lunedì 28 febbraio 2022
SERGIO. La violenza regna
domenica 27 febbraio 2022
DON CAMILLO. L'ultima oasi
quell'acqua si è tinta di sangue
lunedì 21 febbraio 2022
DON CAMILLO. Il giardino più bello
VIVERE INSIEME. Senza fissa dimora
FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" dicembre 2021.
Articolo: "Senza fissa dimora" di ANTONELLA DURSI.
DEFINIZIONE
"Senza fissa dimora": un tempo venivano così indicati anche gli zingari, in quanto nomadi (come pratica di vita) e coloro che, per la loro attività lavorativa, viaggiavano frequentemente e vivevano in roulotte, ad esempio i giostrai e i lavoratori del circo.
La situazione è cambiata con gli anni. Oggi "senza fissa dimora" sono soprattutto le persone in gravi difficoltà per questioni economiche e sociali che, appunto, una dimora non l'hanno.
Secondo l'Istat, "una persona è considerata senza fissa dimora quando versa in uno stato di povertà materiale e immateriale, che è connotato dal forte disagio abitativo, cioè dall'impossibilità e/o incapacità di provvedere autonomamente al reperimento e al mantenimento di un'abitazione in senso proprio".
IN CONCRETO
Ma che cosa comporta essere "senza fissa dimora"?
Tralasciando i problemi di natura pratica ed economica, non avere una dimora fissa fa perdere il diritto alla residenza, che per il Codice civile è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale (art. 43, II comma c.c.). E questo, a cascata, determina la perdita del diritto alla salute, non tanto come diritto tutelato dalla stessa Costituzione (art. 32) - infatti sono assicurate le prestazioni al pronto soccorso -, quanto come possibilità di cura, per cui bisogna avere un medico di base e una tessera sanitaria, che viene rilasciata solo a chi ha la residenza. Se non si ha la residenza non si può rinnovare la carta d'identità, quindi non si può avere un documento di riconoscimento. E viene meno il diritto a qualsiasi prestazione previdenziale, anche se negli anni precedenti si è lavorato e sono stati pagati i contributi. Inoltre, non si ha diritto al lavoro, perché chi è senza fissa dimora non può iscriversi al centro per l'impiego, aprire una partita Iva, lavorare legalmente.
RESIDENZA & DOMICILIO
Senza residenza anagrafica non è possibile usufruire dei servizi sanitari, socio-assistenziali e abitativi. Dunque, non resta che richiedere un domicilio. L'ordinamento ha stabilito, infatti, che è possibile ottenere una residenza anagrafica qualora si possieda un domicilio, che in base all'art. 43 del Codice civile è il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessi, che non deve per forza essere un'abitazione, potendo essere anche una ben individuata panchina di un giardino, un determinato vagone di treno in una stazione ferroviaria, anche una grotta. Il nostro ordinamento prevede, infatti, la possibilità per la persona senza dimora di stabilire la residenza nel luogo del proprio domicilio, ovvero nel Comune in cui la persona vive di fatto e, in mancanza di questo, nel Comune di nascita. La persona "senza fissa dimora" può iscriversi quindi con una residenza fittizia, utilizzando un indirizzo inesistente, una via virtuale, individuata dalllo stesso Comune che, in questo modo, può provvedere all'iscrizione anagrafica.
VIA FITTIZIA
La persona senza fissa dimora viene iscritta in una via fittizia, territorialmente non esistente, ma equivalente in valore giuridico, una via dove non vive nessuno e che in realtà non esiste, ma che viene istituita proprio per dare la possibilkità anche alle persone senza dimora di ottenere la residenza e i diritti a essa connessi. L'istituzione di una via fittizia può essere, infatti, un primo strumento con il quale dare riconoscimento alle persone e al loro diritto di ricevere la posta o gli atti ufficiali, agevolare l'identificazione della persona e della sua storia sociale. Ogni limitazione nell'accesso a tali diritti e prestazioni nei confronti di coloro che sono iscritti in una "via virtuale" è da ritenersi illegittima. Presso il ministero dell'interno, in seguito alla riforma del 2019, esiste un apposito registro in cui vengono inserite tutte le persone che risultano senza fissa dimora.
ASSOCIAZIONI
Chi può aiutare i senza fissa?
In questo labirinto burocratico il ruolo delle associazioni sul territorio è fondamentale. Difficoltà nelle pratiche, mancato dialogo tra le istituzioni, discrezionalità e discriminazioni, barriere linguistiche sono le cause principali per cui, senza l'intervento diretto e la presa in carico delle associazioni, non sarebbe possibile offrire una tutela a queste persone.
mercoledì 16 febbraio 2022
LIBRI. "La balena alla fine del mondo" di John Ironmonger
"LA BALENA ALLA FINE DEL MONDO" di John Ironmonger edito da Bollati Boringhieri.
