giovedì 10 marzo 2022

STORIE DI VITA DI ZANDOBBIO. Don Angelo Bosis



 

FONTE: libro "Sul filo dei ricordi..." ideato e stampato dal GRUPPO PARROCCHIALE PER LA TERZA ETA' di Zandobbio.




DON ANGELO BOSIS ED IL "SUO" ZANDOBBIO

Allorché mi è stato chiesto di tracciare un profilo di mio zio don Angelo Bosis, parroco di Zandobbio per circa 35 anni, e di condensare lo scritto in due paginette ho pensato di utilizzare quanto scrittoi su di lui da monsignor Cesare Patelli, suo compagno di seminario ed amico carissimo, e da don Guerino Caproni, per tanti anni coadiutore a Zandobbio: "In seminario, a dodici anni, - scrisse monsignor Patelli - la sua statura piccola e un viso da bambino lo facevano apparire ancor più giovane di quanto era. Negli studi si affermò subito fra i migliori per capacità, genialità e buona applicazione; era aperto, cordiale e senza malizia e quindi benvoluto da compagni e superiori."
Carattere aperto, intelligente e vivace era pronto ad apprendere, facile a comunicare ed in seminario divenne protagonista.
Dalla famiglia benestante e distinta aveva ricevuto una educazione che lo differenziava dagli altri compagni.
Dal padre, una delle figure notevoli nella vita civile e religiose di Albino, onorato e rispettato per la sua franchezza, don Angelo aveva preso la schiettezza e l'apertura del suo temperamento; dalla madre, con nonna austriaca o meglio salisburghese, aveva la riservatezza e la delicatezza di tratti e di sentimenti.
Con altri quattro compagni fu ordinato sacerdote il 29 maggio del 1918, mentre gli altri 14 compagni, a causa della grande guerra, furono ordinati sacerdoti dopo 4 o 5 qnni.
Le prime esperienze sacerdotali le fece a Bolgare (ne parlava raramente) e poi a Cene, dove incontrò un grande maestro di vita e di sacerdozio, monsignor Remigio Negroni, e dove lasciò molti rimpianti fra i giovani.
Approdò a Zandobbio e comprenderemo più avanti la definizione di "suo" Zandobbio.
Don Guerino Caproni traccia un profilo molto umano di don Angelo dicendo: "Provate a farlo parlare prima della Santa Messa! Non ne caverete una parola, tuttalpiù qualche monosillabo.
Parecchio tempo della sua giornata lo trascorre nella solitudine del suo studio o in  chiesa in intimità con Dio.
Ad oltre 70 anni la sua vita di pastore è ancora sulla breccia; basterebbe ricordare le sue due ultime realizzazioni: il nuovio asilo, veramente vasto ed originale, come lo stile dell'architetto Pino Pizzigoni, e la magnifica e suggestiva decorazione della parrocchiale."
Fino qui quanto scritto dai due venerandi sacerdoti in occasione del suo 50° di sacerdozio.
Ora tocca a me, nipote unico maschio della famiglia e quindi da lui prediletto, svelare alcuni particolari e descrivere episodi non conosciuti dai suoi parrocchiani che lo hanno molto amato e stimato.
Ho accennato alla antenata salisburghese; don Angelo non ne parlava mai poiché gli austriaci erano, ai tempi, tradizionali nemici degli italiani, poiché mio padre aveva combattuto contro gli austriaci nel 1915-1918, poiché lo zio don Angelo aveva perso in guerra due compagni di seminario ed altri compagni avevano combattuto e sopportato la prigionia austriaca.
Le origini: famiglia benestante, afferma mons. Patelli, con don Angelo comproprietario col fratello Valentino e le sorelle Bianca, Erminia e Cesarina dei beni di famiglia che fornivano reddito. Quel reddito don Angelo lo utilizzò per ristrutturare la casa parrocchiale con i due bellissimi saloni, per realizzare le porte ed i banchi della chiesa parrocchiale, opera del'ottimo intarsiatore Giovambattista Mutti detto Cuco, per dotare il campanile del concerto di otto campane in sostituzione delle tre su cinque, rimaste dopo la guerra, per acquistare dalla famiglia Pecis il terreno su cui è stato costruito l'asilo, per ristrutturare la casa masserizia ed il beneficio parrocchiale.
