lunedì 13 ottobre 2025

PARROCCHIA S. PIETRO APOSTOLO DI TRESCORE B.. Cento anni di oratorio 1908-2008. 1

 



FONTE: "Cento anni di Oratorio a Trescore 1908-2008"  di Mario Sigismondi.

L'amico Gianni di Trescore  mi mostra questo libro, dal quale traggo l'articolo su don Felice Colleoni, una istituzione a Trescore e non solo.

Anch'io ho fatto parte di questa storia quando negli anni sessanta ho iniziato  da ragazzo a giocare al calcio nelle squadre giovanili Csi di questo oratorio, per proseguire come calciatore adulto  negli anni settanta, poi continuare come allenatore delle squadre giovanili negli anni novanta e da ultimo come arbitro nelle partite casalinghe della squadra di esordienti allenata da Nicolini negli anni duemila.



Don Felice Colleoni, lo sportivo

Fresco di ordinazione, nel 1946 viene destinato a Trescore come direttore dell'oratorio maschile don Felice Colleoni, nato il 2 settembre 1923 nella parrocchia di Borgo Canale nell'Alta Città. Sarà l'unica destinazione del suo ministero: qui lo mandò il suo vescovo, Monsignor Adriano Bernareggi a sostituire don Battista Gardi, destinato a Chiuduno e qui resterà fino alla morte, sopravvenuta improvvisa nel pomeriggio del lunedì dell'Angelo, l'11 aprile 1977.
Aveva, come di solito, organizzato le messe pasquali per le varie scolaresche (allora non c'erano problemi di... interferenze), partecipato alle confessioni (memorabili i suoi spiritosi resoconti: alla tradizionale domanda come è andata? , la sua risposta era: passerì, ciucì, quac  merli, 'n  pó de durcc, iscére mìa tate...) per le Quarantore e la settimana santa: dopo la messa solenne di lunedì mattina ci salutò, un po' più stanco del solito, ma con il solito buonumore. Voleva, disse, riscuotere gli arretrati di sonno e di riposo, pronto a ricominciare.
Ma di pomeriggio ha sentito alcuni dolori fittissimi al petto e allo stomaco: accompagnato all'ospedale, la gravità del suo stato è stata immediatamente affrontata dai medici, ma l'infarto fu più forte di ogni cura. La sera, poco dopo le venti, ricevuta l'estrema unzione da don Carlo Ruggeri, spirava assistito dalle sorelle e dai sacerdoti della comunità. Aveva 54 anni.
Nonostante l'ora tarda, la notizia fece immediatamente il giro del paese e la mattina dopo cominciò un vero e proprio pellegrinaggio nella casa di viale Rimembranze, dove la salma era composta. Del clima di quei giorni è ampia testimonianza sul Notiziario parrocchiale dell'aprile 1977: davanti a don Felice, scrivevo allora, sono sfilati i suoi confratelli di ordinazione e tanti, tanti altri sacerdoti. E poi suore, e poi donne, e poi uomini. Ma quello che ci ha veramente colpito sono stati i giovani in lacrime: un pianto senza vergogna, di quelli che liberano da un groppo, di quelli che ti asciughi davanti a tutti perché tutti ti capiscono e soffrono del tuo stesso dolore.
E poi i bambini. Si dice che i bambini hanno paura dei morti: non hanno certo avuto paura di don Felice, che toccavano ed accarezzavano come con la mamma e i papà, magari piangendo, perché così facevano anche i papà e le mamme.
Almeno cinquemila persone hanno partecipato ai funerali, che hanno attraversato praticamente tutto il paese: molti hanno assistito alla messa attraverso gli altoparlanti posti sul sagrato.
La pur grande chiesa non poteva contenere tutti. La solenne concelebrazione è stata presieduta da Sua Eccellenza monsignor Bruno Foresti, allora arcivescovo di Modena, poi vescovo di Brescia, compagno di messa di don Felice. L'omelia è stata pronunciata dal prevosto don Pellegrinelli, mentre  monsignor Foresti, al termine del rito, ha ricordato l'amico sacerdote scomparso.
Ricomposto il corteo, la salma era alternativamente portata a spalle dai vari gruppi parrocchiali, specialmente quelli giovanili e sportivi, oggetto privilegiato delle attenzioni di don Felice. Al cimitero, a nome della comunità, Libero Pozzoni leggeva un saluto, scritto da Attilio Pinna (due amici fedeli e devoti, anche loro prematuramente scomparsi: il testo ricalca, ed a ragione, quanto disse monsignor Farina a conclusione dell'elogio funebre per monsignor Meli, che di Attilio era lo zio materno), che così concludeva: Ho detto, caro don Felice, cose di Te morto che mai avrei osato dire a Te vivo, perché disarmato dal sofferto sorriso che Ti era proprio. Le ho dette, perché ora Tu sei  del tutto immune dalla vanagloria degli orpelli terreni. Le ho dette soprattutto perché esse servano a me, a tutti gli amici presenti, al popolo di questa lacrimante comunità, e anche ai tuoi confratelli, per ancorarci tutti, sotto diversi aspetti,  al Tuo esempio di vita. Tu che hai fatto bene il prete pur in tempi difficili, anche per il prete, come questi, Tu che ci hai ora preceduto nel silente e armonico mondo della Verità eterna, aiutaci a seguitare, fedeli ai Tuoi insegnamenti, nel nostro cammino per raggiungerti un giorno quando, anche per ciascuno di noi, la Voce dica: è giunta l'ora, venite sulla mia sponda. L'arcivescovo monsignor Gaddi ,scrivendo di don Felice, ricorda di avergli sentito dire che la predicazione generale, rivolta a tutti, finiva fatalmente per essere generica e poco efficace... Ecco perché preferiva rivolgere la sua parola, come dava l'esempio della vita, alle singole persone con le quali veniva a contatto in mille occasioni...
Aveva  un parlare lontano non solo dalla  retorica, ma addirittura da ogni forma di oratoria: discorreva e, discorrendo, convinceva. Cordiale con tutti, rispettava chi non la pensava come lui, conversando, buttava là un seme, nella speranza che il Signore lo facesse sviluppare... Caro a tutti come a tutti era amico, da tutti fu vivamente rimpianto... (Memoria, 102).
Il profilo di don Felice è stato tracciato, sulla stampa, in occasione dei funerali da monsignor Angelo Bertuletti. Arrivato a Trescore appena ordinato sacerdote, ivi trascorse i suoi anni di ministero, dapprima  come direttore dell'oratorio maschile e, negli ultimi otto anni, di quello femminile. 

                                 continua





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