DOMENICA 10 NOVEMBRE 2006, ORE 15:00
Si sente un ragazzo fortunato Corrado. Cammina tranquillo nel centro di Verona, mano nella mano con Zoe. Il contatto con la sua mano calda è linfa vitale per lui. Ha bisogno di Zoe.
Un bisogno tremendo.
Quando non è con lei la pensa continuamente. Ha ormai impresso nella memoria ogni singolo tratto del suo viso. Del suo corpo meraviglioso.
Ogni sera, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi, ringrazia Dio per avergli fatto conoscere Zoe. E dopo aver formulato questa preghiera, arriva il rimorso. Puntuale come un orologio svizzero.
Pensa a Francesca. Al dolore che le ha procurato. Ai sette anni insieme a lei, belli e intensi. Buttati via senza un attimo di esitazione. Il rimorso si attacca al cervello e lui riesce a scacciarlo solo pregando per lei. Chiede al Signore di aiutarla a rifarsi un'altra vita. Senza di lui.
Stringe la mano di Zoe. Lei si gira e sorride. Porca miseria quando la vede sorridere lui sente un brivido nella pancia.
Ma come faccio a meritarmi tanta bellezza?
Sorride anche lui. Le sfiora le labbra con un bacio leggero. Si sente in paradiso. Niente punta di rimorso ora. Si rende conto di aver fatto la cosa giusta. Dolorosa, ma giusta.
Lasciando Francesca è finalmente riuscito a trasgredire le regole. Per la prima volta nella sua vita.
E' sempre stato un ragazzo buono. Molto buono. Sin da bambino aveva sempre fatto da paciere con i suoi amici a Iseo.
Alle superiori e anche all'università era ben visto da tutti. Tutti gli volevano bene. E se qualcuno aveva un problema andava da lui, per confidarsi. Perché Corrado aveva sempre una parola buona. E perché possedeva una calma pazzesca.
Con il passare degli anni si era reso conto che questa tranquillità e serenità riusciva a trasmetterla anche agli altri. Con la sua voce profonda. Il suo sguardo azzurro ghiaccio. Il suo tocco delicato. La gente che arrivava da lui preoccupata se ne andava via sollevata. Contenta di essersi aperta proprio con lui.
Nessuno però sapeva dei suoi problemi con il padre. Nessuno sapeva delle continue guerre con quell'uomo arrogante e ignorante. La sera pregava e si tranquillizzava. Se i suoi amici andavano da lui per stare meglio, lui se ne andava da Dio per chiedere consigli. E ogni sera che passava aveva la prova che Dio non gli faceva mancare il suo appoggio. Sempre e comunque.
Adesso ha venticinque anni. E' un ragazzo consapevole del suo dono. Le persone vanno ancora da lui a confidarsi. E lui rimane sempre calmo. E trova sempre il modo per aiutarle.
Ma ci sono momenti in cui non ne può più. Momenti in cui pensa che questo suo ruolo di ragazzo buono gli sta proprio sulle palle. A volte si era arrabbiato, come capita a tutti, e puntualmente qualcuno gli diceva:
"Dai Corrado, almeno tu stai tranquillo!"
Il suono di queste parole lo facevano arrabbiare ancora di più. Chi era lui per non avere il diritto di alzare la voce? Di sfogarsi?
Gli sarebbe piaciuto una volta ogni tanto fare qualche cavolata. Rompere le righe. Per urlare al mondo intero che anche lui era un ragazzo normale. Buono sì, ma con la voglia di sentirsi leggero.
La prima volta che aveva visto Zoe, un tarlo aveva iniziato a rodergli il cervello.
Di solito quando vedeva una tipa gnocca, pensava subito a Francesca e tutto moriva lì.
Zoe però lo aveva catturato. Non riusciva a togliersela dalla testa. E più la pensava, più cresceva la voglia in lui di fare qualcosa di anormale. Tipo tradire la sua Francesca. Insieme a lui da sette anni. Quella che avrebbe sposato.
E i giorni passavano e Corrado vedeva la mulatta sempre più spesso e la sua voglia di mandare a quel paese il suo ruolo di giovane con la testa sulle spalle era sempre più forte.
Così quando Zoe si era spogliata davanti a lui non aveva avuto esitazioni. E mentre faceva l'amore con lei il rimorso non si era fatto sentire.
Il signor capellone Corrado finalmente ce l'aveva fatta a fare qualcosa che andasse oltre il buon senso. Il signor capellone Corrado aveva annientato in un solo attimo tutte le aspettative che gli altri avevano su di lui.
Ora è Zoe a stringergli la mano. Lui era talmente perso nei suoi pensieri che si era dimenticato persino di lei.
Corrado la guarda e per l'ennesima volta è stupito davanti alla sua bellezza. Zoe gli sorride e dice:
"Ehi, ragazzo stordito, a che cosa stai pensando? Hai una faccia troppo strana!"
Corrado caccia via subito i suoi tormenti interiori:
"Stavo pensando che Mara se ne è andata a Vicenza, e noi potremmo andare a casa tua e iniziare una maratona di sesso."
Lei scoppia in una risata cristallina. Poi si appoggia all'orecchio del suo ragazzo e gli sussurra:
"Ma lo sai che sei proprio un porco? Però hai avuto una bella idea!"
E inizia a trascinarlo sulla via del ritorno.
Corrado si sente l'uomo più felice della terra. Sì, d'accordo, a volte il rimorso si fa sentire. Ma lui ha ormai imparato a combatterlo.
Perché è innamorato di Zoe. E se l'avesse fatta scappare, non se lo sarebbe mai perdonato.
GIOVEDI' 5 DICEMBRE, ORE 15:00
Tutta la comunità di Grena è in chiesa. Non c'è rimasto un buco libero. Si stanno svolgendo i funerali di Enrico detto il burino, noto tossico e alcolizzato del paese. Quarantatré anni e già riposa nella sua bara di legno.
Ezio ha un senso di angoscia devastante. Gli viene quasi da vomitare. Si gira a destra, a sinistra, indietro e vede persone su persone. E si meraviglia.
Chi l'avrebbe mai detto? C'è la chiesa strapiena per il funerale di Enrico.
Si sente fiero di far parte di Grena. Dove tutti si conoscono. Dove se passi in bici per il centro tutti ti salutano con calore. Lontano dalla freddezza delle grandi metropoli. Dove la gente si fa in quattro per venire ai funerali, per dare l'ultimo saluto al proprio compaesano.
Poi il senso di angoscia ritorna. Fortissimo.
Il Rosso ripensa a quel litigio al Grena Rock Festival. Quando Enrico aveva alzato la gonna a Gloriana e lui gli aveva dato un pugno. Ed era arrivato suo figlio a soccorrerlo. Ezio si ricorda ancora la vergogna che aveva provato davanti allo sguardo disperato di quel bambino.
Che imbecille che ero stato. Dare un pugno ad un povero ubriacone che non si reggeva neanche in piedi.
Poi ripensa al Pronto Soccorso. Là Enrico non ce l'aveva con lui, anzi avevano parlato tranquillamente e l'uomo aveva chiesto scusa a Gloriana. Se ne erano tornati a casa con la borsa del ghiaccio e l'umore risollevato.
Ma adesso Enrico è lungo e disteso nella sua bara. E suo figlio quindicenne piange a dirotto. E pure sua madre, da anni ex moglie di Enrico, è scossa dai singhiozzi.
Ezio sente le lacrime salirgli pian piano. Poi ce la fa a contenersi. Ma il suo sguardo torna verso il figlio di Enrico, poi verso Gianluca che sta per iniziare la messa. Il prete direziona lo sguardo proprio verso il Rosso. Resta così, immobile a guardarlo per tre o quattro secondi.
Il Rosso è spiazzato.
Cosa fa? Perché mi guarda così?
Ma il ragazzo lo sa benissimo. E allora non riesce più a trattenersi e finalmente le lacrime sgorgano copiose dal suo viso.
E' un pianto disperato, angoscioso. I suoi amici lì di fianco si girano a guardarlo, ma lui continua nel suo pianto irrefrenabile.
Ezio Pievani sta di merda.
Da quella sera in cui è scappato dall'appartamento di Mara tutto è andato nella direzione sbagliata.
Da un mese non se ne tornava a Grena. Da un mese non vedeva sua madre, i suoi amici, don Gianluca. Non era mai capitato nei suoi venticinque anni di vita. Se non ci fosse il funerale, se ne starebbe ancora a Verona.
Vanessa, la tirocinante dell'università, gli sta succhiando la vita.
Dopo aver lasciato Mara, Ezio non aveva aspettato molto per tradirla. Un misero giorno.
Ezio ripensa a quei momenti e il suo pianto si fa ancora più forte.
Che schifo. Sto rovinando tutta la mia vita.
Il Rosso ce l'ha ancora stampato nella mente.
Erano nella sala relax del Centro Terre di Mezzo. Lui stava massaggiando Aristide; Vanessa invece aveva le sue mani su Giacomo, che, anche se ci vedeva poco, si era innamorato di quella ragazza sensuale.
Alan dormiva tranquillo sul materassino. Lui non parlava mai, non rideva, né si lamentava. Viveva sempre nella sua immobilità totale. Quando Vanessa si avvicinava a lui, sembrava non avere reazioni. Ezio lo guardava e provava tenerezza per lui.
Chi può dirlo che non sente niente? Magari capisce tutto.
Intanto Giacomo se ne stava beato tra le mani di Vanessa. Gli stava massaggiando la pancia ed era chinata sul ragazzo. E quella cavolo di maglietta che lasciava intravedere le tette in maniera inequivocabile.
Il Rosso cercava di non guardare, ma ogni tanto il suo occhio scappava proprio lì e lui sentiva brividi corrergli lungo la schiena.
Certo che non fa niente per nascondersi. Se continua a stare chinata così rischio di impazzire.
Improvvisamente il suo cervello aveva visualizzato il sorriso di Mara. Il Rosso si sentiva una merda per come il giorno prima aveva trattato la ragazza. E voleva rimediare. Però non l'aveva ancora chiamata.
Stasera vado da lei e le chiedo scusa.
Poi però lo sguardo era caduto ancora sull'invitante seno di Vanessa. Lei se ne era accorta e aveva fatto un sorriso strano. Poi si era chinata ancora di più.
Ezio si era sentito il viso avvampare. In un nanosecondo aveva mandato a quel paese i suoi propositi con Mara. Si era avvicinato a Vanessa e aveva iniziato a baciare quella ragazza molto sveglia. E una mano era scivolata sotto la sua maglietta, alla ricerca di quel piccolo seno bello sodo.
Aristide e Giacomo osservavano la scena stupiti. Alan come al solito non aveva reazioni.
Ezio sapeva di avere lo sguardo dei ragazzi addosso e tentava di darsi una calmata. Nonostante i suoi ormoni avessero preso il posto del suo cervello, capiva la gravità della situazione.
