giovedì 1 dicembre 2016

VIVERE INSIEME. Trappole della vita


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" di ottobre 2016.
Articolo: "Trappole per vecchi" di ADA FONZI professore emerito psicologia dello sviluppo.


Le statistiche internazionali ormai ce lo ripetono con regolarità. Siamo il Paese più vecchio d'Europa, quello, cioè, in cui il rapporto tra bambini, giovani e adulti da un lato e coloro che sono entrati in quella che ormai viene chiamata non più "terza", ma "quarta" età è sbilanciata a favore - o a sfavore? - di questi ultimi.
A ciò fa riscontro un altro primato italiano, quello del tasso di natalità più basso, e per di più in discesa progressiva.
Naturalmente al fenomeno si accompagna una serie di luci e ombre. Se da un lato ci rallegriamo che clima, alimentazione, tenore di vita, rapporti affettivi e quant'altro contribuiscano ad allungare le nostre vite, dall'altro non possiamo nasconderci numerosi effetti negativi, in particolare quelli che gravano sulla società e relativi all'economia, all'occupazione, alla capacità d'innovazione.

A questo punto, però, ciò che conta è prendere atto della situazione e fare in modo che questo protrarsi della vita non si traduca per molti in stenti e affanni, con lo spettro della solitudine e dell'emarginazione.
Ciò che mi interessa è capire come vivono, che cosa pensano, che cosa sentono coloro che, secondo un ricercatore americano, appartengono alla categoria dei "fuggitivi", quelli che, pur avendo superato la soglia dei 80 anni, non  presentano alcun segno di deterioramento mentale.
Basandomi sulla mia esperienza e sui resoconti di persone amiche, ho cercato di condensare le mie riflessioni per tracciare un quadro dei principali problemi nell'ultima parte della vita.
Molte le difficoltà segnalate dalle persone a cui mi sono rivolta, desiderose però di trovare efficaci strategie di sopravvivenza.
Mi pare che uno degli effetti negativi più vistosi dell'invecchiamento sia la trasparenza.
"Sono trasparente perché nessuno, o quasi, si accorge di me... che io esisto. La mia è una vera trasparenza, fisica, concreta" mi confida un'amica, facendo il confronto tra i molti rapporti che aveva un tempo e la loro scarsità attuale.
Ma non basta ancora. La trasparenza va a braccetto con altre due penose condizioni: la fragilità e la vulnerabilità.
Ci si sente fragili quando non si è più in grado di affrontare i cambiamenti, a volte anche vistosi, delle proprie condizioni di vita e del proprio aspetto.
Gli amici sono sempre meno numerosi, il proprio ruolo nella società è diventato inesistente, il corpo registra senza pietà gli attacchi del tempo.
Non si tratta soltanto di ferite sociali o estetiche, ma soprattutto del timore di non riconoscersi più, di non essere più se stessi.
Per finire, la vulnerabilità, inevitabile conseguenza della fragilità. Ogni trascuratezza, ogni disattenzione, anche se involontarie, da parte di altri provocano dolore. Il vicino di casa che non si dà la pena di tenere il portone aperto per farci passare, il giovanotto che, su un autobus affollato, evita di incrociare il nostro sguardo per non cederci il posto, ci provocano appunto un vulnus.

Queste le principali trappole di cui è cosparso il cammino dei "fuggitivi".  Ma si tratta di trappole evitabili. Infatti, si può, almeno in parte, cercare di farla franca, mettendo in atto adeguate strategie difensive.
La prima, forse la più efficace, è quella di sfuggire a un'ulteriore trappola, la quarta: l'autocommiserazione. Piangersi addosso, infatti, non serve a nulla, se non addirittura a rendere più profondo il vuoto intorno a noi. 
E non esistono ricette certe e vincenti. 
Credo, però, che continuare a interessarsi di ciò che accade intorno, saper godere degli affetti rimasti senza coltivare il rimpianto per quelli perduti, saper ascoltare i bisogni altrui anche se non si è in grado di soddisfarli, possa contribuire non poco a sminare il terreno dalle trappole che la vecchiaia ci prepara.


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