FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" novembre 2015
Articolo "Quel "dare una mano" di Fulvio Scaparro.
Quel "dare una mano"
Brutta cosa la fretta quando non è giustificata dalle circostanze o da qualche grande o piccola situazione di emergenza. Dovremmo ricordarcelo quando facciamo la nostra parte nel dare una mano nella crescita di figli, nipoti e allievi. "Dare una mano" non significa, dopo i primi tre anni di vita, sostituirci in tutto e per tutto a loro, non dare loro spazi crescenti di autonomia e, soprattutto, non rispettare i loro tempi di maturazione. Tempi che sono diversi da bambino a bambino. Capita che i genitori, talvolta in buona fede ma non di rado per soddisfare le proprie aspettative e per timore che i figli, considerati più maturi dei coetanei, partano in ritardo dai blocchi di partenza, accelerino indebitamente la loro crescita.
Sotto questo aspetto pare che tutto il mondo sia paese. In una recente lettera aperta, il ministro dell'Istruzione britannico Nick Gibb ha dato l'alt alla smania dell'accelerazione a tutti i costi per far "guadagnare tempo" ai bambini mandandoli a scuola a 5 anni. L'istruzione e l'educazione non vanno d'accordo con la fretta: il tempo guadagnato è tempo perso quando non si rispettano i ritmi di crescita dei piccoli, spronati a correre per il timore di restare indietro.
Il ministro si riferisce in particolare ai cosiddetti summer born babies, i bambini nati d'estate, circostanza temporale di cui alcuni genitori vorrebbero approfittare per iscrivere con un anno di anticipo i figli a scuola. Il buon senso a cui fa appello il ministro vorrebbe che le situazioni fossero valutate caso per caso, e che aspettare un po' prima di entrare a scuola non fosse considerata una disgrazia. Il rischio, forse inevitabile, è comunque già insito in ogni suddivisione canonica delle età considerate adatte ai diversi livelli di scolarizzazione.
Certo è che una maturità complessiva, accertata per ogni circostanza della nostra vita, non esiste né per i bambini né per gli esseri umani di ogni età. Esistono diversi gradi di maturazione che convivono in noi e che ci rendono pronti o ancora acerbi per nuovi traguardi. Un bambino può essere cognitivamente pronto per il primo anno di scuola e nello stesso tempo emotivamente non ancora sufficientemente maturo. Per questo occorre valutare caso per caso e non cedere alla tentazione che si riassume nella frase che sento ogni tanto da alcuni genitori: "Mio figlio/a è talmente avanti che se resta ancora un anno nella materna si annoia". E' il pensiero dei figli o quello di genitori un po' snob e competitivi, convinti dell'eccezionalità delle doti della loro prole?
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