Se entra Patrick o qualche educatore mi cacciano a casa. E farebbero bene.
Ma ormai la situazione stava degenerando: in quel momento erano sdraiati una sopra l'altro. Il Rosso sentiva il perizoma di Vanessa sotto le sue mani. L'aveva sollevato e si era imbattuto nella zona pubica. Voleva fermarsi, ma non ce la faceva.
Con uno sforzo sovrumano si era rialzato e aveva detto a bassa voce:
"Scusami, ma non è proprio il posto adatto per fare certe cose."
Lei aveva fatto sì con la testa, con un'espressione pensosa. Dei ragazzi nessuno fiatava. Persino Aristide si era chiuso in un silenzio impenetrabile. Non sembrava preoccupato, più che altro aveva visto una scena totalmente nuova per lui.
Vanessa si era rialzata e si era avvicinata a un orecchio di Ezio. Aveva sussurrato:
"Qua non è il posto adatto, ma in bagno si possono fare tante cosine belle."
Il Rosso era rimasto fulminato da questa frase.
Questa qua è fuori di testa.
Si era auto imposto di non andarci in bagno. Con aria decisa le aveva risposto:
"No Vanessa, non facciamo cazzate! Se ci becca qualcuno andiamo nei casini. E in più non possiamo lasciare qua i ragazzi da soli."
Lei gli aveva leccato un orecchio e con voce da gatta gli aveva detto:
"Chi vuoi che ci becchi qua. Non viene mai nessuno in sala relax. E i ragazzi per una decina di minuti possono stare benissimo da soli."
Il bergamino avrebbe voluto dire di no. Con tutte le sue forze aveva cercato di pensare alla delusione di Patrick se li avesse beccati.
Sono fottuto. Se vado in bagno sono fottuto.
Ma in bagno ci era andato lo stesso. Ultimamente la sua volontà di ferro era diventata di burro.
Si erano chiusi dentro e con una foga incredibile si erano denudati a vicenda. Lei aveva un fisico abbronzato e ben fatto. E aveva un'energia sessuale da paura. Aveva preso lei il comando della situazione ed Ezio l'aveva lasciata fare senza problemi.
Questa ragazza mi sembra parecchio esperta. Chissà quanti ragazzi si è fatta passare.
Dopo che le loro mani avevano conosciuto il corpo dell'altro, si erano leccati a vicenda. Poi lei decisa aveva proposto:
"Dai, facciamolo!"
Il Rosso aveva vacillato.
Porco schifo non ho il preservativo.
Era tentato di farlo senza. Ma aveva paura di venirle dentro. E aveva paura per le possibili malattie di quella ragazza molto sveglia.
Si sarà fatta tutti i maschi di Verona. Meglio non rischiare. Questa volta le dico di no!
Con un sforzo sovrumano le aveva detto:
"No Vanessa, non ho il preservativo. Non mi va di rischiare."
Lei era delusa, ma davanti agli occhi decisi del Rosso non aveva obiettato. Dopo un attimo di esitazione si era inginocchiata davanti ad Ezio e lo aveva condotto verso lidi di estremo piacere.
Dopo essere venuto, Ezio aveva sentito un senso di vuoto angosciante. Si era spento improvvisamente.
Che cosa ho fatto? Ho lasciato i ragazzi da soli e ho scopato nel bagno del CDD. Sto toccando il fondo.
Stava da schifo. Si era rivestito veloce ed era tornato in sala relax. Vanessa l'aveva abbracciato, ma lui era rimasto passivo tra le sue braccia.
Avrebbe voluto spingerla via, insultarla per quello che l'aveva costretto a fare. Ma sapeva benissimo che se si fosse mostrato deciso, avrebbe potuto evitare tutto. Invece no. Si era lasciato guidare dai suoi ormoni impazziti.
Si era liberato dall'abbraccio ed era andato vicino ad Aristide. Il ragazzo sorrise subito e iniziò a pizzicarlo. Come al solito. Ezio aveva ricambiato il sorriso. Ma la tristezza che sentiva dentro era più forte dell'allegria genuina di Aristide.
Da quel giorno aveva iniziato una sfiancante maratona sessuale con Vanessa.
Tutte le sere andava a casa della ragazza. A fare sesso. Lei viveva in affitto insieme ad altre due studentesse. Lui arrivava verso le nove e mezza, salutava le altre e si dirigeva verso la camera di Vanessa. Sul viso delle due ragazze compariva un sorriso ironico. Lo sapevano benissimo cosa andava a fare. Ezio diventava paonazzo.
Chissà quanti ne avranno visti passare dalla camera di Vanessa. Io sono solo la sua ennesima preda.
Non lo sapeva bene neanche lui perché andasse in quella casa. Forse per sentirsi da schifo. Per auto distruggersi. Per vivere pochi attimi di piacere intenso e poi sentirsi calare attorno una cortina di tristezza.
Durante la giornata gli capitava spesso di pensare a Mara. Avrebbe voluto chiamarla, vederla, ma non ne aveva il coraggio.
Una volta aveva incrociato Zoe davanti all'Arena. Lui l'aveva salutata e lei aveva ricambiato il saluto. Ma con gli occhi lo aveva fulminato. Ezio si era sentito una nullità.
Pure con Corrado le cose andavano male. Il bresciano tentava di parlargli, di farlo divertire, ma lui non si sentiva più quello di prima. E il capellone se ne era accorto.
Allora una mattina, dopo colazione, l'aveva stretto in un angolo del loro appartamentino e gli aveva chiesto:
"Che cosa hai, bergamino? Porca vacca mi stai facendo preoccupare. Sembri uno zombie! Questa Vanessa ti sta rovinando. Torna da Mara dai, sono sicuro che ti perdonerà."
Ezio voleva piangere e lo stava per fare. E si sarebbe sentito meglio. Ma non ce la faceva a parlare a Corrado. Neanche con lui, che con i suoi modi gentili ti metteva in condizione di confidare anche il più imbarazzante dei segreti.
Avrebbe voluto dirgli che periodicamente la sua antica rabbia tornava e lo faceva stare male.
Tutto era iniziato quando era morto suo padre. C'erano volte in cui lui riusciva a combatterla, a cacciarla via. Altre volte questa rabbia bastarda lo stendeva. E lui non poteva fare altro che aspettare che passasse. Questa volta era più forte del solito. Questa volta per colpa della sua furia aveva lasciato Mara. O forse la rabbia era solo un alibi. Forse aveva abbandonato Mara per la sua vecchia paura di scegliere. Lui ci stava bene con lei, poi aveva conosciuto Vanessa e gli era venuto subito la voglia di scoparsela. E con il passare dei giorni gli atteggiamenti di Mara lo avevano irritato. Gli atteggiamenti che fino a poco tempo prima lo avevano fatto innamorare e adesso che con Vanessa ci scopava tutte le sere, come si sentiva? Da schifo!
Aveva finalmente aperto la bocca e questo fiume in piena stava rompendo gli argini, quando era suonato il suo cellulare. Era Vanessa. Aveva chiesto scusa a Corrado e aveva risposto.
L'attimo buono se ne era andato.
Dopo la telefonata aveva detto al capellone:
"No, non ci torno da Mara. Con Vanessa ci sto bene. Adesso sbrighiamoci sennò arriviamo tardi dai ragazzi."
Corrado sapeva benissimo che Ezio stava mentendo. Ma si era reso conto che anche insistendo lui non avrebbe detto la verità.
Si erano vestiti, avevano attraversato il cortile ed erano entrati nel centro disabili.
Finalmente il Rosso riesce a darsi una calmata. I suoi occhi non hanno più lacrime. Il funerale sta andando avanti. Enrico riposa nella sua bara. La sua ex moglie e suo figlio sono disperati. La gente di Grena si stringe solidale attorno a loro.
Ezio guarda i suoi soci. Antonello, Maurizio, Paolo, Claudio: gli amici di sempre. Per un mese non è tornato a casa, per trenta lunghi giorni non li ha visti né sentiti. Porca vacca non aveva risposto alle loro telefonate e messaggi. Li guarda e si vergogna del suo comportamento.
Che imbecille che sono stato. Loro si preoccupavano per me e io fuggivo da loro.
Appena l'avevano visto poco prima del funerale, gli avevano chiesto il motivo della sua assenza da Grena. Lui aveva tirato la scusa che si era licenziato un educatore al Centro Terre di Mezzo e lui aveva dovuto sostituirlo temporaneamente. I suoi amici avevano fatto finta di crederci, ma sapevano che stava mentendo.
Adesso Ezio li guarda di nuovo. Decide che dopo il funerale andrà a bere qualcosa con loro. E racconterà loro tutto.
Proprio tutto. Così si renderanno conto anche loro di quanto sono scemo.
Il Rosso si sente meglio. Almeno ha deciso di parlare. Poi si accorge che don Gianluca guarda verso di lui. Anzi lo sta fissando.
Ma che cosa vuole oggi?
Ezio la conosce la risposta. Ricambia lo sguardo per un secondo, poi non ce la fa più e guarda in basso.
Gli viene un senso di angoscia fortissimo.
Per Enrico che è morto.
Per il pugno che gli aveva dato anni prima.
Per suo figlio che non vedrà più suo padre.
Ma soprattutto per se stesso. Per la sua incapacità di dominare la sua rabbia ciclica. Per il suo vizio di sconvolgere e rovinare la propria vita in pochi giorni.
Decide che ai suoi amici parlerà domani. O dopodomani. Tanto si è preso una licenza di tre giorni, il tempo non mancherà.
Questa sera dopo il funerale suonerà il campanello di don Gianluca. Sente un bisogno vitale di parlare con un adulto. Un uomo forte. Che lo sappia rimproverare. Che si arrabbi con lui. Che gli dia anche un bel ceffone, se c'è bisogno.
Ripensa a suo padre. A quando tanti anni prima c'era lui nella bara. Ripensa a sé stesso diciassettenne, che non aveva neanche la forza di piangere. Tutti i sensi, le emozioni paralizzati dalla disperazione.
Ezio scoppia di nuovo a piangere. Spera con tutto il cuore che don Gianluca ci sia, quando lui busserà alla sua porta.
LUNEDI' 23 DICEMBRE 2006, ORE 8:00
L'aeroporto di Verona è stracolmo. Corrado si guarda in giro, ma in realtà non vede niente. Il suo è uno sguardo vuoto, triste.
Zoe è di fianco a lui con la valigia in mano. Pronta a partire. Se ne torna a casa, nel suo paesino vicino a Parigi. Per una lunga settimana.
Corrado si sente uno stupido, ma gli viene da vomitare per il dispiacere. Tenta di darsi una calmata.
Starà via una settimana e sono qua che sembro uno straccio. E quando avrà finito i 12 mesi di Erasmus cosa farò?
