venerdì 15 maggio 2020

ROMANZI. Lo zaino sulle spalle di Loris Finazzi.16


Si mette il pigiama. Non fa caldo in camera sua, anzi fa freddo. Ma a lui è sempre piaciuto così. Lui le odia le case che in inverno puoi girare in pantaloncini e maglietta. Si tira su i pantaloni, ascellari alla Fantozzi. Mette i calzini di lana fatti da sua nonna. Gloriana lo sfotteva sempre per questo suo abbigliamento, gli dava dello sfigato. Ma a lui non importava. Lui voleva essere bello bardato per affrontare il freddo della notte.
Gloriana, chi sfotterai adesso?
Un velo di tristezza cade sul suo volto. Ezio però è forte e lo scaccia.
Basta pensare a lei. Capitolo chiuso. Per sempre.
Si immerge sotto il piumino. Appoggia la testa sul cuscino e crolla in un nanosecondo.
Viene catapultato subito nel sogno.
Il Rosso sta camminando in uno strano edificio, dall'aria familiare.
Il corridoio è semibuio. C'è una lunga serie di porte, tutte chiuse.
Il Rosso ha un flash.
Porca vacca, sono al liceo. Al mitico vecchio liceo! Ma che ci faccio qui?
Sente delle voci all'interno delle aule. Sente la voce della sua vecchia professoressa di italiano ed ha un brivido. Si chiamava Montone. La più cattiva insegnante che avesse mai avuto. Odiava i suoi alunni. Godeva nel farli soffrire.
Ci hai fatto odiare l'italiano, brutta idiota di una donna. Hai segato quattro miei compagni, che non meritavano la bocciatura. E tu godevi, di questo ne sono sicuro!
La Montone sta urlando adesso:
"Silenzio o vi metto una nota sul registro. Ora vi consegno i temi. Devo dire che sono stati molto deludenti."
Il Rosso è davanti alla porta da dove proviene la voce. C'è una targhetta con scritto Terza C.
Ezio non ha voglia di rivedere quella donna. Ma sente una forza che gli spinge la mano verso la maniglia. Lui non può o non tenta di fermarla.
Scricchiolio della porta, nessuno all'interno della classe sembra sentirlo. C'è un bel casino dentro. C'è un ragazzo che urla, con gli occhi stravolti e la voce rauca.
"Lei mi ha messo l'insufficienza solo perché ieri io ero al consiglio di classe. E ho protestato contro il suo metodo di insegnamento. Sono sempre stato bravo nei temi, ed era un  bel tema pure questo. E allora perché mi ha messo quattro?"
Ezio entra in classe. Nessuno sembra vederlo. Il Rosso mette a fuoco la vista e ha un colpo al cuore.
Ma quello sono io! E quelli sono i miei compagni.
La professoressa sta rispondendo all'Ezio diciassettenne. Ha una voce stridula e fastidiosa:
"Se ti ho messo quattro è perché te lo sei meritato. E adesso abbassa quel tono di voce, sbarbato, altrimenti ti mando subito dal preside!"
Il Rosso adolescente è stravolto dalla rabbia. Dà un pugno al banco, il rumore che produce è un tonfo sordo e inquietante. Punta gli locchi decisi su quella donna odiosa e arrogante e le dice:
"Mi mandi pure dal preside, così gli dico una volta per tutte che lei è un insegnante incompetente. E pure stronza, che ci mette i bei voti solo se non protestiamo e le lecchiamo il culo!"
La Montone  accusa il colpo per un attimo. Poi i lineamenti del viso si tirano in un'espressione cattiva, quasi perfida. Con tono gelido sibila:
"Adesso tu vai dal preside. Ti sei appena guadagnato una bella sospensione. Mi hai insultato pesantemente, tu non sai cosa vuol dire portare rispetto a un adulto. Forse perché tuo padre è morto giovane. O forse perché semplicemente sei arrogante. Ora fila fuori dalla classe e vai su dal preside."
Il Rosso venticinquenne osserva la scena in silenzio. Sa già come andrà a finire. Si copre il viso con le mani.
L'Ezio diciassettenne dà un calcio al banco e lo ribalta. Sotto gli sguardi inerti dei compagni di classe avanza verso la professoressa. Ormai è a pochi centimetri da lei. Spinge via la cattedra e si abbassa, muso contro muso con la Montone, che non  trova le forze per alzarsi. Negli occhi della donna non c'è più arroganza, solo paura.
Ezio con una mano le stringe il mento e le guance. Poi sussurra:
"Tu mio padre non lo devi neanche nominare. Se ti azzardi a farlo ancora io ti ammazzo!"
Detto questo, se ne va, sbattendo la porta. Era stato sospeso per tre giorni, Ezio se lo ricorda bene. La Montone aveva fatto di tutto per farlo bocciare a giugno, ma non ce l'aveva fatta. Ezio aveva buoni voti e in più aveva la stima degli altri professori, che si erano opposti con tutte le forze alla sua bocciatura. Ma in quell'occasione il giovane Rosso aveva davvero rischiato grosso.
L'Ezio venticinquenne esce dalla classe senza far rumore. Nessuno l'ha visto, né sentito. Nel corridoio c'è ancora meno luce di prima. Ezio inizia ad aver paura. Inizia a intuire cosà vedrà, se aprirà una ad una tutte quelle porte chiuse.
Devo farlo però. Devo farlo.
L'obiettore prende coraggio. Apre una seconda porta. Poi un'altra. E un'altra ancora.
Vede scene già viste. Già vissute. Situazioni in cui lui aveva perso la calma. In cui la rabbia era fuoriuscita, spazzando via tutti gli argini.
Lui che rincorre quell'idiota di Marcello dopo una gara di corsa campestre. Marcello l'aveva fatto inciampare volontariamente prima del traguardo ed Ezio si era visto sfuggire la vittoria. I giudici di gara non avevano visto niente e il Rosso non aveva capito più niente. Voleva dare un pugno a quel ragazzo perfido. I suoi compagni di squadra della polisportiva Grena l'avevano fermato in tempo.
Lui che veniva tamponato in macchina, per colpa di un gatto che aveva attraversato la strada. Lui che usciva tranquillo dalla macchina insieme ai suoi amici, pronto a fare una constatazione amichevole. Dall'altra automobile scendeva un sessantenne dal volto duro e pieno di venuzze rosse. Probabilmente una creatura da bar. Quello incominciava subito a sbraitare e ad insultarli. A sostenere la tesi che loro avevano inchiodato volontariamente. Era andato avanti per un bel po', finché aveva concluso dicendo:
"Bravo ragazzo rosso. Ce l'hai fatta a fregare l'assicurazione. Di sicuro avevi già il paraurti rotto e hai frenato apposta per fartelo pagare da me. Ma a me non mi freghi, hai capito pezzo di merda?"
Meno male che i suoi amici erano stati lesti a trattenere Ezio, altrimenti avrebbe fatto male a quel sessantenne ubriacone.
Lui che diciottenne ai tempi del cre, il centro ricreativo estivo, che la Parrocchia di Grena organizzava tutte le estati, faceva l'animatore. Era un lunedì di metà luglio, i ragazzi erano andati in trasferta in un paese vicino, per fare un gemellaggio. In quella giornata non mancavano le sfide sportive. Quella a cui tutti tenevano di più era ovviamente quella di calcio. Nella partita la squadra di Grena stava dando spettacolo. Ezio gongolava, lui era il mister. All'inizio del secondo tempo un avversario fa un brutto fallo su Michele, il trequartista di Grena. Il ragazzino di seconda media era piccolo e sottile come un grissino, ma dotato di un talento da far paura.
Michele si era avvicinato alla panchina per farsi medicare la vasta sbucciatura, che si era procurato sbattendo il ginocchio sulla dura sabbia del campo.
Ezio l'aveva rincuorato e gli aveva detto:
"Dai, non l'ha fatto apposta a farti il fallo. Adesso comunque rientri e gli fai un altro goal, ok?"

