FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" maggio 2022.
Articolo: "Educazione alla pace" di DANIELE NOVARA.
L'invasione dell'Ucraina e la guerra conseguente mettono tutti in una condizione di profonda inquietudine. Che cosa dire ai nostri figli e ai nostri alunni?
Il Papa è stato chiaro: si tratta di pazzia, non c'è un'alternativa alla pace e non esiste alcuna "guerra giusta".
Si può educare alla pace. Anzitutto distinguendo tra guerra e conflitto: nella guerra si cerca di ammazzare il nemico; nel conflitto si prova a comunicare in una situazione di divergenza e di contrasto. Non ha alcun senso dire ai bambini: "La guerra è come quando voi litigate". I bambini non vogliono ammazzarsi e il loro litigio fa parte del gioco. Litigano con i loro amici, non con gli estranei. Pensare che la guerra sia il prolungamento delle relazioni conflittuali risulta davvero equivoco. Non solo. E' proprio chi non sa litigare, chi non sa stare nelle contrarietà che diventa favorevole alla guerra e alla violenza, ovvero a risolvere le divergenze liberandosi di chi le porta: "Mi dai fastidio, quindi ti elimino".
Ho intitolato un mio libro I bulli non sanno litigare proprio per segnalare questo pericolo.
Come ci si oppone a questa visione? Aiutando i bambini e i ragazzi - e in fondo tutti noi - a litigare bene, ossia a vivere i contrasti come momenti della relazione, non cedendo all'esplosione emotiva, prendendo tempo, entrando in dialogo con la propria rabbia e aggressività, sapendo distinguere il problema dalla persona che lo porta.
Un antico principio che già papa Giovanni XXIII aveva ripetutamente richiamato e che ha un valore enorme nella buona gestione dei conflitti: "Non sei tu il problema... abbiamo un problema".
Non c'è bisogno di accanirsi con gli altri se si cerca di capire quello che sta succedendo, evitando le comunicazioni pesanti - "Sei sempre il solito", "Lo sapevo che che non dovevo fidarmi", "Quando ci sei tu le cose non funzionano mai" - che invischiano nel rancore e nella permalosità.
Per i bambini ho inventato il metodo "Litigare Bene" che prevede un'operazione molto semplice: non bisogna cercare il colpevole e neanche dare la soluzione, meglio far parlare i litiganti tra di loro. Ognuno darà la sua versione dei fatti ed esporrà le sue ragioni, se possibile in uno spazio specifico della scuola o della casa, il "Conflit Corner", facendo emergere i punti di vista di chi ha preso il giocattolo, di chi vuole comandare, motivi tipicamente infantili.
In questo modo i bambini imparano a litigare con metodo.
Un apprendimento che resta tutta la vita e che crea quella sicurezza per cui quando, nel corso dell'esistenza, si presentano situazioni difficili, ecco che i nostri figli sapranno come comunicare, facendo valere le proprie ragioni e ascoltando quelle degli altri.
La grande psicologa Clotilde Pontecorvo mi raccontava che alcuni bambini le avevano rivelato questo segreto: "Le parole servono a litigare senza farsi male". Gli adulti dovrebbero ascoltare questa frase.
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