mercoledì 6 maggio 2020

ROMANZI. Lo zaino sulle spalle di Loris Finazzi.8

" Vidi la macchina sparire e restai bloccata con le banconote in mano. Ero disperata. Volevo stracciarli quei soldi. Sentivo un enorme senso di colpa opprimermi il cuore. Invece di essere vicina al mio uomo mi ero venduta a quel signore schifoso. Ma come tu avrai già capito quei soldi li investii subito in droga. Un tossico fa presto a dimenticarsi del suo senso di colpa.
La roba la presi alla stazione. Ne presi molta. Volevo solo smettere di pensare. Mi chiusi in un lurido bagno. Tirai fuori la siringa dalla borsa e mi preparai una super dose. Di quei momenti mi ricordo solamente l'ago che spinge nella mia vena . Poi più niente.
Overdose nei cessi della stazione.
Mi ritrovarono il mattino dopo i poliziotti. Avevo la faccia immersa nel piscio del pavimento.
Ero in stato comatoso. Mi salvai per un pelo. Se avessi passato ancora un'ora in quel bagno squallido penso che sarei morta.
All'ospedale ci misi un giorno per riprendere conoscenza. Quando riaprii gli occhi la sorpresa.
Davanti al letto erano schierati mio padre, mia mamma e mia sorella.
Ero strafelice di rivederli. Ma nello stesso tempo volevo tirarmi sotto le coperte e sparire dalla loro vista. Provai una vergogna tremenda. Che cosa avevano fatto di male per vedermi ridotta in quello stato? Chi ero io per devastare la mia intera famiglia? Scoppiai a piangere. Un pianto liberatorio, covato da parecchi mesi. Mi facevano male le cannette che avevo nel braccio e nel naso, ma continuai a piangere. Fino a quando i miei occhi non ebbero più lacrime da versare.
Poi si mosse per primo mio padre. Mi venne vicino e mi cinse in un abbraccio. I suoi occhi non esprimevano nessun tipo di giudizio e io gliene sarò grata per sempre. Poi vennero avanti mia madre e mia sorella. Ci unimmo in una stretta collettiva. Eravamo ancora una famiglia e io mi sentii felice.
Riuscii persino a scacciare il mio enorme senso di colpa. Ero scappata da loro per mesi. Li avevo ripudiati. E nonostante tutto loro erano ancora lì, con me.
Ci misi una settimana a rimettermi in piedi. Di notte c'era sempre mio padre. Avevo bisogno di lui per combattere contro le crisi di astinenza. Capitava che lo insultassi, volevo uscire da quell'odiata stanzetta e andare a farmi. Lui mi fermava e con forza mi ributtava nel letto. Pover'uomo. Quante ne ha dovute vedere.
All'ospedale continuavo a pensare al mio Giordano. Riuscii a fare una telefonata, sfuggendo alla guardia di mia sorella. Chiamai un mio amico tossico. Mi disse che Giordano si era beccato due anni. Processato per direttissima. Lo sai caro Ezio come funzionano le cose in Italia. Un drogato ruba un portafoglio e lo fanno marcire in carcere. I potenti fanno porcherie su porcherie e restano impuniti. Le parole del mio amico furono come un pugno in faccia. Non riuscivo a concepire due anni senza il mio uomo.
L'ultima notte di ospedale sputai il rospo con mio padre. Gli raccontai tutto, come sto facendo con te ora. Ovviamente il viaggio in autostrada col maniaco non fu menzionato, altrimenti a quel pover'uomo sarebbe venuto un infarto. Lui mi lasciò raccontare senza dire una parola. Poi mi prese le mani e disse:
"Tu questo Giordano non lo devi più rivedere. E' lui che ti ha rovinato. Se decidi di andare in carcere a trovarlo, troverai la nostra porta di casa chiusa. Per sempre. In questi giorni mi ha aiutato molto un mio amico prete: tra un mese partirai per la Calabria. Là te ne starai in una comunità per ragazze che hanno i tuoi stessi problemi. E' l'unica possibilità che hai per tirarti fuori. Se resti qua a Verona ripiomberai nel giro in pochi giorni. Se non partirai, dovrai trovarti un'altra casa, va bene? Io e tua mamma non vogliamo passare ancora l'inferno per colpa tua."
Avevo proprio bisogno di quelle dure parole. Di qualcuno che mi mettesse davanti alla realtà nuda e cruda.
Il mese a casa lo trascorsi intenta a combattere i miei tormenti interiori. Avevo una voglia matta di andare a trovare Giordano e pure di farmi una bella pera. Sapevo che se avessi fatto una delle due cose sarebbe stata la fine.
I trenta giorni passarono senza incidenti. Ce l'avevo fatta. Di notte sognavo Giordano e la mattina mi svegliavo piangendo. Ma non lo andai a trovare.
In Calabria ci andai in treno. Un viaggio infinito. Ovviamente mi accompagnò mio padre.
La comunità era sulla cresta di una collina. Sotto il mare azzurro. Un posto fantastico.
Il mio cammino di disintossicazione durò tre lunghissimi anni. Divenni bravissima a scrivere lettere. Ai miei genitori, a mia sorella. E a Giordano. Ero riuscita  a trovare l'indirizzo del carcere e in una prima lettera fiume gli spiegai tutto. Avevo il terrore che lui mi rispondesse con insulti. Non andò così. Giordano mi rispose che mi amava ancora e che mi avrebbe aspettato.
Furono soprattutto le sue lettere a darmi la forza per andare avanti.
I giorni passavano e io mi sentivo sempre più forte. Lui scontò i suoi due anni e uscì nel mondo reale. Si trovò un lavoro da muratore e mi scriveva che stava guarendo. Niente più eroina neanche per lui. Grazie ad un educatore del carcere che gli era stato vicino ce l'aveva fatta anche lui a disintossicarsi.
Mi scriveva:
"E tu mi raggiungi?"
Le sue parole mi creavano un'ansia tremenda. Ma io lasciai passare un altro anno prima di uscire. Lasciai la Calabria solo quando  mi sentii veramente pronta per affrontare il mondo.
Il viaggio di ritorno in treno volò. A casa i miei avevano organizzato una festicciola in mio onore. Nel rivederli così felici piansi a dirotto. Avevo ventitré anni e ricominciavo a vivere.
Il giorno dopo andai a trovare il mio Giordano. Avevo il suo indirizzo e mi catapultai davanti a casa sua.
Erano le sette di sera, me lo ricorderò per sempre. Arrivò un camioncino carico di muratori. Lui scese, senza far troppo caso alla ragazza bionda che lo aspettava. Non gli avevo detto niente, volevo fargli una sorpresa. Poi mi riconobbe e mi corse incontro. Altre lacrime furono versate. Un'altra unione si ricompose.
Dopo una settimana decisi di presentarlo ai miei.
Mio padre prima la prese molto male. Pensava che Giordano fosse ancora tossico. Pensava che mi avrebbe trascinata ancora nel mondo della droga.
Poi con il tempo la sua diffidenza passò, perché si rese conto che Giordano era pulito.