Il ragazzino aveva sorriso ed era tornato tra i ranghi zoppicando.
Poi c'era stato  ancora un altro brutto fallo su di lui. E subito dopo un altro. Fino ad arrivare al punto che ogni volta che il ragazzo toccava palla un avversario lo randellava sistematicamente.
L'arbitro, un animatore del paese ospitante, non aveva né ammonito né espulso nessuno. Un vero schifo.
Ezio era sempre più agitato in panchina. Il formicolio alle mani era diventato insopportabile.
Quando,  verso la fine della partita, sentito Michele urlare di dolore per l'ennesimo fallo subito, era corso in campo e aveva dato uno spintone all'arbitro.
Quello aveva perso l'equilibrio ed era caduto a terra. Da lì si era scatenata una maxi rissa in cui erano stati coinvolti tutti i giocatori e la maggior parte degli animatori.
Dopo un buon quarto d'ora gli animi si erano placati. Erano intervenuti i due preti, super arrabbiati, che avevano chiamato a rapporto tutti gli animatori. Il Rosso non si sarebbe più dimenticato la faccia delusa di don Camillo, l'allora parroco di Grena. Fissandolo negli occhi gli aveva detto:
"Con te, Ezio, farò i conti questa sera all'oratorio. Hai diciotto anni, ma certe volte regredisci allo stato di un bambino."
Il Rosso aveva abbassato lo sguardo e aveva mugugnato:
"Va bene, don."

