martedì 15 febbraio 2022

SALUTE. Sano come un ultracentenario

 

FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" luglio-agosto 2021.
Articolo: "Sano come un ultracentenario" di ROBERTA VILLA.


Più si invecchia più in genere aumentano le probabiltà di ricevere una diagnosi di malattie di cuore, tumori, demenze. Ma arriva un punto in cui la curva cambia direzione e il rischio non aumenta più, anzi diminuisce: chi arriva  a 100 anni ha minori probabilità di sviluppare un infarto, l'Alzheimer o di morire di cancro. Molti centenari stupiscono per le buone condizioni mentali e di salute. E chi muore oltre i 105 anni spesso si addormenta senza accorgersene o solo dopo pochi giorni dal peggioramento delle condizioni.
Sulla questione gli scienziati si arrovellano da tempo. Significa che, superata la fase critica, ci sono meno minacce alla salute  o che le stesse condizioni che tengono alla larga le malattie croniche più comuni facilitano il raggiungimento di compleanni record?Questa seconda ipotesi gode  di maggior fortuna, ma apre anche altre domande: riuscire a passare indenni l'età dei primi acciacchi per arrivare in ottima forma a spegnere cento candeline è questione di geni o di stili di vita? E' un dono che ci arriva in eredità dai nostri genitori o un risultato da conquistare con le nostre scelte? Probabilmente entrambe le cose, anche se i ricercatori si dividono tra chi dà maggior peso alle caratteristiche genetiche e chi all'ambiente (dall'inquinamento di aria e acqua al livello di stress lavorativo, dall'alimentazione alle consuetudini di una popolazione), ma anche alle scelte individuali, come quella di fumare.
Una componente ereditaria probabilmente c'è: un'alta aspettativa di vita spesso si ritrova in diversi membri della stessa famiglia. Dal punto di vista biologico, l'invecchiamento va di pari passo con un accorciamento delle estremità dei cromosomi, i bastoncini formati dal Dna arrotolato che, nel nucleo delle cellule, contengono le nostre informazioni  genetiche. L'accorciamento di tali estremità dette "telomeri", come una bomba a orologeria segna il tempo rimasto alla cellula e, a un livello superiore, all'individuo.
La tendenza ereditaria a vivere più a lungo può esprimersi attraverso un rallentamento di questo processo ed è determinata da geni specifici che si stanno studiando.  Un gruppo guidato da Claudio Franceschi, dell'Università di Bologna, uno dei massimi esperti italiani, ha analizzato il genoma di un'ottantina di super centenari del nostro Paese, con un'età media di 106 anni, confrontando i risultati  con quelli di trentasei sessantenni sani provenienti dalle stesse aree geografiche. Sono state così scoperte, in persone estremamente longeve, caratteristiche genetiche peculiari, che consentono di riparare con maggior efficienza gli errori di replicazione del Dna. La controprova è venuta dal confronto tra oltre trecento ultracentenari e altrettanti soggetti più giovani di controllo. I centenari hanno un identikit genetico caratteristico.
E' possibile, quindi, con un test sapere da giovani quanto avremo ancora da vivere? No, e non solo perché si tratta di risultati preliminari, ancora tutti da confermare. I geni sono la materia prima di cui disponiamo alla nascita, ma nella maggior parte dei casi abbiamo molti strumenti per plasmare  il destino che ci è stato assegnato. Comportamenti poco salutari possono bruciare il privilegio di avere geni doc, mentre attraverso la prevenzione è possibile recuperare un minor vantaggio di partenza. Uno studio pubblicato su "Nature" da Paola Zaninotto della University College di Londra lo ribadisce con forza. Dall'esame di quasi 30 mila ultracinquantenni sulle due coste dell'Atlantico è emerso che sono quattro le principali minacce a una vita lunga e priva di disabilità: alcol, fumo, inattività fisica e obesità. All'aumentare di questi fattori, cala l'aspettativa di vita. Rispetto a chi ha almeno due di queste caratteristiche, chi non beve, non fuma, si muove e ha un  peso sano può aspettarsi di vivere undici anni in più senza disabilità e dodici senza malattie croniche. Ne vale la pena, no?

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