mercoledì 26 febbraio 2020

RES PUBLICA. "Sardine"


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" gennaio 2020.
Articolo: ""Sardine", ma non in scatola" di RITANNA ARMENI.

E' certamente positivo che migliaia di persone scendano in piazza contro l'odio. E' un bel segnale che un movimento, formato soprattutto da giovani, dica il suo no a una politica che sa solo parlare al proprio ombelico. E' importante la richiesta che la politica torni a essere uno strumento di mobilitazione e non solo gioco di palazzo. Chi nelle scorse settimane è sceso in piazza, "le sardine", così si sono chiamate, ha voluto dire al Paese che i cittadini sono ancora pronti a prendere la parola e non si lasciano annullare.
C'è bisogno di un movimento vigile e pronto a correggere le terribili storture sociali che la situazione economica e le inadempienze e gli errori della politica ci mettono inesorabilmente sotto gli occhi? Ce n'è bisogno, eccome. Basta un movimento che si pronuncia contro gli odi e i rancori della politica, contro il clima rissoso che alcune forze politiche hanno creato per affrontare i drammatici problemi che l'Italia ha di fronte?
I recenti segnali che vengono dal mondo del lavoro sono allarmanti. Gli annunciati 4.700 licenziamenti all'Ilva di Taranto sono un dramma che la città e il Mezzogiorno non sono in grado di reggere. Unicredit, a sua volta, ha annunciato che nei prossimi anni si "libererà" di 8 mila dipendenti e di 500 filiali e che la maggior parte degli esuberi sarà concentrata in Italia dove il personale sarà ridotto di 5.500 unità, pari al 68 per cento del totale, e gli sportelli chiusi saranno 450. Lo stesso piano - va sottolineato - promette poi di distribuire ai soci 8 miliardi di euro tra dividendi e buyback, generando 16 miliardi di valore, e di conseguire 5 miliardi di utili.
Questi ultimi colpi al lavoro sono stati sferrati in un Paese che mantiene record alti di disoccupazione, abbandonato dai suoi giovani che oramai disperano di trovare un lavoro, colpito nei punti forti dello stato sociale quali la sanità e la scuola, in cui le disuguaglianze sono aumentate e l'ascensore sociale si è bloccato. Riporto solo un dato: ai figli del 10 per cento più povero della popolazione occorrerebbero cinque generazioni per arrivare a percepire il reddito medio nazionale.
Ecco, in un'Italia in cui avviene tutto questo un movimento nato contro l'odio, le minacce di fascismo, la politica come sterile e rancorosa competizione non solo non basta ma può rivelarsi inutile se non interviene anche sui grandi problemi e le contraddizioni sociali del Paese.
I buoni sentimenti sono una base importante, ma non sono sufficienti per costruire una politica che affronti le contraddizioni sociali, intervenga sulle ingiustizie, ribalti i processi di disuguaglianza sociale.
"I cattivi", coloro che hanno diffuso l'odio e il rancore, hanno agito e utilizzato il disagio, le condizioni d'insicurezza e precarietà, la paura del futuro. Per sconfiggerli non basta essere "buoni" e gridare nelle piazze. Occorre intervenire, fare proposte alternative, costringere la politica, a iniziare da quella di chi è al governo a cambiare. I "buoni" sapranno fare questo salto?

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