mercoledì 18 dicembre 2019

FAMIGLIA. Compiti a casa


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" novembre 2019.
Articolo: "Compiti: da ansia a risorsa" di DANIELE NOVARA, pedagogista.

Non esiste una norma che obblighi le scuole a dare compiti agli alunni. Allo stesso tempo, questa è una pratica consolidata che le famiglie vivono troppo spesso con un eccesso di apprensione.
Ecco pertanto alcune istruzioni per alleggerire i momenti di studio e viverli con successo.

  • Stabilite (in modo chiaro e condiviso) un orario fisso da dedicare ai compiti e allo studio. Lasciate ai ragazzi un momento di relax per riprendersi dalla fatica dell'impegno scolastico. Individuate, poi, una ritualità precisa, che sia efficace per introdurre i vostri figli in un tempo in cui si richiedono impegno e attenzione.
  • Favorite la tranquillità e create un ambiente utile alla concentrazione. Spegnete tv e dispositivi digitali: la confusione e le distrazioni vanno limitate.
  • Evitate di correggere e criticare. Le correzioni vanno fatte a scuola ed è importante rinforzare successi e gratificare l'impegno. L'apprendimento è basato sull'errore: bambini e ragazzi devono poter sbagliare ed essere messi nelle condizioni di accorgersi e apprendere autonomamente gli strafalcioni che fanno.
  • Invitate compagni e amici a fare i compiti. Spesso lo studio comunitario è vissuto come inefficace, se non rischioso, per l'apprendimento individuale, ma non c'è niente di più equivoco. Le ultime scoperte neuroscientifiche, in particolare lo studio sui neuroni a specchio, hanno messo in evidenza il ruolo fondamentale dell'attivazione reciproca e dell'imitazione nel favorire e nello stimolare i processi di apprendimento. Quindi, lasciateli studiare insieme.
  • Stimolate fin da piccoli la lettura e salvaguardate l'amore per i libri nei più grandi: non distraeteli mentre leggono, favorite l'approccio personale alla lettura, proponete testi e argomenti adatti all'età.
  • Non dimenticate mai che a scuola vanno i vostri figli, non voi genitori. Ma questo non toglie la possibilità di creare la giusta cornice organizzativa, grazie alla quale i figli sentono il sostegno dei genitori nella sfida scolastica.

RIFLESSIONI. Faccio dei transfert


FONTE: Libro "Scegli la vita" di YVES BOULVIN - ANNE VILLEMIN" edito da EDIZIONI MESSAGGERO PADOVA.

Comprenderò di avere delle ferite attraverso i miei transfer positivi o negativi.
Faccio un transfer positivo ogni volta che mi innamoro perdutamente e provo un'ammirazione incondizionata per un idolo: un attore, il mio medico, il mio psicologo, un professore dei miei figli o un prete. Idolatro quella persona e immagino che sia veramente eccezionale, meravigliosa.
Riguardo a certe persone mi capita anche di passare da un transfert troppo positivo a un transfer decisamente negativo: la persona che ho collocato su un piedistallo mi delude; allora ne faccio un'immagine totalmente negativa in cui credo.
Questi transfer indicano che nell'infanzia mio padre o mia madre non mi hanno dimostrato veramente il loro amore, non mi hanno compreso e non mi hanno dato fiducia in me stesso. Perciò sono sempre alla ricerca di un ideale che proietto su altri "genitori", su altre persone. Questo dimostra che ho delle ferite psicologiche. Ritroverò la pace del cuore solo liberandomi a poco a poco di tutti questi attaccamenti eccessivi. Imparerò a relativizzarli, a rimetterli al loro giusto posto e riuscirò a farlo più facilmente se vivrò una relazione d'amore con Dio. Lui solo merita tutta la mia adorazione.

venerdì 13 dicembre 2019

SPORT. Impresa dell'Atalanta




FONTE: "LA GAZZETTA DELLO SPORT" del 12/12/19.
Articolo: "LA SQUADRA DEL GIORNO" di LUIGI GARLANDO.

AVANZA LA DEA DELLA BELLEZZA. UN'IMPRESA E UNA LEZIONE.

