FONTE: "il venerdì di REPUBBLICA" del 10/08/16.
ARTICOLO: "Gli angeli volanti che salvano i bambini" di ELENA DUSI.
Andrea Moscatelli, direttore rianimazione al Gaslini di Genova, riporta in Italia i piccoli che si ammalano gravemente all'estero. E qui parla delle sue missioni.
"Durante quel volo è successo di tutto" dice oggi Andrea Moscatelli. Al suo turno normale, il direttore della rianimazione del Gaslini di Genova aggiunge quello di angelo volante.
Quando arriva una chiamata, lui parte con l'aereo per recuperare bambini in fin di vita in tutto il mondo.
"Mi accompagnano almeno un altro medico e un'infermiera" racconta.
"Ma abbiamo un intero ospedale alle spalle, e il nostro capo dipartimento Pietro Tuo".
A portarlo al capezzale dei piccoli da salvare ci sono i Falcon 50 dell'Aeronautica militare. Sono i velivoli del 31° Stormo, quelli che portano le autorità in giro per il mondo.
"Si ripiegano le poltroncine e si crea lo spazio per alloggiare una barella" spiega Moscatelli.
Quel primo maggio la telefonata è arrivata dal papà di Dalia, un italiano sposato con una rumena. La bambina, 6 anni, era a Bucarest, e stava morendo.
Tutto era iniziato con una polmonite durante una visita alla famiglia materna. Ma il ricovero nel piccolo ospedale di provincia non era bastato. E neppure il trasferimento a Bucarest.
Da cinque giorni la situazione stava precipitando nonostante nei polmoni di Dalia venisse insufflato ossigeno con pressioni che rischiavano di danneggiarli.
"Aiutatemi" aveva chiesto il padre di Dalia.
"Ogni anno ci capitano tre o quattro di queste emergenze" dice Moscatelli. Subito prima di Dalia era toccato a un bambino italiano di pochi mesi residente in Libano.
"Il servizio di trasporto aereo, dieci anni fa, serviva a portare all'estero i pazienti che non riuscivamo a curare nel nostro Paese. Ora la direzione si è invertita".
Dopo la richiesta di aiuto da parte di una famiglia italiana in difficoltà all'estero, partono tre percorsi.
Le ambasciate si occupano delle procedure diplomatiche. L'Aeronautica si fa autorizzare dalla Presidenza del Consiglio e prepara il Falcon.
Il Gaslini cerca di valutare le condizioni del bambino.
"Dobbiamo capire" spiega il medico "se il bambino è grave e se il trasporto può aumentare le sue probabilità di sopravvivenza o rappresenta un rischio inutile".
Facile a dirsi, un po' meno a farsi.
"Capirsi con il colleghi all'estero non è sempre facile. A volte guardiamo il paziente via Skype e ci facciamo mandare la radiografia su Whatsapp".
Il 2 maggio scorso l'équipe del Gaslini parte su un aereo trasformato in una stanza di rianimazione, con ossigeno, apparecchio per la ventilazione dei polmoni, un piccolo laboratorio di analisi, un ecografo per cuore e polmoni.
Con Moscatelli si imbarcano la dottoressa Gabriella Bottari e l'infermiera pediatrica Monica Faggiolo.
All'ospedale di Bucarest sulla gravità di Dalia non restano più dubbi. I polmoni dalla bambina sono allo stremo.
"All'inizio pensavamo di poterla collegare all'Ecmo, una macchina che estrae dal corpo il sangue venoso, lo filtra e lo reimmette nel corpo. Ma farlo subito, lì, sarebbe stato pericoloso. Ci abbiamo messo tre ore a stabilizzarla in ospedale, prima di partire" racconta il medico.
A mezzanotte tutto è pronto.
"Ma all'aeroporto di Bucarest applicano le procedure di sicurezza. Controllano le apparecchiature e mentre io resto con la bambina i colleghi fanno la fila per il metal detector".
Dopo il decollo, la ventilazione ai polmoni all'improvviso si arresta.