Io intanto avevo trovato lavoro come cameriera. Durante la giornata avevo un sacco di tempo libero e mi iscrissi al corso per diventare educatrice. In comunità avevo capito che la  mia strada era nel sociale. Durante quel periodo avevo sostenuto gli esami di maturità di quinta superiore da privatista e mi ero diplomata.
Dopo un anno di fidanzamento io e Giordano decidemmo di sposarsi. Andammo a vivere ancora in quell'appartamento dal materasso lurido. Era di sua nonna e glielo aveva lasciato in eredità. Giordano lo sistemò nei weekend.
Il giorno del nostro matrimonio fu bellissimo. Mi sentivo realizzata, caro Ezio. Ero stata all'inferno ed ero risalita. Le persone che avevo rese infelici erano al mio fianco. Ed erano fiere di me.
Passammo tre anni fantastici. Io ero completamente persa di Giordano e lui di me. Riuscii a finire il corso per educatori. Tutto andava per il meglio. Ma la felicità non può durare per sempre, caro Ezio. Ricordatelo bene questo.

Erano le tre del pomeriggio. Faceva un caldo bestiale. Io stavo preparando un curriculum per trovarmi un posto nel sociale. Sentii il campanello. Aprii e mi trovai davanti il capo di Giordano.
Capii subito. Aveva la faccia stravolta. Gli occhi umidi. Giordano era caduto da un'impalcatura ed era morto. Aveva inciampato banalmente in un secchio.
Mi misi a urlare.
Porca puttana tu stai lì a farti il carcere. A tirarti fuori dalla droga. A diventare un altro tipo di uomo. E poi inciampi in un cazzo di secchio e tutto finisce in un attimo.
Avevo ventisei anni ed ero già vedova. Rischiai di impazzire. Per parecchi mesi soffrii di crisi isteriche. I miei mi sono stati vicino e quasi riuscii a raggiungere una specie di equilibrio.
Arrivò pure un lavoro coi disabili, che mi aiutò ad andare avanti. Sì, proprio al Centro Terre di Mezzo, caro Ezio. Era stato appena aperto e io fui una delle prime assunzioni.
Per due anni lavorai senza problemi. Stavo abbastanza bene. Il giorno mi volava. Ma quando la sera tornavo in quel piccolo appartamento, il nostro appartamento, i ricordi mi travolgevano. Non passavo una sera che non scoppiassi a piangere.
Arrivò il Ferragosto. Ero d'accordo con una mia collega di andare a vedere i fuochi in Piazza Bra'.
Verso le otto di sera lei mi telefonò dicendomi che stava male e non poteva venire. Sono tutt'ora convinta che se fossimo andate insieme non sarebbe successo niente. Invece per mia sfortuna decisi di andarci da sola a vedere i fuochi. Non avevo voglia di stare a casa a deprimermi.
C'era il solito casino pazzesco. Ero completamente persa nella bellezza dei fuochi e non stavo poi tanto male. Ma poi vidi il lampeggiante blu di una macchina della polizia.
Tornò nitida nella mia mente l'immagine della macchina bianca e blu che portò via Giordano. Mi misi a correre, urtando chiunque mi trovassi davanti. Ne avevo piene le palle di essere tormentata dai ricordi. La mia corsa finì alla stazione.

Erano passati anni, ma gli spacciatori erano sempre gli stessi. Comprai parecchia roba e tornai nel mio appartamento. Esagerai e persi conoscenza quasi subito.
I carabinieri il mattino dopo furono costretti a buttar giù la porta. Era sabato. I miei mi avevano telefonato e io non rispondevo. Mio padre aveva intuito tutto. Non so come, ma aveva capito che stavo male. Si era precipitato da me e poi aveva chiamato i carabinieri.
Un'altra overdose. Un'altra settimana in ospedale. Un'altra scelta da fare.
Decisi di andare in Emilia Romagna. Tre anni di comunità. Belli e intensi. Avevo trentun anni e dovevo decidere. Quella comunità mi offriva la possibilità di fermarmi a lavorare come educatrice. Fui tentata, ti dico la verità. Poi la voglia di tornare a Verona vinse."

