giovedì 17 dicembre 2015

RIFLESSIONI. Educazione all'affettività


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" di novembre 2015.
Articolo "Prima dell'affettività" di LUCETTA SCARAFFIA.

"Ne ha parlato anche il ministro della Pubblica istruzione, Giannini, intervenendo a proposito del discusso accenno al gender contenuto nel programma della Buona scuola: educazione all'affettività. E ne parla spesso il magistero della Chiesa, soprattutto a proposito della pastorale matrimoniale. Devo confessare che questa definizione mi lascia sgomenta. Ho insegnato tanti anni, so cosa vuol dire: penso che non sia possibile insegnare una cosa così evanescente e fragile come l'affettività. E poi, cosa sarebbe, l'affettività? Un generico atteggiamento emotivo di propensione verso gli altri? Essere buoni verso gli altri? L'affettività ha a che fare con l'amore? Questo sembra essere un sentimento molto più profondo e serio, che richiede tempo e fatica di costruzione, quindi direi che è un'altra cosa.

Oggi, l'educazione all'affettività va moltissimo: al suo interno, si fanno ricadere le cose più diverse, dai rapporti genitori-figli alle manifestazioni erotiche di coppia etero e omosessuale. Tutte situazioni difficili e complesse che, chissà poi perché, si dovrebbero risolvere con un'educazione all'affettività. Come prima osservazione, si può dire che si tratta di un tipo di educazione in positivo, in   sostanza un tentativo di insegnare a essere buoni: ma si può educare qualcuno a essere buono senza affrontare la parte negativa, cioè senza insegnargli a riconoscere e a sradicare atteggiamenti sbagliati? La più antica forma di educazione morale, che consisteva nel riconoscere dentro di sé la propensione ai vizi che andavano pazientemente cancellati, prevedeva parallelamente un allenamento alla pratica delle virtù. Tra queste, però, non è prevista l'inafferrabile affettività. In sostanza, un'educazione fondata sullo sradicamento dei vizi e sul rafforzamento delle virtù mira alla costruzione di un essere umano responsabile, capace di riconoscere il bene dal male, di impegnarsi in progetti e rapporti che non prevedono un'immediata gratificazione, un essere attento a non fare del male ai suoi prossimi, e possibilmente ad aiutarli secondo le proprie possibilità.
Si tratta cioè di un tipo di educazione finalizzata a una preparazione complessiva, consapevole che vizi come l'ira o l'avarizia rendono più difficile il rapporto con gli altri e vanno estirpati prima che diventino un'abitudine, che virtù come la generosità o la capacità di ascoltare richiedono un'allenamento, una lunga costruzione prima di diventare un modo di vivere che rende più facili e fertili i rapporti con gli altri.
Non si tratta di un settore della vita da isolare dagli altri aspetti, come sembrerebbe sentendo parlare di affettività, ma della costruzione complessiva di un essere umano esercitato a mostrare la sua umanità. Pensare di insegnare l'affettività a una persona abituata a mentire, a essere disonesta, a fuggire gli impegni seri è un errore: prima bisogna educare la persona, e questa fantomatica affettività sarà la conseguenza di un'educazione ben fatta.

Affettività: a me viene in mente un cane festoso, un gatto che fa le fusa. Certo, si tratta di manifestazioni affettive, ma le relazioni umane sono molto più complesse, molto più ricche di questi esempi. Altrimenti, perché insistere alla ricerca di rapporti umani? Di sicuro è più semplice vivere con un cane o con un gatto, ben garantiti sul piano dell'affettività, che provare a condividere la vita, a costruire insieme un  futuro, ad accettare la libertà e l'indipendenza di un altro.
E' curioso che di tutto un metodo educativo tradizionale, finalizzato a sviluppare nei ragazzi un senso di responsabilità e di sensibilità umana verso gli altri, oggi sia rimasta solo una traccia di quello che appare più in superficie, di quello che condividiamo con gli animali domestici: l'affettività."

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