Caccia via le sue paure. Porca miseria è lui il fidanzato di Zoe e non deve temere niente e nessuno. Tra sette giorni la rivedrà e tutto sarà bello come ogni singola giornata di questi cinque mesi insieme a lei. Sono stati mesi da sogno. Nella sua vita non è mai stato così felice. Persino il pensiero di quell'imbecille di suo padre non lo sfiora più di tanto.
E se in questa settimana rivede qualche suo ex fidanzato? Chissà quanti ragazzi le sbavano. Magari io sono solo uno dei tanti.
La paura fa nuovamente capolino nel suo fragile cervello da innamorato. Il capellone la caccia via un'altra volta. Lui è sempre stato Corrado l'ottimista! Quello calmo che consola gli altri.
Basta con queste stronzate!
Lei gli dà uno schiaffetto sul viso:
"Terra chiama Corrado!"
Lui si gira verso di lei e le sorride:
"Scusa, ma continuo a pensare che sarai lontano da me e mi mancherai."
Lei sorride a sua volta. E quando lei sorride Corrado si sente sciogliere.
Le sorridono anche gli occhi. Ma mi merito tanta fortuna?
Lei lo prende per mano e dice:
"Dai, non fare quella faccia. Starò via solo una settimana. E poi ti volevo dire una cosa prima di partire. Ci ho pensato molto in questi giorni e questo è il momento giusto per dirtelo."
La mulatta tira un attimo il fiato. Si vede che è emozionata. Corrado non sa cosa pensare.
Lei lo guarda dritto negli occhi:
"Mio bel capellone, quando avrò finito l'Erasmus ho deciso che mi fermerò a Verona. Finirò l'università qua in Italia."
Corrado si sente quasi svenire dalla felicità. Ma non è ancora finita. Lei sta per dire ancora qualcosa. Qualcosa di importante, perché la sua voce trema dall'emozione:
"E magari l'estate prossima potremo trovarci un appartamento io e te. Mi piacerebbe vivere con te. Siamo insieme da pochi mesi, me ne rendo conto. E questa potrebbe sembrarti una proposta azzardata. Ma io certe sensazioni non le ho mai vissute con nessun'altro ragazzo. Corrado io ti amo!"
Lei mi ama. Lei vorrebbe vivere con me.
Boom.
Il missile è partito.
Si è schiantato su Corrado.
Il ragazzo non sa cosa dire. E' stordito da quelle parole. In cinque mesi non avevano mai pronunciato il verbo amare. Lei gliel'ha appena detto. E in più gli ha chiesto di andare a vivere insieme a lei. E adesso lei ha in mano un sacchettino rosso!
Nella nebbia della mente di Corrado si fanno largo le parole di Zoe:
"Ieri passavo in piazza delle Erbe e sulle bancarelle ho visto questi due anellini etruschi. E' un piccolo pensiero, ma vorrei che te lo mettessi. E io farò lo stesso. E quando sarò a Parigi lo guarderò e penserò a te."
Lei sorride. E le sorridono anche gli occhi.
Corrado non sa cosa dire. Non ci sono parole per esprimere la gioia di questo momento. Fino a quell'istante pensava che il giorno della sua laurea fosse stato il giorno più bello della sua vita. Ma oggi, lunedì 23 dicembre 2006, lo batte alla grande.
Potrebbe morire in questo momento, ma morirebbe da uomo più felice del mondo.
Abbraccia la sua mulatta. Le sfiora le labbra con un bacio. Le prende l'anello dalle mani e se lo mette al dito. Poi con voce rotta dall'emozione dice:
"Anche io ti amo. Follemente. E quest'estate andremo a vivere insieme. E svegliarmi accanto a te tutte le mattine mi renderà il ragazzo più fortunato del mondo."
A lei scappa una lacrimuccia. Si baciano ancora. Un vero bacio stavolta.
L'altoparlante chiama il volo per Parigi. Si devono staccare. Corrado vorrebbe fermare il tempo adesso. Per sempre. Ma lei non può perdere l'aereo.
La guarda allontanarsi. Prima di sparire dalla sua vista lei si gira. E sorride.
Corrado si dà un pizzicotto sul braccio.
Questo non è un sogno. Questo non è un sogno! E' successo davvero. Io e Zoe andremo a vivere insieme!
Tutti i pensieri pessimistici di poco tempo prima sono ormai lontani. Corrado tira fuori il suo cellulare. Deve chiamare i genitori per far sapere loro a che ora arriverà a casa oggi.
Ha voglia di sentire la voce di sua madre. Da quando l'estate scorsa aveva litigato con il padre si era fatto vedere poco a casa. E quelle poche volte il clima non era stato dei migliori.
Suo padre non aveva ancora accettato Zoe e Corrado non aveva mai osato presentarla ai suoi. Avrebbe voluto farla conoscere a sua madre, ma a quell'imbecille di suo padre no. Ormai il loro rapporto è ridotto al minimo. E quel minimo è una polveriera pronta ad esplodere.
Ma adesso arriva il Natale. Corrado è inebriato dalla felicità e si guarda l'anello.
Dai, magari anche papà ha cambiato finalmente idea. Spero di passare una bella settimana senza musi lunghi e polemiche.
L'ottimismo del capellone torna a farsi sentire. Più forte che mai.
Compone il numero di casa. Risponde proprio lui. Il suo paparino.
"Ciao papà. Come va?" Tono gentile, accomodante.
La risposta dell'uomo è simile a un grugnito:
"Sto bene."
Corrado fa finta di non accorgersi di quel tono malevolo.
Risponde sempre così al telefono. Con tutti.
"Stasera arrivo a casa alle sei, ok? Diglielo tu alla mamma."
E poi sull'onda dell'entusiasmo per Zoe si lascia andare:
"Starò a casa per una settimana intera. Un giorno possiamo farci una gita sui monti, io, tu e la mamma. Come ai vecchi tempi."
La risposta del padre è gelida:
"Basta che ci vieni da solo a casa. Non voglio negre per casa."
Al ragazzo viene da piangere. Vorrebbe spaccare il cellulare per terra. Prendere a craniate il muro. Ma non ha neanche la forza di mandare affanculo quell'uomo odioso.
E' colpa mia che mi illudo ancora. Sono proprio una testa di cazzo. Io e il mio ottimismo di merda!
Senza dire una parola chiude la telefonata. Triste se ne va verso la fermata del pullman. Si guarda ancora l'anello. Ma la felicità di prima non riesce a coprire la profonda delusione di adesso.
Suo padre, oggi come ieri, ha ancora il potere di rovinargli i bei momenti.
Ritira fuori il cellulare. Il pensiero di passare una settimana con quell'idiota gli fa venire da vomitare.
Compone il numero di casa. Ancora quella voce, quel grugnito: "Pronto."
Il ragazzo decide di non urlare. Il suo tono fa paura però:
"Passami la mamma."
"Ehi ragazzo, guarda che non è educazione sbattere il telefono in faccia al tuo vecchio. Cos'è, a stare a Verona ti si è alzata la cresta?"
Corrado ha la tentazione di richiudere la comunicazione. Ma la sua calma olimpica torna a scorrergli nelle vene. Sempre con tono gelido dice:
"Passami la mamma."
"Ehi figliolo, ti si è inceppato il disco?"
"Passami la mamma!"
Il capellone sente il silenzio in linea. Poi la voce delicata di sua madre:
"Ciao Corrado, tutto bene?"
Al suono di quella voce il ragazzo ha un ripensamento. Si rende conto di avere una voglia mostruosa di rivedere sua madre. Ma subito dopo gli viene in mente l'immagine di loro tre a cena, lui e lei zitti e suo padre a sparare le sue perle di saggezza.
Il senso di nausea è molto forte ora.
"Mamma, mi spiace ma non torno a casa per Natale. Prima ho tentato di parlare con papà, ma lui se ne è uscito con una delle sue solite frasi razziste. Io non ce la farei a sopportarlo per una settimana, davvero. Avrei voglia di vedere te, ma poi so che finirei per litigare tutti i giorni con lui. E non ho voglia di litigare davanti a tutti i parenti il giorno di Natale. I nonni li chiamo io e dirò che me ne vado a passare il Natale in Francia con Zoe. Almeno loro saranno contenti di questo."
Porco schifo mi dispiace, mamma. Come hai fatto a sposare un uomo così?
Sua madre non riesce a parlare. Si era illusa di poter trascorrere un po' di giorni con il suo unico figlio. E adesso le sta dicendo che non tornerà a casa. Per colpa di quell'uomo che un giorno lontano aveva sposato. Che ogni giorno ne inventa una per rovinarle la vita. Dai suoi occhi scappano alcune lacrime. Ma non vuole farsi sentire a piangere da Corrado. Riesce a sussurrare:
"Avevo proprio voglia di vederti. E' tanto tempo che non torni. Mi manchi. Ma capisco la tua decisione. Tuo padre peggiora ogni giorno di più. Sembra che odi il mondo intero. Spero che prima o poi riuscirai a portare a casa la tua Zoe e a presentarmela."
Corrado sente la rassegnazione nelle parole della madre. Gli dispiace da morire darle una delusione così. Ma non se la sente di tornare a casa, ormai ha deciso.
Scusami mamma. Se potessi ti porterei via io stesso da quell'uomo crudele.
La calma torna a scorrergli nelle vene. Con voce dolce le dice:
"Zoe è una ragazza fantastica. Appena torna dalla Francia, te la porto a casa: te lo prometto."
Basta che non ci sia tra le palle il mio adorato paparino.
La donna sembra sollevata:
"Guarda che ci tengo. Ricordati di chiamare i nonni per gli auguri. E chiamami almeno il giorno di Natale, ok?"
"Certo che ti chiamerò. Ti voglio bene. Ciao."
"Anch'io Corrado. Salutami i tuoi disabili. Ciao."
Corrado chiude la chiamata e si sente meglio. Esce dall'aeroporto. E' una giornata limpida, con un bel sole.
Ora vado al Centro e dirò a Patrick che non tornerò a Iseo. Darò una mano agli educatori in questa settimana.
Se il coordinatore gli avesse fatto delle domande lui sarebbe stato sincero. Patrick gli piaceva e sapeva che poteva fidarsi di lui.
Arriva alla fermata del pullman. Mancano venti minuti buoni all'arrivo del mostro blu. Si siede su una panchina e tira fuori un romanzo. Ha voglia di buttarsi in una vita non sua. Vuole dimenticare anche solo per un momento tutte le tristezze della sua esistenza. Concentrato inizia a leggere e si estranea dal mondo reale.
LUNEDI' 23 DICEMBRE 2006, ORE 10:00
Ezio sta preparando i bagagli. Oggi all'una lui e Corrado prenderanno il treno insieme. Il capellone scenderà a Iseo. Lui a Montello-Gorlago, dove ci saranno i suoi amici ad aspettarlo.