Consapevole che le parole del prete erano pura verità.
Il Rosso venticinquenne richiude la porta. Il corridoio è sempre più oscuro. Ma il ragazzo sa che al di là del buio ci sono altre porte. Pronte a dischiudere le dimensioni della sua infinita rabbia. Ezio non se la sente di aprirne altre. Non vuole rivedersi nel sul lato peggiore. Gli viene da vomitare. E da piangere. Incomincia a correre, veloce come una saetta. Ci vede poco, sembra notte là dentro, ma lui corre lo stesso. Il corridoio sembra non avere fine, ma lui continua a correre.
Dio, ti prego. Fammi uscire da questo posto.
Il Rosso corre come un pazzo e non sente la fatica. Vede una luce verde in fondo, indica un'uscita di sicurezza.
E' l'uscita!
Ezio fa un ultimo sforzo ed aumenta ancora la velocità. Arriva lanciatissimo alla porta. Fa appena in tempo a vedere il maniglione anti-panico e con un gesto felino lo schiaccia. La porta si apre e lui perde l'equilibrio.
Si ritrova fuori, con la faccia a terra. Lì non è per niente buio. Anzi c'è una bella luce. Ezio la percepisce anche con gli occhi chiusi. Tira su la faccia per capire dov'è finito.
Ma è un posto bellissimo! Guarda quanto verde!
Si siede, si guarda intorno e si rende conto che il vecchio edificio del liceo non c'è più. Al suo posto un fiume. L'acqua è pulita e delle anatre ci sguazzano dentro.
Dove è finita la mia scuola? Come ha fatto a sparire così?
Forse dovrebbe avere paura, ma il Rosso sente che lì non gli può succedere nulla di cattivo. Lì l'aria è buona. E la luce è limpida. Alza lo sguardo e riesce a vedere lontano, come nelle migliori giornate di fine settembre.
Adesso seguo il letto del fiume. Vediamo dove mi porta.
Il ragazzo si rialza. Sente uno strano peso dietro la schiena. E' il suo zaino, il suo vecchio e logoro zaino del liceo.
Ma prima, dentro la scuola, non ce l'avevo. Sono sicuro! Com'è che adesso me lo ritrovo sulle spalle? Cosa sta succedendo?
Nonostante tutti questi pensieri Ezio non è spaventato.
Va bene tutto. Alla grande.
Incomincia a camminare. Sente le gambe girare bene, il passo è buono. Il fiume scorre tranquillo. In certi punti è profondo e si intravedono molti pesci.
Ma questo fiume ha un'aria famigliare. Dove l'ho già visto?
Ormai cammina da tre quarti d'ora. Non ha incontrato nessuno! Solo prati, alberi e una strada sterrata che si inerpica poco sopra il letto del corso d'acqua. Per Ezio è un sogno. Lui un paesaggio così l'ha sempre desiderato. La natura allo stato puro, senza le ferite inferte dalla mano dell'uomo.
Sente un rumore dietro di sé. Si gira e lo vede. Spunta da un boschetto di querce lì vicino. A grandi falcate raggiunge Ezio.
E' il cane che hanno abbandonato ieri!
Ezio sorride. Si inginocchia e lo chiama a gran voce:
"Vieni qua, bel lupone!"
Il cane gli si butta tra le braccia. Lo lecca dappertutto. Gli mette le zampe sulle spalle. Il Rosso perde 'l'equilibrio e si fa sovrastare da quell'ammasso peloso.
Vorrebbe avere il potere di fermare il tempo. A terra sdraiato con un cane che gli fa le feste, la rabbia bastarda lontana e innocua.
Dopo pochi minuti si tira su. Sente che deve andare avanti. Deve finirlo quel viaggio. Se lo sente dentro.
"Vieni con me, bel cagnone. Accompagnami, che non conosco la strada."
Il cane gli si affianca e insieme proseguono.

Camminano da molto tempo ormai. Ezio non ha l'orologio e non sa quantificare.
Saranno due ore. Stiamo camminando da due ore e non mi sento per niente stanco. Qua c'è qualcosa di magico.
Nel tragitto ha visto di tutto. Lepri, fagiani, volpi, pecore, mucche, scoiattoli e tanti altri.
Camminano tutti tranquilli, in perfetta sintonia. Un cinghiale addirittura si era affiancato al cagnone e l'aveva annusato. Ezio era rimasto colpito molto.
Sto vedendo un sacco di animali, ma gli uomini dove sono finiti?
Il fiume vira a sinistra. Il Rosso segue la curva e vede una strana costruzione. Una piccola torre di mattoni, diroccata. Ezio sorride e si abbassa ad abbracciare il cane. Urla con tutto il fiato che ha in gola:
"Io questa torre la conosco! Si trova di fianco alla pista ciclabile di Grena! E questo è il fiume Cherio! Siamo vicini al mio paese, lupone!"
Il ragazzo inizia a correre, felice. Il cane gli sta dietro. Il Rosso decide di salire sulla strada sterrata.
Almeno mi porterà direttamente al paese. Ma dove sono le case?
Corre per un po'. Case non ne vede. Solo pinete e boschi di castagni. Le colline di Grena le riconosce, laggiù in lontananza.
Mi sa che ho fatto un salto indietro nel tempo. Come minimo di duecento anni!Ezio è affascinato da Grena così pura e allo stato selvaggio. Corre veloce ora, ma non sente la fatica. Anche il cane accanto a lui non dà segni di cedimento.
Finalmente vede una casa. E' una vecchia cascina, molto bella, di quelle con il portico e con il terrazzo.
Adesso entro e chiedo informazioni.
Non ha bisogno di entrare però. Né di chiedere niente. Dalla porta esce un'anziana signora, avrà più o meno ottant'anni. In testa porta un bel foulard azzurro. Guarda Ezio con i suoi begli occhi scuri e gli dice:
"Viene qua bel giovanotto, sarai stanco di correre. Adesso siediti sotto il portico che ti porto qualcosa da bere."
Il Rosso accetta subito. Quella donna gli piace, gli ispira fiducia. Si toglie lo zaino e si siede su una panchina e il cane si sdraia di fianco a lui.
Qualche minuto dopo ritorna dalla cucina la signora, portando due caraffe belle piene.
Con la sua voce profonda esclama:
"Ti ho preparato una bella limonata. E io ti farò compagnia, è tutto il giorno che lavoro nei campi e ho proprio bisogno di una pausa."