Luci di Champions a San Siro non ne accenderanno più? E invece sì. Solo che non le accenderanno i cinesi e neppure gli americani, ma un bravo imprenditore di Clusone (Bergamo), Antonio Percassi, che con il figlio Luca e una dirigenza capace ha costruito questa meraviglia di Atalanta, tenendo sani i bilanci.
A febbraio, per gli ottavi di finale, non le accenderà Antonio Conte, l'allenatore più pagato e celebrato d'Italia, ma Gian Piero Gasperini, quello cacciato dall'Inter dopo 5', perché osava impugnare la difesa a 3, che nella metropoli ancora inebriata dal Triplete veniva considerata un arnese da contadino.
Non si va in Europa con la difesa a 3. No, infatti... Zappando le sue idee, Gasp ha fatto crescere un gruppo di buoni giocatori, non di più, e li ha portati tra i primi 16 club del continente.
Ieri l'Atalanta poteva solo vincere in Ucraina. Ne ha fatti 3 prendendo il pallone al fischio d'inizio e consegnandolo all'arbitro alla fine. Il modo con cui ha vinto è stato più esaltante della vittoria stessa.
Un'impresa che non ci sta dentro le mura di Bergamo, un'impresa che finisce dritta nella storia dello sport italiano. Ma è anche  una lezione che non deve andare dispersa. 
Dopo 3 turni di Champions, la Dea aveva 0 punti e 11 gol al passivo. Si ironizzava, anche nelle redazioni, dei contadini rozzi e fuori luogo nel castello nobile. Ma quei contadini avevano in tasca un tesoro: il gioco. Che ti fa sentire un re, anche se sei vestito di stracci; che ti dà fiducia e sicurezza, anche se non hai il talento dei più bravi. L'Atalanta ha continuato a ripetere il suo gioco con fede ed è risalita fino al trionfo di ieri.
C'è ancora chi crede che conti solo il risultato e accusa filosofi e scienziati, perché il calcio è semplice e istintivo.
L'Atalanta è l'Atalanta perché ha studiato e lavorato molto, anche con tecnologia all'avanguardia; perché ha ripetuto le sue idee fino a farle diventare automatiche, perché ha coltivato una manovra collettiva che rende migliori individualità imperfette, perché è stata programmata per attaccare sempre, anche senza palla.
Perciò se poi si ritrova a dover battere lo Shakhtar a tutti i costi, non è angosciata come l'Inter, che ha alle spalle un'altra educazione, ma le sembra la cosa più naturale del mondo e dopo il primo gol cerca il secondo, il terzo... E' esattamente il nuovo spirito che Sarri sta faticosamente cercando di trapiantare alla Juve.
"La scintilla emotiva", "la spavalderia ovunque", "l'orgoglio di attaccare e di non godere per uno 1-0": l'Atalanta è ciò che cerca Chiellini. 
Moduli e numeri, quelli sì contano poco. Contano i principi, conta con quanti uomini riempi l'area degli altri. Ieri due gol su tre li hanno segnati i terzini, fondamentali per Gasp fin dalla prima ora con Conti e Spinazzola. Tutti avanti. In altri 3-5-2 i terzini difendono a basta.
L'Atalanta ha il furore moderno del Liverpool e l'arte della cantera del Barca. Solo che, avendo fatturati diversi, i suoi Ansu Fati deve vederli per alimentare il circuito virtuoso.
Ma - questa la lezione più preziosa - l'Atalanta dimostra che si possono fare buon calcio e risultati senza svenarsi, con idee valide, lavorando come bergamaschi.
E se ti vengono a mancare Ilicic e Zapata, invece di strillare, provi a farne a meno. Buttando dentro magari il debuttante Ibanez, 21 anni, prima presenza stagionale, nel  momento più caldo del match. Perché la fede nei giovani si dimostra con i fatti.
Era da 7 anni che non portavamo 3 squadre agli ottavi. Con Napoli e Juve, più attrezzate, qualifichiamo la nostra squadra più bella e più europea. 
Non importa se la Dea incapperà in un top-club e subirà un'altra dolorosa lezione, tipo City. Questa Champions l'ha già vinta, dimostrandosi degna del palcoscenico. E riaccendendo San Siro, spento dal Barca.

giovedì 12 dicembre 2019

VIVERE INSIEME. Postare le foto sui social


FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 29/11/19.
Articolo: " Guarda dove sono! Ma postare le foto sui social fa divertire ladri e Fisco" di FEDERICA FANTOZZI.