Sarà bello godersi Grena per un'intera settimana. L'aria di casa l'ha sempre rigenerato. Lui Grena se la sente dentro, nel midollo.
La porta del piccolo appartamento si apre. Insieme a Corrado entra una folata di aria gelida.
Il Rosso sorride:
"Scommetto che il nostro capellone è triste e sta pensando alla sua gnocca in viaggio verso la Francia."
Corrado non sorride. Guarda serio l'amico e dice:
"Fosse solo quello, sarei contento. Invece arriva sempre il mio parente idiota a rovinare le cose."
Poi si butta sul letto e chiude gli occhi.
Ezio non sa cosa fare. Sta male a vedere il bresciano così. La smette di preparare i bagagli e gli si avvicina. Lo spinge a parlare:
"Dai, racconta al tuo amico bergamino cosa è successo."
Si butta sul suo letto, per mettersi nella stessa posizione dell'amico.
Guarda il poster dell'Atalanta sulla parete di fronte. Poi guarda quello del Brescia. Si sente perfettamente a suo agio in quella piccola stanza. E ogni giorno che passa si accorge di affezionarsi sempre di più al capellone.
Questi mesi non me li scorderò facilmente.
Corrado apre gli occhi per un attimo. Lo guarda e poi inizia a parlare. Gli racconta delle sensazioni provate all'aeroporto. Della tristezza per il distacco da Zoe. Dell'euforia per l'anello e il progetto di vivere insieme. Della telefonata a casa. Della frase infelice del padre. Della sua rabbia e la voglia di vomitare. Della decisione di starsene a Verona tutta la settimana. Del dispiacere di dirlo alla madre.
Corrado smette di parlare e si richiude nel suo silenzio. Ezio stringe i pugni arrabbiato. Si controlla però, sono un po' di giorni che riesce a rimanere calmo. A non farsi dominare dalla furia.
Ritorna col pensiero a quella lunga chiacchierata con don Gianluca, dopo il funerale di Enrico. Alle parole del prete. Ezio ha un brivido.
E' stato duro con me. Ma era proprio quello che ci voleva.
Gli aveva detto:
"Hai venticinque anni, sei un uomo. E un uomo con carattere sa quando giunge il momento di dare una svolta alla propria vita. La tua rabbia è solo una scusa per non crescere!"
Il Rosso non aveva avuto il coraggio nemmeno di guardare il don. Aveva abbassato gli occhi e messo la coda tra le gambe.
Sei un uomo. Sei un uomo. Sei un uomo. Sei un uomo.
La mia rabbia è una scusa.
Io non voglio crescere.
Il don aveva continuato. Urlando:
"E con questa Vanessa come la mettiamo? Ci fai sesso tutte le sere e non le vuoi neanche bene. Non provarci neanche a tirare fuori la scusa che Gloriana ti ha rovinato. Sono passati parecchi mesi da quando ti ha lasciato, sarebbe anche ora di dimenticarla! Avevi trovato questa Mara, dicevi che ti piaceva davvero, allora perché l'hai lasciata? Che cosa stai combinando, Ezio?"
Non lo so neanche io don Gianluca. E' questo il problema.
Due giorni dopo era rientrato a Verona. La sera stessa era andato all'appartamento di Vanessa. Sapeva già cosa dire. Erano nella sua cameretta, come al solito. Lei gli si era buttata addosso subito e gli stava già slacciando i pantaloni. Lui l'aveva fermata e dopo tanto tempo aveva rispolverato il suo sguardo da duro.
Le aveva detto:
"Non mi sento tagliato per le storie solo di sesso. O ci mettiamo insieme veramente o la smettiamo con questa maratona sessuale."
Sapeva già la risposta. Vanessa era allergica alle relazioni serie. Le aveva fatto quella sparata per impaurirla.
La ragazza non aveva parlato per una decina di secondi. Guardando un punto fisso dietro il Rosso gli aveva risposto che non se la sentiva di fidanzarsi, che quello non era il periodo giusto.
Al bergamino era venuto da ridere. Si era trattenuto per miracolo.
Guarda caso sapevo già la risposta, cara la mia ninfomane. Domani ti butterai su una nuova preda e inizierai a succhiargli anche il midollo.
L'aveva baciata su una guancia e se ne era andato. Si sentiva bene. Era riuscito a mettere una pietra sopra a quella storia senza senso. E poi la settimana dopo Vanessa avrebbe concluso il suo tirocinio al Centro e non l'avrebbe più rivista.
Ezio si risveglia dai suoi pensieri.
Porco schifo il bresciano da cinque minuti non dice una parola, sembra in catalessi. Ancora sdraiato sul suo letto con gli occhi chiusi.
Al Rosso improvvisamente viene un'idea. Una grande idea.
Si alza e va a scuotere l'amico. Quasi urlando gli dice:
"Non resterai qua da solo come un cane per una settimana. Hai bisogno di cambiare aria. Tu verrai a Bergamo con me! A casa mia c'è un bel divano letto che ti aspetta. Mia madre sarà contenta di avere un ospite."
Corrado riemerge dal suo stato comatoso. Risponde:
"Tu sei gentile , bergamino. Ma non c'è bisogno che mi fai la carità. Una settimana qua non è la fine del mondo. Darò una mano agli educatori."
Il Rosso prende per i piedi il capellone e lo costringe a sedersi. Poi a muso duro gli dice:
"Non me ne frega niente. Puoi accamparmi qualsiasi scusa. Tu verrai in vacanza da me. Punto e basta. Mi hai aiutato tante volte in questi mesi. Ora tocca a me."
Ezio si sente alla grande. Come non si sentiva da tempo. Finalmente ha ripreso in mano la sua vita, senza lasciarsi trascinare passivamente dagli eventi.
Corrado non sa cosa fare. Poi prende la sua decisione. Guarda l'amico e dice piano:
"Va bene, mi hai convinto, vengo con te. Grazie per quello che stai facendo."
Il Rosso è felice. Ripensa a quando ha conosciuto il capellone. Alla spilla del Brescia. A come sono andati subito d'accordo. Alla loro iniziale paura dei disabili. Ad Aristide che li ha accolti sulla porta d'ingresso. Adesso se ne staranno lontano da loro per una settimana. Gli mancheranno questi disabili. Non pensava neanche lui di affezionarsi così.
Porca miseria mi sono entrati dentro. Ero proprio uno stupido ad avere paura di loro.
Ripensa a quel dannato pomeriggio con Vanessa. Quando si erano chiusi in bagno a fare le loro porcate lasciando da soli i ragazzi. Ezio prova ancora un senso terribile di vergogna.
Sono stato un vero imbecille. Ma in quel periodo non c'ero con la testa. Ora sto bene. Mi sento come non mi sentivo da tempo.
Il Rosso sorride. Si alza e dice:
"Dai, prepariamo lo zaino. Si va a Bergamo, nel regno degli atalantini."
Corrado sorride a sua volta:
"Appena vedrò una sciarpa o una bandiera dell'Atalanta mi verrà da vomitare. Ma dato che sarò ospite, farò lo sforzo di non nominare il Brescia per tutta la settimana."
Il capellone porge la mano all'amico. Ezio la prende e la stringe.
E' una stretta di mano vigorosa e calda. Di due giovani in cerca della loro strada nella vita.
MARTEDI' 31 DICEMBRE 2006, ORE 14:00
C'è parecchia neve. E' caduta tutta la notte e la strada sterrata non si vede più. I loro piedi sprofondano nel manto bianco, è una sensazione fantastica. Corrado si sente rigenerato. Domani tornerà a Verona e dopodomani rivedrà la sua Zoe.
Adesso però si gode il momento. Sono in sei. Sei giovani uomini. Lui, Ezio, gli amici di Ezio: Antonello, Maurizio, Paolo, Claudio.
Sono partiti da dieci minuti dalla casa del Rosso e adesso Corrado si guarda intorno.
Adesso capisco perché Ezio si sente così legato a Grena. Questi colli sono bellissimi.
Non c'è asfalto. Non ci sono palazzoni, a intossicare la vista. Solo poche cascine. Soprattutto ci sono alberi. Con i loro rami formano un tetto naturale alla strada sterrata. La neve rende ancora più bello il tutto.
Ezio è seguito come un'ombra dal fedele Boz. Corrado non aveva mai visto un cane così strano. E' una vera palla di lardo, un miscuglio assurdo di razze. Al capellone verrebbe voglia di portarselo a Verona e farlo vivere al Centro Disabili.
Un cane così socievole farebbe stare bene i ragazzi. E anche me! Sin da bambino aveva desiderato un cane. E chi non lo voleva? Ovviamente quel simpaticone di suo padre. Corrado gliel'aveva chiesto tante volte. La sua risposta era sempre la stessa:
"Non voglio nessun cane in casa. Rovinerebbe il giardino."
Fottuto giardino. Tiene più a quello che alla mamma e a me.
Prato inglese, aiuole super curate, fontana di pietra antica. Sicuramente un bel giardino, ma lui non poteva correrci sopra, neanche da bambino. Non poteva buttarsi sull'erba, sbucciarsi le ginocchia, rotolare nella terra. E allora a che cosa serviva quel maledetto giardino?
Corrado tenta di non pensare a quante ingiustizie ha subito dal padre nella sua infanzia. Adesso sta bene in mezzo a questi ragazzi.
Ezio e i suoi amici di Grena sono molto uniti. Lo si percepisce. E questa camminata del 31 dicembre è un rituale che ripetono ogni anno per saldare la loro amicizia. Celebrano la fine dell'anno sui colli che li ha visti crescere.
La sera prima, mentre si stavano preparando per andare a letto, Ezio aveva tentato di spiegargli l'importanza dei suoi amici.
Erano seduto sul letto del Rosso. Corrado osservava la bellissima collezione di fumetti di Ezio, il bandierone dell'Atalanta, il poster dei Green Day e a quello di "American beauty", i libri di sport. Tantissimi sport.
Poi il bergamino l'aveva guardato, nel suo solito modo serio e deciso. Aveva iniziato a parlare:
"Domani andremo a farci un giro a piedi per i colli. L'ultimo giorno dell'anno noi lo celebriamo così, camminando sui colli di Grena. Sono ormai dieci anni che lo facciamo. Ogni volta ci rendiamo conto che le nostre vite sono cambiate rispetto alla camminata precedente. Ogni volta ci accorgiamo che le responsabilità sono aumentate. Che stiamo entrando inesorabilmente nell'età adulta. Che la storia si fa sempre più seria. Ma noi siamo sempre lì, a camminare per i nostri colli che conosciamo come le nostre tasche. Uniti come non mai. Con la voglia di scherzare e sparare cazzate. E le nostre ragazze, i nostri genitori potranno bollarci di essere dei bambinoni, ma non ce ne frega niente. Se fra vent'anni saremo ancora tutti qua e il 31 dicembre avremo ancora la forza di camminare, ecco penso che noi rideremo come sempre. E se non lo faremo, vorrà dire che qualcosa è andato storto. Che qualcosa si sarà rotto in maniera definitiva."
