occasione.
Era arrivato il treno e lui non l'aveva trovata.
E' giusto così porco schifo! Certe occasioni vanno prese al volo, io invece ho dormito come un pirla!
Quella volta Ezio non era così sicuro di incontrarla l'indomani.
MERCOLEDI' 6 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago.
Appena mise piede in sala d'aspetto, il ragazzo l'aveva cercata con lo sguardo.
Ma lei non c'era.
GIOVEDI' 7 MAGGIO 2003, ORE 6:35
Stazione di Montello-Gorlago.
Lui arrivò con netto anticipo. Era agitato. Ma il sacrificio di dieci minuti di sonno non era servito a niente.
Non c'era nessun angelo biondo seduto di fianco all'obliteratrice.
Fanculo!
VENERDI' 8 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago.
Terzo bidone consecutivo della ragazza.
Ezio era triste.
Ormai l'occasione se ne è andata. Sono proprio un imbecille. Meglio non pensarci più sennò mi viene da piangere!
Durante il week-end il Rosso aveva rimosso il pensiero di lei.
Era uscito con i suoi amici il sabato sera e la domenica mattina era andato ad allenarsi per i boschi di Grena.
Quanto gli piaceva correre! La passione per la corsa campestre gliel'aveva trasmessa il padre.
Era stato lui il suo allenatore, sin da quando il Rosso aveva dieci anni. Tre volte a settimana si allenavano insieme.
Era troppo bello: il papà arrivava stanchissimo dalla fabbrica, dove faceva l'operaio, ma trovava le forze per infilarsi i pantaloncini e uscire con il figlio.
Quanto piaceva al ragazzino correre al fianco di quell'omone buono. Ascoltare le storie che gli raccontava. Essere spronato dai suoi incitamenti.
Ma il brutto male era arrivato spietato e si era portato via suo padre in poco tempo.
Ezio voleva spaccare il mondo. Aveva una rabbia dentro che stentava a contenere.
Per un lungo periodo aveva odiato tutti, compresa sua mamma, anche se non aveva nessuna colpa.
A poco a poco la rabbia era svanita e il Rosso era tornato il ragazzo che tutti conoscevano, buono e gagliardo.
Purtroppo, però, la furia a volte tornava. Piccoli lampi, ma di grande intensità.
In questi frangenti Ezio rischiava sempre di cacciarsi nei guai.
LUNEDI' 11 MAGGIO 2003, ORE 6:45
Stazione di Montello-Gorlago.
Il ragazzo era riuscito a dimenticarsi della bionda da sogno.
Tranquillo aveva aperto la porta della sala d'aspetto, nel suo solito stato comatoso.
Lei era lì!
Nel suo solito posto!
Questa volta il Rosso non dorme.
Richiuse svelto la porta, si girò verso di lei e con il cuore che batteva all'impazzata si era presentato.
"Ciao, io sono Ezio".
Il tono della voce era fermo e caldo, pieno di aspettative.
Lei l'aveva guardato con quegli occhi meravigliosi e con un lieve sorriso gli aveva risposto:
"E io sono Gloriana".
Adesso che cosa le dico, che cosa faccio? Magari mi reputa un rompipalle o uno dei tanti che ci provano con lei e vorrebbe solo che me ne andassi via.
No, no, a questa le interesso, me lo sento, non so perché; lei è una gnocca da paura, ma in qualche modo le piaccio, di questo sono sicuro!
"Che treno prendi?" le domanda.
"Quello per Milano delle sette" fa lei, sorridendo.
Ezio vorrebbe saltare di gioia, abbracciare tutti quelli che ci sono in sala d'aspetto, urlare, correre, arrampicarsi sui muri.
Ma cerca di mantenere un tono calmo. E quasi ce la fa:
"Anch'io. Se vuoi facciamo il viaggio insieme".
"Perché no?" è la sua risposta.
Gloriana si era alzata. Ezio aveva aperto la porta. Insieme si erano incamminati verso la mitica panchina.
Finalmente Ezio l'avrebbe condivisa con lei.
La bionda da favola.
LUNEDI' 21 GIUGNO 2006, ORE 8:00
"Si avvisano i gentili viaggiatori che stanno per arrivare alla stazione di Brescia".
Il Rosso spegne il lettore CD e si prepara a scendere.
E' un po' agitato; questa nuova avventura lo entusiasma, ma nello stesso tempo lo spaventa.
Per dodici lunghi mesi se ne dovrà stare lontano da Grena, il paesino a cui si sente legato quasi visceralmente.