Una foto su Facebook: la spiaggia delle Maldive, i piedi a mollo nell'acqua trasparente. Una "storia" su Instagram a bordo di una Ferrari fiammante. O una geolocalizzazione a Parigi per la finale di Champions.
Alzi la mano chi non ha mai peccato di vanità, esponendo le proprie gesta sui social come trofei.
Il presenzialismo virtuale, però, è pieno di rischi reali. Lo sa bene la Polizia Postale: furti nelle abitazioni, sottrazione di identità e dati sensibili, il nuovo fronte del "revenge porn" che innesta foto rubate dai profili su siti porno collocati all'estero.
"Se un furto è inspiegabile, la pista investigativa è quella dei social" spiega Nicola Zupo, dirigente della Postale.
"Un tempo chi usciva aveva l'accortezza di lasciare la luce accesa. Oggi è superata: i ladri scoprono online dove sei". E se hai postato il biglietto aereo, anche quanto tempo hanno per agire. Mentre il profilo Twitter con il quadro di valore sullo sfondo sostituisce egregiamente il vecchio sopralluogo.
I suggerimenti della polizia sono semplici: meglio profili chiusi che aperti, "non accettate l'amicizia di sconosciuti"  è il nuovo "non prendere caramelle da estranei", mai condividere la propria posizione.
Le agenzie di vigilanza invitano ad installare un allarme con controllo via app.
Unica consolazione: ci sono già caduti vip come Alanis Morrisette e Nek (a lui hanno rubato l'Harley che aveva fatto il pieno di like).
Vista dal lato delle forze dell'ordine, la situazione è meno cupa. La tecnologia giova alle indagini: "Prima c'erano gli infiltrati della Digos tra le tifoserie organizzate" conclude Zupo. "Ora basta seguire le geolocalizzazioni dei gruppi ultrà".
Anche la Guardia di Finanza ha cominciato a monitorare i social contro l'evasione fiscale: "Se da foto di viaggi o abiti qualcosa non torna" dice al Venerdì il colonnello Luigi Vinciguerra, "verifichiamo che il tenore di vita sia compatibile con i redditi".
Gli avvocati già affilano le armi: "i social vanno considerati un gioco e l'onere della prova non spetta al contribuente".
Insomma, attenti ai fotoritocchi che vi spostano dal divano di casa alle Alpi svizzere: tra cartelle esattoriali e parcelle legali possono costare più della settimana bianca.

