FONTE: Notiziario parrocchiale settimanale di Albegno e dintorni.
STIMOLARE, ASSECONDARE... O.....
Tra chi ha la passione di educare, a volte nasce una discussione se sia più incisivo alla formazione della persona stimolare o assecondare.
Una cosa è certa, spero, per tutti: educare non significa "metter dentro" nella persona quello che appartiene alla sensibilità dell'educatore (quello è "inculcare" o peggio ancora "plagiare" ed è un modo per inibire o deformare la personalità dell'altro).
Una cosa è certa, spero, per tutti: educare non significa "metter dentro" nella persona quello che appartiene alla sensibilità dell'educatore (quello è "inculcare" o peggio ancora "plagiare" ed è un modo per inibire o deformare la personalità dell'altro).
Quanto al resto io sono del parere che bisogna miscelare bene i due atteggiamenti, e si può farlo solo se si ha una buona capacità di discernimento.
Alla base di tutto, secondo me, ci deve essere la convinzione che la persona è dotata di capacità aperte alle più svariate possibilità.
Queste capacità si attivano, si sviluppano e si specializzano adattandosi alle condizioni in cui vengono stimolate. In assenza di stimoli adeguati restano latenti fino ad atrofizzarsi.
Quello di stimolare è perciò un metodo educativo irrinunciabile. Però porta con sé un rischio: se gli stimoli sono troppi e troppo diversi tra di loro c'è il pericolo di creare nella persona confusione o stati d'ansia che la bloccano e la mandano in crisi, specialmente negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza.
Da qui la necessità anche di assecondare la sensibilità della persona che pian piano si manifesta e si orienta.
Anche questo comportamento però ha un rischio: quello di favorire e alimentare la tendenza al capriccio e alla comodità rispetto alle scelte impegnative e di valore.
Il compito educativo richiede, perciò, una sensibilità e una attenzione costanti, disponibili e capaci di cercare e creare sempre un nuovo equilibrio nel rapporto educativo che si delinea sempre più come rapporto personalizzato.
Per questo la famiglia è il luogo per eccellenza dell'educazione, sia perché ha il privilegio di interagire fin dall'inizio della vita di una persona, sia perché nel suo interno c'è la possibilità di relazioni personalizzate, sia perché, pure importantissimo, nella famiglia c'è un naturale rapporto affettivo che è unico nel suo genere.
Anche qui, però, tanto per essere ripetitivo, vi è un rischio: quello di creare con la persona un rapporto possessivo (figlio come proprietà privata) o di eccessivo apprezzamento (figlio come "tesoro" "amore" assoluto); o, al contrario, di eccessivo deprezzamento (figlio come "lavativo" o "disgraziato" perché non realizza l'ideale dei genitori).
Per questo, anche i genitori, per quanto siano gli educatori più qualificati, devono sempre verificare il loro impegno educativo confrontandosi anche con altri.
Anche se, raccontato così, l'impegno educativo sembra rendere l'idea di un cammino in campo minato, resta comunque un impegno creativo e soprattutto gioioso se lo si vive con l'umiltà e la disponibilità di chi sa di dover imparare mentre cerca di educare, e sa che può rimediare ai suoi possibili sbagli se ogni volta li riconosce e cerca il rimedio frugando nella sua sensibilità umana, e cercando il confronto con chi gli può dare consigli.
Allora si può parlare di campo "minato", sì, ma con bulbi di fiori. Se anche ti capita di calpestarli inavvertitanente, subito te ne accorgi e cerchi il rimedio rinterrandoli con cura, così che possano tranquillamente sbocciare e arricchire d'incanto la tua stagione.
Quello di stimolare è perciò un metodo educativo irrinunciabile. Però porta con sé un rischio: se gli stimoli sono troppi e troppo diversi tra di loro c'è il pericolo di creare nella persona confusione o stati d'ansia che la bloccano e la mandano in crisi, specialmente negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza.
Da qui la necessità anche di assecondare la sensibilità della persona che pian piano si manifesta e si orienta.
Anche questo comportamento però ha un rischio: quello di favorire e alimentare la tendenza al capriccio e alla comodità rispetto alle scelte impegnative e di valore.
Il compito educativo richiede, perciò, una sensibilità e una attenzione costanti, disponibili e capaci di cercare e creare sempre un nuovo equilibrio nel rapporto educativo che si delinea sempre più come rapporto personalizzato.
Per questo la famiglia è il luogo per eccellenza dell'educazione, sia perché ha il privilegio di interagire fin dall'inizio della vita di una persona, sia perché nel suo interno c'è la possibilità di relazioni personalizzate, sia perché, pure importantissimo, nella famiglia c'è un naturale rapporto affettivo che è unico nel suo genere.
Anche qui, però, tanto per essere ripetitivo, vi è un rischio: quello di creare con la persona un rapporto possessivo (figlio come proprietà privata) o di eccessivo apprezzamento (figlio come "tesoro" "amore" assoluto); o, al contrario, di eccessivo deprezzamento (figlio come "lavativo" o "disgraziato" perché non realizza l'ideale dei genitori).
Per questo, anche i genitori, per quanto siano gli educatori più qualificati, devono sempre verificare il loro impegno educativo confrontandosi anche con altri.
Anche se, raccontato così, l'impegno educativo sembra rendere l'idea di un cammino in campo minato, resta comunque un impegno creativo e soprattutto gioioso se lo si vive con l'umiltà e la disponibilità di chi sa di dover imparare mentre cerca di educare, e sa che può rimediare ai suoi possibili sbagli se ogni volta li riconosce e cerca il rimedio frugando nella sua sensibilità umana, e cercando il confronto con chi gli può dare consigli.
Allora si può parlare di campo "minato", sì, ma con bulbi di fiori. Se anche ti capita di calpestarli inavvertitanente, subito te ne accorgi e cerchi il rimedio rinterrandoli con cura, così che possano tranquillamente sbocciare e arricchire d'incanto la tua stagione.
don Camillo
...Per rimedio: curare!
Un giorno ho interrato in giardino
il bulbo del fior di narciso;
ora per cercarlo mi chino,
non ricordo qual è il posto preciso.
Essendo stagione invernale
non è ancora spuntato il germoglio;
io temo di essere letale
calpestandolo pur se non voglio.
Premurosa lo copre la terra
e lo protegge da passi nemici:
i miei piedi non sono armi da guerra,
si muovon con tatto d'amici.
Ma anche se capita a caso
che venga da me calpestato
non è come quando è invaso
un campo che è stato minato.
Lo posso di nuovo interrare
e proteggerlo con più attenzione.
Potrò, così, rimediare
e arricchir col suo fior la stagione.
don Camillo
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