FONTE: Libro "Pretacci" di Candido Cannavò edito da Rizzoli.
Racconto di don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano.
"Anno 1972: ero da poco entrato al Beccaria come cappellano.
Un ragazzo di nome Angelo, arrivato da Baggio, doveva lasciare il carcere. Quando lo salutai, mi disse bruscamente:
"Lei dice che devo ricostruirmi una vita. Ma dove vado? Non ho casa , non ho neanche un posto dove dormire stanotte".
Condizione non rara: il dramma della fine pena.
"Devi uscire."
"Non voglio."
Battute agghiaccianti. Angelo aggiunse:
"L'unica soluzione è questa: rubo una macchina, mi faccio arrestare e torno qui in carcere."
"L'unica soluzione è questa: rubo una macchina, mi faccio arrestare e torno qui in carcere."
Io avevo due camere a disposizione. Lo invitai a venire da me. Fu il primo della serie: le mie camere diventarono una sorta di comunità-alloggio per i minori. Là nacque l'idea dell'accoglienza che si è poi sviluppata sino alle grandi dimensioni attuali.
Fuori dal carcere, il primo centro nacque in via Gaetano De Castillia. Si sparse la voce e in breve ebbi l'aiuto di dieci volontari. Tra loro c'erano persino magistrati del tribunale e della procura. E a far servizio alcuni obiettori di coscienza.
Hai visto? Gente buona se ne trova dovunque."
Fuori dal carcere, il primo centro nacque in via Gaetano De Castillia. Si sparse la voce e in breve ebbi l'aiuto di dieci volontari. Tra loro c'erano persino magistrati del tribunale e della procura. E a far servizio alcuni obiettori di coscienza.
Hai visto? Gente buona se ne trova dovunque."
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