Lì ci sono tutte le sue certezze: la mamma, gli amici, la squadra di atletica. Ma nel paese confinante, Trescore, abita lei, Gloriana. E allora un lungo periodo lontano da quei posti non può fargli che bene.
Carico del suo pesante zaino scende nel sottopassaggio.
C'è un casino allucinante, gente che sbuca da ogni parte. Proprio come quando arrivava alla stazione di Milano.
Subito cerca un'edicola. Compra la Gazzetta, per aggiornarsi sul Mondiale di calcio. Va a leggersela su una panchina libera.
Mezzora al treno che lo porterà a Verona.
E' completamente immerso nella lettura del giornale che non si accorge neanche che un ragazzo più o meno della sua età gli si siede in parte.
Solo dopo cinque minuti con la coda dell'occhio lo intravede.
Anche lui sta leggendo la Gazzetta. Anche lui ha un marsupio come quello di Ezio, di quelli che trovi sulle bancherelle etniche.
Il Rosso ci ha attaccato una spilla dell'Atalanta. La sua passione nerazzurra deve essere sempre visibile a tutti.
Ma anche il ragazzo ha una spilla sul marsupio!
Magari è atalantino come me.
Ma osservando meglio riesce a scorgere una V bianca su sfondo azzurro.
Porca vacca, è un tifoso del Brescia!
Il Rosso ha un po' di strizza.
Lui allo stadio ci è sempre andato. Proprio in Curva Nord, il settore più caldo.
Mai una volta che avesse alzato le mani contro qualche tifoso avversario.
Lui alle partite ci andava per passione, non per picchiare qualcuno.
Se questo è un esaltato e si accorge che sono bergamasco c'è il rischio di prenderle!
La rivalità tra le due tifoserie risaliva agli albori del calcio e qualche testa calda in entrambe le tifoserie c'era sempre stata.
Purtroppo quando c'era il derby Atalanta-Brescia o viceversa il rischio di incidenti era molto alto.
Ma nel momento in cui Ezio si accorge della fede calcistica dell'altro, anche il bresciano intravede la spilletta nerazzurra del bergamasco.
I due giovani si guardano negli occhi e sia l'uno che l'altro capiscono in una frazione di secondo che non si trovano davanti a un violento.
Scoppiano in una grassa risata e si stringono la mano.
"Piacere, Ezio".
"Piacere, Corrado".
La voce metallica annuncia l'arrivo dell'interregionale per Verona.
Corrado si alza e solo adesso Ezio si accorge di quanto sia alto il suo nuovo amico.
Non è tipo da passare inosservato: altissimo, ma di una magrezza impressionante, capelli lunghi fino a metà schiena, neri e lucenti, faccia stretta, ma dai tratti delicati, occhi azzurro ghiaccio, jeans stracciati e maglia heavy metal. E anche lui con un fido compagno: uno zainone pieno da far paura.
Entrambi salgono, si siedono uno di fianco all'altro, senza sapere ancora di essere accomunati da un identico destino.
Quando Corrado, intristito, dice: "Non ho voglia di farmi dodici mesi di obiettore a Verona. Tu sei in giro in vacanza?", al Rosso si illuminano gli occhi.
Porca miseria, magari questo simpatico bresciano è stato destinato al suo stesso posto.
"Anch'io devo fare l'obiettore! Speriamo di avere fortuna e trovarci insieme. Tu stamattina dove devi andare?"
Lo spilungone risponde:
"Centro Residenziale Disabili Terre di Mezzo, via dell'Artigliere. Mi hanno detto che è vicina alla zona universitaria. Bella storia, così si vedranno un po' di gnocche! E tu?"
"Cazzarola, anch'io devo andare li!" urla quasi Ezio.
"Beh, allora vorrà dire che quel Centro diventerà un feudo bresciano e atalantino!" replica Corrado.
Il resto del viaggio vola.
Una nuova avventura, specialmente se lunga parecchi mesi, è sempre meglio affrontarla in buona compagnia.
LUNEDI' 11 MAGGIO 2003. ORE 8:00
Stazione di Milano Centrale.
Le loro strade presto, prestissimo, si sarebbero divise.
Nell'ora e mezzo di viaggio Ezio si era innamorato.
Due minuti che era seduto con lei sul treno e già si perdeva in lei.
Gli piaceva tutto di lei.
La sua erre moscia, le fossette che si formavano quando sorrideva, i denti bianchi e regolari, i capelli biondi e lunghi, gli occhi da gatta.
E poi un fisico da sballo!