Il pulmino è vicino ormai al Centro Terre di Mezzo. Cinque minuti ed Ezio dovrà affrontare Patrick. Spiegare il guaio che ha combinato. Ma per adesso non ci pensa. Ha solo voglia di sentire come va a finire la confessione di Carla.

L'educatrice lo guarda con aria felice. Quella lunga chiacchierata le ha fatto bene. Ora deve concluderla.
"Erano i primi anni novanta. Mi capitò il classico colpo di fortuna. Al Centro Terre di Mezzo una educatrice restò incinta. Chiamarono me a sostituirla durante la maternità. Poi mi assunsero a tempo pieno, dato che i ragazzi erano aumentati. Da allora non ho più toccato l'eroina. A volte, anche se sono passati parecchi anni, la voglia mi torna. Quando mi vedi con la faccia strana, e di sicuro mi avrai già visto, sto combattendo contro il desiderio di catapultarmi in stazione e prendermi una pallina di roba. Ma vinco sempre io ed è questo che conta."

Il pulmino passa davanti all'università. Ezio si guarda in giro in cerca di Zoe e di Mara. Non le vede.
Saranno a lezione. Beate loro. Io invece adesso mi sentirò una bella predica dal capo.
Carla gli tocca il braccio. Stavolta il suo sguardo è malinconico.
"Sto bene, ma da quando è morto il mio Giordano non ho più avuto una storia con un uomo. Avrei potuto. Ai tempi ero ancora una bella ragazza e le occasioni non mancavano. Ma il ricordo del mio Jim Morrison era troppo forte. Ora mi sento troppo vecchia per iniziare qualcosa. Mi accontento di stare lontana dalla droga."
Ezio prova un'enorme tristezza per lei.
Questa donna è infelice, non riesce a liberarsi dai suoi ricordi. E nonostante tiene botta. Deve avere una grande forza di volontà.
Il Rosso apre la portiera. C'è da aprire il cancello. L'educatrice lo ferma. Con voce calma gli dice:
"Grazie per avermi ascoltato. Tu non sai quanto sto bene adesso. Mi sono liberata di un grosso peso."
L'obiettore sorride. Poi scende, pronto ad affrontare la dura realtà.

SABATO 3 LUGLIO 2006, ORE 8:00
Ezio è appena scomparso dal raggio visivo di Corrado.
Il treno diretto verso Bergamo procede veloce e il Rosso può finalmente chiudere gli occhi e rilassarsi. Patrick si è arrabbiato molto con lui per l'incidente con Rubens, ma gli è passata subito. Anzi stamattina l'ha salutato calorosamente. Gli ha detto:
"Guarda che lunedì ti voglio vedere carico come sempre!"
Bel tipo davvero questo Patrick. Il bergamasco sorride, appoggia la testa contro il finestrino e prima di entrare nel mondo dei sogni pensa che l'indomani c'è la finale di Coppa del Mondo Italia-Francia.
Gli faremo il culo ai francesini. E poi si andrà in giro a festeggiare!