Quando un giovane uomo viene ritrovato senza vestiti e privo di sensi sulla spiaggia di St Piran, piccolo paese della Cornovaglia, gli abitanti del luogo capiscono che non sarà un giorno come gli altri.
Chi è costui, e come è arrivato fin lì? E che dire della balena che il giorno dopo si arena proprio davanti alla stessa spiaggia? Presto capiamo che l'uomo, Joe Haak, è un giovane analista finanziario che ha creato un programma per prevedere l'andamento del mercato.
L'idea è che tutto sia connesso con tutto, e un piccolo movimento in un posto qualunque possa generare una cascata di eventi che permettono al programma di estrapolare dati sufficienti per fare investimenti in anticipo e trarre profitto.
Dopo qualche successo, il programma fallisce miseramente una previsione, facendo crollare la banca intera. Joe non regge la tensione, scappa, arriva a St Piran e decide di buttarsi in mare, dove viene salvato dalla stessa balena che lui salverà il giorno dopo.
Ma grazie ai suoi studi, quando scoppia il primo caso di influenza in Asia, Joe saprà esattamente che cosa bisogna fare...
Con questo romanzo divertente e pieno di calore, John Ironmonger ci racconta una storia appassionante sulle cose importanti che ci tengono insieme, e come la speranza possa essere mantenuta viva, anche quando ci sembra di essere arrivati alla fine del mondo.
martedì 15 febbraio 2022
SALUTE. Sano come un ultracentenario
FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" luglio-agosto 2021.
Articolo: "Sano come un ultracentenario" di ROBERTA VILLA.
Più si invecchia più in genere aumentano le probabiltà di ricevere una diagnosi di malattie di cuore, tumori, demenze. Ma arriva un punto in cui la curva cambia direzione e il rischio non aumenta più, anzi diminuisce: chi arriva a 100 anni ha minori probabilità di sviluppare un infarto, l'Alzheimer o di morire di cancro. Molti centenari stupiscono per le buone condizioni mentali e di salute. E chi muore oltre i 105 anni spesso si addormenta senza accorgersene o solo dopo pochi giorni dal peggioramento delle condizioni.
Sulla questione gli scienziati si arrovellano da tempo. Significa che, superata la fase critica, ci sono meno minacce alla salute o che le stesse condizioni che tengono alla larga le malattie croniche più comuni facilitano il raggiungimento di compleanni record?Questa seconda ipotesi gode di maggior fortuna, ma apre anche altre domande: riuscire a passare indenni l'età dei primi acciacchi per arrivare in ottima forma a spegnere cento candeline è questione di geni o di stili di vita? E' un dono che ci arriva in eredità dai nostri genitori o un risultato da conquistare con le nostre scelte? Probabilmente entrambe le cose, anche se i ricercatori si dividono tra chi dà maggior peso alle caratteristiche genetiche e chi all'ambiente (dall'inquinamento di aria e acqua al livello di stress lavorativo, dall'alimentazione alle consuetudini di una popolazione), ma anche alle scelte individuali, come quella di fumare.
Una componente ereditaria probabilmente c'è: un'alta aspettativa di vita spesso si ritrova in diversi membri della stessa famiglia. Dal punto di vista biologico, l'invecchiamento va di pari passo con un accorciamento delle estremità dei cromosomi, i bastoncini formati dal Dna arrotolato che, nel nucleo delle cellule, contengono le nostre informazioni genetiche. L'accorciamento di tali estremità dette "telomeri", come una bomba a orologeria segna il tempo rimasto alla cellula e, a un livello superiore, all'individuo.
La tendenza ereditaria a vivere più a lungo può esprimersi attraverso un rallentamento di questo processo ed è determinata da geni specifici che si stanno studiando. Un gruppo guidato da Claudio Franceschi, dell'Università di Bologna, uno dei massimi esperti italiani, ha analizzato il genoma di un'ottantina di super centenari del nostro Paese, con un'età media di 106 anni, confrontando i risultati con quelli di trentasei sessantenni sani provenienti dalle stesse aree geografiche. Sono state così scoperte, in persone estremamente longeve, caratteristiche genetiche peculiari, che consentono di riparare con maggior efficienza gli errori di replicazione del Dna. La controprova è venuta dal confronto tra oltre trecento ultracentenari e altrettanti soggetti più giovani di controllo. I centenari hanno un identikit genetico caratteristico.