DON CAMILLO. Coppia omosessuale e adozione







FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

COPPIA OMOSESSUALE E ADOZIONE

Nei giorni scorsi si è accesa una discussione tra i catechisti nel gruppo Whatsapp su un tema che è di grande attualità oggi. Il tutto è partito dalla dichiarazione della consulta dello Stato che ha bocciato l'omogenitorialità e ha affermato che le coppie gay non sono famiglie (26 ottobre 2019).
In questa dichiarazione mi sembra che vengano trattate due questioni distinte anche se collegate tra loro: quella della condizione di due persone dello stesso sesso che decidono di vivere insieme e quella della loro idoneità ad adottare bambini.
Riguardo alla prima questione la discussione è se le coppie  dello stesso sesso sono da riconoscere come famiglia o no. La Costituzione italiana all'articolo 29 definisce la famiglia "società naturale fondata sul matrimonio".
Da sempre nel senso comune il matrimonio è considerato tra un uomo e una donna. Il termine famiglia, perciò, sta ad indicare questa realtà.
Questo non preclude che due persone dello stesso sesso decidono di vivere insieme. La loro unione, però, non può essere chiamata famiglia, perché ha una connotazione diversa. Dovrà essere indicata con un altro termine. Questo indipendentemente da qualsiasi valutazione morale e sociale. Si tratta di due istituzioni diverse.
Riguardo  alla seconda questione, quella cioè della idoneità ad adottare figli, è legge di natura che un figlio nasca dalla relazione di un uomo e di una donna e che il figlio abbia come patrimonio genetico costitutivo 23 cromosomi da parte del papà e 23 cromosomi da parte della mamma.
Ogni figlio ha perciò dentro di sé il bisogno di relazione con il papà e la mamma naturali per raggiungere il suo equilibrio.
La premessa ideale perché un figlio sia favorito nella sua crescita equilibrata è che la relazione       tra papà e mamma sia all'insegna dell'amore e non solo del rapporto sessuale.
E' vero che per far nascere un bambino può bastare il rapporto sessuale: basta che lo sperma fecondi l'ovulo. Oggi la scienza è in grado di arrivare a questo risultato anche indipendentemente dal rapporto sessuale...ma per educare un figlio è indispensabile l'amore: quell'amore che è particolarmente speciale, intenso è inimitabile se è la motivazione profonda dell'amplesso coniugale.
Al di fuori di questa condizione ottimale, tutte le altre soffrono di carenza sia pure in varie gradualità.
Se un bambino è concepito in seguito ad un atto di violenza è in una condizione certamente più problematica, di chi è concepito in un contesto di indifferenza o di chi è capitato a caso e non atteso o di chi è stato procreato in un utero in affitto o attraverso procedimenti clinici... Questo non significa che non può essere amato; significa soltanto che la sua non è una condizione di partenza ottimale...
Anche l'adozione da parte di una coppia eterosessuale è certamente una scelta nobile e qualificante e può portare significativi benefici a chi viene adottato specialmente se è in tenerissima età; però anche questa istituzione si pone in un ambito esterno a quello ottimale anche se è meglio comunque dell'orfanotrofio o addirittura dell'abbandono.
La coppia dello stesso sesso in rapporto all'adozione, a parità di condizioni, ha una carenza in più rispetto alle coppie eterosessuali in quanto non risponde alle esigenze naturali del bambino di relazionarsi con quella diversità che porta impressa dentro di sé nel suo codice genetico. In questo caso l'educazione può diventare una forzatura che rischia di plagiare il bambino e di modificarlo nelle sue tensioni originarie.
Si può fare tutto nella vita. Si può modificare anche il corso naturale di un fiume. Il rischio è che prima o dopo tutto venga scombussolato. Purtroppo la natura può essere manomessa e forzata dalla cultura; il rischio forte è che poi alla fine la cultura si ritrovi svuotata e distrutta. Fin qui la mia riflessione si limita all'ambito razionale.
La Fede mi offre ulteriori approfondimenti che mi aiutano a guardare a queste tematiche in una luce tutta speciale, quella della parola di Dio che mi rivela il mistero dell'uomo e della donna della loro identità e del senso della loro vita che è anche il mistero della mia identità  e il senso della mia vita personale. 
"Dio creò l'uomo/ a Sua Immagine lo creò/ maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi..." (Genesi 1, 27-28)
"Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola (Mc 10,47).
E' questo il contributo che come cristiano sono chiamato a dare alla riflessione umana su questi argomenti che sono tutt'altro che marginali.
IL tema della generatività è collegato strettamente alla relazione maschio e femmina. Lo stesso vale per il tema dell'educazione e del sostegno alla crescita integrale di un bambino.
Nessuna discriminazione delle coppie omosessuali anche solo per il fatto che due maschi non possono procreare all'interno della loro coppia. E così pure due femmine.
Il fatto che scelgono di vivere insieme in una condizione di non fecondità è da rispettare così come essi stessi devono rispettare che dalla loro condizione non scaturisca la vita e perciò neanche la genitorialità. Potranno essere dei buoni educatori ma non possono essere dei genitori.
Il legislatore plagiato dall'ideologia potrebbe anche formulare leggi compiacenti alle richieste delle coppie omosessuali in materia di procreazione o di educazione, ma nessun legislatore potrà mai cancellare da queste leggi i segni della prevaricazione, della forzatura e dell'inganno perpetrato a danno dei bambini.
Detto questo, l'omosessuale merita tutta la stima e il rispetto che si deve ad una persona, chiamato anche egli come tutti a dare il suo contributo qualificato alla società e, se è credente, alla chiesa, mettendo a disposizione i talenti con i quali il Signore lo ha arricchito.

                                      don Camillo

mercoledì 4 dicembre 2019

SALUTE. L'anoressia colpisce solo le donne?


FONTE: //www.issalute.it/ sito sviluppato e gestito dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS).

L'anoressia colpisce solo le donne?                   FALSO   

L'anoressia è una malattia che, anche se colpisce principalmente le donne con un rapporto di 9 a 1 rispetto agli uomini, vede in aumento il numero di maschi soprattutto durante la fase adolescenziale o preadolescenziale. Dati più recenti suggeriscono che questo rapporto sia arrivato a 4:1. Essa rappresenta la conseguenza dell'interazione di diversi fattori/condizioni: biologici, genetici, traumatici, socio-culturali, personali (come mancanza  di autostima, perfezionismo, impotenza, sensazione di inutilità, percezione dell'ideale di magrezza etc.) o psichici (come ansia o depressione).

La prevalenza media della malattia nelle donne tra i 12-22 anni, in Italia, si attesta intorno allo  0,9%.
L'anoressia è più di un semplice problema con il cibo, di un rapporto patologico con il proprio corpo, la propria identità e la propria sessualità.
Chi ne è affetto è ossessionato dall'idea di prendere peso e diventare grasso. Pertanto, oltre ad evitare cibi ingrassanti, ricorrerà ad un esercizio fisico esagerato, a purghe, diuretici, farmaci anoressizzanti e ad auto procurarsi il vomito.
A lungo termine, l'anoressia può portare ad alterazioni ormonali, problemi di fertilità, alterazioni cardiologiche, osteoporosi, anemia, squilibrio elettrolitico e depressione. Per evitare tali conseguenze occorre un intervento multidisciplinare integrato.
L'assistenza  deve mirare sia gli aspetti nutrizionali, ma anche a quelli psichiatrici, psicologici, fisici e socio-ambientali. Inoltre, gli interventi sanitari vanno attuati considerando l'età ed i bisogni individuali di chi ne è affetto.