L'anziana si siede accanto a lui. Gli porge la limonata:
"Tieni giovanotto, ne hai bisogno. Io lo so che oggi hai camminato tanto."
Nel porgere la caraffa gli sfiora la mano. E' una frazione di secondo, ma al contatto di quella mano segnata dal tempo Ezio sente come una scossa. Una sensazione di benessere gli si diffonde in tutto il corpo.
Cosa mi sta succedendo? E chi è questa donna? Come fa a sapere che ho camminato tanto?
Nonostante tutte queste domande il ragazzo non ha paura. Si fida della signora. Si fida dei suoi occhi buoni e delle rughe che le caratterizzano il viso. Sta bene su quella panchina e forse non vorrebbe più alzarsi.
La donna lo sorprende:
"Ragazzo mio, certo che devi alzarti. Adesso finirai la limonata e poi dovrai andare in chiesa. Oggi c'è la messa e mi hanno detto che tu dovrai essere presente."
Ezio si gira verso la donna, la guarda negli occhi.
Mi ha letto nel pensiero! Dove sono capitato?
L'anziana sorride con la bocca e con gli occhi. Sussurra:
"Non avere paura. Tu sei un giovane fortunato e sei capitato in un posto dove la paura non esiste."

Il Rosso risponde al sorriso. Stringe la mano alla donna e poi si abbassa ad accarezzare il cane. In lontananza sente arrivare dei canti. Sembrano cori religiosi.
La donna dice:
"Stanno arrivando i fedeli. Appena giungeranno davanti alla mia cascina tu dovrai unirti a loro. Preparati ragazzo mio, non lasciarti sfuggire questa chiamata."

Ezio si alza subito, deciso.
Se questa donna mi dice che devo andare in chiesa, io ci andrò.
Si carica lo zaino sulle spalle e si gira verso l'anziana.
Le prende le mani callose e la bacia su una guancia. Poi sussurra:
"Grazie. Spero di poterla rivedere un giorno."

La donna si apre in un grande sorriso e dice:
"Non ti preoccupare. Io e te ci rivedremo di sicuro. Avverrà tra molti anni, ma ti assicuro che ci rivedremo. Adesso vai, i fedeli stanno arrivando."
Il Rosso si dirige verso la strada sterrata. I canti religiosi sono sempre più forti. Da una curva poco più avanti spunta un gruppo compatto di persone. Ci sono donne, anziani, bambini. Si accorgono di Ezio e tutti sorridono. La bambina che sta davanti a tutti lo invita con un gesto della mano a unirsi a loro. E' bellissima: occhi azzurri, riccioli biondi, sorriso dolce. Un angelo.

Il Rosso entra nel gruppo e si sente subito a  suo agio. Quella gente è buona, se lo sente dentro. Lo capisce dagli occhi.
Guarda che occhi buoni hanno tutti! Non devo temere niente!
Il viaggio a piedi dura mezz'ora. Ezio si unisce ai canti e ogni tanto  accarezza la testa pelosa del cane, che ormai è la sua ombra.
Il ragazzo si guarda in giro e riconosce i tratti caratteristici di Grena. Sono le case, però, a mancare. Ci sono solo poche cascine. Immerse nei vigneti, nei campi di grano, nei boschi. Niente zona industriale, niente camion e macchine, niente smog e rumore.
Solo verde e silenzio.
Un paradiso.
Arrivano davanti a una piccola chiesa. C'è un piccolo spiazzo d'erba davanti, con un cipresso a fare la guardia.
Il Rosso la riconosce subito.
Ma questa è la chiesa della Madonna della Neve!
Al ragazzo è sempre piaciuto quel posto. Lì era andato a messa il giorno prima della sua laurea e lì aveva trovato la tranquillità necessaria. Quel posto aveva il potere di calmarlo.
Se un giorno mi sposerò, spero di poterlo fare qua.
I fedeli stanno entrando in chiesa. Ezio dà un ultimo sguardo alle colline che circondano quel piccolo posto incantato e poi entra. Il cane si è sdraiato nell'erba a fare un pisolino.
Dentro fa fresco, si sta bene. I posti sembrano tutti occupati.
Non fa niente. Starò in piedi.
Poi li vede. Sono proprio loro! Corrado e Aristide! Ezio vorrebbe piangere di gioia. Il capellone lo vede e sorride. Gli fa segno che c'è un posto libero, proprio in mezzo a lui e Aristide. Il Rosso va a piazzarsi proprio lì. Il ciccione in carrozzina scoppia a ridere. La sua solita risata contagiosa. Poi gli molla un pizzicotto sul sedere. Ezio lo accarezza sulla testa e gli dà una sberla sul collo. Aristide ride ancora più forte.
Anche Corrado è contento. Il Rosso sussurra:
"Oggi ho vissuto la giornata  più strana e bella della mia vita. Ho camminato tutto il giorno in mezzo alla natura e ho visto un sacco di animali in giro liberi. Non ho visto neanche una macchina, né un palazzone o una fabbrica. Solo alberi e prati! Questa è Grena come l'ho sempre sognata! A proposito, che ci fate qua tu e Aristide?"

