giovedì 14 aprile 2016

VIVERE INSIEME. Prima i bambini


FONTE: MESSAGGERO DI SANT'ANTONIO febbr. 2016
Articolo di ADA FONZI professore emerito psicologia dello sviluppo.


PRIMA I BAMBINI

Prendendo in prestito il titolo del bel libro della scrittrice premio Nobel per la letteratura Toni Morrison, per riflettere ancora su quanto ho scritto il mese scorso a proposito del rapporto esistente tra condizioni economiche e sviluppo del cervello. Il 20 novembre, data in cui si è festeggiata la Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, l'Unicef ha pubblicato il rapporto "Per ogni bambino la giusta opportunità". Il messaggio è quello di una lotta alle disuguaglianze di qualsiasi tipo, a questa sorta di gramigna che si insinua dovunque, e fin dalla nascita. Non è un caso che i bambini più poveri di ogni parte del mondo abbiano probabilità quasi doppie di morte prima del quinto anno di vita e probabilità cinque volte maggiori di non frequentare la scuola. Ma ciò che forse non è per tutti chiaro è che queste disuguaglianze hanno una stretta correlazione con la crescita economica generale tanto che, secondo alcune stime, ogni anno di scuola frequentato corrisponde in media non soltanto a un aumento del 10 per cento del reddito individuale, ma anche a una crescita del Pil nazionale. Un altro assalto alla nostra colpevole ignoranza è stato sferrato dall'"Atlante dell'Infanzia (a rischio). Bambini senza. Origini e coordinate della povertà minorile" di Save the Cildren. Sono centinaia di migliaia i bambini nel mondo socialmente e culturalmente deprivati, vittime di violenze fisiche e psicologiche. Proprio "bambini senza": senza cibo sufficiente, senza casa, senza giochi, senza libri.

Questi dati mi hanno riportato alla mente un episodio di moltissimi anni fa, quando, giovane studiosa, conducevo una serie di ricerche in un orfanotrofio (ne esistevano ancora!) che ospitava bambini entro i primi cinque anni di vita. Un giorno, senza che riuscissi a individuarne la causa, mi sono ritrovata circondata da un folto gruppo di piccoli ospiti che tentavano di toccarmi il vestito. Ma cosa aveva di speciale quel vestito? Lo capii dopo un po': era chiuso in tutta la sua lunghezza da una fila di bottoni. Era questa la novità, i bottoni - da inserire ed estrarre dall'asola -, i quali, nel timore venissero ingoiati dai piccoli, erano invece del tutto assenti nei grembiulini chiusi da fettucce. Mi sono allora resa conto di come possa e debba essere importante offrire ai bambini, fin da piccolissimi, ampiezza di stimolazioni, pena l'appiattimento di qualsiasi desiderio di conoscere e di esplorare. Quei piccoli orfani avevano voglia di imparare cose nuove, ma non sappiamo quanto quella voglia sarebbe rimasta intatta se con il passare del tempo non fossero migliorate le loro condizioni di vita.

Gli studi psicologici ci hanno fornito alcuni concetti fondamentali che possono aiutarci a comprendere meglio i problemi educativi. Tra questi, due in particolare mi sembrano utili: quello dei "periodi sensibili" e quello dello "sviluppo prossimale". In base al primo, ogni abilità, ogni acquisizione possono avvenire soltanto in un periodo relativamente fisso dello sviluppo, durante il quale è l'ambiente che attiva un comportamento che è sì geneticamente predisposto, ma non fruibile senza adeguate stimolazioni. Passata quell'opportunità, è assai difficile che l'organismo riesca a recuperare il tempo perduto. C'è un tempo per esplorare, un tempo per arrampicarsi, un tempo per leggere, un tempo per fare l'amore, un tempo per...Quanto allo "sviluppo prossimale", questo sta a indicare l'aumento di prestazioni rispetto allo sviluppo "naturale" che un bambino può presentare se viene supportato e orientato con mezzi adeguati dall'adulto, la cui azione risulta particolarmente decisiva intorno ai 7-8 anni.
Ma vorrei concludere, così come ho aperto quest'articolo, ancora con le parole della Morrison: "Quello che fai ai bambini conta. E loro non lo dimenticano più".

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