LIBRI. Conversazioni con Carlo Maria Martini


FONTE: libro "Conversazioni con Carlo Maria Martini" di EUGENIO SCALFARI e VITO MANCUSO, edito da Fazi editore srl.

Si legge sul risvolto della copertina:

L'intensa emozione che ha attraversato l'Italia il 31 agosto 2012 alla notizia della sua morte conduce a chiedersi chi sia stato veramente Carlo Maria Martini.
Fu di certo un cardinale a lungo papabile, l'arcivescovo di una delle più grandi diocesi del mondo, il presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, un biblista all'origine dell'edizione critica più accreditata del Nuovo Testamento e altre cose ancora.
Ma la risposta esatta è che fu un vero uomo di Dio.
Ed ecco il paradosso: proprio per questo motivo egli attrasse l'attenzione e la stima di numerosi non credenti.
Questo libro riproduce il dialogo intenso e affettuoso con uno di loro, Eugenio Scalfari, tra i più lucidi e illuminati intellettuali del nostro paese.
I temi toccati sono molti: la situazione morale del nostro tempo, la lotta contro l'ingiustizia, l'unità tra cattolici e laici, l'amore come carità e come eros, l'attesa e la preparazione alla morte, l'origine dell'etica, la situazione del sentimento religioso nel mondo contemporaneo, l problemi della Chiesa, la famiglia e il divorzio, l'essenza della carità, Gesù umano e Gesù divino e altro ancora.
Si tratta di conversazioni che gettano le basi per una mentalità e un approccio esistenziale del tutto inediti, dove l'amore per il bene e lo sdegno contro l'ingiustizia diventano i nuovi cardini attorno a cui impostare la relazione tra credenti e non credenti.
Vito Mancuso invece, dopo aver riflettuto sulla natura profonda della crisi che stiamo attraversando, in un'appassionata lettera al suo padre spirituale mette in luce come la fede non sia dottrina, ma sentimento fiducioso della vita.
In un'epoca di nichilismo e di globalizzazione, questo libro rappresenta un documento straordinario della presa di coscienza necessaria ai nostri tempi per non perdere la speranza, oltre che una specie di testamento spirituale di Carlo Maria Martini per il mondo laico.

ALIMENTI. Bere alcol aiuta a scaldarsi?


FONTE: //www.issalute.it/ sito sviluppato e gestito dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS).

Bere alcol aiuta a scaldarsi?                       FALSO   

E' sbagliato pensare che l'assunzione di bevande alcoliche possa aiutare a riscaldarsi e a combattere il freddo. Si tratta infatti solo di una sensazione temporanea di calore.

Bere alcolici non difende dal freddo, né aiuta a riscaldarsi. La percezione di calore prodotta dall'alcol è dunque solo momentanea e cutanea, avvertita solo in superficie. Questo avviene perché l'alcol è un potente vasodilatatore.
L'alcol, dunque, appena ingerito, provoca una reazione del tutto contraria al riscaldamento: i vasi sanguigni superficiali si dilatano, il sangue scorre più facilmente a livello superficiale e delle estremità (mani, piedi, viso...), la pressione corporea, dopo un primo innalzamento, si abbassa, il calore si disperde all'esterno (ipotermia).
Dopo aver bevuto alcolici, quindi, la dilatazione dei vasi sanguigni non solo dura poco tempo, ma fa sì che il corpo, disperdendo calore all'esterno, si raffreddi ancora più velocemente.
E' quindi ancora più pericoloso assumere alcol in caso di freddo intenso, quando si è esposti a basse temperature per lunghi periodi di tempo o se si è in un ambiente non riscaldato. Inoltre, l'assunzione di bevande alcoliche, abbassando la temperatura corporea, provoca uno stato di torpore per cui ci si addormenta più facilmente aumentando di conseguenza il rischio di congelamento. Ciò spiega perché tanti alcolisti "senza tetto" muoiano assiderati.
Per proteggersi dal freddo e per cercare di mantenere costante l'equilibrio termico, il nostro corpo ha invece bisogno di attivare il meccanismo contrario: la vasocostrizione. Grazie ad essa, i vasi sanguigni si restringono, la circolazione sanguigna sulla superficie cutanea rallenta, il flusso di sangue si sposta verso gli organi interni importanti (cuore, cervello, polmoni, fegato) diminuendo al perdita di calore verso l'esterno. E' dunque tutto ciò a determinare una situazione di maggior benessere termico, non l'alcol.


mercoledì 20 novembre 2019

FILM. Il segreto della miniera


FONTE: "il venerdì di Repubblica del 01/11/2019.
Articolo: "Scavare nel lutto" di VITTORIO LINGIARDI.