Corrado è ipnotizzato da queste parole. Porca vacca, gli viene voglia di abbracciare il Rosso. Il capellone è d'accordo con tutto quello che ha detto l'amico.
Dedicato a tutti quelli che vogliono abbattere la nostra voglia di rimanere un po' bambini.
Ezio riprende a parlare. Questa volta a bassa voce, come se avesse paura che qualcuno lo possa sentire:
"Corrado, io dentro il cuore rimarrò sempre uno studente. Pagherò in futuro la mia ingenuità, ci sarà gente furba che tenterà di fregarmi. Ma non importa. Io andrò sempre in giro con il mio zaino immaginario sulle spalle, da eterno studente!"
Boz si mette ad abbaiare, risvegliandolo dai suoi pensieri.
Nessuno però sapeva dei suoi problemi con il padre. Nessuno sapeva delle continue guerre con quell'uomo arrogante e ignorante. La sera pregava e si tranquillizzava. Se i suoi amici andavano da lui per stare meglio, lui se ne andava da Dio per chiedere consigli. E ogni sera che passava aveva la prova che Dio non gli faceva mancare il suo appoggio. Sempre e comunque.
Adesso ha venticinque anni. E' un ragazzo consapevole del suo dono. Le persone vanno ancora da lui a confidarsi. E lui rimane sempre calmo. E trova sempre il modo per aiutarle.
Ma ci sono momenti in cui non ne può più. Momenti in cui pensa che questo suo ruolo di ragazzo buono gli sta proprio sulle palle. A volte si era arrabbiato, come capita a tutti, e puntualmente qualcuno gli diceva:
"Dai Corrado, almeno tu stai tranquillo!"
Il suono di queste parole lo facevano arrabbiare ancora di più. Chi era lui per non avere il diritto di alzare la voce? Di sfogarsi?
Gli sarebbe piaciuto una volta ogni tanto fare qualche cavolata. Rompere le righe. Per urlare al mondo intero che anche lui era un ragazzo normale. Buono sì, ma con la voglia di sentirsi leggero.
La prima volta che aveva visto Zoe, un tarlo aveva iniziato a rodergli il cervello.
Di solito quando vedeva una tipa gnocca, pensava subito a Francesca e tutto moriva lì.
Zoe però lo aveva catturato. Non riusciva a togliersela dalla testa. E più la pensava, più cresceva la voglia in lui di fare qualcosa di anormale. Tipo tradire la sua Francesca. Insieme a lui da sette anni. Quella che avrebbe sposato.
E i giorni passavano e Corrado vedeva la mulatta sempre più spesso e la sua voglia di mandare a quel paese il suo ruolo di giovane con la testa sulle spalle era sempre più forte.
Così quando Zoe si era spogliata davanti a lui non aveva avuto esitazioni. E mentre faceva l'amore con lei il rimorso non si era fatto sentire.
Il signor capellone Corrado finalmente ce l'aveva fatta a fare qualcosa che andasse oltre il buon senso. Il signor capellone Corrado aveva annientato in un solo attimo tutte le aspettative che gli altri avevano su di lui.
Ora è Zoe a stringergli la mano. Lui era talmente perso nei suoi pensieri che si era dimenticato persino di lei.
Corrado la guarda e per l'ennesima volta è stupito davanti alla sua bellezza. Zoe gli sorride e dice:
"Ehi, ragazzo stordito, a che cosa stai pensando? Hai una faccia troppo strana!"
Corrado caccia via subito i suoi tormenti interiori:
"Stavo pensando che Mara se ne è andata a Vicenza, e noi potremmo andare a casa tua e iniziare una maratona di sesso."
Lei scoppia in una risata cristallina. Poi si appoggia all'orecchio del suo ragazzo e gli sussurra:
"Ma lo sai che sei proprio un porco? Però hai avuto una bella idea!"
E inizia a trascinarlo sulla via del ritorno.
Corrado si sente l'uomo più felice della terra. Sì, d'accordo, a volte il rimorso si fa sentire. Ma lui ha ormai imparato a combatterlo.
Perché è innamorato di Zoe. E se l'avesse fatta scappare, non se lo sarebbe mai perdonato.
GIOVEDI' 5 DICEMBRE, ORE 15:00
Tutta la comunità di Grena è in chiesa. Non c'è rimasto un buco libero. Si stanno svolgendo i funerali di Enrico detto il burino, noto tossico e alcolizzato del paese. Quarantatré anni e già riposa nella sua bara di legno.
Ezio ha un senso di angoscia devastante. Gli viene quasi da vomitare. Si gira a destra, a sinistra, indietro e vede persone su persone. E si meraviglia.
Chi l'avrebbe mai detto? C'è la chiesa strapiena per il funerale di Enrico.
Si sente fiero di far parte di Grena. Dove tutti si conoscono. Dove se passi in bici per il centro tutti ti salutano con calore. Lontano dalla freddezza delle grandi metropoli. Dove la gente si fa in quattro per venire ai funerali, per dare l'ultimo saluto al proprio compaesano.
Poi il senso di angoscia ritorna. Fortissimo.
Il Rosso ripensa a quel litigio al Grena Rock Festival. Quando Enrico aveva alzato la gonna a Gloriana e lui gli aveva dato un pugno. Ed era arrivato suo figlio a soccorrerlo. Ezio si ricorda ancora la vergogna che aveva provato davanti allo sguardo disperato di quel bambino.
Che imbecille che ero stato. Dare un pugno ad un povero ubriacone che non si reggeva neanche in piedi.
Poi ripensa al Pronto Soccorso. Là Enrico non ce l'aveva con lui, anzi avevano parlato tranquillamente e l'uomo aveva chiesto scusa a Gloriana. Se ne erano tornati a casa con la borsa del ghiaccio e l'umore risollevato.
Ma adesso Enrico è lungo e disteso nella sua bara. E suo figlio quindicenne piange a dirotto. E pure sua madre, da anni ex moglie di Enrico, è scossa dai singhiozzi.
Ezio sente le lacrime salirgli pian piano. Poi ce la fa a contenersi. Ma il suo sguardo torna verso il figlio di Enrico, poi verso Gianluca che sta per iniziare la messa. Il prete direziona lo sguardo proprio verso il Rosso. Resta così, immobile a guardarlo per tre o quattro secondi.
Il Rosso è spiazzato.
Cosa fa? Perché mi guarda così?
Ma il ragazzo lo sa benissimo. E allora non riesce più a trattenersi e finalmente le lacrime sgorgano copiose dal suo viso.
E' un pianto disperato, angoscioso. I suoi amici lì di fianco si girano a guardarlo, ma lui continua nel suo pianto irrefrenabile.
Ezio Pievani sta di merda.
Da quella sera in cui è scappato dall'appartamento di Mara tutto è andato nella direzione sbagliata.
Da un mese non se ne tornava a Grena. Da un mese non vedeva sua madre, i suoi amici, don Gianluca. Non era mai capitato nei suoi venticinque anni di vita. Se non ci fosse il funerale, se ne starebbe ancora a Verona.
Vanessa, la tirocinante dell'università, gli sta succhiando la vita.
Dopo aver lasciato Mara, Ezio non aveva aspettato molto per tradirla. Un misero giorno.
Ezio ripensa a quei momenti e il suo pianto si fa ancora più forte.
Che schifo. Sto rovinando tutta la mia vita.
Il Rosso ce l'ha ancora stampato nella mente.
Erano nella sala relax del Centro Terre di Mezzo. Lui stava massaggiando Aristide; Vanessa invece aveva le sue mani su Giacomo, che, anche se ci vedeva poco, si era innamorato di quella ragazza sensuale.
Alan dormiva tranquillo sul materassino. Lui non parlava mai, non rideva, né si lamentava. Viveva sempre nella sua immobilità totale. Quando Vanessa si avvicinava a lui, sembrava non avere reazioni. Ezio lo guardava e provava tenerezza per lui.
Chi può dirlo che non sente niente? Magari capisce tutto.
Intanto Giacomo se ne stava beato tra le mani di Vanessa. Gli stava massaggiando la pancia ed era chinata sul ragazzo. E quella cavolo di maglietta che lasciava intravedere le tette in maniera inequivocabile.
Il Rosso cercava di non guardare, ma ogni tanto il suo occhio scappava proprio lì e lui sentiva brividi corrergli lungo la schiena.
Certo che non fa niente per nascondersi. Se continua a stare chinata così rischio di impazzire.
Improvvisamente il suo cervello aveva visualizzato il sorriso di Mara. Il Rosso si sentiva una merda per come il giorno prima aveva trattato la ragazza. E voleva rimediare. Però non l'aveva ancora chiamata.
Stasera vado da lei e le chiedo scusa.
Poi però lo sguardo era caduto ancora sull'invitante seno di Vanessa. Lei se ne era accorta e aveva fatto un sorriso strano. Poi si era chinata ancora di più.
Ezio si era sentito il viso avvampare. In un nanosecondo aveva mandato a quel paese i suoi propositi con Mara. Si era avvicinato a Vanessa e aveva iniziato a baciare quella ragazza molto sveglia. E una mano era scivolata sotto la sua maglietta, alla ricerca di quel piccolo seno bello sodo.
Aristide e Giacomo osservavano la scena stupiti. Alan come al solito non aveva reazioni.
Ezio sapeva di avere lo sguardo dei ragazzi addosso e tentava di darsi una calmata. Nonostante i suoi ormoni avessero preso il posto del suo cervello, capiva la gravità della situazione.
Se entra Patrick o qualche educatore mi cacciano a casa. E farebbero bene.
Ma ormai la situazione stava degenerando: in quel momento erano sdraiati una sopra l'altro. Il Rosso sentiva il perizoma di Vanessa sotto le sue mani. L'aveva sollevato e si era imbattuto nella zona pubica. Voleva fermarsi, ma non ce la faceva.
Con uno sforzo sovrumano si era rialzato e aveva detto a bassa voce:
"Scusami, ma non è proprio il posto adatto per fare certe cose."
Lei aveva fatto sì con la testa, con un'espressione pensosa. Dei ragazzi nessuno fiatava. Persino Aristide si era chiuso in un silenzio impenetrabile. Non sembrava preoccupato, più che altro aveva visto una scena totalmente nuova per lui.
Vanessa si era rialzata e si era avvicinata a un orecchio di Ezio. Aveva sussurrato:
"Qua non è il posto adatto, ma in bagno si possono fare tante cosine belle."
Il Rosso era rimasto fulminato da questa frase.