A quei tempi a Zandobbio pochissime erano le famiglie benestanti e molte erano le famiglie poco abbienti per cui, nonostante la generosità dei zandobbiesi, sempre sottolineata da don Angelo, c'era sempre bisogno di una integrazione a titolo personale del parroco. In occasione delle feste solenni la chiesa veniva addobbata dai fratelli Carrara di Albino, poiché dove non arrivavano le disponibilità parrocchiali sopperiva il contributo del fratello Valentino.
Era Gioanì Galèt che veniva a caricare i paramenti ed io salivo sul carretto del mio grande amico Gioanì ed entrambi eravamo orgogliosi di fare le quattro ore di viaggio da Albino a Zandobbio.
Ecco alcuni motivi di quel "suo" Zandobbio, ma c'è di più, monsignor Clemente Gaddi, vescovo di Bergamo, voleva designare don Angelo Bosis prevosto a Clusone; era una nomina di prestigio, ambita da molti. Il vescovo fece molte pressioni e confidò nell'opera di persuasione dell'amico monsignor Patelli, ci fu un lungo braccio di ferro, ma alla fine don Angelo preferì restare nel "suo" Zandobbio, fra i suoi parrocchiani che ricambiavano l'affetto non solo verso il parroco, ma pure verso i familiari e su tutti la sorella Bianca, abile organizzatrice, che nelle grandi occasioni faceva da regista a Letizia, la donna di servizio, e a tutti coloro che, volonterosi, si prestavano per la buona riuscita delle feste. Erano proverbiali, pure in tempo di guerra, i pranzi offerti ai numerosi sacerdoti che venivano dai paesi viciniori.
Alla parrocchia del "suo" Zandobbio, con testamento dell'8 novembre  1940, don Angelo lasciava metà del suo patrimonio immobiliare oltre ai quadri di artisti come il Cavagna, il Crespi, il Miradori detto il Genovesino, il Diotti e altri celebri pittori lombardi, ma qualcuno definì roba vecchia i quadri ed alcuni mobili di pregio ("sedie dell'archivio che non dovranno essere vendute") per cui il 13 giugno 1970, pochi mesi prima di morire don Angelo modificò il testamentoL lasciando alla parrocchia beni mobiliari (azioni ed obbligazioni industriali oltre alle sopra citate sedie dell'archivio), ma dirottò ad altri i dipinti e lasciò ai familiari la quota delle proprietà immobiliari.
Le grandi passioni di don Angelo erano le cerimonie della settimana santa che a Zandobbio venivano celebrate con solennità; il grande desiderio, irrealizzato, era di poter assistere alle cerimonie di Spagna ed in particolare a quelle di Siviglia e Saragozza dove è il grande santuario della Madonna del Pilar di cui egli era devoto.
Altra passione i concerti di campane e, in particolare, quelle di S. Marco a Venezia e Santa Giustina a Padova (le campane di Zandobbio sono uscite da una fonderia di Padova).
I dolori, che io ricordo: un matrimonio andato a monte che attirò su Zandobbio la curiosità morbosa di tanti giornali; l'abbandono del gregge da parte di un coadiutore; la morte di Candido, il tabaccaio, di cui pare fosse molto amico; la morte di Giuseppe Marra, ol faturì, uomo di grande onestà e di sua fiducia.
L'ironia: verso coloro che una notte sono penetrati nella casa parrocchiale ed hanno razziato tutto il pollame; verso quell'orda di chierichetti che una domenica, dopo la dottrina, fatti entrare da me, si sono mangiati tutte le fragole (alcuni chilogrammi) che stavano nell'orto sotto le finestre della sagrestia (c'erano i fratelli Gregori, Carlo e Angiolino, Nani, Muchì ed altri tre o quattro).
La riconoscenza verso coloro che lo hanno aiutato durante gli ultimi mesi di malattia: ad essi ha lasciato, per testamento, un oggetto od un mobile come ricordo.
Potrei scrivere molte pagine, stampare molti ricordi e citare persone ed amici, ma rischierei di fare torti dimenticando qualcuno.
Desidero ringraziare, sinceramente e di cuore, i vecchi zandobbiesi per l'attaccamento, la stima e l'affetto verso mio zio don Angelo e verso la famiglia Bosis; al funerale di mia zia Bianca hanno preso parte 48 zandobbiesi (conservo le firme) saliti ad Albino con un autobus speciale. Ciò dimostra che il "suo" Zandobbio ha ricambiato ampiamente don Angelo ed i familiari per quanto ha avuto.
Purtroppo sono tutti morti e sono io l'ultimo a ricordare ed a manifestare molta gratitudine.

                                             Alfonso Bosis


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