Il giorno successivo non è festa per me. L'evidente ingiustizia subita mi ha prostrato.
"Dovevo versargli addosso l'acqua del secchio" penso con la rabbia che prende momentaneamente il sopravvento sulla rassegnazione.
Pensieri di abbandono mi tentano, ma capisco che non devo arrendermi.
"Abbiamo perso una battaglia, ma non la guerra" concludo tra me alla fine della giornata, rincuorato dalla dolcezza di Rosaria e dall'incoraggiamento di Gabriele e Loris.
Lunedì sera rasserenato giungo al campo di allenamento e trovo i ragazzi animati da una feroce determinazione.
"Gliela faremo pagare nella partita di ritorno" mi dicono in coro.
A metà settimana la FIGC pubblica le sanzioni disciplinari e con grande sorpresa apprendo che i due ragazzi, ammoniti durante la partita, sono stati squalificati per due giornate, mentre io ho preso solo una giornata.
Cos'era successo? Rientrato negli spogliatoi l'arbitro, udendo le imprecazioni dei nostri giocatori e, non potendo individuare gli autori delle parole offensive nei suoi confronti, ha scritto nel rapporto che i due giocatori cenatesi hanno protestato violentemente all' uscita dal campo e quindi dovevano ritenersi espulsi. La vendetta era compiuta!
L'assenza di Paolino e di Mirco, i due ragazzi squalificati, si avverte nelle due successive partite e la squadra conquista un solo punto. Ci allontaniamo dalla zona alta della classifica e i miei sogni di gloria subiscono un duro colpo.
Occorre un mese per eliminare gli strascichi della partita con la Virescit e in questo periodo il comportamento in allenamento di alcuni ragazzi supera di molto la mia capacità di sopportazione. Una sera giungo persino a minacciare con un pugno Fabio, il libero della squadra.
Il ragazzo è un magnifico atleta, molto forte sul piano fisico e con una ferrea volontà, ma, quando si mette in testa una cosa, è quasi impossibile fargli cambiare idea.
Quella sera si rifiuta di eseguire gli esercizi, che abitualmente esegue senza difficoltà. Il suo atteggiamento strafottente sta influendo negativamente sui compagni ed io, arrabbiatissimo e stanco di richiamarlo, mi avvicino a lui e, mostrandogli il pugno, sibilo: "O ritorni negli spogliatoi o ti prendi un cazzotto sul naso".
"Rimango qui!" risponde in modo spavaldo ed incrocia le braccia a mo' di sfida.
O dargli il pugno promesso o andarmene: preferisco giudiziosamente attuare la seconda soluzione.
Arrivo a casa in anticipo sul solito orario e Rosaria capisce che l'allenamento è stato interrotto. Con il volto scuro le spiego l'accaduto e manifesto ancora una volta l'intenzione di troncare il rapporto con la squadra, magnifica dal lato tecnico, ma ingovernabile.
In varie occasioni ho manifestato il mio disappunto a Francesco, ma lui mi ha risposto sempre: "Sono ragazzi e hanno bisogno di sfogare la loro esuberanza".
"Non è questione di esuberanza, ma di maleducazione" replicavo.
Lui faceva un sorrisino enigmatico e il colloquio terminava sempre così.
Ho l'impressione che i ragazzi gli interessino solo per la bravura nel calcio. Ho sentito dire che all'inizio del suo rapporto con i dirigenti cenatesi abbia sottoscritto un accordo in forza del quale gli spetta una certa percentuale delle somme incassate con la cessione dei ragazzi migliori alle blasonate società della regione. Porta spesso i ragazzi in gelateria o in pizzeria e molte volte ci sono genitori che si offrono di pagare il conto, forse con la segreta speranza che i loro figlioli entrino a far parte del vivaio dell'Atalanta.
Non condivido naturalmente queste cose e per me sport ed educazione devono andare di pari passo.
Arriva il sabato e la squadra deve giocare a Trescore.
Mi reco direttamente al campo sportivo degli avversari e rifiuto di andare in panchina.
Sono indeciso su dove assistere alla partita. Alla fine decido di piazzarmi sul lato opposto della tribuna, dietro le panchine delle due squadre.
Inizia l'incontro e capisco subito che i ragazzi non si trovano nella loro giornata migliore. Abulici e deconcentrati subiscono una, due, tre reti senza reagire.
Io soffro in silenzio per la severa lezione che i trescoresi stanno impartendo alla squadra.
Mi sento crollare addosso il mondo ed in preda ad un'infinita amarezza entro negli spogliatoi alla fine del primo tempo.
I ragazzi, come cani bastonati, tengono gli occhi a terra e io, con la voce rotta dall'emozione, dico: "Se uscirete sconfitti dal campo, rassegnerò le dimissioni".
Esco convinto che sia stata l'ultima volta che abbia parlato alla squadra e ritorno al posto di prima, dietro la rete di recinzione del campo.