"Un'opera bella e preziosa che attraverso la battaglia di un minatore coraggioso ci parla dell'importanza della memoria, contro ogni tentativo di cancellarla".
Questa la motivazione con cui Amnesty International premia Il segreto della miniera
Nelle sale da ieri, il film della regista e poetessa slovena Hanna Slak ricostruisce una pagina atroce e sconosciuta dell'immediato dopoguerra nell'ex-Jugoslavia: l'uccisione di migliaia di militari e civili e lo smaltimento dei loro corpi nei pozzi di una miniera trasformata in fossa comune.
Intrecciando storia e psiche, tragedia politica e dramma personale, Slak racconta la vicenda di Mehmedalija Alic, minatore bosniaco che negli anni ottanta immigrò per lavoro in Slovenia scampando così involontariamente al massacro di Srebrenica del 1995 (ottomila bosniaci trucidati, dove perse tutti i parenti.
Nel 2007 l'azienda slovena per cui lavora gli chiede di esplorare una vecchia miniera abbandonata.
Dopo mesi di scavo massacrante, solitario e sottopagato, Alic scopre gli scheletri, le scarpe, gli scalpi di migliaia di profughi di guerra, respinti al confine austriaco e poi uccisi dai vincitori titini.
Marchiato dal genocidio di Srebrenica, Alic si trova a fare i conti con un eccidio avvenuto cinquant'anni prima, nel 1945.
Padroni dell'azienda e autorità politiche cercano di coprire la macabra scoperta, ma Alic non si lascia intimidire e sposa, a caro prezzo, la causa del rispetto della memoria.
Slak evita una lettura strettamente storica e sceglie di lavorare nel profondo. La miniera diventa così metafora della rimozione, luogo di segreto e svelamento che chiama il minatore, con noi tutti, a immergersi.
Terapeuta della psiche propria e collettiva, guaritore ferito, Alic, come Antigone, chiede solo la sepoltura dei morti. Cioè il gesto che riconoscendo il lutto ci dispone alla sua elaborazione. 

DON CAMILLO. Auschwitz






FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.

AUSCHWITZ

Un bacio di corsa a mamma e papà
quella mattina come tante normale;
poi d'abitudine come si fa
all'ingresso di scuola l'appello usuale.

"Da oggi non puoi più entrare qui in classe
chè a razza diversa tu appartieni;
vorremmo impedire che doman si formasse
di gente scadente un andi rivieni..."

Guardo stordito compagni e amici;
penso a uno scherzo di gusto cattivo;
mi sento fissato da improvvisi nemici;
vivace qual sono divento inattivo.

A casa tornato la trovo in subbuglio;
la mamma rovista in armadi e cassetti, 
di ricordi e utensili fa tutto un miscuglio
mentre papà lega pacchi e sacchetti.

"Dobbiamo andarcene più in fretta possibile
prima che arrivi la milizia feroce;
quel che succede non è comprensibile
qualcuno ha deciso di metterci in croce.

Usciamo furtivi da casa nostra
come ladri che fuggono con il bottino.
Per strada un cartello che è in bella mostra
c'insulta: canaglie non passerete il mattino.

La milizia ci ferma, ci chiede le carte;
con burbero piglio controlla e aggiunge:
"Voi siete canaglie, mettetevi in parte
chè siete più infetti d'insetto che punge!"

Veniamo ammassati con altri sfollati
senza sapere che cosa e perché;
tra noi un intreccio di sguardi sbarrati
che parlano muti ai crudeli lacchè.

Ricordo un carro che ci porta accalcati
seguito da guardie con mitra e fucili
e poi un vagone su cui siam stipati
come fossimo bestie o pacchi o barili.

Odo secchi comandi di capi arrabbiati
come fendenti di coltelli appuntiti;
ci strappan gli affetti e andiam separati
sospinti a destino che ci avvolge allibiti.

E poi più nulla... Rimane il silenzio
a render più tetri i vestiti spogliati
impregnati d'amaro come l'assenzio
ancor più amari se saranno scordati.

                                    don Camillo

GIOVANI E RAGAZZI. Vacanze diverse


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" ottobre 2019.
Articolo: "Per casa il mondo" di MICHELA MURGIA.

Michele Anghileri ha ventidue anni e da quattro trascorre le vacanze come volontario in Malawi. Il suo impegno gli è costato odio e insulti sul web.