Il capellone mette una mano sulla spalla dell'amico e gli dice:
"Ho dovuto spingere Aristide per tanti chilometri. La strada era tutta sterrata e io ho le gambe e le braccia distrutte dalla fatica. Ma non m'importa, perché oggi celebrerà la messa una persona molto speciale."
Il Rosso sente un brivido. Dentro di sé se lo sentiva già dal mattino che oggi avrebbe dovuto vedere qualcuno di importante. Adesso è giunto il momento. Con un filo di voce chiede:

"Chi celebrerà la messa?"
Corrado punta i suoi occhi di ghiaccio in quelli dell'amico. Con la sua voce profonda e limpida risponde:
"Preparati, caro Ezio. Oggi vedrai il Nazareno. E' venuto apposta per te."
Il Rosso crede subito alle parole del capellone.

Ma perché proprio io? Perché hai deciso di incontrami, mio Signore?
Improvvisamente si sente il suono di una chitarra. La gente ricomincia a cantare. Ma è una canzone diversa rispetto alle altre, non è religiosa.
CON LA RABBIA CI SI NASCE O CI SI DIVENTA
TU CHE SEI UN ESPERTO NON LO SAI?
PERCHE' QUELLO CHE TI SPACCA TI FA FUORI DENTRO
FORSE PARTE PROPRIO DA CHI SEI
Ezio la riconosce subito.  Una  delle sue canzoni preferite. Le gambe gli diventano molli, è costretto ad appoggiarsi al banco che ha davanti. Corrado gli stringe un braccio e lui si sente subito meglio.
Ma questa è una canzone del Liga. Perché la cantano qua in chiesa?
Ma in fondo lo sapeva. Quella canzone parlava di lui. Del suo grosso problema.
Dalla sagrestia escono due chierichetti, sono grandi rispetto al solito, avranno diciassette, diciotto anni. Uno dei due regge il turibolo dell'incenso. Il fumo sale denso verso il soffitto e il suo odore intenso penetra nelle narici del Rosso. A lui l'odore dell'incenso è sempre piaciuto, gli ricorda l'infanzia.
Quanto ero piccolo quando facevo il chierichetto. Il turibolo lo reggevo a malapena.
Le note e le parole della canzone riempiono la piccola chiesa.
METTI IN CIRCOLO IL TUO AMORE
COME FAI CON UNA NOVITA'
COME QUANDO DICI SI VEDRA'
Ezio è elettrizzato. Il suo sguardo è fisso sulla porta della sagrestia. Da lì  è appena uscito un uomo alto, vestito di una tunica azzurra. E' un azzurro bellissimo, il colore del cielo in una giornata di primavera. L'uomo avanza proprio verso il Rosso ed è preceduto dai due chierichetti.
Mi sta guardando! Perché proprio me?
TI SEI OPPOSTO ALL'ONDA
ED E' LI' CHE HAI CAPITO
CHE PIU' TI OPPONI PIU' TI TIRA GIU'
I due chierichetti si sono aperti adesso. Il Nazareno viene avanti  ed è vicino al Rosso ora. Ezio si sente svenire. Osserva i lunghi capelli dell'uomo che gli sta davanti. Sono neri e lucidi e finiscono con dei morbidi boccoli. Osserva i bei tratti del viso, che emanano bontà. Osserva la corta barba, che lo rende ancora più bello.
Poi Ezio si perde nei suoi occhi. Sono occhi blu, come non ne ha mai visti. E' un blu limpido.
Sembra il colore di un lago di montagna. Non ho mai visto un colore così bello.
HAI CERCATO DI CAPIRE MA NON HAI CAPITO ANCORA
SE DI CAPIRE SI FINISCE MAI
HAI PROVATO A FAR CAPIRE CON TUTTA LA TUA VOCE
ANCHE SOLO UN PEZZO DI QUELLO CHE SEI
Ezio inizia a piangere. Come se gli si fosse aperto un torrente nel cuore. Davanti a lui c'è Gesù e lui si sente piccolo. Meschino. Senza volontà.
Perché è qui da me? Non sono altro che un ragazzo in balia della rabbia. Sono solo un poveretto in cerca di qualcosa.
Le lacrime non si fermano. Il Rosso inizia addirittura a singhiozzare. Si sente un grosso buco nello stomaco e vorrebbe solo dormire. E non pensare più a niente.
Sente una mano che gli tocca il mento. Glielo solleva. E' la mano del Nazareno. La sua mano è molto calda e un calore rassicurante inizia a diffondersi nel giovane corpo di Ezio.
"Guardami, Ezio. Non devi temere niente. Oggi sono venuto per te e tu non devi piangere. I miei occhi vogliono vedere solo gioia e sorrisi".
Il Rosso lo guarda. Si perde di nuovo nei suoi occhi colore dell'acqua. Il buco nello stomaco non c'è più adesso. C'è solo calore. E forza.
"Perché parli con me, Gesù? Io non ti merito. Avrei potuto fare tante cose, ma non ho mai concluso niente. E' arrivata sempre la mia rabbia a rovinare tutto. Ti prego Gesù, vai via. Non perdere tempo con un perdente come me."
I fedeli cantano ancora. L'aria della chiesetta è satura delle loro voci.
METTI IN CIRCOLO IL TUO AMORE
COME QUANDO DICI PERCHE' NO
COME QUANDO DICI NON LO SO
Il Nazareno prende tra le sue mani il viso di Ezio. Il calore è sempre più forte. E' una sensazione bellissima, il Rosso sta bene adesso.
"Per me non esistono né vincenti, né perdenti. Per me esistono solo persone. E tu sei un bravo ragazzo. Oggi non hai tirato quel sasso contro la macchina. E io lo so che d'ora in poi riuscirai a non scaricare la tua rabbia sugli altri. Devi solo avere fiducia in te stesso."
Ezio sorride. Il suo volto è bello quando si apre in un sorriso.
Il Nazareno continua:
"Oggi hai camminato tanto. Hai visto il tuo paese come era una volta. Riempiti la mente di quello che hai visto, così ci ripenserai quando sei triste. Io ti ho aspettato qui, alla Madonna della Neve. Sapevo che saresti arrivato. Il tuo carattere forte usalo sempre. Nella direzione giusta però."
L'uomo dai capelli lunghi e lucenti si china in avanti e bacia Ezio sulla fronte. Il Rosso sente la pelle come bruciare, ma non sente dolore. La forza che si irradia nelle sue vene è devastante.
Grazie Gesù. Con te vicino non avrò mai paura di niente. Neanche della mia rabbia.
Non si è mai sentito così in vita sua. Adesso potrebbe anche morire, che non cambierebbe niente.
Saluterebbe il mondo da ragazzo felice.
La sua gioia è talmente forte che le lacrime tornano a solcargli il viso. Vorrebbe abbracciare tutti, cominciando da Aristide e Corrado.
Ti prego Nazareno, fermati un altro po' con me.
Ma quell'uomo buono si è girato e si sta dirigendo verso l'altare.
METTI IN CIRCOLO IL TUO AMORE
METTI IN CIRCOLO IL TUO AMORE
METTI IN CIRCOLO IL TUO AMORE.

