FONTE:"Messaggero di sant'Antonio".
ARTICOLO: "LA CATECHESI AI RAGAZZI La giustizia non è gratis esige coraggio" di TONINO LASCONI.
I ragazzi hanno una percezione vivissima, molto dolorosa, istintiva di una particolare forma di ingiustizia. Essere trattati dai genitori, dagli insegnanti, dall'allenatore, dalla catechista... in maniera meno attenta, benevola, comprensiva degli altri, li fa soffrire, li umilia. E li fa arrabbiare.
"Mia madre vuole più bene a mio fratello che a me!"; "La prof ha i suoi cocchi e a quelli gli fa passare tutto!"; "L'allenatore non mi fa giocare perché non gli sono simpatico"... Sono frasi struggenti che costituiscono una vera e propria forma di contestazione dell'ingiustizia, a misura di ragazzo.
Gli adulti non sempre accolgono queste reazioni con la giusta considerazione.
Anzi, non di rado cercano di dimostrare che non è vero, che è solo un'impressione o - peggio, molto peggio! - che "così va il mondo". Niente di più sbagliato.
E' necessario mettere il dito nella piaga per far crescere nei giovani la fame e la sete di giustizia verso tutte le forme di ingiustizia. Occhio però! Questo non significa aizzarli ottusamente contro il genitore, l'insegnante, l'allenatore... ma far capire loro quanto è brutto e doloroso trattare gli altri con parzialità. Di conseguenza: "Non fare agli altri ciò che non vorresti che gli altri facessero a te".
Quindi,"ottusamente contro" no. Però "coraggiosamente contro" sì. Perché il problema della giustizia non è volerla. Non c'è chi non la voglia. Il problema è avere il coraggio di combattere per esigerla e per averla. Per sé e per gli altri. I ragazzi devono sapere e sperimentare che dire al genitore: "Tu vuoi più bene a mio fratello", ti può fare arrivare una sberla. Che dire alla prof: "Lei non è imparziale", ti può portare un votaccio. Che dire all'allenatore...
Alla giustizia non servono i piagnoni e i lamentosi, ma i coraggiosi, quelli che sanno rischiare e pagare di persona. Fin da piccoli. Non c'è danno più grosso per un ragazzo che tirarlo su a forza di: "Tu stai zitto e pensa ai fatti tuoi, altrimenti ci rimetti".
Meditiamo, adulti! Soprattutto gli adulti "devoti".
"Mia madre vuole più bene a mio fratello che a me!"; "La prof ha i suoi cocchi e a quelli gli fa passare tutto!"; "L'allenatore non mi fa giocare perché non gli sono simpatico"... Sono frasi struggenti che costituiscono una vera e propria forma di contestazione dell'ingiustizia, a misura di ragazzo.
Gli adulti non sempre accolgono queste reazioni con la giusta considerazione.
Anzi, non di rado cercano di dimostrare che non è vero, che è solo un'impressione o - peggio, molto peggio! - che "così va il mondo". Niente di più sbagliato.
E' necessario mettere il dito nella piaga per far crescere nei giovani la fame e la sete di giustizia verso tutte le forme di ingiustizia. Occhio però! Questo non significa aizzarli ottusamente contro il genitore, l'insegnante, l'allenatore... ma far capire loro quanto è brutto e doloroso trattare gli altri con parzialità. Di conseguenza: "Non fare agli altri ciò che non vorresti che gli altri facessero a te".
Quindi,"ottusamente contro" no. Però "coraggiosamente contro" sì. Perché il problema della giustizia non è volerla. Non c'è chi non la voglia. Il problema è avere il coraggio di combattere per esigerla e per averla. Per sé e per gli altri. I ragazzi devono sapere e sperimentare che dire al genitore: "Tu vuoi più bene a mio fratello", ti può fare arrivare una sberla. Che dire alla prof: "Lei non è imparziale", ti può portare un votaccio. Che dire all'allenatore...
Alla giustizia non servono i piagnoni e i lamentosi, ma i coraggiosi, quelli che sanno rischiare e pagare di persona. Fin da piccoli. Non c'è danno più grosso per un ragazzo che tirarlo su a forza di: "Tu stai zitto e pensa ai fatti tuoi, altrimenti ci rimetti".
Meditiamo, adulti! Soprattutto gli adulti "devoti".
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