Corrado esce dalla stazione di Verona e raggiunge il pulmino del Centro. Anche lui avrebbe potuto andarsene a casa, dalla sua Francesca. Ma Pino, l'educatore con la barba bianca, si è pigliato la febbre. E lui si è subito offerto per sostituirlo a pranzo.
Che scemo che sono stato, avrei potuto far finta di niente. Comunque prenderò il treno delle quattro e alle cinque sarò a casa.
Non si è sbattuto neanche a telefonare alla sua Francesca per comunicargli il cambio di programma. Le ha scritto un misero messaggio. La verità è che non muore dalla voglia di rivederla. Anzi se ne starebbe volentieri a Verona per il weekend.
Che cosa mi sta succedendo? Devo smetterla di pensare a Zoe.
Ma la mulatta è sempre nella sua testa. Anche questa settimana si sono visti tutti i giorni. Sia nelle pause caffè dopo pranzo, sia di sera. Mai da soli però. C'erano anche Ezio e Mara.
Meno male! Se mi trovassi da solo con lei, non so cosa farei. Forse non mi tirerei indietro come quella volta.
Il bresciano salta sul pulmino e riparte, pensando a cosa fare in mattinata per far divertire i disabili. Vicino all'università vede molti studenti con le borse a tracolla. Ha la tentazione di parcheggiare in quella viuzza laterale e suonare il campanello di Zoe.
Resiste. Svolta a sinistra e parcheggia il pulmino nel cortile del Centro. Aristide lo sta aspettando davanti alla porta.
A pranzo tutto fila liscio, ma lui non c'è con la testa. E' tormentato. Nello zaino ha una biografia da ridare a Zoe. La sua intenzione è di riportargliela quello stesso pomeriggio, prima di andare in stazione.
E se Mara non è in casa? Se mi ritrovo in casa da solo con Zoe sono guai. Va a finire che non resisto e che facciamo l'amore.
Ormai sono le due. Corrado saluta tutti e se ne va. Il treno è alle quattro, ha tutto il tempo per farsi una bella camminata in centro.
Ma quel libro gli brucia nello zaino.
Arriva davanti all'università. E' titubante. Con grande forza di volontà riesce a non pensare alla bellezza prorompente della mulatta.
Io amo Francesca, io amo Francesca, io amo Francesca, io amo Francesca, io amo Francesca.
Ce la fa a resistere. Ignora la viuzza. Ignora l'appartamento delle due ragazze. Ignora la sua voglia matta di fare l'amore con la francesina. Si dirige deciso verso la stazione.
Ma da dietro arriva una voce.
"Corrado, dove te ne vai così veloce? Non hai tempo neanche di berti un caffè con me?"
Cazzo è proprio lei.
Ce l'aveva fatta a resistere! Invece uno strano destino li ha fatti incontrare per strada.
Adesso non so se risponderò ancora delle mie azioni.
Si gira verso di lei. E' bellissima, come al solito. Oggi indossa un vestitino leggero di cotone. Estivo, che più estivo non si può.
Rosso fuoco.
Gli arriva appena sotto l'inguine. Le gambe nere si mostrano in tutta la loro lunghezza.
Corrado inizia ad andare in tilt.
"Ciao. Stavo andando a prendere il treno. Ma un caffè con te me lo faccio volentieri."
Lei lo invita ad entrare nel grazioso appartamento. Lui è sorpreso, pensava di andare in mensa universitaria.
Se gli dico di sì le cose vanno a finire male. Adesso gli propongo di andare in mensa. Tiro fuori le palle. Io amo Francesca, io amo Francesca, io amo Francesca, io amo Francesca.
Senza rendersene conto, risponde:
"Volentieri. Così ti restituisco il libro che mi hai prestato e te ne prenderò un altro."
La mulatta è felice. Apre veloce la porta dell'appartamento e si butta dentro. Corrado la segue. Mentre la ragazza prepara il caffè lui sceglie un'altra biografia. Stavolta opta per Malcom x.
Il caffè è pronto. Se lo bevono parlando del più e del meno. Entrambi sanno che da un momento all'altro potrebbe succedere qualcosa. Ma nessuno ha il coraggio di fare la prima mossa.
Il bresciano si sta tormentando. La sua testa è un vortice di pensieri.
Che cosa ci faccio qui? Dovrei essere in centro a passeggiare, magari a prendere un regalino per Francy, invece eccomi qua da solo con questa super gnocca. Guarda che tette che ha, quanto vorrei tirargli giù quel vestitino, ma non posso buttar via sette anni di fidanzamento così, sarei proprio un idiota. E' vero è da un  po'  che sono un po' stanco di Francesca, è da un po' che inizio a guardare un po' troppo le altre, che sogno di fare sesso con altre tipe. Nell'ultimo anno soprattutto! Prima non avevo occhi che solo per lei! Porca vacca mi sono fottuto l'adolescenza con Francesca, chi me l'ha fatto fare di fidanzarmi a diciotto anni? Dovevo andare in giro con i miei amici a divertirmi, a farmi le prime bevute, a fare l'amore con più ragazze possibili e invece da bravo bambino perfettino subito a mettermi insieme a lei, subito a uscire tutti i fine settimana con lei, subito a trascurare gli amici, subito a ragionare come un cazzo di uomo sposato. E per sette lunghi anni l'ho amata alla follia, non l'ho mai tradita neanche all'università dove avrei potuto scoparmi l'impossibile, e ora eccomi qua davanti a una ragazza che mi fa impazzire, che è la fotocopia spaccata di Halle Berry, oh cavolo Zoe ma perché ti ho conosciuta, perché sei entrata nella mia vita ordinaria, nei miei progetti di bravo ragazzo che sposerà la sua fidanzata storica, non potevi startene lontana da me e tra un po' di mesi tornartene in Francia? Vaffanculo vaffanculo vaffanculo Zoe!!!!!!
Sono le due e mezza. Corrado volendo farebbe ancora in tempo a salvarsi. Fa un ultimo tentativo disperato.
Si alza. Mette la biografia di Malcom x nello zaino. Senza guardare Zoe, dice a bruciapelo:
"Adesso devo proprio andare. Grazie per il caffè. Ci rivediamo lunedì."

La francese è triste. Si era aspettata un altro epilogo. E invece sembra che il capellone resista ancora una volta.
Certo che questo ragazzo ha una grande forza di volontà. Sono convinta di piacergli. E tanto anche. Ogni volta che ci incontriamo mi mangia con gli occhi. Ma non  ha palle per andare fino in fondo. Ma stavolta gli faccio dimenticare io la sua bella fidanzata che lo aspetta a casa.
Bip bip. Arriva un messaggio sul cellulare di Corrado. Lo tira fuori dal marsupio. E' Francesca.
CIAO AMORE MIO. TI STAI PREPARANDO PER TORNARE A CASA? IO MI STO FACENDO BELLA PER TE. STASERA TI FARO' IMPAZZIRE, HO COMPRATO UN COMPLETINO CHE APPENA LO VEDRAI NON CAPIRAI PIU' NIENTE. CI VEDIAMO DOPO. TI AMOOOOOOOOOOOOOO.
Corrado è felice di leggere quel messaggio. Quelle parole gli servono per uscire da quel maledetto appartamento senza fare danni. Si tocca nervoso la lunga coda di cavallo. Dirige i suoi occhi azzurro ghiaccio su Zoe.
Appena la inquadra gli viene quasi un colpo. Si è tolta il vestito! E' coperta solamente da un tanga rosso e da un reggiseno che fatica a contenere le sue grosse tette.
Corrado fa in fretta a dimenticarsi delle parole d'amore di Francesca.
Fa in fretta a buttare nel cesso sette anni felici.
Fa in fretta a ridicolizzare i suoi valori di uomo fedele.
Con un gesto repentino si butta famelico dentro quelle curve mozzafiato. E tutto il resto non importa.