"Ezio, svegliati! Ma perché stai piangendo?"
Il ragazzo apre gli occhi e si trova davanti sua madre Luciana. Ha l'aria preoccupata.
Ma sono nella mia stanza. E' stato un sogno!
Il Rosso si alza sui gomiti. La madre gli chiede:
"Hai avuto un incubo?"

"No, mamma. Ho fatto  il più bel sogno della mia vita."

21 GIUGNO 2007, ORE 14:00
E' finita.
Dodici mesi volati via in un soffio.
Corrado si gode in pieno l'atmosfera di festa che regna nella stanza. E' la loro festa di addio. Lui ed Ezio oggi saluteranno tutti, pronti a spiccare il volo nella vita adulta.
Il capellone si guarda in giro, osserva con cura la stanza del Centro Terre di Mezzo. Sui muri campeggiano i poster che hanno attaccato lui e il Rosso. Affiancati uno all'altro ci sono quelli del Brescia e dell'Atalanta. C'è quello dei Simpsons, con tutti i personaggi della serie. C'è la locandina di quel film bellissimo che i due obiettori erano andati a vedere insieme a Zoe e Mara. Si intitolava "Il vento fa il suo giro" e parlava di tolleranza, o meglio della poca tolleranza della gente.
Qua invece sono stati subito tolleranti con noi. Sin dal primo giorno che siamo arrivati io e il Rosso. Qua ho trovato il mio ambiente ideale. Qualunque cosa proponessimo io ed Ezio veniva subito accolta con entusiasmo. Abbiamo dato una scossa a tutto il centro, serviva soltanto una boccata di gioventù.
Corrado incrocia lo sguardo di Patrick. C'è un sorriso sulla sua bocca, ma i suoi occhi hanno un velo di tristezza. Il capellone toglie subito lo sguardo perché gli viene da piangere. Prova una tale ammirazione per quell'uomo che vorrebbe correre ad abbracciarlo.
Caro Patrick sei un grande. Mi sarebbe piaciuto avere un fratello come te, il fratello che non ho mai avuto. Insieme a te avremmo potuto combattere tutte le cazzate che ha combinato mio padre.
Ieri il coordinatore gli aveva fatto una proposta. Molto seria. Aveva detto:
"Ti va di restare a lavorare al centro? L'ho chiesto anche a Ezio. Vivrete nell'appartamentino dove siete adesso. L'unica cosa che vi chiedo è di iscrivervi a Scienze dell'Educazione. Ma non importa quanti esami darete all'anno, ve la potrete prendere con molta calma. I ragazzi hanno bisogno di due educatori come voi. Da quando siete arrivati è cambiato tutto."