E' possibile, quindi, con un test sapere da giovani quanto avremo ancora da vivere? No, e non solo perché si tratta di risultati preliminari, ancora tutti da confermare. I geni sono la materia prima di cui disponiamo alla nascita, ma nella maggior parte dei casi abbiamo molti strumenti per plasmare il destino che ci è stato assegnato. Comportamenti poco salutari possono bruciare il privilegio di avere geni doc, mentre attraverso la prevenzione è possibile recuperare un minor vantaggio di partenza. Uno studio pubblicato su "Nature" da Paola Zaninotto della University College di Londra lo ribadisce con forza. Dall'esame di quasi 30 mila ultracinquantenni sulle due coste dell'Atlantico è emerso che sono quattro le principali minacce a una vita lunga e priva di disabilità: alcol, fumo, inattività fisica e obesità. All'aumentare di questi fattori, cala l'aspettativa di vita. Rispetto a chi ha almeno due di queste caratteristiche, chi non beve, non fuma, si muove e ha un peso sano può aspettarsi di vivere undici anni in più senza disabilità e dodici senza malattie croniche. Ne vale la pena, no?
lunedì 14 febbraio 2022
STORIE DI VITA DI ZANDOBBIO. Cumetti Angiolina
martedì 8 febbraio 2022
SCUOLA. La classe senza cattedra
Nelle sue classi Mario rifiutò la cattedra e rifiutò la predella sotto alla cattedra, anzi - come raccontava lui stesso - la utilizzava per farne una biblioteca, la famosa biblioteca scolastica dove i bambini condividevano i libri e dove, a un certo punto, furono loro stessi a scriverli.
lunedì 7 febbraio 2022
DON CAMILLO. Stupore: capacità inibita?
venerdì 4 febbraio 2022
PARR.S.GIORGIO M. DI ZANDOBBIO. 18° anniversario morte p. Simone Vavassori
Giovedì 10 febbraio ricorre il diciottesimo anniversario della morte di p. Simone.
Il ricordo della tua persona è indelebile nel mio cuore.
Ciao Simone
martedì 1 febbraio 2022
RES PUBLICA. Un mondo libero da armi nucleari
FONTE: "MISSIONARI SAVERIANI" gennaio 2022.
Articolo: "Un mondo libero da armi nucleari" di PIERGIULIO BIATTA (Presidente Opal).
Quando sentiamo parlare di armi nucleari, pensiamo che sia una questione che riguarda le grandi potenze mondiali: Stati Uniti e Russia (rispettivamente 5.800 e 6.375 ordigni nucleari), ma anche Cina (320 bombe), Francia (290 bombe), Regno Unito (215 bombe) e poi alcuni Paesi che negli anni hanno iniziato a produrle e dispiegarle come India (150 bombe), Pakistan (160 bombe), Israele (90 bombe) e di recente la Corea del Nord (si stima sia dotata di una decina di bombe nucleari). Una potenza di fuoco che, se utilizzata, è in grado di distruggere l'intero pianeta.
Pochi sanno, invece, che ordigni nucleari sono dispiegati anche in alcuni Stati europei che non sono produttori di bombe nucleari: tra questi Germania, Belgio, Olanda e Italia. I Paesi dell'Alleanza Atlantica (Nato) già dagli anni cinquanta hanno infatti sviluppato e promosso il programma di nuclear sharing (condivisione nucleare), che prevede il dispiegamento, sul loro territorio, di armi nucleari tattiche e strategiche fornite dagli Stati Uniti. Anche se diminuiti nel tempo, secondo fonti accreditate, i suddetti quattro Paesi europei ospiterebbero tuttora una ventina di bombe nucleari ciascuno.
In Italia, almeno 20 bombe nucleari sono presenti nella base dell'aeronautica militare americana di Aviano (Pordenone) e altrettante nella base dell'aeronautica italiana di Ghedi (Brescia). Sono bombe del tipo B61 in fase di rinnovamento per essere impiegate anche sui nuovi cacciabombardieri F-35. Bombe ben più potenti di quelle sganciate in Giappone durante la Seconda guerra mondiale, tanto che, anche solo in caso di incidente, le persone raggiunte dal fungo radioattivo in Italia potrebbero essere dai 2 ai 10 milioni: a Hiroshima e Nagasaki furono circa 300mila le vittime.
Nonostante già dal 1970 sia in vigore il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), diversi Stati - tra cui India, Pakistan, Israele e Corea del Nord - non vi hanno aderito e hanno prodotto i propri ordigni nucleari, mentre le principali potenze (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Uniti) hanno continuato a sviluppare nuovi sistemi nucleari. Oltre all'enorme spesa (il costo globale dei programmi nucleari è di circa 72 miliardi di dollari all'anno, cioè 24 volte di budget delle Nazioni Unite), la minaccia dell'olocausto nucleare pesa come una spada di Damocle sull'umanità intera.