Indossava una canottiera nera che esaltava un seno degno della Ferilli.
E quelle gambe lunghe fasciate da un paio di jeans aderentissimi.
Ovunque la guardasse il Rosso avvertiva un formicolio nello stomaco.
A volte faceva finta di guardare fuori dal finestrino per alleviare il rossore che si sentiva divampare in faccia.
Non può una così bella essere interessata a uno come me!
E sì che lui non era un brutto ragazzo. Anzi con le ragazze aveva sempre avuto un discreto successo, anche se non aveva mai avuto una storia importante. Nessuna nei suoi ventidue anni di vita era riuscita a mandarlo fuori di testa.
Non era bello, di quelli che colpiscono subito le ragazze. Solo dopo un po' di tempo il gentil sesso si accorgeva del suo fisico non robustissimo, ma che lasciava sottintendere una grande potenza.
E poi il naso, delicato e il mento, squadrato, ma non troppo.
Ma ciò che le faceva innamorare era lo sguardo.
Non che avesse gli occhi azzurri o verdi o di chissà quale colore particolare. Li aveva marroni, molto scuri, quasi neri. Belli, ma ciò che li rendeva unici era la grinta che strabordava da ogni suo sguardo.
Sembrava dicessero: "Il mio proprietario è un vero duro!"
Tante ragazze cadevano in trappola e sarebbero state ore e ore a guardarlo negli occhi.
Ma lui dopo quattro, cinque mesi si stancava e interrompeva la relazione. A volte gli veniva il dubbio che forse era incapace di amare.
Uno davanti all'altra scesero dal treno e si diressero verso l'uscita.
La solita folla mattutina mandava in confusione Gloriana, concentratissima nel non perdere di vista quel ragazzo.
Era felice che finalmente quella mattina si fosse presentato. Ormai si era rassegnata a non vederlo più, perché quella era la sua ultima lezione dell'anno accademico. Anzi avrebbe anche potuto evitare di farsi la levataccia: poteva restare a letto a dormire.
Però quel rosso l'aveva affascinata e sperava che con un po' di fortuna magari l'avrebbe rivisto.
Che sguardo che aveva! Erano stati bellissimi i due secondi in cui per la prima volta i loro occhi si erano incrociati.
Lui non l'aveva guardata come tutti gli altri, con occhi imploranti di attenzione. Quasi come i cani quando fissano il cibo tra le mani del loro padrone.
Lui l'aveva fissata deciso. Lui non sembrava inebetito dalla vista della sua bellezza.
Poi però aveva aperto la porta e se ne era andato fuori. E così per altre due, tre volte!
Lei ci era rimasta male. Aveva voglia di conoscere gente nuova.
Era passato un mese da quando quel bastardo del suo ex ragazzo l'aveva lasciata, catapultandola in un baratro di solitudine angosciante.
E aveva pensato che quel ragazzo rosso con quella strana pettinatura era il tipo giusto per ripartire. Se lo sentiva dentro.
Le loro strade tra poco si sarebbero divise. Erano fuori dalla stazione di Milano. Entrambi dovevano prendere il pullman. Due pullman diversi però.
Ezio si girò verso di lei, lanciandole uno sguardo che fece venire un brivido di piacere alla ragazza.
Dai, non andartene. Ti prego. Dimmi che mi vuoi rivedere, chiedimi il numero di cellulare. Tu non sai quanto mi sei piaciuto in questo primo viaggio insieme. Mi piace tutto di te: il tuo viso, i tuoi capelli, il tuo straordinario modo di guardare la gente, la semplicità dei tuoi discorsi, persino il tuo modo di vestire un po' da adolescente punk, la forza d'animo che si intravede da ogni cosa che fai o dici.
Fu Gloriana a prendere l'iniziativa.
Dopo aver visto la luce non voleva tornarsene nel buio gelido della solitudine.
"Mi lasceresti il tuo numero? Mi è piaciuto un sacco parlare con te e vorrei che non fosse l'ultima" gli disse tutto d'un fiato.
Era la prima volta che era lei a chiedere il cellulare a un ragazzo.
Erano sempre stati i maschi predatori a cercare di abbordarla.
Il viso del Rosso si aprì in un grande sorriso. Si sentiva scoppiare di felicità.
Non è un sogno. E' tutto vero.
Con la sua solita decisione disse:
"Non sarà l'ultima. Abbiamo l'estate tutta per noi e ci vedremo un sacco di volte!"
Da quel momento, per quasi tre anni, i due ragazzi furono un corpo e un'anima sola.
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