Corrado aveva avuto un attimo di esitazione. La tentazione di accettare era forte.
Perché no? Questa ormai è la mia casa.
Era durata solo un secondo però. Poi nella sua mente si era formata l'immagine della mulatta che amava. Della sua Zoe. Aveva risposto:
"Mi dispiace Patrick, ma ho già deciso. Settimana prossima parto e vado in Francia. Una parente di Zoe ha un ristorante e mi ha proposto di fare il cameriere. Più avanti magari salterà fuori un  posto di professore di italiano, lo spero almeno. Ma per adesso non mi importa il lavoro che farò, l'importante è raggiungere Zoe. So che devo farlo! Se non vado in Francia una parte di me morirà."
Patrick gli aveva messo una mano sulla spalla. Il suo tocco era delicato. Con gli occhi lucidi aveva sussurrato:
"Vai, non pensarci, vai in Francia. Se non lo fai, lo rimpiangerai tutta la vita."

Negli occhi del coordinatore c'era comprensione, ma anche un velo di tristezza. Come se lui stesso una volta si fosse lasciato sfuggire un'occasione simile. Come se lui stesso una volta non fosse riuscito a salire sul treno giusto, quello che passa una sola volta nella vita.
Poi quell'uomo  lo aveva  abbracciato e lo aveva ringraziato.
"Grazie di tutto, capellone. Sei un ragazzo come pochi. Con la tua calma sei entrato nel cuore dei disabili e degli educatori. Continua così e la vita ti sorriderà. Sempre."
Corrado era scoppiato a piangere. Senza freni. E Patrick lo aveva lasciato fare, senza alcun imbarazzo. Quell'uomo era speciale e a Corrado dispiaceva perderlo. Aveva smesso di piangere, si erano guardati e si erano stretti la mano. Come due gentiluomini di altri tempi.
Ora Cesare gli si sta avvicinando. Indossa come al solito la sua eterna tuta del Verona. Gli occhi azzurri del ragazzo si incastrano in quelli di ghiaccio dell'obiettore. Il capellone osserva i suoi baffetti da sparviero.
Cesa gli dice: "Perché te ne vai?"
E' una domanda seria, che sottintende una risposta profonda. Il ritardo mentale del ragazzo in quel momento sembra non esistere.
Corrado sa che deve dare una risposta che soddisfi pienamente il ragazzo.
"Me ne vado, caro Cesare, perché so che devo andare. E' la cosa giusta da fare. E' la cosa che sento mia."
"E dove te ne andrai?"
"Me ne vado in Francia, dalla mia Zoe. Te l'ho presentata una volta, non ti ricordi? Mi hai fatto anche i complimenti! Per una così pensi che valga la pena di partire?"
"Se è per lei, fai bene a partire! Però torna qualche volta, così andremo insieme a vedere il Verona!"
Certo che tornerò, Cesare. Questo è un posto magico e io ho bisogno di tutti voi.

Ezio ha un nodo allo stomaco che non riesce a sciogliere. Ma non vuole darlo a vedere, è un momento di festa e si impone di sorridere. Ha trascorso dodici mesi fantastici e vorrebbe che non fossero già finiti.
Chi l'avrebbe mai detto? Io che prima di qua non avevo mai conosciuto un disabile. Anzi mi facevano un po' paura. Chissà perché poi. Guarda Aristide, come si fa ad avere paura di un personaggio così?
Aristide non lo molla un attimo. E' lì con la sua carrozzina, incollato alle gambe del Rosso. Lo sta bombardando di scherzi, ma sul suo volto c'è un velo di malinconia. Si rende conto che il suo obiettore preferito domani non farà più parte del Centro Terre di Mezzo. Con la sua mano tozza tocca quella di Ezio, poi gliela avvolge in una stretta calorosa.
Il bergamino sente il  contatto con Aristide, si gira verso di lui e sorride. Si inginocchia e lo guarda dritto negli occhi. Aristide pianta i suoi occhi marroni nei suoi. E' uno sguardo che rimprovera, forse. Sembra dire "perché te ne vai?" Ezio con la mano libera accarezza la guancia del ragazzo. Sente il duro della barba che sta crescendo e l'umidità di un leggero strato di sudore. Il nodo allo stomaco lo sta tormentando. Le lacrime spingono dentro gli occhi, ma con uno sforzo estremo riesce a trattenerle. Dice piano:
"Non essere triste, Aristide. Troverò il tempo per venirvi a trovare. E poi magari verrà un altro obiettore al mio posto e tu gli romperai le palle con i tuoi scherzi. Volevo ringraziarti. Sei stato tu il primo che ha accolto me e Corrado in questo posto. Ti ci hai aiutato a sconfiggere le nostre paure iniziali. Mi mancherai, ciccione che non sei altro! Mi mancherai davvero!"