DOMENICA 4 LUGLIO 2006, ORE 20.00
Manca ancora un'ora all'inizio della partita e lui sente già la tensione.
Italia-Francia, finale della Coppa del Mondo di calcio. Stadio di Berlino. L'intero pianeta Terra con gli occhi puntati su quello stadio.
Ezio e i suoi amici stanno aiutando don Gianluca a montare il maxischermo. Questa volta la partita se la vedranno all'oratorio di Grena. Il don ha deciso di affittare lo schermo per la finale. Bando il risparmio, la partita con la Francia è la madre di tutte le partite. Ezio osserva il suo prete coordinare i lavori. Sente un moto di affetto per lui. Quell'uomo è un grande.
Tu lo vedi e non diresti che è un sacerdote. Il Rosso non l'ha mai visto girare in paese con la tonaca. O con la camicia grigia e il colletto di plastica bianca.
Sempre in jeans e t-shirt. E l'enorme massa di capelli riccioli, alla Caparezza. Il naso lungo e la mascella prominente. Non proprio una bellezza. Ma l'espressione è di quelle simpatiche. Il sorriso contagioso. Gli occhi scuri, limpidi e vivi.
In cinque anni ha cambiato il paese. Prima del suo arrivo l'oratorio era un luogo morto. Vuoto, dal lunedì alla domenica. Ora esplode di ragazzi e ogni sera accade qualcosa di nuovo. E' pure riuscito a tirare insieme una polisportiva seria. A Grena si praticano un casino di sport. Calcio, atletica, tamburello, pallavolo, basket e nell'ultimo anno è nata una squadra che partecipa al campionato di calcio balilla del CSI. Uno spettacolo. Grena caput mundi dello sport.
Don Gianluca è un uomo felice. Questo Ezio lo sa. Mai una volta che l'abbia visto giù di morale. Stanco della gente.
Sempre col sorriso. Sempre con la voglia di fare.
E' stato fondamentale nella vita di Ezio. L'ha ravvicinato a Dio. Da quando era morto suo padre il Rosso non aveva più voluto credere a niente. Per tre lunghi anni era stato lontano persino dall'oratorio. In quel periodo esplodeva di rabbia. Se qualcuno osava dirgli che il suo papà se ne era andato in un posto migliore diventava furioso.
Suo padre era morto. Punto e Basta.
Il buio se lo era preso. Stop.
"Non rompetemi le scatole con le vostre balle" pensava.
Poi una sera d'inverno tutto cambiò. Si stava allenando sui colli di Grena. Gelo totale e buio pesto. Il Rosso aveva vent'anni, ma la tristezza di un cinquantenne deluso dalla vita.
Sentì dei passi dietro di lui. Buona andatura, respiro regolare. Fisico atletico, testa riccioluta.
In quel periodo era diffidente di qualsiasi persona. Ma in quel momento sentiva solo onde positive provenire da quello sconosciuto.
Gli sorrise subito, come non faceva da tanto tempo.
"Ciao. Porca miseria corri come un treno" disse all'estraneo.
"Anche tu non scherzi" gli rispose l'altro.
Corsero affiancati per un bel po'. Parlando e ridendo. Aprendosi.
Arrivarono alla Cappella della Madonna e invertirono il senso di marcia. Ora c'era solo discesa davanti a loro e parlare divenne ancora più facile. Dopo cinque minuti di discesa  lo sconosciuto si espose.
"Io sono il nuovo parroco di Grena. Sono qua da una settimana. Mi sa che tu eri uno dei pochi non presenti al mio arrivo. C'era tantissima gente."
Il Rosso cambiò subito espressione. Divenne pensieroso.
Ah è un prete. Vaffanculo. Adesso inizierà coi soliti discorsi sulla fede. Ma io lo blocco subito. Non ho voglia di sentirmi una predica.
Ma don Gianluca, questo era il suo nome, lo sorprese. Non toccò per niente argomenti religiosi. Parlarono di sport ed Ezio fu contento di spiegargli che lui praticava corsa campestre da un sacco di anni.
Ormai arrivati davanti alla casa del Rosso, don Gianluca gli fece la proposta:
"Se mi dai una mano, possiamo costruire una squadra di atletica. Cerca di coinvolgere anche i tuoi amici. C'è bisogno dei giovani in questo paese. Ho notato che l'oratorio è vuoto e triste. Serve una scossa."
Ezio era felice.
Ho sempre sognato di correre per una squadra. Questo qua è un grande. Non mi ha neanche detto di andare a messa. O di andare a confessarmi. Quasi quasi lo aiuto.
"E' una grande idea. Domani ne parlerò ai miei amici e poi ti farò sapere."
Si strinsero la mano, come veri uomini. Si salutarono.
Ezio entrò in casa e, mentre preparava la ciotola del cibo per Boz che aveva condiviso la corsa del padrone, pensò che forse la vita non era poi così male.

