giovedì 17 marzo 2016

SPORT. Simone Moro e Roberto Donadoni


Nei giorni scorsi i giornali hanno scritto molto dei due bergamaschi Simone Moro e Roberto Donadoni.

Ecco alcuni brani estrapolati dagli articoli pubblicati su SPORTWEEK del 05/03/16.

SIMONE MORO

Il 26 febbraio scorso è arrivato con i suoi compagni di spedizione (Tamara Langer, Alex Txikon, Ali Sadpara) in cima al Nanga Parbat in prima invernale.

E' salito su 7 dei 14 ottomila ed è l'unico ad averne violati 4 nella stagione invernale.

E' pilota di elicotteri specializzato nel soccorso in Himalaya e autore di cinque libri.

Alcuni suoi pensieri:

"Serve un sogno, la voglia di non considerarlo come una nuvoletta dove rifugiarsi solo con la mente, trovando l'alibi perché esso sia sì dannatamente bello, ma irrealizzabile. Serve chi il sogno te lo abbia ispirato, chi ti insegni che per grandi ambizioni servono basi solide, gambe forti, i tempi giusti, la maturazione umana e sportiva, la pazienza, la capacità di perdere e di imparare dalle sconfitte. Vanno conosciute e rispettate le regole, accettati i propri limiti ma più di tutto, al di sopra di ogni elemento, bisogna essere pronti a soffrire tanto, a massacrarsi la schiena di lavoro. Non servono la chimica o i trucchi, ma avere fame di conoscere la storia di chi prima di te ha sognato uguali traguardi."

"Il mio pensiero va a Gunther Messner."

"Io non ero e non sono nessuno, se non un ragazzino e oggi uomo di Bergamo, provincia piccola e abituata a gesta di atleti famosi dei due pedali. Ho avuto però tanta fame, un sogno gigantesco e nessuno in famiglia che lo abbia pensato stupido e impossibile."

""L'impossibile" è e rimane l'alibi di ogni nostra resa e debolezza."

ROBERTO DONADONI

Articolo di Fabrizio Salvo.

Chi ha detto che Roberto Donadoni è un uomo serioso, malinconico, triste persino? Tanti. Qui, con l'aiuto dell'interessato, proviamo a fare giustizia dei pregiudizi che hanno accompagnato - e, secondo molti, penalizzato - la carriera di un allenatore che a parole tutti stimano ma nei fatti pochissimi hanno valorizzato.

Ecco alcune domande e risposte:

Lei come ha fatto a restare fedele a se stesso?
"Semplicemente perché se volessi sembrare diverso da quello che sono farei una fatica immane".

Alza mai la voce?
"Coi giocatori spesso".

Cosa la fa arrabbiare nello spogliatoio?
"La maleducazione. Che per me vuol dire soprattutto mancanza di rispetto verso gli altri".

Crede di essere  stato sfortunato coi presidenti? E' partito da Spinelli per arrivare a Ghirardi, passando per Preziosi, De Laurentiis e Cellino: tutti tipi "esuberanti", diciamo.
"Invece è stata una fortuna: ho avuto occasione di conoscere modi di essere e caratteri diversissimi dal mio e questo lo considero un arricchimento".

Taciturno, poco mediatico, non fa vita mondana: in quale di questi giudizi si riconosce? E in quale no?
"Certamente non faccia vita mondana. Non è vero al contrario che sono taciturno. Non lo sono mai stato. Sono soltanto uno cui piace ascoltare e che interviene in una conversazione se pensa che sia il caso e abbia i titoli per poterlo fare. In ogni caso parlo molto più rispetto a una volta".

La Nazionale è il suo rimpianto più grosso?
"Perché? E' stato invece un grande onore".

Finì per un rigore sbagliato nei quarti contro la Spagna, all'Europeo 2008. Ad altri sulla stessa panchina è stata concessa l'occasione di una rivincita.
"Il mio rapporto con la Nazionale non è finito per un rigore ma per altri motivi".

Quali?
"Le rispondo così: nel nostro ambiente bisogna sapersi vendere, io non riesco. E quando ritengo qualcuno non meritevole del mio rispetto, lo ignoro".

Una volta ha detto: non ricordo i gol segnati, né quanti scudetti e coppe ho vinto. E' vero?
"Non ho una grande memoria storica, ma i visi dei miei compagni e di chi ha accompagnato la mia crescita li ricordo bene. Quello di Bonacina, per esempio, il mio primo allenatore. Avevo 9 anni".

Vorrebbe chiedere scusa a qualcuno?
"Ogni giorno, poi ci sono scuse e scuse. Di sicuro non riesco a tenere il muso. Che io abbia ragione o torto, muovo sempre il primo passo per fare la pace".


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