Questa qua è fuori di testa.
Si era auto imposto di non andarci in bagno. Con aria decisa le aveva risposto:
"No Vanessa, non facciamo cazzate! Se ci becca qualcuno andiamo nei casini. E in più non possiamo lasciare qua i ragazzi da soli."
Lei gli aveva leccato un orecchio e con voce da gatta gli aveva detto:
"Chi vuoi che ci becchi qua. Non viene mai nessuno in sala relax. E i ragazzi per una decina di minuti possono stare benissimo da soli."
Il bergamino avrebbe voluto dire di no. Con tutte le sue forze aveva cercato di pensare alla delusione di Patrick se li avesse beccati.
Sono fottuto. Se vado in bagno sono fottuto.
Ma in bagno ci era andato lo stesso. Ultimamente la sua volontà di ferro era diventata di burro.
Si erano chiusi dentro e con una foga incredibile si erano denudati a vicenda. Lei aveva un fisico abbronzato e ben fatto. E aveva un'energia sessuale da paura. Aveva preso lei il comando della situazione ed Ezio l'aveva lasciata fare senza problemi.
Questa ragazza mi sembra parecchio esperta. Chissà quanti ragazzi si è fatta passare.
Dopo che le loro mani avevano conosciuto il corpo dell'altro, si erano leccati a vicenda. Poi lei decisa aveva proposto:
"Dai, facciamolo!"
Il Rosso aveva vacillato.
Porco schifo non ho il preservativo.
Era tentato di farlo senza. Ma aveva paura di venirle dentro. E aveva paura per le possibili malattie di quella ragazza molto sveglia.
Si sarà fatta tutti i maschi di Verona. Meglio non rischiare. Questa volta le dico di no!
Con un sforzo sovrumano le aveva detto:
"No Vanessa, non ho il preservativo. Non mi va di rischiare."
Lei era delusa, ma davanti agli occhi decisi del Rosso non aveva obiettato. Dopo un attimo di esitazione si era inginocchiata davanti ad Ezio e lo aveva condotto verso lidi di estremo piacere.
Dopo essere venuto, Ezio aveva sentito un senso di vuoto angosciante. Si era spento improvvisamente.
Che cosa ho fatto? Ho lasciato i ragazzi da soli e ho scopato nel bagno del CDD. Sto toccando il fondo.
Stava da schifo. Si era rivestito veloce ed era tornato in sala relax. Vanessa l'aveva abbracciato, ma lui era rimasto passivo tra le sue braccia.
Avrebbe voluto spingerla via, insultarla per quello che l'aveva costretto a fare. Ma sapeva benissimo che se si fosse mostrato deciso, avrebbe potuto evitare tutto. Invece no. Si era lasciato guidare dai suoi ormoni impazziti.
Si era liberato dall'abbraccio ed era andato vicino ad Aristide. Il ragazzo sorrise subito e iniziò a pizzicarlo. Come al solito. Ezio aveva ricambiato il sorriso. Ma la tristezza che sentiva dentro era più forte dell'allegria genuina di Aristide.
Da quel giorno aveva iniziato una sfiancante maratona sessuale con Vanessa.
Tutte le sere andava a casa della ragazza. A fare sesso. Lei viveva in affitto insieme ad altre due studentesse. Lui arrivava verso le nove e mezza, salutava le altre e si dirigeva verso la camera di Vanessa. Sul viso delle due ragazze compariva un sorriso ironico. Lo sapevano benissimo cosa andava a fare. Ezio diventava paonazzo.
Chissà quanti ne avranno visti passare dalla camera di Vanessa. Io sono solo la sua ennesima preda.
Non lo sapeva bene neanche lui perché andasse in quella casa. Forse per sentirsi da schifo. Per auto distruggersi. Per vivere pochi attimi di piacere intenso e poi sentirsi calare attorno una cortina di tristezza.
Durante la giornata gli capitava spesso di pensare a Mara. Avrebbe voluto chiamarla, vederla, ma non ne aveva il coraggio.
Una volta aveva incrociato Zoe davanti all'Arena. Lui l'aveva salutata e lei aveva ricambiato il saluto. Ma con gli occhi lo aveva fulminato. Ezio si era sentito una nullità.
Pure con Corrado le cose andavano male. Il bresciano tentava di parlargli, di farlo divertire, ma lui non si sentiva più quello di prima. E il capellone se ne era accorto.
Allora una mattina, dopo colazione, l'aveva stretto in un angolo del loro appartamentino e gli aveva chiesto:
"Che cosa hai, bergamino? Porca vacca mi stai facendo preoccupare. Sembri uno zombie! Questa Vanessa ti sta rovinando. Torna da Mara dai, sono sicuro che ti perdonerà."
Ezio voleva piangere e lo stava per fare. E si sarebbe sentito meglio. Ma non ce la faceva a parlare a Corrado. Neanche con lui, che con i suoi modi gentili ti metteva in condizione di confidare anche il più imbarazzante dei segreti.
Avrebbe voluto dirgli che periodicamente la sua antica rabbia tornava e lo faceva stare male.
Tutto era iniziato quando era morto suo padre. C'erano volte in cui lui riusciva a combatterla, a cacciarla via. Altre volte questa rabbia bastarda lo stendeva. E lui non poteva fare altro che aspettare che passasse. Questa volta era più forte del solito. Questa volta per colpa della sua furia aveva lasciato Mara. O forse la rabbia era solo un alibi. Forse aveva abbandonato Mara per la sua vecchia paura di scegliere. Lui ci stava bene con lei, poi aveva conosciuto Vanessa e gli era venuto subito la voglia di scoparsela. E con il passare dei giorni gli atteggiamenti di Mara lo avevano irritato. Gli atteggiamenti che fino a poco tempo prima lo avevano fatto innamorare e adesso che con Vanessa ci scopava tutte le sere, come si sentiva? Da schifo!
Aveva finalmente aperto la bocca e questo fiume in piena stava rompendo gli argini, quando era suonato il suo cellulare. Era Vanessa. Aveva chiesto scusa a Corrado e aveva risposto.
L'attimo buono se ne era andato.
Dopo la telefonata aveva detto al capellone:
"No, non ci torno da Mara. Con Vanessa ci sto bene. Adesso sbrighiamoci sennò arriviamo tardi dai ragazzi."
Corrado sapeva benissimo che Ezio stava mentendo. Ma si era reso conto che anche insistendo lui non avrebbe detto la verità.
Si erano vestiti, avevano attraversato il cortile ed erano entrati nel centro disabili.
Finalmente il Rosso riesce a darsi una calmata. I suoi occhi non hanno più lacrime. Il funerale sta andando avanti. Enrico riposa nella sua bara. La sua ex moglie e suo figlio sono disperati. La gente di Grena si stringe solidale attorno a loro.
Ezio guarda i suoi soci. Antonello, Maurizio, Paolo, Claudio: gli amici di sempre. Per un mese non è tornato a casa, per trenta lunghi giorni non li ha visti né sentiti. Porca vacca non aveva risposto alle loro telefonate e messaggi. Li guarda e si vergogna del suo comportamento.
Che imbecille che sono stato. Loro si preoccupavano per me e io fuggivo da loro.
Appena l'avevano visto poco prima del funerale, gli avevano chiesto il motivo della sua assenza da Grena. Lui aveva tirato la scusa che si era licenziato un educatore al Centro Terre di Mezzo e lui aveva dovuto sostituirlo temporaneamente. I suoi amici avevano fatto finta di crederci, ma sapevano che stava mentendo.
Adesso Ezio li guarda di nuovo. Decide che dopo il funerale andrà a bere qualcosa con loro. E racconterà loro tutto.
Proprio tutto. Così si renderanno conto anche loro di quanto sono scemo.
Il Rosso si sente meglio. Almeno ha deciso di parlare. Poi si accorge che don Gianluca guarda verso di lui. Anzi lo sta fissando.
Ma che cosa vuole oggi?
Ezio la conosce la risposta. Ricambia lo sguardo per un secondo, poi non ce la fa più e guarda in basso.
Gli viene un senso di angoscia fortissimo.
Per Enrico che è morto.
Per il pugno che gli aveva dato anni prima.
Per suo figlio che non vedrà più suo padre.
Ma soprattutto per se stesso. Per la sua incapacità di dominare la sua rabbia ciclica. Per il suo vizio di sconvolgere e rovinare la propria vita in pochi giorni.
Decide che ai suoi amici parlerà domani. O dopodomani. Tanto si è preso una licenza di tre giorni, il tempo non mancherà.
Questa sera dopo il funerale suonerà il campanello di don Gianluca. Sente un bisogno vitale di parlare con un adulto. Un uomo forte. Che lo sappia rimproverare. Che si arrabbi con lui. Che gli dia anche un bel ceffone, se c'è bisogno.
Ripensa a suo padre. A quando tanti anni prima c'era lui nella bara. Ripensa a sé stesso diciassettenne, che non aveva neanche la forza di piangere. Tutti i sensi, le emozioni paralizzati dalla disperazione.
Ezio scoppia di nuovo a piangere. Spera con tutto il cuore che don Gianluca ci sia, quando lui busserà alla sua porta.
LUNEDI' 23 DICEMBRE 2006, ORE 8:00
L'aeroporto di Verona è stracolmo. Corrado si guarda in giro, ma in realtà non vede niente. Il suo è uno sguardo vuoto, triste.
Zoe è di fianco a lui con la valigia in mano. Pronta a partire. Se ne torna a casa, nel suo paesino vicino a Parigi. Per una lunga settimana.
Corrado si sente uno stupido, ma gli viene da vomitare per il dispiacere. Tenta di darsi una calmata.
Starà via una settimana e sono qua che sembro uno straccio. E quando avrà finito i 12 mesi di Erasmus cosa farò?
Caccia via le sue paure. Porca miseria è lui il fidanzato di Zoe e non deve temere niente e nessuno. Tra sette giorni la rivedrà e tutto sarà bello come ogni singola giornata di questi cinque mesi insieme a lei. Sono stati mesi da sogno. Nella sua vita non è mai stato così felice. Persino il pensiero di quell'imbecille di suo padre non lo sfiora più di tanto.
E se in questa settimana rivede qualche suo ex fidanzato? Chissà quanti ragazzi le sbavano. Magari io sono solo uno dei tanti.
La paura fa nuovamente capolino nel suo fragile cervello da innamorato. Il capellone la caccia via un'altra volta. Lui è sempre stato Corrado l'ottimista! Quello calmo che consola gli altri.
Basta con queste stronzate!
Lei gli dà uno schiaffetto sul viso:
"Terra chiama Corrado!"
Lui si gira verso di lei e le sorride:
"Scusa, ma continuo a pensare che sarai lontano da me e mi mancherai."
Lei sorride a sua volta. E quando lei sorride Corrado si sente sciogliere.