Le squadre rientrano in campo, ma l'atteggiamento dei miei ragazzi è cambiato. Non si rimproverano più tra di loro per un passaggio sbagliato o per un controllo di palla difettoso. Chi commette un errore viene incoraggiato dagli altri: lo spirito di corpo è rientrato nella squadra. Gli avversari invece giocano con sufficienza, convinti che la partita sia ormai vinta.
Sono trascorsi cinque minuti dal fischio d'inizio del secondo tempo e Mirchino, conquistato un pallone a centrocampo, s'invola sul lato destro dopo aver dribblato due avversari. Giunto vicino alla bandierina del corner effettua un traversone in area, dove Stefano, giunto velocissimo dalle retrovie, con un perfetto colpo di testa spedisce il pallone in rete. E' una stupenda azione, che guadagna gli applausi degli spettatori.
I cenatesi, galvanizzati dal gol, continuano a pressare gli avversari, che non riescono ad oltrepassare la loro metà campo.
Io, attaccato alla rete, seguo ora con palpitazione le azioni di gioco e penso: "E' una squadra pazza".
E' trascorsa metà ripresa ed in una concitata azione in area trescorese Paolino riesce a calciare in porta tra una selva di gambe. Il portiere vede il pallone solo quando gonfia la rete.
Mi si illuminano gli occhi: ho ritrovato la mia squadra.
Ora i trescoresi sono preoccupati di pareggiare la partita, che ritenevano vinta nel primo tempo. L'incontro diviene molto aspro e i contendenti si avventano sul pallone con tanta grinta. Il pubblico è con il fiato sospeso per l'incerto esito finale.
I minuti trascorrono inesorabili senza che la mia squadra riesca per la terza volta a trafiggere il portiere avversario.
A cinque minuti dalla fine, l'arbitro fischia una punizione al limite dell'area trescorese a nostro favore.
Di solito è Paolino, con il suo magico sinistro, a tirare le punizioni, ma questa volta si fa avanti Fabio, deciso a calciare in porta. Vedendo la risolutezza del compagno, Paolino si fa da parte quasi intimorito.
Il libero posiziona la palla, prende una lunga rincorsa e sferra un terrificante calcio alla sfera di cuoio. Il pallone, come un siluro, si infila nell'angolo alto a destra dell'attonito portiere.
Un boato si leva dalla tribuna, mentre in campo Fabio è sommerso dalla gioia incontenibile dei compagni.
Io, aggrappato alla rete metallica di recinzione, abbasso la testa e, vinto da un'irrefrenabile commozione, piango a dirotto.
Alcuni minuti ancora di gioco e l'arbitro fischia la fine della partita, con i miei ragazzi che rientrano negli spogliatoi cantando di gioia.
Quando sono entrati tutti, li raggiungo e con gli occhi lucidi: "Ci vediamo lunedì all'allenamento" ed esco.
La mia avventura con questa folle squadra continua.
Gli effetti negativi della sconfitta subita dalla Virescit sono smaltiti e nelle settimane successive risaliamo le posizioni in classifica fino a raggiungere il terzo posto, alla vigilia dello scontro da noi tanto atteso: Cenate Sotto - Virescit.
Capoclassifica è l'Albinese, seconda la Virescit a due punti, terzi noi a tre punti. La vittoria ci permetterebbe il sorpasso dei detestati avversari.
Durante la settimana non ho bisogno di caricare la squadra. I ragazzi hanno ancora vivido il ricordo della partita di andata e desiderano intensamente prendersi la rivincita. Si applicano diligentemente nei due allenamenti e non c'è bisogno di richiamare i soliti esuberanti.
Giunge il sabato pomeriggio e l'intera squadra attende sul cancello d'ingresso degli spogliatoi l'arrivo della Virescit. Quando gli avversari scendono dal pullman, li squadrano con aria di sfida ed entrano con ordine negli spogliatoi. Indossano in silenzio la muta di gioco e prima che escano dico: "E' superfluo incoraggiarvi. Stiamo aspettando questa partita da mesi e oggi abbiamo la possibilità di prenderci la rivincita. Siate leali, non permettendo alla rabbia, che avete provato per i torti subiti, di farvi commettere atti inconsulti. In bocca al lupo".
La squadra esce in fila indiana, ultimo sono io, molto teso. Entriamo in campo insieme agli avversari e all'arbitro.
Inizia la partita e i miei ragazzi partono a spron battuto, mettendo subito in difficoltà gli avversari.
Fioccano i gol: uno, due, tre, quattro. Il quinto è segnato a dieci minuti dalla fine e solo allora la mia squadra si sente appagata, permettendo alla Virescit di segnare il gol della bandiera.
E' stata una partita fantastica, che rimarrà per sempre nella mia memoria. Quando penso a questo trionfale sabato pomeriggio, mi spunta sempre un sorriso di soddisfazione. E come non ricordare le facce terree dei dirigenti virescini?
continua
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