FONTE: "Bergamo Salute" settembre/ottobre 2025.
Articolo: "Nessuno è fatto per stare solo" di IVANA GALESSI.
Solitudine e salute negli anziani: secondo l’Associazione Italiana di Psicogeriatria nel nostro Paese è “allarme invisibile”.
Il peso silenzioso dell’isolamento
A Padova, durante il Congresso, i dati emersi sono stati chiari: la solitudine cronica agisce come un vero “fattore di rischio” per la salute, al pari del fumo o dell’obesità. Chi si sente solo ha maggiori probabilità di sviluppare depressione, disturbi del sonno, malattie cardiovascolari. E nei casi più gravi, anche idee suicidarie. Basti pensare che oggi il 37 % dei suicidi riguarda persone over 65, un dato che lascia poco spazio ai dubbi sull’impatto di una vita senza legami forti. Uno dei segnali più comuni, ma spesso ignorati, è legato al sonno. Dopo i 70 anni, aumentano i risvegli notturni, gli incubi, l’agitazione. Secondo gli studi presentati al congresso, la frequenza di incubi negli over 70 è più che tripla rispetto alla fascia 50-70 anni. Non si tratta di semplici brutti sogni: spesso anticipano o accompagnano uno stato depressivo, una perdita di motivazione o una difficoltà ad affrontare la vita quotidiana. La mente manda segnali, ma servono occhi e orecchie pronti ad accoglierli. E in troppi casi, questi segnali restano senza risposta.
Solitudine e città che non aiutano
Il problema non è solo individuale. Si parla spesso di invecchiamento attivo, ma poco delle condizioni concrete in cui vivono gli anziani. Quartieri deserti, negozi chiusi, burocrazia difficile, difficoltà con la tecnologia, trasporti scarsi: sono tanti i fattori che contribuiscono a far sentire un anziano “tagliato fuori”. Durante il congresso è emerso che in Italia, a differenza di altri paesi europei, non esistono linee guida strutturate per prevenire l’isolamento sociale in età avanzata. Serve un cambio di prospettiva, che metta al centro non solo la longevità, ma la qualità della vita in età avanzata. Le città non sono tutte uguali: ce ne sono alcune che includono, altre che escludono. Pochi gradini possono diventare una barriera insormontabile. Una fila alla posta può trasformarsi in un ostacolo psicologico. Un’interfaccia digitale può bastare per scoraggiare anche il più autonomo. La solitudine non nasce solo dall’assenza di relazioni, ma anche da un ambiente che non accoglie. Le soluzioni esistono: servizi di vicinato, attività di gruppo, spazi di ascolto, progetti di volontariato, supporto digitale accompagnato. Tutti strumenti semplici ma efficaci per ricostruire legami. Perché – come hanno sottolineato gli esperti intervenuti a Padova – il vero impatto sulla salute non lo hanno solo le cure mediche, ma anche e soprattutto la qualità della vita quotidiana.
Prevenzione è anche presenza
Prendersi cura degli anziani non significa solo sorvegliare la pressione o somministrare farmaci. Significa ascoltare, parlare, essere presenti. La solitudine non si combatte con le pillole, ma con la relazione. E forse è proprio questo il punto da cui ripartire: dalla consapevolezza che nessuno, a nessuna età, dovrebbe essere lasciato solo. Il cambiamento può partire anche da gesti piccoli: una visita, una telefonata, una chiacchierata davanti a un caffè. Perché la vera prevenzione, spesso, comincia fuori dagli ambulatori. E perché, come ci ricordano i dati e l’esperienza, la vicinanza – umana, affettiva, sociale – è ancora il miglior antidoto contro le fragilità della vecchiaia.
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