Le sorridono anche gli occhi. Ma mi merito tanta fortuna?
Lei lo prende per mano e dice:
"Dai, non fare quella faccia. Starò via solo una settimana. E poi ti volevo dire una cosa prima di partire. Ci ho pensato molto in questi giorni e questo è il momento giusto per dirtelo."
La mulatta tira un attimo il fiato. Si vede che è emozionata. Corrado non sa cosa pensare.
Lei lo guarda dritto negli occhi:
"Mio bel capellone, quando avrò finito l'Erasmus ho deciso che mi fermerò a Verona. Finirò l'università qua in Italia."
Corrado si sente quasi svenire dalla felicità. Ma non è ancora finita. Lei sta per dire ancora qualcosa. Qualcosa di importante, perché la sua voce trema dall'emozione:
"E magari l'estate prossima potremo trovarci un appartamento io e te. Mi piacerebbe vivere con te. Siamo insieme da pochi mesi, me ne rendo conto. E questa potrebbe sembrarti una proposta azzardata. Ma io certe sensazioni non le ho mai vissute con nessun'altro ragazzo. Corrado io ti amo!"
Lei mi ama. Lei vorrebbe vivere con me.
Boom.
Il missile è partito.
Si è schiantato su Corrado.
Il ragazzo non sa cosa dire. E' stordito da quelle parole. In cinque mesi non avevano mai pronunciato il verbo amare. Lei gliel'ha appena detto. E in più gli ha chiesto di andare a vivere insieme a lei. E adesso lei ha in mano un sacchettino rosso!
Nella nebbia della mente di Corrado si fanno largo le parole di Zoe:
"Ieri passavo in piazza delle Erbe e sulle bancarelle ho visto questi due anellini etruschi. E' un piccolo pensiero, ma vorrei che te lo mettessi. E io farò lo stesso. E quando sarò a Parigi lo guarderò e penserò a te."
Lei sorride. E le sorridono anche gli occhi.
Corrado non sa cosa dire. Non ci sono parole per esprimere la gioia di questo momento. Fino a quell'istante pensava che il giorno della sua laurea fosse stato il giorno più bello della sua vita. Ma oggi, lunedì 23 dicembre 2006, lo batte alla grande.
Potrebbe morire in questo momento, ma morirebbe da uomo più felice del mondo.
Abbraccia la sua mulatta. Le sfiora le labbra con un bacio. Le prende l'anello dalle mani e se lo mette al dito. Poi con voce rotta dall'emozione dice:
"Anche io ti amo. Follemente. E quest'estate andremo a vivere insieme. E svegliarmi accanto a te tutte le mattine mi renderà il ragazzo più fortunato del mondo."
A lei scappa una lacrimuccia. Si baciano ancora. Un vero bacio stavolta.
L'altoparlante chiama il volo per Parigi. Si devono staccare. Corrado vorrebbe fermare il tempo adesso. Per sempre. Ma lei non può perdere l'aereo.
La guarda allontanarsi. Prima di sparire dalla sua vista lei si gira. E sorride.
Corrado si dà un pizzicotto sul braccio.
Questo non è un sogno. Questo non è un sogno! E' successo davvero. Io e Zoe andremo a vivere insieme!
Tutti i pensieri pessimistici di poco tempo prima sono ormai lontani. Corrado tira fuori il suo cellulare. Deve chiamare i genitori per far sapere loro a che ora arriverà a casa oggi.
Ha voglia di sentire la voce di sua madre. Da quando l'estate scorsa aveva litigato con il padre si era fatto vedere poco a casa. E quelle poche volte il clima non era stato dei migliori.
Suo padre non aveva ancora accettato Zoe e Corrado non aveva mai osato presentarla ai suoi. Avrebbe voluto farla conoscere a sua madre, ma a quell'imbecille di suo padre no. Ormai il loro rapporto è ridotto al minimo. E quel minimo è una polveriera pronta ad esplodere.
Ma adesso arriva il Natale. Corrado è inebriato dalla felicità e si guarda l'anello.
Dai, magari anche papà ha cambiato finalmente idea. Spero di passare una bella settimana senza musi lunghi e polemiche.
L'ottimismo del capellone torna a farsi sentire. Più forte che mai.
Compone il numero di casa. Risponde proprio lui. Il suo paparino.
"Ciao papà. Come va?" Tono gentile, accomodante.
La risposta dell'uomo è simile a un grugnito:
"Sto bene."
Corrado fa finta di non accorgersi di quel tono malevolo.
Risponde sempre così al telefono. Con tutti.
"Stasera arrivo a casa alle sei, ok? Diglielo tu alla mamma."
E poi sull'onda dell'entusiasmo per Zoe si lascia andare:
"Starò a casa per una settimana intera. Un giorno possiamo farci una gita sui monti, io, tu e la mamma. Come ai vecchi tempi."
La risposta del padre è gelida:
"Basta che ci vieni da solo a casa. Non voglio negre per casa."
Al ragazzo viene da piangere. Vorrebbe spaccare il cellulare per terra. Prendere a craniate il muro. Ma non ha neanche la forza di mandare affanculo quell'uomo odioso.
E' colpa mia che mi illudo ancora. Sono proprio una testa di cazzo. Io e il mio ottimismo di merda!
Senza dire una parola chiude la telefonata. Triste se ne va verso la fermata del pullman. Si guarda ancora l'anello. Ma la felicità di prima non riesce a coprire la profonda delusione di adesso.
Suo padre, oggi come ieri, ha ancora il potere di rovinargli i bei momenti.
Ritira fuori il cellulare. Il pensiero di passare una settimana con quell'idiota gli fa venire da vomitare.
Compone il numero di casa. Ancora quella voce, quel grugnito: "Pronto."
Il ragazzo decide di non urlare. Il suo tono fa paura però:
"Passami la mamma."
"Ehi ragazzo, guarda che non è educazione sbattere il telefono in faccia al tuo vecchio. Cos'è, a stare a Verona ti si è alzata la cresta?"
Corrado ha la tentazione di richiudere la comunicazione. Ma la sua calma olimpica torna a scorrergli nelle vene. Sempre con tono gelido dice:
"Passami la mamma."
"Ehi figliolo, ti si è inceppato il disco?"
"Passami la mamma!"
Il capellone sente il silenzio in linea. Poi la voce delicata di sua madre:
"Ciao Corrado, tutto bene?"
Al suono di quella voce il ragazzo ha un ripensamento. Si rende conto di avere una voglia mostruosa di rivedere sua madre. Ma subito dopo gli viene in mente l'immagine di loro tre a cena, lui e lei zitti e suo padre a sparare le sue perle di saggezza.
Il senso di nausea è molto forte ora.
"Mamma, mi spiace ma non torno a casa per Natale. Prima ho tentato di parlare con papà, ma lui se ne è uscito con una delle sue solite frasi razziste. Io non ce la farei a sopportarlo per una settimana, davvero. Avrei voglia di vedere te, ma poi so che finirei per litigare tutti i giorni con lui. E non ho voglia di litigare davanti a tutti i parenti il giorno di Natale. I nonni li chiamo io e dirò che me ne vado a passare il Natale in Francia con Zoe. Almeno loro saranno contenti di questo."
Porco schifo mi dispiace, mamma. Come hai fatto a sposare un uomo così?
Sua madre non riesce a parlare. Si era illusa di poter trascorrere un po' di giorni con il suo unico figlio. E adesso le sta dicendo che non tornerà a casa. Per colpa di quell'uomo che un giorno lontano aveva sposato. Che ogni giorno ne inventa una per rovinarle la vita. Dai suoi occhi scappano alcune lacrime. Ma non vuole farsi sentire a piangere da Corrado. Riesce a sussurrare:
"Avevo proprio voglia di vederti. E' tanto tempo che non torni. Mi manchi. Ma capisco la tua decisione. Tuo padre peggiora ogni giorno di più. Sembra che odi il mondo intero. Spero che prima o poi riuscirai a portare a casa la tua Zoe e a presentarmela."
Corrado sente la rassegnazione nelle parole della madre. Gli dispiace da morire darle una delusione così. Ma non se la sente di tornare a casa, ormai ha deciso.
Scusami mamma. Se potessi ti porterei via io stesso da quell'uomo crudele.
La calma torna a scorrergli nelle vene. Con voce dolce le dice:
"Zoe è una ragazza fantastica. Appena torna dalla Francia, te la porto a casa: te lo prometto."
Basta che non ci sia tra le palle il mio adorato paparino.
La donna sembra sollevata:
"Guarda che ci tengo. Ricordati di chiamare i nonni per gli auguri. E chiamami almeno il giorno di Natale, ok?"
"Certo che ti chiamerò. Ti voglio bene. Ciao."
"Anch'io Corrado. Salutami i tuoi disabili. Ciao."
Corrado chiude la chiamata e si sente meglio. Esce dall'aeroporto. E' una giornata limpida, con un bel sole.
Ora vado al Centro e dirò a Patrick che non tornerò a Iseo. Darò una mano agli educatori in questa settimana.
Se il coordinatore gli avesse fatto delle domande lui sarebbe stato sincero. Patrick gli piaceva e sapeva che poteva fidarsi di lui.
Arriva alla fermata del pullman. Mancano venti minuti buoni all'arrivo del mostro blu. Si siede su una panchina e tira fuori un romanzo. Ha voglia di buttarsi in una vita non sua. Vuole dimenticare anche solo per un momento tutte le tristezze della sua esistenza. Concentrato inizia a leggere e si estranea dal mondo reale.
LUNEDI' 23 DICEMBRE 2006, ORE 10:00
Ezio sta preparando i bagagli. Oggi all'una lui e Corrado prenderanno il treno insieme. Il capellone scenderà a Iseo. Lui a Montello-Gorlago, dove ci saranno i suoi amici ad aspettarlo.
Sarà bello godersi Grena per un'intera settimana. L'aria di casa l'ha sempre rigenerato. Lui Grena se la sente dentro, nel midollo.
La porta del piccolo appartamento si apre. Insieme a Corrado entra una folata di aria gelida.
Il Rosso sorride:
"Scommetto che il nostro capellone è triste e sta pensando alla sua gnocca in viaggio verso la Francia."
Corrado non sorride. Guarda serio l'amico e dice:
"Fosse solo quello, sarei contento. Invece arriva sempre il mio parente idiota a rovinare le cose."
Poi si butta sul letto e chiude gli occhi.
Ezio non sa cosa fare. Sta male a vedere il bresciano così. La smette di preparare i bagagli e gli si avvicina. Lo spinge a parlare:
"Dai, racconta al tuo amico bergamino cosa è successo."
Si butta sul suo letto, per mettersi nella stessa posizione dell'amico.