Sono passati cinque anni da quella sera.
Il rapporto tra don Gianluca e il Rosso è diventato sempre più forte.
Il maxischermo è quasi montato. Ezio si sente bene. Sono un po' di giorni che non pensa a Gloriana. E' un vero record per lui.
Forse è la volta buona che riesco a dimenticarmi di quella stronza. Sarebbe ora!
Osserva i suoi amici. Osserva don Gianluca. Tutti loro lo hanno aiutato nel periodo difficile. I primi giorni dell'abbandono di Gloriana. La grande idea era stata del prete. Gli aveva detto:
"Il Servizio Civile capita proprio al momento giusto. Fai domanda per farti mandare fuori dalla provincia di Bergamo. Dodici mesi lontano da tutto non possono che farti bene."
Il Rosso la domanda l'aveva fatta subito.
Adesso era un ragazzo felice. Verona, i disabili del Centro Terre di Mezzo, Corrado. Tutto gli piaceva.
E poi Mara. Quella ragazza iniziava a prenderlo bene.
Il mercoledì precedente, il giorno prima dell'incidente in carrozzina, era il giro con Rubens. Spingeva  la sua carrozzina e sentiva i commenti del ragazzo sulle gnocche che vedeva passare. Quel Rubens era un vero spasso. Affamato di sesso come pochi.
Chissà se lo farà mai con una donna. Io impazzirei a essere nella sua situazione.
Erano le quattro del pomeriggio. Al Rosso venne una voglia matta di vedere Mara. Disse a Rubens:
"Adesso andiamo a trovare due belle ragazzuole. Una è proprio bella. Sembra una fotomodella. Scommetto che te la sognerai stanotte. Ma la mia preferita è l'altra. Non è una bellezza da copertina, certo, ma ha un visino molto particolare. E poi mi piace per come è.  Timida e sensibile. Ed ha un carattere buono. Con una così ci passerei tutta la vita!"

Ma che minchiate sto dicendo? La conosco da dieci giorni e già parlo così di lei? Non mi è bastato la batosta di Gloriana? Devo volare basso con le ragazze. Niente illusioni per un po'!

Citofono. La voce di Zoe che risponde.
"Ciao, sono Ezio. C'è Mara?"
"Sì è qua. Sali?"
Panico sul viso dell'obiettore. Quelle sono case vecchie. E l'ascensore non c'era di sicuro.
Che imbecille che sono. Come ho fatto a non pensarci?
"Rubens qua non c'è l'ascensore. Adesso faccio scendere le mie amiche." Tentò di fare un sorriso. Gli uscì un sorriso triste.
Zoe aspettava una risposta.
"Chiedile se può scendere lei."
Mara scese in un nanosecondo. Era troppo felice che il bergamasco fosse venuta a cercarla.
Si salutarono con un bacio sulla guancia. Poi Ezio presentò Rubens.
Rumore di passi sulle scale. Compare Zoe, con la borsa a tracolla piena di libri. Appena la vide Rubens diventò paonazzo. I suoi occhi non si staccavano più da lei.
Zoe salutò tutti e se ne andò a studiare all'ateneo. Anche il Rosso ebbe un sussulto nel vederla, ma durò poco. Lui era lì per vedere Mara. E basta. Gli venne un'idea. La propose:
"Se hai un po' di tempo potresti accompagnarci al Centro Terre di Mezzo. Rubens  ti farà conoscere tutti i gran personaggi che ci sono là."
Mara si dimostrò entusiasta all'idea. Tornò di sopra a prendere la borsa e fu pronta in un attimo.

Il Rosso la ammirava sempre più.
Questa ragazza è una grande. Non me la lascerò scappare. Però farò le cose con calma.
La ragazza non si dimostrò a disagio coi disabili. E i ragazzi sembravano apprezzare molto la sua gentilezza. Alle cinque lei doveva andare a una lezione. Le dispiaceva doversene andare. Avrebbe voluto baciare Ezio. Fargli capire che era persa per lui. Ma la sua timidezza vinceva sempre.
Adesso mi faccio coraggio e lo invito stasera nel nostro appartamento. Voglio fargli vedere i miei quadri.
Con sforzo immane invitò il bergamino. Lui accettò. Felice come pochi.
La sera stessa e il giovedì e il venerdì seguente non si baciarono. Ma stavano bene insieme e questo bastava.

Il maxischermo era ormai pronto. Nel frattempo è arrivata un casino di gente. Sembra che l'intero paese di Grena si sia trasferito lì in oratorio.
Ezio ripensò ai quadri di Mara. Erano veramente belli. Ce n'era uno poi. Era fantastico. Uno stormo di uccelli che volava libero nel cielo. Mara era riuscita a dare al cielo un colore magnifico. Un azzurro da sogno.
La voce di don Gianluca lo riscuote dal suo torpore:
"Ehi Rosso, sei disperso su un altro pianeta? Concentrati che è il momento dell'inno!"

Aveva ragione. I giocatori delle due nazionali erano in fila a centrocampo.
Basta pensare ai quadri di Mara. All'azzurro di quel cielo. Adesso bisogna pensare agli Azzurri d'Italia.
Italia contro Francia.
Finale del mondiale di calcio.
La  madre di tutte le partite.
Ezio non si era più dimenticato di quella finale dell'Europeo persa al golden goal. Proprio contro i francesi. Quel goal di Trezeguet che aveva gelato tutta la popolazione italiana.
Oggi saremo noi a vincere. Gli daremo una lezione di calcio ai francesi!