"Ti auguro l'ebola". Un commento cattivo, uno dei tanti. Una frase scritta per mezzo di una tastiera come sovente accade, senza pensarci troppo forse, senza dare la benché minima importanza al fatto che quelle parole effimere siano indirizzate a una persona reale. La persona reale a cui quel malaugurio era indirizzato è la stessa che lo racconta con queste parole incredule.
Si chiama Michele Anghileri, ha 22 anni e da quando ne aveva 18 si occupa di cooperazione in Malawi con un'associazione che all'inizio lo ha visto come volontario, ma oggi lo conta come coordinatore di progetti di sviluppo e sostegno nel problematico Paese africano.
Michele, capelli chiari, sorriso facile, un carattere estroverso e allegro, è uno di quelli che i popoli africani li aiuta davvero "a casa loro". E' una delle frasi preferite da quelli che non vogliono i migranti in Italia, che sparerebbero ai gommoni e che affonderebbero tutte le navi umanitarie, ma per capire quanto quell'invito apparentemente sensato sia falso e nasconda la xenofobia basta vedere che cosa succede sulla rete a chi a cooperare nei luoghi d'origine poi ci va sul serio.
"Ti meriti l'HIV". Questo è il tenore dei commenti che arrivano a Michele da quando il giovanissimo trevigliese - valle bergamasca, roccaforte del consenso leghista - ha pubblicato un video in cui, insieme a un nugolo di bambini del villaggio in Malawi dove opera, esultava per il rilascio della comandante della nave Sea Watch Carola Rackete.
E' da quel momento che sono cominciati gli insulti. "Un'ondata d'odio incontrollato e dilagante mi ha travolto senza dare spiegazioni. Nel susseguirsi dei più svariati pensieri pubblicati in risposta al post sono state tirate in causa anche le persone più importanti della mia vita, mia madre  e mio padre. Nei loro confronti sono state mosse critiche e commenti spregevoli, nonostante non abbiano nulla a che fare con questa vicenda".
I genitori di Michele - Silvia e Davide - sostengono il suo percorso sin da quel primo regalo di maturità, quando contro ogni previsione il ragazzo chiese che gli venisse pagato un viaggio in Africa con l'associazione di cui era appena diventato sostenitore.
"Non sappiamo che cosa gli sia scattato dentro, ma dopo il primo viaggio non è più riuscito a farne a meno. Tutte le estati successive è stato in Malawi come volontario per periodi più o meno lunghi e ha coinvolto anche Debora, la sua ragazza. Si è innamorato di quei posti, quando ne parla vediamo che gli brillano gli occhi".
Gli occhi di Michele brillano di gioia anche nel video che ha scatenato i razzisti e gli odiatori che oggi continuano a riempire di insulti i suoi profili social.
"Ti toglierei la cittadinanza italiana. Schifo umano, sei uno schifo umano".
Lui li legge incredulo, ma non si scompone. Ha - dice -  le spalle larghe.
"Ho sempre pensato che il modo migliore per battersi contro un'ingiustizia fosse quello di mettersi in prima linea nel tentativo di dare una svolta radicale. Di metterci la faccia. Di farlo guardando il problema negli occhi, di persona, nella vita reale. Questa volta era diverso. Troppe persone stavano perdendo la vita nel Mediterraneo. Troppe. Uomini, donne e bambini abbandonati a loro stessi nel tentativo di raggiungere un'utopistica vita migliore".
Guardare l'Italia dal Malawi, vedere con i propri occhi da quale realtà parte chi si mette in mare per arrivare in Europa, non può lasciare indifferenti mentre sulle coste del tuo Paese i porti vengono blindati e le persone abbandonate al loro destino.
Michele non ha dubbi. "A migliaia di chilometri di distanza dal mio Paese sentivo di dover comunque esprimere il mio dissenso riguardo alle barbarie in atto, di dover fare qualcosa, di dover prendere una posizione. Non ho saputo trovare modo più semplice, innocuo, diretto e vero di questo video con i miei bimbi".
Michele non si aspettava la violenza verbale, l'odio feroce di chi non vuole altra verità che la propria e si sente minacciato da chiunque provi non solo a vivere una vita diversa, più aperta e solidale, ma anche a raccontarla. Ha scoperto a sue spese di essere un problema per chi ha bisogno di immaginare nemici e confini, perché le sue foto e i suoi video rendono evidente a tutti che è ancora possibile avere vent'anni e immaginare altri modi di guardare al futuro proprio e del nostro Paese.
A chi lo ha insultato ha scritto personalmente, soprattutto quando sono stati suoi coetanei ad augurargli malattie e morte. Nel farlo ha scoperto che qualcuno tra loro aveva fatto volontariato prima di avvicinarsi a un'idea di mondo tutta giocata in difesa, dove il diverso è un nemico e chi lo aiuta è un traditore.
Sembra una contraddizione, ma non lo è. La paura del futuro mangia ogni giorno e la speranza che le cose migliorino non sempre basta a saziarla. Chiudersi appare a molti la sola scelta per proteggersi, anche a costo di diventare belve.
Per Michele è diverso, perché per chi vede il mondo come un organismo in relazione non esistono "case loro".