Guarda il poster dell'Atalanta sulla parete di fronte. Poi guarda quello del Brescia. Si sente perfettamente a suo agio in quella piccola stanza. E ogni giorno che passa si accorge di affezionarsi sempre di più al capellone.
Questi mesi non me li scorderò facilmente.
Corrado apre gli occhi per un attimo. Lo guarda e poi inizia a parlare. Gli racconta delle sensazioni provate all'aeroporto. Della tristezza per il distacco da Zoe. Dell'euforia per l'anello e il progetto di vivere insieme. Della telefonata a casa. Della frase infelice del padre. Della sua rabbia e la voglia di vomitare. Della decisione di starsene a Verona tutta la settimana. Del dispiacere di dirlo alla madre.
Corrado smette di parlare e si richiude nel suo silenzio. Ezio stringe i pugni arrabbiato. Si controlla però, sono un po' di giorni che riesce a rimanere calmo. A non farsi dominare dalla furia.
Ritorna col pensiero a quella lunga chiacchierata con don Gianluca, dopo il funerale di Enrico. Alle parole del prete. Ezio ha un brivido.
E' stato duro con me. Ma era proprio quello che ci voleva.
Gli aveva detto:
"Hai venticinque anni, sei un uomo. E un uomo con carattere sa quando giunge il momento di dare una svolta alla propria vita. La tua rabbia è solo una scusa per non crescere!"
Il Rosso non aveva avuto il coraggio nemmeno di guardare il don. Aveva abbassato gli occhi e messo la coda tra le gambe.
Sei un uomo. Sei un uomo. Sei un uomo. Sei un uomo.
La mia rabbia è una scusa.
Io non voglio crescere.
Il don aveva continuato. Urlando:
"E con questa Vanessa come la mettiamo? Ci fai sesso tutte le sere e non le vuoi neanche bene. Non provarci neanche a tirare fuori la scusa che Gloriana ti ha rovinato. Sono passati parecchi mesi da quando ti ha lasciato, sarebbe anche ora di dimenticarla! Avevi trovato questa Mara, dicevi che ti piaceva davvero, allora perché l'hai lasciata? Che cosa stai combinando, Ezio?"
Non lo so neanche io don Gianluca. E' questo il problema.
Due giorni dopo era rientrato a Verona. La sera stessa era andato all'appartamento di Vanessa. Sapeva già cosa dire. Erano nella sua cameretta, come al solito. Lei gli si era buttata addosso subito e gli stava già slacciando i pantaloni. Lui l'aveva fermata e dopo tanto tempo aveva rispolverato il suo sguardo da duro.
Le aveva detto:
"Non mi sento tagliato per le storie solo di sesso. O ci mettiamo insieme veramente o la smettiamo con questa maratona sessuale."
Sapeva già la risposta. Vanessa era allergica alle relazioni serie. Le aveva fatto quella sparata per impaurirla.
La ragazza non aveva parlato per una decina di secondi. Guardando un punto fisso dietro il Rosso gli aveva risposto che non se la sentiva di fidanzarsi, che quello non era il periodo giusto.
Al bergamino era venuto da ridere. Si era trattenuto per miracolo.
Guarda caso sapevo già la risposta, cara la mia ninfomane. Domani ti butterai su una nuova preda e inizierai a succhiargli anche il midollo.
L'aveva baciata su una guancia e se ne era andato. Si sentiva bene. Era riuscito a mettere una pietra sopra a quella storia senza senso. E poi la settimana dopo Vanessa avrebbe concluso il suo tirocinio al Centro e non l'avrebbe più rivista.
Ezio si risveglia dai suoi pensieri.
Porco schifo il bresciano da cinque minuti non dice una parola, sembra in catalessi. Ancora sdraiato sul suo letto con gli occhi chiusi.
Al Rosso improvvisamente viene un'idea. Una grande idea.
Si alza e va a scuotere l'amico. Quasi urlando gli dice:
"Non resterai qua da solo come un cane per una settimana. Hai bisogno di cambiare aria. Tu verrai a Bergamo con me! A casa mia c'è un bel divano letto che ti aspetta. Mia madre sarà contenta di avere un ospite."
Corrado riemerge dal suo stato comatoso. Risponde:
"Tu sei gentile , bergamino. Ma non c'è bisogno che mi fai la carità. Una settimana qua non è la fine del mondo. Darò una mano agli educatori."
Il Rosso prende per i piedi il capellone e lo costringe a sedersi. Poi a muso duro gli dice:
"Non me ne frega niente. Puoi accamparmi qualsiasi scusa. Tu verrai in vacanza da me. Punto e basta. Mi hai aiutato tante volte in questi mesi. Ora tocca a me."
Ezio si sente alla grande. Come non si sentiva da tempo. Finalmente ha ripreso in mano la sua vita, senza lasciarsi trascinare passivamente dagli eventi.
Corrado non sa cosa fare. Poi prende la sua decisione. Guarda l'amico e dice piano:
"Va bene, mi hai convinto, vengo con te. Grazie per quello che stai facendo."
Il Rosso è felice. Ripensa a quando ha conosciuto il capellone. Alla spilla del Brescia. A come sono andati subito d'accordo. Alla loro iniziale paura dei disabili. Ad Aristide che li ha accolti sulla porta d'ingresso. Adesso se ne staranno lontano da loro per una settimana. Gli mancheranno questi disabili. Non pensava neanche lui di affezionarsi così.
Porca miseria mi sono entrati dentro. Ero proprio uno stupido ad avere paura di loro.
Ripensa a quel dannato pomeriggio con Vanessa. Quando si erano chiusi in bagno a fare le loro porcate lasciando da soli i ragazzi. Ezio prova ancora un senso terribile di vergogna.
Sono stato un vero imbecille. Ma in quel periodo non c'ero con la testa. Ora sto bene. Mi sento come non mi sentivo da tempo.
Il Rosso sorride. Si alza e dice:
"Dai, prepariamo lo zaino. Si va a Bergamo, nel regno degli atalantini."
Corrado sorride a sua volta:
"Appena vedrò una sciarpa o una bandiera dell'Atalanta mi verrà da vomitare. Ma dato che sarò ospite, farò lo sforzo di non nominare il Brescia per tutta la settimana."
Il capellone porge la mano all'amico. Ezio la prende e la stringe.
E' una stretta di mano vigorosa e calda. Di due giovani in cerca della loro strada nella vita.
MARTEDI' 31 DICEMBRE 2006, ORE 14:00
C'è parecchia neve. E' caduta tutta la notte e la strada sterrata non si vede più. I loro piedi sprofondano nel manto bianco, è una sensazione fantastica. Corrado si sente rigenerato. Domani tornerà a Verona e dopodomani rivedrà la sua Zoe.
Adesso però si gode il momento. Sono in sei. Sei giovani uomini. Lui, Ezio, gli amici di Ezio: Antonello, Maurizio, Paolo, Claudio.
Sono partiti da dieci minuti dalla casa del Rosso e adesso Corrado si guarda intorno.
Adesso capisco perché Ezio si sente così legato a Grena. Questi colli sono bellissimi.
Non c'è asfalto. Non ci sono palazzoni, a intossicare la vista. Solo poche cascine. Soprattutto ci sono alberi. Con i loro rami formano un tetto naturale alla strada sterrata. La neve rende ancora più bello il tutto.
Ezio è seguito come un'ombra dal fedele Boz. Corrado non aveva mai visto un cane così strano. E' una vera palla di lardo, un miscuglio assurdo di razze. Al capellone verrebbe voglia di portarselo a Verona e farlo vivere al Centro Disabili.
Un cane così socievole farebbe stare bene i ragazzi. E anche me! Sin da bambino aveva desiderato un cane. E chi non lo voleva? Ovviamente quel simpaticone di suo padre. Corrado gliel'aveva chiesto tante volte. La sua risposta era sempre la stessa:
"Non voglio nessun cane in casa. Rovinerebbe il giardino."
Fottuto giardino. Tiene più a quello che alla mamma e a me.
Prato inglese, aiuole super curate, fontana di pietra antica. Sicuramente un bel giardino, ma lui non poteva correrci sopra, neanche da bambino. Non poteva buttarsi sull'erba, sbucciarsi le ginocchia, rotolare nella terra. E allora a che cosa serviva quel maledetto giardino?
Corrado tenta di non pensare a quante ingiustizie ha subito dal padre nella sua infanzia. Adesso sta bene in mezzo a questi ragazzi.
Ezio e i suoi amici di Grena sono molto uniti. Lo si percepisce. E questa camminata del 31 dicembre è un rituale che ripetono ogni anno per saldare la loro amicizia. Celebrano la fine dell'anno sui colli che li ha visti crescere.
La sera prima, mentre si stavano preparando per andare a letto, Ezio aveva tentato di spiegargli l'importanza dei suoi amici.
Erano seduto sul letto del Rosso. Corrado osservava la bellissima collezione di fumetti di Ezio, il bandierone dell'Atalanta, il poster dei Green Day e a quello di "American beauty", i libri di sport. Tantissimi sport.
Poi il bergamino l'aveva guardato, nel suo solito modo serio e deciso. Aveva iniziato a parlare:
"Domani andremo a farci un giro a piedi per i colli. L'ultimo giorno dell'anno noi lo celebriamo così, camminando sui colli di Grena. Sono ormai dieci anni che lo facciamo. Ogni volta ci rendiamo conto che le nostre vite sono cambiate rispetto alla camminata precedente. Ogni volta ci accorgiamo che le responsabilità sono aumentate. Che stiamo entrando inesorabilmente nell'età adulta. Che la storia si fa sempre più seria. Ma noi siamo sempre lì, a camminare per i nostri colli che conosciamo come le nostre tasche. Uniti come non mai. Con la voglia di scherzare e sparare cazzate. E le nostre ragazze, i nostri genitori potranno bollarci di essere dei bambinoni, ma non ce ne frega niente. Se fra vent'anni saremo ancora tutti qua e il 31 dicembre avremo ancora la forza di camminare, ecco penso che noi rideremo come sempre. E se non lo faremo, vorrà dire che qualcosa è andato storto. Che qualcosa si sarà rotto in maniera definitiva."
Corrado è ipnotizzato da queste parole. Porca vacca, gli viene voglia di abbracciare il Rosso. Il capellone è d'accordo con tutto quello che ha detto l'amico.
Dedicato a tutti quelli che vogliono abbattere la nostra voglia di rimanere un po' bambini.
Ezio riprende a parlare. Questa volta a bassa voce, come se avesse paura che qualcuno lo possa sentire:
"Corrado, io dentro il cuore rimarrò sempre uno studente. Pagherò in futuro la mia ingenuità, ci sarà gente furba che tenterà di fregarmi. Ma non importa. Io andrò sempre in giro con il mio zaino immaginario sulle spalle, da eterno studente!"
Boz si mette ad abbaiare, risvegliandolo dai suoi pensieri.
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