Gli inni sono finiti. E' il  momento di giocare.
Sette minuti ed è già rigore per la Francia.
Il Rosso guarda i suoi amici. Sono tutti delusi.
Vaffanculo, andrà a finire come all'Europeo!
Sul dischetto si presenta Zidane. Mantiene la freddezza necessaria: goal.
Francia 1 - Italia 0.
Il silenzio si impossessa della folla di Grena. Ma dura solo dodici minuti.
Tocca  Pirlo battere un corner. Con la sua solita calma posiziona il pallone  sulla lunetta. Guarda in mezzo all'area. Vede il gigante Materazzi che sgomita in cerca del varco giusto.
Il cross di Pirlo è perfetto. Pure lo stacco di Materazzi. Salta mezzo metro più di tutti. Colpisce la palla proprio in mezzo alla fronte e la spedisce sotto la traversa, dove Barthez non può arrivarci.
Goal.
La gente di Grena esulta. Ezio, Paolo, Maurizio, Claudio, Antonello e don Gianluca si stringono in un abbraccio selvaggio.
L'arbitro Elizondo incita gli azzurri a tornarsene in fretta a centrocampo. Sul viso dei giocatori torna la maschera della concentrazione. E' finito il momento di esultare. Ora c'è da fare un altro goal ai francesi. Per vendicare quella maledetta finale dell'Europeo.
Per vincere il Mondiale.
Ma il goal non arriverà fino al novantesimo. Né per gli italiani. Né per i francesi.
Ci sono i tempi supplementari. Ezio è una molla. E' tesissimo.
Devo darmi una calmata. E' solo una dannata partita di calcio.
Ma la stessa tensione la ritrova negli occhi dei suoi amici. Anche in quelli scuri di don Gianluca. E chissà in quanti altri li presenti.
Tutta la popolazione italiana è in campo a Berlino questa sera. Tutti gli italiani uniti per la vittoria degli azzurri. Non si può perdere ancora contro i cugini francesi.
La partita non si schioda dall'uno a uno.
Ci vuole un super Buffon per salvare la porta italiana: colpo di testa di Zidane e volo del portierone azzurro.
Ezio è preoccupato.
Qua va a finire male. Porco schifo, non ho voglia di tornarmene a casa triste anche questa volta.
Se li ricordava bene i rigori di USA 94. Il tiro alle stelle di Roberto Baggio. Le lacrime di Baresi. Le facce deluse  degli italiani di Grena. Il silenzio irreale del ritorno a casa.
Ma il secondo tempo supplementare si mette subito bene per l'Italia.
Zinedine Zidane abbatte con una testata Materazzi. Espulso. Un vero colpo di pazzia. Ma gli azzurri soffrono anche in superiorità numerica. Sono scoppiati, non ce la fanno più.
I calci di rigore arrivano come una liberazione. Ora la stanchezza non inciderà. Vincerà chi sarà più freddo. Chi non si lascerà prendere dal panico.
Fino all'Europeo del Duemila i rigori erano stati una maledizione per l'Italia. Poi è arrivata quella fantastica semifinale con l'Olanda. Le manone di Toldo che avevano ipnotizzato i giocatori olandesi. L'abbraccio selvaggio degli azzurri al portiere.
Ezio non parla. E' teso come una corda di violino. Neanche dovesse infilarsi i guanti e andare in porta.
Questa volta vinciamo noi. Questa volta vinciamo noi. Questa volta vinciamo noi.
Tenta di convincersi. Per darsi coraggio. Guarda i suoi amici. Guarda don Gianluca. Si alzano in piedi, tutti insieme nello stesso momento. Telepatia pura. Si abbracciano. E rimangono in quella posizione per tutta la durata dei calci di rigore.
Pirlo: goal!
Wiltord: goal.
Materazzi: goal!
Trezeguet: traversa!!!!!!!!
Ezio salta, urla, stringe i suoi amici. La folla di Grena esplode. Non si capisce più niente.
Arriva De Rossi sul dischetto. E' un rigore troppo importante.
Ezio è in trance.
Ti prego, ti prego, ti prego De Rossi tira una bomba e spacca la rete.
Il giovane giocatore della Roma non tradisce: goal!
Abidal: goal.
Del Piero: goal!
Sagnol: goal.
Ultimo rigore, quello decisivo.
Tocca a Grosso, il terzino. La vera sorpresa dell'Italia. Il giocatore più umile, che è stato decisivo con l'Australia e con la Germania.
Ezio lo guarda mentre con la palla in mano si dirige verso il dischetto.
Verso la gloria o la disperazione.
Vai Grosso, mantieni i nervi saldi, non pensare a niente. Dai che dopo ce ne andiamo tutti a festeggiare. Vai Grosso, sei tutti noi.
Fabio Grosso, terzino sinistro, appoggia il pallone sul dischetto. I suoi gesti sono tranquilli. Non c'è agitazione nei suoi occhi. C'è solo concentrazione. Concentrazione pura. Prende la rincorsa e inizia a correre.
Un'intera nazione corre insieme a lui.
E insieme a lui colpisce il pallone.
E' un tiro perfetto.
Il portiere dei blues è spiazzato.
Goal goal goal goal goal goal goal goal goal urla Fabio Grosso, terzino sinistro.
Tutti i compagni gli sono addosso e lui si lascia travolgere da quella morsa di braccia e gambe.
In Italia inizia la festa. La nazionale italiana è campione del mondo per la quarta volta. Scoppia il delirio azzurro.
Ezio, Antonello, Paolo, Maurizio e Claudio iniziano a correre, inseguendo don Gianluca.
Il prete salta sul pick-up dell'oratorio e mette in moto. Gli altri cinque saltano dietro sul cassone, sventolando le bandiere tricolori. Il camioncino arranca per la salita e poi si butta nella notte, inghiottito in un attimo dalla bolgia rossobiancoverde.
Le strade sono intasate di gente. Il pick-up è costretto a procedere a passo d'uomo. Don Gianluca vuole arrivare a Bergamo e non importa l'ora in cui arriveranno. Stanotte si festeggia e tutto il resto non conta.
Passano per Trescore. Ezio e gli altri ballando, cantando e duettando con la gente per strada. La gente sembra impazzita. Di fianco a loro sfila una jeep, carica di ragazze in costume. Al Rosso viene voglia di saltare su con loro.
Paolo, il gigante col piercing, lo fa davvero! Con un balzo salta giù dal cassone e si tuffa in mezzo alle ragazze. Quelle ovviamente lo accolgono a braccia aperte. Ezio sorride.
A quello non mancheranno mai le ragazze. Piacerebbe anche a me avere una faccia tosta come lui.
Poi pensa a Mara. A quanto gli piacerebbe festeggiare con lei la vittoria del mondiale. Quella ragazza inizia a piacergli sul serio.
Poi vede un BMW. Gli sembra di averlo già visto da qualche parte. A bordo un fighetto con i capelli ingellati e una bionda. Ezio li riconosce. Gli viene da piangere.
Ma è una maledizione! Tra tutto questo casino mi tocca vedere Gloriana. Vaffanculo!
Decide di farsi forza. Guarda i suoi amici, che stanno cantando a squarciagola. Sudati e felici. Guarda la folla intorno al pick-up. Sono tutti pazzi di gioia. Tutte le preoccupazioni della vita quotidiana sono sparite dalle loro facce. L'Italia è campione del mondo e in questa notte magica si deve pensare solo a questo. Il Rosso si riprende. Partecipa al coro dei suoi amici. Salta e balla. Gloriana è dimenticata in un attimo.
Arrivano a Bergamo alle due. Don Gianluca chiede il cambio alla guida. Ezio glielo concede volentieri. Si abbraccia col prete e gli urla nelle orecchie:
"Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!"

