giovedì 18 marzo 2021

GIOVANI E RAGAZZI. Davanti ai videogames

 

FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" novembre 2020.
Articolo: "Mai soli davanti ai videogames" di DANIELE NOVARA.

Nella notte tra lunedì 28 e martedì 29 settembre , a Napoli, poco prima di lanciarsi nel vuoto dal decimo piano di un palazzo signorile, un ragazzino di 11 anni invia questo messaggio al cellulare della mamma: "Mamma ti amo, ho un uomo incappucciato davanti, non ho tempo".
Si torna così a parlare di macabri giochi che si svolgerebbero sul web o attraverso i social. I due più noti sono il Blue Whale e Jonathan Galindo. In entrambi i casi, il "gioco"   è semplice: una serie di sfide e di prove di coraggio che possono condurre i partecipanti all'autolesionismo, se non addirittura al suicidio.
Alcune testate giornalistiche, sia nazionali che internazionali, li hanno analizzati e ne hanno messo in dubbio la veridicità, al punto di parlare di fake news o bufale, per dirla in italiano. Io stesso sono scettico sulla reale esistenza di questi fenomeni.
Punterei piuttosto il dito contro l'eccessiva presenza dei bambini davanti ai videogiochi e sul loro utilizzo smodato.
Il tragico fatto di Napoli lo dimostra. Il cervello di un bambino di 11 anni viene completamente assorbito dal sistema dei videogiochi venendo scollato dalla vita reale.
A fronte di ricerche, o pseudo tali, che sostengono gli effetti benefici dei videogiochi sui giocatori - ad esempio che possano prendere decisioni più velocemente oppure avere prestazioni migliori nei processi di attenzione selettiva o focalizzata -, tante altre ricerche dimostrano che, dopo due ore davanti ad uno schermo, il cervello non riesce più a sottrarsi al consumo stesso e perde la connessione con ciò che è reale. Si arriva al punto di non ritorno.
Purtroppo, durante il periodo del confinamento, la situazione è peggiorata: i ritmi circadiani si sono completamente alterati, portando molti bambini e ragazzi a scambiare la notte per il giorno. Ed è proprio in questo scombussolamento che la pericolosità educativa dei videogiochi è stata sottovalutata. Anche l'età di utilizzo si sta abbassando, ma questo è un aspetto che pare preoccupare solo noi tecnici dell'educazione.
Una scena comune è quella del bambino di 3-4-5 anni al ristorante che maneggia un telefonino o un tablet, "perché così sta tranquillo, non disturba e noi mangiamo in pace" si difendono i genitori. Molti di questi, infatti, non si pongono il problema, mentre ce ne sono altri che per fortuna sono estremamente allarmati dall'uso non corretto delle tecnologie e cercano di capire come sostenere ed educare i propri figli in questa direzione.
Occorre mettersi dal punto di vista delle esigenze formative e delle competenze psicoevolutive di bambini, preadolescenti e ragazzi, chiedendosi quali siano i possibili rischi, i danni e le difficoltà di crescita o sviluppo che la tecnologia comporta e come prevederli o evitarli.
I bambini hanno il diritto a essere educati e gli adulti devono accorgersi della loro presenza e soprattutto dei loro bisogni. Non abbandoniamoli per ore davanti ai videogames. Hanno bisogno di incontrarsi e vivere insieme in carne e ossa in situazioni di realtà concreta, piuttosto che in contesti sempre più virtuali e sempre più pericolosi.

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