Al Rosso viene un magone devastante. Lui che avrebbe dovuto consolare Aristide, si ritrova a dover essere consolato. Aristide gli mette una mano sulla testa e lo accarezza. Se ne stanno così per un minuto buono, finché l'obiettore riesce a calmarsi.
Ezio si rialza. Qualcuno ha messo sullo stereo la musica dei Green Day. I ragazzi ballano allegri e a lui torna un sorriso che rende bello il suo viso. Carla lo guarda e sorride anche lei. Per un attimo lascia la compagnia di Pierangelo,  ormai il suo uomo, e si avvicina al Rosso.
Il bergamino ripensa allo strano rapporto che è riuscito ad instaurare con quella donna. Sin dai primi giorni lei si era aperta con lui. Si era confidata, gli aveva aperto il cuore. Da allora era stato uno scambio reciproco di confidenze. Da allora si erano dati una mano nei momenti neri.
Adesso la donna gli sta parlando. Con un filo di voce sussurra:
"Finalmente ti sei tolto quella faccia triste. Sei bello quando sorridi."
"Sono contento per come vanno le cose tra te e Pierangelo. Siete proprio una bella coppia."
"E' anche grazie a te che ho trovato un uomo da amare. Sin dal primo giorno che ci siamo conosciuti, sei stato disponibile con me. Non hai avuto paura della mia faccia burbera e dei miei cambiamenti di umore. Ti voglio bene Ezio. E mi dispiace un casino che te ne vai. Ti prego resta. Accetta la proposta di Patrick!"

Non dirmi così, ti prego Carla.
Ci aveva pensato seriamente alla proposta del coordinatore. Ma sa benissimo che il suo posto è a Grena. Don Gianluca gli ha chiesto di allenare i ragazzi della squadra di corsa campestre e lui gli ha detto subito sì. Grena è nelle sue viscere e lui sa che è proprio lì che costruirà la sua nuova vita.
Ora ho capito perché sono arrivato a Verona. Insieme a Corrado. Sono arrivato qua per diventare un uomo. Forse non lo sono ancora del tutto, ma mi sento meglio. Grazie ai disabili, agli educatori, a Patrick, a Corrado. Dopo tanto tempo finalmente mi sento bene!
Gli viene in mente il sogno. Sono passati più di tre mesi ormai. Il sogno più bello della sua vita. La chiesa della Madonna della Neve, quell'uomo dai lunghi capelli che lo rassicurava e gli diceva che tutto andava bene.
Da allora tutto era filato liscio. C'erano stati momenti critici, in cui aveva rischiato di farvi vincere dalla rabbia. Ma il Rosso si era fermato un attimo prima, aveva ripensato a quell'uomo dagli occhi blu ed era riuscito a calmarsi.
Niente più formicolio alle mani.
Niente più vista che si annebbia.
Niente più urla isteriche.
Ezio ha finalmente dato una svolta alla sua esistenza. Questo lo sa. E di questo si sono accorte anche tutte le persone che gli vogliono bene.
Aristide gli ha ripreso la mano. Gli altri continuano a ballare, al ritmo dei Green Day.
Magari a settembre lavorerò in una scuola, come supplente. Speriamo.
L'idea di fare il professore di educazione fisica lo elettrizza. E' da una vita che sogna quel momento e tra pochi mesi potrebbe avverarsi. E' anche consapevole, però, che trovare un posto fisso non è facile. Ma lui non ha paura.
Quello che verrà, verrà. Di sicuro io non mollerò mai!
Proprio ieri ha rivisto Mara. L'ha incrociata davanti all'università, stava mano nella mano con un ragazzo. Si sono salutati, cordialmente, come due conoscenti qualunque. Il Rosso aveva sentito una fitta di dolore trafiggergli lo stomaco. E forse anche lei aveva un'ombra di rimpianto negli occhi. Ma questo Ezio non poteva saperlo con certezza. L'unica cosa sicura è che le poche volte che era uscito con quella ragazza era stato bene. Era calma e sensibile e piena di interessi e lui l'ha allontanata.
Certi treni non passano più.
Lo stereo sta sputando BASKET CASE. I ragazzi sono entusiasti.
Ne passeranno altri di treni. A Grena e dintorni conoscerò altre ragazze. E questa volta la riconoscerò quella giusta per me.
La fiducia in  se stesso scorre nelle sue vene ormai. Ezio si sente sicuro, come non si è sentito mai. Corrado gli si avvicina e gli sorride. E' il suo solito sorriso, che trasmette tranquillità.
Lo guarda dritto negli occhi e gli dice:
"Ehi bergamino, anche se me ne andrò in Francia, fatti sentire!"

"Certo bresciano! Torna qualche volta, però."
I due ragazzi si guardano. Hanno uno sguardo triste ora. Entrambi vorrebbero parlare, ma non ce la fanno.
E' il Rosso a rompere il silenzio. La sua voce è ridotta a un sussurro:
"Mi mancherai Corrado."
"Anche tu bergamino. Ma faremo in modo di vederci lo stesso e poi ricordati sempre una cosa. Qualsiasi cosa la vita ci metterà davanti, noi ce l'avremo sempre, hai capito?"

Al Rosso vengono gli occhi lucidi. Mette una mano sulla spalla dell'amico e risponde:
"Certo che ho capito. Il nostro zaino! Sarà sempre e comunque sulle nostre spalle!"

Il sorriso torna sulla bocca di entrambi.
La musica va avanti e loro si buttano nella mischia a ballare.

E' terminata la pubblicazione del romanzo di Loris.
E' stato un bell'impegno per me, ma la battitura quasi quotidiana mi ha permesso di assaporare piano piano il suo bel libro e di conoscere aspetti di mio figlio, che non conoscevo.
Ma ho il sospetto che anch'io gli sia stato da modello con qualche mio difetto.

Grazie Loris.










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