Don Caparezza ha gli occhi spiritati. Si butta sul cassone e partecipa al delirio.
Vero le tre e mezzo Ezio decide di tornare a Grena. A malincuore però. Vorrebbe che quella notte non finisse mai, ma alle sette ha il treno per Verona. Meno male che la gente per le strade è diminuita, altrimenti non farebbe in tempo. Ezio imbocca la superstrada a buona velocità.
Arriveremo a Grena verso le quattro. Potrò dormire due misere ore. Ma sì, chissenefrega, abbiamo vinto il mondiale!
Poi un beep. E' arrivato un messaggio sul cellulare. Decide che lo leggerà a casa.
Dietro sul cassone non c'è più nessun movimento. Don Gianluca e gli altri si sono sdraiati. Stremati. Entrano in Grena alle quattro e cinque. Ora c'è un silenzio appagato. Come dopo aver fatto l'amore con la donna che ami. Ti senti bene e non vuoi essere disturbato nel tuo silenzio soddisfatto.
L'allegra brigata si saluta. Ezio è un po' triste. Per due settimane dovrà fermarsi a Verona. Non vedrà i suoi amici per tutto questo tempo.
Poi pensa a Corrado, ai disabili, a Mara soprattutto. E la tristezza se ne va.
Finalmente riesce a infilarsi nel suo letto. Ha un flash. Deve leggere il messaggio sul cellulare.
Gli ha scritto Corrado.
Grande bresciano. Sarà in giro ancora a festeggiare.
Ma il messaggio del suo collega obiettore non c'entra niente con la nazionale.
E' un messaggio pieno di disperazione.
HO FATTO UNA CAZZATA ENORME. IERI HO FATTO L'AMORE CON ZOE. LO SO, SONO UN BASTARDO. A FRANCESCA NON L'HO ANCORA DETTO. MI SENTO UNA MERDA TOTALE. CI VEDIAMO TRA POCHE ORE.
Il Rosso è sbalordito. Rilegge tre volte il messaggio per essere sicuro di quello che c'è scritto.
Il bresciano l'ha combinata grossa. Un po' me l'aspettavo, si vedeva che era perso per Zoe.
Gli risponde subito.
DAI, NON BUTTARTI GIU' COSI'. A VOLTE IN CERTE SITUAZIONI E' VERAMENTE DIFFICILE RESISTERE. ADESSO DEVI CAPIRE COSA VUOI FARE. CI VEDIAMO SUL TRENO. STAI SU DI MORALE, BRESCIANO!
Ezio chiude gli occhi. Pensa a come deve essere bello fare l'amore con Zoe. Per un attimo prova un po' di invidia per Corrado. Ma è un lampo che passa subito. Ora lui a Mara. E in più c'è un amico che si è cacciato in un bel casino.
Un amico da aiutare.
Il bergamino è stanco e si addormenta in un nanosecondo.













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