FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 25/11/16.
ARTICOLO: "Il mio maestro è un grande, non dà né voti né compiti" di SALVO INTRAVAIA.
La scuola di Davide Tamagnini piace a tutti.
E' a misura di bambino e di genitori. Non crea stress e apre un altro fronte rispetto all'idea (antica) che si ha dell'istruzione sui banchi.
Sì, perché qui non ci sono voti, sono bandite le interrogazioni, niente libri e soprattutto niente compiti a casa, almeno per i primi anni.
Non è la scuola di Lucignolo e neppure quella disegnata da qualche estemporaneo riformatore. Nella IV B della scuola primaria Don Ferrari di Pombia si studia. Solo in maniera diversa. Il merito di un maestro-sognatore che lavora nel paesino di duemila anime in provincia di Novara.
Un'esperienza, la sua, che sembra funzionare a meraviglia. Capovolgendo tutti paradigmi della didattica tradizionale con il via libera del Ministero.
Cosa vuol dire capovolgere tutti i paradigmi della didattica tradizionale?
Primo: niente libri di testo.
"Se a un mio alunno è accaduto qualcosa a casa, iniziamo la lezione discutendo proprio di questo. Stesso discorso quando andiamo nel parco del Ticino e osserviamo la natura. Studiamo quello che abbiamo intorno: foglie, radici, alberi", spiega Tamagnini.
"Oppure andare al supermercato a fare la spesa è anche un modo per comprendere l'aritmetica".
Così nascono le lezioni in quella classe molto speciale della Ferrari. Lezioni tutte basate sull'esperienza.
"L'idea" spiega Tamagnini, "è quella di portare la vita all'interno delle classi. Partendo dagli alunni e dallo loro esperienze".
Secondo niente voti.
"Ho sempre pensato che i voti non c'entrino nulla con gli alunni. In molti casi sono un ostacolo e determinano odiosi paragoni. Le classiche valutazioni con i voti da uno a dieci Tamagnini le ha sostituite con i colori del semaforo: verde , per chi ha raggiunto un obiettivo, arancione, per chi deve ancora migliorare e rosso per gli alunni che non l'hanno raggiunto.
In questo modo niente musi lunghi per i cattivi voti né atteggiamenti di superiorità da parte di quelli bravi. Inoltre alla fine dell'anno la pagella sarà a colori.
Terzo: niente interrogazioni per i primi tre anni.
"In quarta si ripetono i contenuti dei libretti scritti dai ragazzini e dall'insegnante che diventano una sorta di diario che raccoglie le nostre esperienze di studio".
A questo si aggiunge la lettura di due libri: la Breve storia del mondo di Gombrich e Matilde di Dahl.
Quarto: niente compiti per i primi due anni.
"All'inizio, i bambini non sono in grado di essere autonomi. E poi a casa non tutti sono nelle condizioni di poter aiutare i propri figli" prosegue il maestro.
"Non sempre ci sono tempo, voglia e competenze. Da qui l'idea di non assegnarne. Che è anche un modo per non marcare le differenze tra gli alunni".
Dalla terza classe in poi, gradualmente, si inizia con piccoli compiti che i bambini sono in grado di svolgere senza troppo aiuti esterni.
"Rinunciare al voto e alle interrogazioni non vuol dire non imparare. Vuol dire, semplicemente, imparare in maniera più serena".
Sì, perché qui non ci sono voti, sono bandite le interrogazioni, niente libri e soprattutto niente compiti a casa, almeno per i primi anni.
Non è la scuola di Lucignolo e neppure quella disegnata da qualche estemporaneo riformatore. Nella IV B della scuola primaria Don Ferrari di Pombia si studia. Solo in maniera diversa. Il merito di un maestro-sognatore che lavora nel paesino di duemila anime in provincia di Novara.
Un'esperienza, la sua, che sembra funzionare a meraviglia. Capovolgendo tutti paradigmi della didattica tradizionale con il via libera del Ministero.
Cosa vuol dire capovolgere tutti i paradigmi della didattica tradizionale?
Primo: niente libri di testo.
"Se a un mio alunno è accaduto qualcosa a casa, iniziamo la lezione discutendo proprio di questo. Stesso discorso quando andiamo nel parco del Ticino e osserviamo la natura. Studiamo quello che abbiamo intorno: foglie, radici, alberi", spiega Tamagnini.
"Oppure andare al supermercato a fare la spesa è anche un modo per comprendere l'aritmetica".
Così nascono le lezioni in quella classe molto speciale della Ferrari. Lezioni tutte basate sull'esperienza.
"L'idea" spiega Tamagnini, "è quella di portare la vita all'interno delle classi. Partendo dagli alunni e dallo loro esperienze".
Secondo niente voti.
"Ho sempre pensato che i voti non c'entrino nulla con gli alunni. In molti casi sono un ostacolo e determinano odiosi paragoni. Le classiche valutazioni con i voti da uno a dieci Tamagnini le ha sostituite con i colori del semaforo: verde , per chi ha raggiunto un obiettivo, arancione, per chi deve ancora migliorare e rosso per gli alunni che non l'hanno raggiunto.
In questo modo niente musi lunghi per i cattivi voti né atteggiamenti di superiorità da parte di quelli bravi. Inoltre alla fine dell'anno la pagella sarà a colori.
Terzo: niente interrogazioni per i primi tre anni.
"In quarta si ripetono i contenuti dei libretti scritti dai ragazzini e dall'insegnante che diventano una sorta di diario che raccoglie le nostre esperienze di studio".
A questo si aggiunge la lettura di due libri: la Breve storia del mondo di Gombrich e Matilde di Dahl.
Quarto: niente compiti per i primi due anni.
"All'inizio, i bambini non sono in grado di essere autonomi. E poi a casa non tutti sono nelle condizioni di poter aiutare i propri figli" prosegue il maestro.
"Non sempre ci sono tempo, voglia e competenze. Da qui l'idea di non assegnarne. Che è anche un modo per non marcare le differenze tra gli alunni".
Dalla terza classe in poi, gradualmente, si inizia con piccoli compiti che i bambini sono in grado di svolgere senza troppo aiuti esterni.
"Rinunciare al voto e alle interrogazioni non vuol dire non imparare. Vuol dire, semplicemente, imparare in maniera più serena".
Nessun commento:
Non sono consentiti nuovi commenti.