mercoledì 13 novembre 2019

VIAGGI. Puglia. Monte S. Angelo e Loreto


Ecco le foto scattate:



















































































































VIVERE INSIEME. 1.000 post.






In 6 anni di gestione del blog il pellerossa di zandobbio questo è il millesimo post pubblicato.

Ho sempre cercato di attenermi ad alcune regole di correttezza tra le quali soprattutto alle seguenti:

  • non scrivere in rete cose che non avrei il coraggio di dire di persona
  • avere la consapevolezza che le parole che uso rivelano ciò che io sono
  • condividere testi e immagini soltanto dopo averli ben considerati, compresi e valutati
  • usare le parole che vorrei che gli altri usassero nei miei riguardi.
                                              Sergio

RES PUBLICA. La mediocrità dell'attuale politica


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" ottobre 2019.
Articolo: "Mediocrità" di RITANNA ARMENI.

La mediocrità sembra essere stato il tratto distintivo della fase politica apertasi con la crisi di governo. Non che quella precedente fosse contrassegnata dall'eccellenza di proposte e posizioni. Semmai da parole roboanti e violenze verbali che hanno dominato una politica di chiusura e respingimento.
Ma il dibattito che è seguito all'apertura dell'ultima crisi, le proposte discusse per la formazione del nuovo governo, ci hanno fatto capire come il piccolo cabotaggio, l'assenza di proposte vere e di ogni ambizione al cambiamento siano la caratteristica dei nuovi tempi.
Mediocrità, quindi, di uomini, tanto negata a parole quanto ripetutamente praticata nella realtà. E non ci riferiamo solo al "palazzo", all'uso miserevole dei media, agli scambi di potere.
Quando la situazione è difficile, bisogna uscire dalle formule di rito, dai discorsi di comodo, dalla pigrizia intellettuale. Proprio allora è opportuno assumere i rischi di nuove idee e non accontentarsi delle formule.
Quando si parla della situazione economica e dei suoi danni sociali (dalla disoccupazione all'avvenire negato ai giovani fino alla loro fuga dall'Italia) ci si rifugia nelle frasi più generiche.
Qual è il dibattito? Le difficoltà o sono "tutta colpa dell'Europa", oppure "solo l'Europa può risolvere il problema".
Ma una proposta su cui discutere, litigare, rischiare? Quella non c'è. Non c'è alcun guizzo di fantasia, che smuova gli animi e renda il dibattito meno spento.
Non ci sono idee, magari sbagliate, che aiutino a trovarne di giuste. Un tempo non lontano si pensava che, per lavorare tutti, si dovesse lavorare di meno. La Germania ci ha provato riducendo l'orario settimanale di lavoro. Non ha aspettato l'Europa. La politica italiana non prende questa idea neppure in considerazione. E nessuno propone un piano concreto per l'occupazione giovanile che si prefigga alcune centinaia di migliaia di nuovi occupati.
La mediocrità è uno dei mali peggiori della politica. Persino le idee sbagliate, la propaganda bugiarda o le astrazioni di alcuni gruppi intellettuali hanno un valore maggiore delle frasi stanche e senza appeal che i  nostri politici hanno usato nelle settimane tra fine agosto e gli inizi di settembre.
Va da sé che chi non è capace di uscire dalla mediocrità delle proposte e degli atteggiamenti non può che essere un mediocre. E così appaiono gli uomini della nostra politica. Nessuno di loro volto all'eccellenza. Nessuno alla ricerca di una direzione che sparagli, innovi, riformi. Non è un caso che la parola riforma non si pronunci quasi più.
Le vere riforme esigono idee forti, risolvono problemi, sottintendono audacia, cambiamento di prospettiva.
Quando, ormai molti anni fa, si proposero riforme importanti del lavoro e della famiglia, si pensava a qualcosa di completamente innovativo rispetto alla situazione esistente. Forse non tutto era giusto, ma comunque si proponeva di superare i limiti del presente. Ci fu chi buttò il cuore oltre l'ostacolo. Con coraggio. Ecco, oggi è proprio questo che manca.