martedì 14 dicembre 2021

DON CAMILLO. Storie di banale quotidianità.

 



FONTE: Notiziario parrocchiale di Albegno e dintorni.

STORIE DI BANALE QUOTIDIANITA'
(...il parroco si confessa)

L'uomo, la donna...Non finisce mai di stupirmi la meraviglia che siamo: l'espressione più intensa e più profonda del Creato.
Eppure, tanta intensità e profondità vengono spesso incrostate dalla banalità che sembra predominare nel quotidiano di tante persone di ogni grado e livello. Una banalità che trapela anche attraverso i gesti più semplici oltre che negli sguardi, nelle parole e nelle scelte.
Succede anche a noi preti nell'ambito delle celebrazioni a partire proprio dalla sagrestia dove dovremmo prepararci con raccoglimento per la celebrazione Eucaristica.
Qui mi confesso pubblicamente e faccio "mea culpa". Spesso e volentieri arrivo all'ultimo momento, trafelato; indosso in fretta e in furia i paramenti e salgo sull'altare a celebrare col fiatone. Poi ci sono i paramenti sacri, ognuno col suo significato simbolico che richiama momenti e contenuti importanti della vita di fede e in particolare della vita sacerdotale. Quando li indosso li trovo ben ordinati sul banco dei parati, perché i volontari incaricati della sagrestia, più sensibili di me, li preparano con cura. Quando me li tolgo, alla fine della Messa, li butto così a qualche modo sul bancone come se fossero fazzoletti di carta usati da gettare nel'immondizia.
Apro il tabernacolo per prelevare la pisside per fare la comunione ai fedeli, e me ne vado lasciando la porticina spalancata.
Un giorno un chierichetto mi ha fatto l'osservazione: "don, hai lasciato aperto il tabernacolo". Preso alla sprovvista da questo appunto fattomi da un bambino, ho borbottato una risposta improvvisata lì su due piedi, la prima cosa che mi è venuto in mente, per cercare di giustificarmi "E' per fare capire che Gesù è sempre disponibile...". In realtà era solo per mia comodità, perché sono abituato a usare le cose che mi interessano e, una volta usate, a lasciarle dove capita. Faccio così anche con la sedia: quando mi alzo la sposto quel tanto che mi serve, e poi la lascio così, senza rimetterla a posto......Tante piccole cose che però rivelano nella persona una cultura di trascuratezza e di banalità se non addirittura di inossidabile egocentrismo della serie "a posto io, a posto tutto".
L'importante, adesso, non è che io impari a sistemare bene i paramenti liturgici dopo averli smessi, o a chiudere la porticina del tebernacolo dopo averla usata, o....o...., maa che lavori su me stesso per acquisire quella sensibilità che mi porta ad essere attento anche alle più piccole cose e a valorizzarle come meritano, consapevole che anche attraverso questo posso arrivare a realizzare rapporti costruttivi con l'ambiente e soprattutto con le persone, perché, sensibilità e attenzione, coniugate con delicatezza, sono le vie maestre sulle quali viaggia e si trasmette il meglio che c'è dentro ognuno di noi.

                                             don Camillo

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