"Stavamo consumando troppa elettricità. Le batterie non ce la facevano a mantenere tutti gli apparecchi in funzione."
A gonfiare i polmoni di Dalia, i medici e l'infermiera continuano a mano, per tutto il viaggio.
A Genova, alle tre di mattina, la bambina viene finalmente trasferita in rianimazione al Gaslini.
Oggi è a casa. Sta bene. Per Moscatelli e i suoi colleghi quello è stato il volo più duro.
"Ma finora, ringraziando il cielo, siamo riusciti a portarli tutti vivi a destinazione."
"Si ripiegano le poltroncine e si crea lo spazio per alloggiare una barella" spiega Moscatelli.
Quel primo maggio la telefonata è arrivata dal papà di Dalia, un italiano sposato con una rumena. La bambina, 6 anni, era a Bucarest, e stava morendo.
Tutto era iniziato con una polmonite durante una visita alla famiglia materna. Ma il ricovero nel piccolo ospedale di provincia non era bastato. E neppure il trasferimento a Bucarest.
Da cinque giorni la situazione stava precipitando nonostante nei polmoni di Dalia venisse insufflato ossigeno con pressioni che rischiavano di danneggiarli.
"Aiutatemi" aveva chiesto il padre di Dalia.
"Ogni anno ci capitano tre o quattro di queste emergenze" dice Moscatelli. Subito prima di Dalia era toccato a un bambino italiano di pochi mesi residente in Libano.
"Il servizio di trasporto aereo, dieci anni fa, serviva a portare all'estero i pazienti che non riuscivamo a curare nel nostro Paese. Ora la direzione si è invertita".
Dopo la richiesta di aiuto da parte di una famiglia italiana in difficoltà all'estero, partono tre percorsi.
Le ambasciate si occupano delle procedure diplomatiche. L'Aeronautica si fa autorizzare dalla Presidenza del Consiglio e prepara il Falcon.
Il Gaslini cerca di valutare le condizioni del bambino.
"Dobbiamo capire" spiega il medico "se il bambino è grave e se il trasporto può aumentare le sue probabilità di sopravvivenza o rappresenta un rischio inutile".
Facile a dirsi, un po' meno a farsi.
"Capirsi con il colleghi all'estero non è sempre facile. A volte guardiamo il paziente via Skype e ci facciamo mandare la radiografia su Whatsapp".
Il 2 maggio scorso l'équipe del Gaslini parte su un aereo trasformato in una stanza di rianimazione, con ossigeno, apparecchio per la ventilazione dei polmoni, un piccolo laboratorio di analisi, un ecografo per cuore e polmoni.
Con Moscatelli si imbarcano la dottoressa Gabriella Bottari e l'infermiera pediatrica Monica Faggiolo.
All'ospedale di Bucarest sulla gravità di Dalia non restano più dubbi. I polmoni dalla bambina sono allo stremo.
"All'inizio pensavamo di poterla collegare all'Ecmo, una macchina che estrae dal corpo il sangue venoso, lo filtra e lo reimmette nel corpo. Ma farlo subito, lì, sarebbe stato pericoloso. Ci abbiamo messo tre ore a stabilizzarla in ospedale, prima di partire" racconta il medico.
A mezzanotte tutto è pronto.
"Ma all'aeroporto di Bucarest applicano le procedure di sicurezza. Controllano le apparecchiature e mentre io resto con la bambina i colleghi fanno la fila per il metal detector".
Dopo il decollo, la ventilazione ai polmoni all'improvviso si arresta.
"Stavamo consumando troppa elettricità. Le batterie non ce la facevano a mantenere tutti gli apparecchi in funzione."
A gonfiare i polmoni di Dalia, i medici e l'infermiera continuano a mano, per tutto il viaggio.
A Genova, alle tre di mattina, la bambina viene finalmente trasferita in rianimazione al Gaslini.
Oggi è a casa. Sta bene. Per Moscatelli e i suoi colleghi quello è stato il volo più duro.
"Ma finora, ringraziando il cielo, siamo riusciti a portarli tutti vivi a destinazione."
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