mercoledì 3 novembre 2021

VIVERE INSIEME. Dalla Libia all'Afghanistan atrocità a sfondo sportivo





 FONTE: Sportweek #44
Articolo: "Dalla Libia all'Afghanistan atrocità a sfondo sportivo" di SEBASTIANO VERNAZZA.


In un campo profughi libico venivano organizzate partite tra migranti e chi sbagliava un gol veniva abbattuto da un colpo d'arma da fuoco. 
A Kabul i talebani hanno assassinato una pallavolista diciottenne.

Meron Estefanos è una giornalista eritrea, attivista per i diritti civili dei profughi. Vive in Svezia e attraverso Radio Erena raccoglie le testimonianze di chi in Africa itraprende il viaggio della speranza verso l'Europa, per fuggire dalla fame, dalle guerre, dai terroristi islamici.
Da tempo Estefanos denuncia le malefatte del connazionale Kidane Zekarias Habtemariam, ricercato su scala internazionale per i suoi crimini nel campo profughi di Bani Walid, in Libia, un posto chiamato la "città fantasma" perché lì sono spariti e sono stati con ogni evidenza uccisi tantissimi migranti.
Habtemariam era stato arrestato in Etiopia, ma è riuscito a fuggire e condannato in contumacia. Alcune delle voci raccolte da Meron Estefanos hanno raccontato di come Habtemariam, in combutta con il "socio" Tewelde Goitom, anche lui riconosciuto colpevole da una corte etiope, si divertisse a organizzare sadiche partite di calcio tra gli "ospiti" di Bani Walid: chi commetteva degli errori tecnici, per esempio un gol sbagliato, veniva abbattuto da un colpo di arma da fuoco. Morti, feriti. Non è tutto: alla fine degli incontri i vincitori potevano o dovevano violentare le mogli e le compagne degli sconfitti. Non è chiaro se fosse un "diritto" o una costrizione, ma accadeva.
Dall'Afghanistan in mano ai talebani è arrivata nel frattempo un'altra notizia agghiacciante: Mahjubin Hakimi, 18 anni, è stata ammazzata perché negli anni del governo sostenuto dagli Stati Uniti giocava  a pallavolo e aveva mostrato il suo volto, in campo  non si copriva il viso con lo hijab, il velo. La famiglia è stata obbligata a smentire la notizia, ma il fatto è vero. Non è confermato il particolare agghiacciante della decapitazione, l'uccisione sì. 
Mahjubin aveva giocato nel Kabul Municipality Volleyball Club e nelle nazionali giovanili afghane e aveva capito quale destino l'attendesse, sapeva come e quanto gli invasati la stessero cercando.
Le posizioni dei talebani sullo sport sono note e lapidarie, non vogliono che venga praticato e men che meno dalle donne. Lo stadio di Kabul viene usato per le esecuzioni.
Ogni commento è superfluo, inutile indignarsi e strepitare, più che altro bisogna fare. Manteniamo accesa l'informazione sulla Libia, sull'Afghanistan e su altri luoghi del mondo in cui certe cose accadono. 
L'assuefazione sarebbe la peggiore delle scelte, qualcosa prima o poi cambierà, deve cambiare.

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